Irenèo di Lione, santo

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Padre della Chiesa (n. 135-140 circa - m. 200 circa). Originario forse di Smirne, ove certo, ancora giovanetto, fu uditore di s. Policarpo; durante la persecuzione di Marco Aurelio era già in Gallia, prete nella chiesa di Lione, e come tale, nel 177 o 178, fu inviato a Roma con la lettera sul montanismo dei fedeli di Lione, ove poco dopo successe al vescovo e martire Fotino. Una sua lettera al papa Vittore, con cui cerca di mettere pace tra questo e le chiese dell'Asia nella questione della Pasqua, è conservata da Eusebio. Ma l'opera principale di I. è ῎Ελεγχος καὶ ἀνατροπὴ τῆς ψευδωνύμου γνώσεως (spesso citata anche come Adversus haereses e di cui ci sono giunti una versione latina anteriore a s. Agostino e frammenti greci), in cui passa in rassegna, polemizzando, i sistemi gnostici. Come fonte storica, un tempo ripudiata da alcuni critici, appare alquanto riabilitata da recenti ritrovamenti di testi, solo per quanto riguarda, però, i sistemi dei suoi contemporanei. I. fu un difensore della teologia del Logos, ebbe una grandiosa visione della storia dell'umanità e del mondo materiale "ricapitolati" in Cristo; e un senso vivissimo della Chiesa (a controversie tra gli interpreti dà luogo la sua frase sulla potior principalitas della chiesa dei santi Pietro e Paolo); fu millenarista. Di tutto ciò si hanno tuttavia scarse tracce nella Dimostrazione della predicazione apostolica, ritrovata recentemente in versione armena. Festa, 28 giugno.

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