Iraq

Dizionario di Storia (2010)

Iraq


Stato del Vicino Oriente, confinante a E con l’Iran, a N con la Turchia, a O con la Siria e la Giordania, a S con l’Arabia Saudita e il Kuwait, si affaccia, per un breve tratto, sul Golfo Persico.

Dal dominio persiano a quello ottomano

Sede dapprima dell’antichissima civiltà sumero-accadica, poi dal 6° al 4° sec. a.C. provincia persiana, l’I. fece parte dell’impero dei Seleucidi, degli Arsacidi e dei Sasanidi e, nel 7° sec., fu conquistato dagli arabi. Sotto la dinastia dei califfi Omayyadi, residenti in Siria, l’I. fu all’opposizione. La rivoluzione che nel 750 portò al trono califfale gli Abbasidi fece dell’I. il centro dell’impero e la fondazione di Baghdad dette alla civiltà musulmana classica la sua capitale. Il 9° e 10° sec. sono l’età aurea dell’I. abbaside; l’istituzione califfale, continuata sino alla metà del 13° sec., mantenne sempre all’I. una certa indipendenza politica e una fisionomia statale unitaria. L’una e l’altra andarono perdute dopo che i mongoli, nel 1258, distrussero l’ultimo residuo del califfato di Baghdad. Ridotto al rango di provincia dello Stato mongolo degli Ilkhan e conteso fra dinastie locali di origine mongola e turca, l’I. subì una profonda decadenza economica e culturale; ai primi del Cinquecento fu conquistato dai persiani Safavidi e nel 1535 passò infine sotto il dominio ottomano, che si protrasse per quasi quattro secoli.

La formazione dello Stato

Il processo di modernizzazione avviato dal governo della Sublime Porta nell’Ottocento favorì la penetrazione degli interessi europei. Occupato dalle forze britanniche nella Prima guerra mondiale, l’I. fu affidato in mandato alla Gran Bretagna dalla Società delle nazioni (1920); nel 1926 fu riconosciuta l’incorporazione nel suo territorio della regione settentrionale di Mosul, già rivendicata dalla Turchia e abitata prevalentemente da curdi, le cui pretese indipendentistiche avrebbero dato luogo nei decenni successivi a ripetute rivolte contro il governo centrale di Baghdad. Eretto in regno nel 1921, sotto l’hashimita Faysal (➔ Faysal I), avversato dalla componente maggioritaria sciita, nel 1924 l’I. divenne una monarchia costituzionale ereditaria; lo Stato iracheno nasceva subordinato al potere britannico e condizionato da due pesanti questioni nazionali: quella curda e quella sciita. Il Paese divenne indipendente nel 1932, con la cessazione del mandato, ma restò legato alla Gran Bretagna da un trattato venticinquennale di alleanza che consentiva la permanenza in I. di basi militari inglesi; inoltre, di fatto i britannici controllavano gran parte delle risorse petrolifere attraverso la Iraqi petroleum company. Morto Faysal nel 1933, gli successe il figlio Ghazi, scomparso nel 1939, e quindi Faysal II, sotto la reggenza dello zio ‛Abd al-Ilah fino al 1953, quando raggiunse la maggiore età. I fermenti nazionalistici e antibritannici, manifestatisi fin dagli anni Venti e cresciuti durante la Seconda guerra mondiale, quando l’I. fu costretto a entrare in guerra contro l’Asse nel 1943, si rafforzarono dopo il 1945, e furono in seguito favoriti dalla creazione (1955) della sezione irachena del Ba‛th, partito socialista panarabo. La monarchia mantenne comunque solidi legami con Londra e una politica filoccidentale (confermata anche dal «patto di Baghdad», di mutua sicurezza in funzione antisovietica concluso nel 1955 con Turchia, Gran Bretagna, Pakistan e Iran). Un colpo di Stato guidato dal generale ‛Abd al-Karim Qasim e promosso da nazionalisti di varia ispirazione nel 1958 pose termine alla monarchia (Faysal II fu giustiziato) e all’effimera Federazione araba tra I. e Giordania costituita nello stesso anno, instaurando la repubblica; nel 1959 l’I. uscì dal patto di Baghdad allineandosi con lo schieramento arabo radicale.

L’avvento al potere del partito Ba‛th

L’abbattimento della monarchia aprì una fase di instabilità, cui contribuirono sia i contrasti tra le forze nazionaliste e panarabe sia la crescita dell’opposizione curda che diede vita dal 1961 a un’estesa guerriglia. Nel 1963 Qasim fu rovesciato da un colpo di Stato: ‛Abd as-Salam Muhammad ‛Arif assunse la presidenza dell’I. con l’appoggio del Ba‛th (che nello stesso anno prese il potere in Siria), ma dopo pochi mesi lo estromise dal governo, adottando una linea filonasseriana; dopo la sua morte in un incidente aereo (1966), gli successe il fratello ‛Abd ar-Rahman Muhammad ‛Arif, a sua volta destituito nel 1968 da Ahmed Hassan al-Bakr, leader del Ba‛th. Nel 1972 l’I. avviò la nazionalizzazione dell’industria petrolifera e rafforzò con un patto di amicizia i rapporti con l’URSS, mentre quelli con i Paesi occidentali rimasero difficili e nei confronti d’Israele e dei Paesi arabi moderati fu perseguita una politica d’intransigenza. L’annosa controversia territoriale con l’Iran sullo Shatt al-Arab fu composta nel 1975 (Accordo di Algeri) con la ridefinizione dei confini in cambio di una cessazione del sostegno di Teheran alla guerriglia curda. Nello stesso anno, la rivolta dei curdi fu soffocata nel sangue e città e villaggi rasi al suolo. Dopo la rivoluzione islamica in Iran, i rapporti tra i due Stati subirono un nuovo deterioramento e l’I. rimise in discussione l’Accordo di Algeri, riavvicinandosi al contempo ai Paesi arabi moderati e a quelli occidentali. Sul piano interno, al-Bakr fu sostituito (luglio 1979), nella direzione del Ba‛th e dello Stato, da Saddam Husain. Mentre le elezioni del 1980 evidenziavano il largo controllo di Husain sul Paese, il rilancio dei rapporti economici con l’Occidente e con gli Stati Uniti rappresentò un altro tassello per garantire all’I. un retroterra di appoggi in vista dell’attacco all’Iran, lanciato a settembre con l’invasione della sponda orientale dello Shatt al-Arab. La guerra si concluse con un cessate il fuoco solo nel 1988, dopo otto anni di conflitto costati a Iran e I. centinaia di migliaia di morti; tuttavia, i negoziati di pace rimasero bloccati fino al 1990, quando l’I. accettò il ristabilimento della frontiera del 1975.

La prima guerra del Golfo

Il 2 ag. 1990 l’I. occupò e annetté con la forza il Kuwait. Già nel 1961 ne aveva rivendicato il territorio, in quanto appartenente alla provincia di Bassora in epoca ottomana, ma nel 1963 ne aveva riconosciuto l’indipendenza; controversi erano rimasti, tuttavia, alcuni tratti di confine. Dopo la fine della guerra con l’Iran, si era avuto un peggioramento delle relazioni fra i due Paesi per la politica di sovrapproduzione di petrolio condotta dal Kuwait (come dagli Emirati arabi uniti), che danneggiava pesantemente l’I., impegnato nella ricostruzione e fortemente indebitato. Obiettivi di Baghdad, oltre alla tradizionale ricerca di uno sbocco sul Golfo Persico, erano il patrimonio finanziario del Kuwait e le sue risorse petrolifere. Le reazioni internazionali furono di immediata condanna e si verificò anche una spaccatura nello schieramento dei Paesi arabi. Il Consiglio di sicurezza dell’ONU impose un rigido sistema di sanzioni economiche contro l’I. e autorizzò l’uso della forza per costringerlo a ritirarsi dai territori occupati. L’azione degli Stati Uniti e dei loro alleati (una coalizione internazionale formata da 28 Paesi, compresi 9 arabi), dopo una preparazione fondata in particolare sull’intesa con l’Arabia Saudita, che mise a disposizione il suo territorio come base per le azioni belliche, culminò in un’offensiva militare di vasto respiro nel genn.-febbr. 1991. Questa portò alla liberazione del Kuwait e alla completa sconfitta dell’I., cui furono inflitti gravi danni materiali e perdite umane. Pure molto pesanti furono quelli prodotti dall’azione militare irachena nel territorio del Kuwait, con ripercussioni irreparabili sull’ambiente, e a grande durezza fu anche improntata la repressione irachena dei moti indipendentisti sciiti e curdi sviluppatisi durante la guerra. Sottoposto alla prosecuzione dell’embargo a causa degli ostacoli posti alle verifiche degli ispettori dell’ONU sul rispetto delle misure di disarmo e costretto a pesanti condizioni d’armistizio, l’I. attraversò un difficile dopoguerra, segnato anche dal protrarsi degli attacchi militari statunitensi e britannici e dalle reiterate minacce di ripresa delle ostilità da parte degli Stati Uniti. Dovette inoltre concedere larga autonomia ai distretti curdi e accettare una sfavorevole revisione dei confini con il Kuwait. Per far fronte al drammatico peggioramento delle condizioni di vita della popolazione, il Consiglio di sicurezza dell’ONU consentì all’I. (1995) di esportare limitate quantità di petrolio e di utilizzare i proventi per acquistare cibo e medicine (programma Oil for food).

La caduta di Saddam Husain

Husain era riuscito a rimanere al potere, forte anche del suo apparato di polizia pronto a stroncare ogni forma di dissenso interno, nonostante l’aggravamento delle tensioni che attraversavano il Paese e l’approfondirsi della spaccatura (nel corso del 1995 ripetuti tentativi di colpo di Stato palesarono la crescente opposizione di parte delle forze armate, di potenti clan tradizionalmente vicini al presidente e di membri della sua stessa famiglia) tra il regime e le minoranze, traendo vantaggio dalle divergenze presenti nella comunità internazionale e alternando atteggiamenti di apertura e repentina chiusura alle richieste di ispezione degli arsenali militari. Mentre un referendum (2002) dall’esito plebiscitario confermava il presidente per altri sette anni, gli Stati Uniti, con l’appoggio della Gran Bretagna, sostenevano con crescente determinazione la necessità di un intervento militare per rovesciare Husain. Scaduto il termine per completare il disarmo, a marzo 2003 ebbe inizio l’offensiva che in pochi giorni condusse all’occupazione di tutte le città irachene e alla fine del regime di Husain (catturato a dicembre e giustiziato nel 2006). Le forze della coalizione guidata dagli USA (di cui ha fatto parte, dopo la fine del conflitto, anche l’Italia) sono rimaste nel Paese, precipitato in uno stato di anarchia e sconvolto da attentati terroristici e dallo scontro tra sciiti e sunniti. Dopo il trasferimento dei poteri a un governo provvisorio iracheno (2004), le prime elezioni legislative (2005) hanno registrato il successo degli sciiti e nel 2006 si è formato un governo presieduto dallo sciita J. al-Maliki. Alla presidenza della Repubblica è stato confermato il curdo J. Talabani, già presidente provvisorio. Ciò è avvenuto in uno dei periodi più sanguinosi della storia del Paese, in un succedersi di atti terroristici diretti indiscriminatamente contro le forze governative, quelle della coalizione e la popolazione civile. L’affermarsi della struttura dello Stato e la diminuita intensità dell’attività terroristica ha portato nel 2007 al progressivo disimpegno di alcuni Paesi della coalizione; nel nov. 2008 i governi statunitense e iracheno hanno stipulato un accordo che ha previsto il completo ritiro delle truppe americane dall’I. entro il 2011. Alla fine del giugno 2009 sono passate sotto l’esclusivo controllo delle forze irachene tutte le città del Paese.

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