IRAN

Enciclopedia Italiana - IV Appendice (1979)

IRAN (Persia: XXVI, p. 806; App. I, p. 927; II, 11, p. 522; III, 11, p. 389)

Elio Migliorini
Daniela Primicerio
Alessandro Bausani
Bruno Genito
Alessandro Bausani

L'I., ancor prima che la rivoluzione dovuta all'aumento del prezzo del petrolio determinasse mutamenti economici profondi, aveva cercato (fin dal 1960) di diversificare la sua produzione e ha proseguito su questa via, favorita dal poter contare su una popolazione numerosa (censimento 1976: 32.200.000 ab., con un incremento annuo del 2,5%) e su copiosa manodopera. Sempre più accentuato è il divario tra popolazione urbana e popolazione rurale, come pure è in aumento l'attrazione esercitata dalle maggiori città e dai nuclei industriali di Kexmānshāh, Isfahān, Yazd. Teherān è passata da 1,5 milioni (1956) a 3,4 milioni (1973). Il quinto piano quinquennale (21 marzo 1973-20 marzo 1978), dotato di larghi mezzi, mira a diminuire gli squilibri tra città e campagna e prevede un aumento annuo del 13% del reddito nazionale. Violenti terremoti hanno causato ingenti danni nel dicembre 1964 nell'I. meridionale (15.000 vittime), nel settembre 1968 nel Khorāsān (20.000) e nell'aprile 1972 nel Fārs (5000).

Riforma agraria e agricoltura. - Nel periodo 1963-71 la cosiddetta "rivoluzione bianca" con l'abolizione del regime feudale e la nazionalizzazione delle foreste e dei pascoli (il nome è stato preso dopo che il capo dello Stato ha esposto in 12 articoli le basi di una riforma nel campo sociale ed economico) ha fatto distribuire 8 milioni di ha a 2,3 milioni di famiglie. Ora il 40% della popolazione attiva è occupato nell'agricoltura, che contribuisce col 15% alla formazione del reddito nazionale (1962: 26,6%). L'accrescimento della produzione, del resto ancora limitato, è dovuto all'aumento della superficie coltivata piuttosto che a un più intenso impiego di fertilizzanti e di macchine agricole. Contrasta lo sviluppo dell'agricoltura la scarsa disponibilità di acqua, il cattivo sistema dei trasporti, il persistere di tecniche antiquate. Si fa infatti sentire la mancanza di personale tecnico qualificato e di spirito imprenditoriale, benché nelle zone agricole meno sviluppate abbiano svolto la loro opera migliaia di giovani laureati, in funzione d'insegnanti e di medici. Si calcola che la superficie coltivata ammonti a 19 milioni di ha, pari all'11,5% della superficie totale, mentre la superficie potenzialmente coltivabile sarebbe del 18,8%. Per il futuro si tende a creare aziende governative in cui possa svolgersi il ciclo completo di lavorazione. La riforma agraria ha avuto anche riflessi politici facendo diminuire il potere dei grandi proprietari.

Prodotti del sottosuolo. - La produzione di petrolio è passata a 192 milioni di t nel 1970 e a 294 milioni nel 1973, per il 90% estratto dalla National Iranian Oil CO., controllata dal governo; tra le società minori è la Sirip, alla quale è interessata l'Agip. Le riserve (8,5 miliardi di t) sono pari al 10% del totale mondiale. Nuovi pozzi sono stati aperti a Marun e Agha Jari, sempre nella zona mesopotamica, dove l'I. è tuttora in contrasto con l''Irāq per il controllo dell'estuario dello Shatt el-Arab. Notevoli ritrovamenti sono stati fatti nel Golfo Persico. Anche le riserve di gas naturale sono ingentissime (2270 miliardi di m3, pari al 9% del totale mondiale). Nel 1974 l'estrazione è stata di 22,1 miliardi di m3 (Italia: 15,3). Vasti giacimenti di ferro (con 4,6 miliardi di t di riserve) vengono ora sfruttati a Bafgh (nella regione di Kermānshāh).

Vie e mezzi di trasporto. - Vi è stato un miglioramento della viabilità e uno sviluppo dei mezzi di trasporto dell'energia. La rete ferroviaria è passata a 4412 km (1970). Importante è stata l'apertura (settembre 1971) del collegamento della rete dell'I. con quella turca; il tratto iraniano, difficoltoso soprattutto tra il lago d'Urmia e il confine (con 126 ponti e 4 gallerie), è lungo 130 km; data l'abbondanza di petrolio i treni impiegano motori diesel. È anche da ricordare il collegamento di Bender Sha con Gurgan. Kermān è ora collegata con Isfahān. Importante è anche la costruzione (1967-70) di un metanodotto di 1106 km che traversa l'I. da sud a nord e dai giacimenti posti a E di Ahvāz si spinge fino ad Astara, in prossimità del confine con l'Unione Sovietica (acquirente di notevoli quantità di metano iraniano); alcune diramazioni collegano il metanodotto con Shirāz (305 km), Isfahān (374) e Teherān (305), dove viene utilizzato sia per riscaldamento che per le industrie. Per l'imbarco del petrolio esportato, ai porti già esistenti si sono aggiunti Khark (nell'isola omonima) e Machur (presso Bandar- e Shāhpūr). Nel settembre 1967 è stato aperto al traffico il nuovo porto di Bandar ‛Abbās.

Industrie. - Finora l'I. era dotato soltanto di industrie rivolte alla produzione di beni di consumo e di prodotti alimentari. I profitti derivanti dal petrolio hanno fatto sorgere nuove industrie destinate non soltanto alla raffinazione del grezzo, ma anche all'utilizzazione del metano, che ha dato luogo alla creazione d'impianti petrolchimici a Bandar-e Shāhpūr, Khark e Ābādān. Una fabbrica di concimi è sorta a Shirāz, dove dal 1975 funziona una raffineria. Ma di maggior portata è la creazione (1967-71) di un impianto siderurgico a Riz-Lenjan presso Isfahān (officine di Aryamehr), sorto per iniziativa sovietica, che riceve in cambio notevoli quantità di metano. L'impianto ha una capacità di produzione di 4 milioni di t di acciaio; esso utilizza il minerale di ferro del giacimento di Bafgh (sfruttato dal 1971) e il carbone di Zarand. Dal 1973 funziona una fabbrica di alluminio ad Arak. Molti altri impianti industriali meccanici, tessili, ecc. sono sorti nei dintorni di Teherān, dove è accentrato il 60% degli operai addetti alle industrie. In progresso è anche lo sfruttamento dell'energia idroelettrica (diga sul Dez nel Khūzistān del 1963).

Commercio estero. - La bilancia commerciale, data la presenza degl'idrocarburi, è attiva, per cui l'I., rafforzate le sue industrie, tende ora a differenziare la sua economia esportando prodotti finiti nei paesi del vicino Oriente (che cerca d'inglobare nella sua orbita), come pure nei paesi in via di sviluppo. L'88% delle esportazioni (4,2 miliardi di dollari nel 1973-74) consistono in petrolio; seguono tappeti, cotone, pelli, maglie, calzature. Nello stesso anno le importazioni sono state di 3,4 miliardi di dollari, con prevalenza di macchinari e di prodotti semifiniti, dei quali l'82,5% provenienti dai paesi occidentali industrializzati e il 12,6% dai paesi del Comecon. L'Italia partecipa al 4,4% delle importazioni, provenienti per la massima parte da Germania (18,4%), Stati Uniti (16,6%), Giappone (14%), Regno Unito (11,6%).

Sul piano internazionale l'I. esercita una politica attiva per emergere sui paesi vicini e dominare sul Golfo Persico e appunto per questo le spese militari assorbono una quota crescente del bilancio nazionale.

Bibl.: La population de l'Iran, perspectives d'évolution, Teherān 1966; G.B. Baldwin, Planning and development in Iran, Baltimora 1967; The land of Iran, vol. I della Cambridge history of Iran (con contributi di W. B. Fisher per la geografia fisica, H. Bobek per la vegetazione, A. Melamid per le industrie e i trasporti, K. De Planhol per l'insediamento), Londra 1968; A. K. S. Lambton, The persian land reform 1962-1966, Oxford 1969; A. Gabriel, Religions geographie von Persien, Vienna 1971; Atlas of Iran. White revolution. Proceds and progress, Teheran 1973; Nota d'aggiornamento bibliografico sui paesi del vicino Oriente, in La geografia nelle scuole, 19° (1974), pp. 48-50. Per i rapporti con l'Italia cfr. il numero di febbr.-apr. 1970 della rivista Il Veltro, dedicato all'Iran.

Finanza. - L'andamento del prodotto nazionale lordo, in questi ultimi quindici anni, ha segnato un tasso medio di crescita del + 10%, mentre i prezzi al consumo, dal 1960 al 1970, si sono incrementati del 18%, e dal 1970 al 1975 sono saliti del 56,9%; i prezzi all'ingrosso hanno segnato lo stesso andamento. Il costo della vita, negli ultimi anni, è aumentato del 14,1% per il 1974, del 13,1% nel 1975 e dell'11% nel 1976. La bilancia dei pagamenti, attiva fino al 1964, è diventata passiva dal 1965 al 1972; è ritornata in pareggio nel 1973, segnando quindi un fortissimo saldo attivo nel 1974 (1352 milioni di dollari). Gli aiuti concessi dall'I. ai paesi in via di sviluppo sono molto difficili da calcolare, poiché nei dati si sommano i versamenti realmente effettuati e gl'impegni per il futuro. Le cifre di cui si dispone sono 135 miliardi di aiuti multilaterali, 256 miliardi di aiuti nel quadro dei paesi dell'OPEC, 513 miliardi destinati agl'impegni per il futuro. La moneta nazionale, il rial, valeva 8,58 lire nel 1973, 9,45 nel 1974 e 10,03 nel 1975.

Storia. - Gli ultimi quindici anni della storia dell'I. sono caratterizzati da un tentativo di portare avanti una politica in sostanza nazionalistica, ma senza entrare in contrasto con le potenze del blocco occidentale. Questo si verifica anche nel delicato problema del petrolio; dopo l'azione clamorosamente nazionalistica di Mosaddeq, l'attuale scià evita di entrare, come l'Algeria e l'Irāq, in contrasto con i trust internazionali. È del 1960 la costituzione dell'OPEC (Associazione dei produttori di petrolio) che comprende i più importanti produttori del mondo, incluso naturalmente l'Iran. Il 20 marzo 1972 la NIOC (National Iranian Oil Company) assume la gestione diretta di bacini e impianti, gestione che era prima in mano a un consorzio di compagnie britanniche, francesi, americane e olandesi che dal 1954 sostituivano l'Anglo-Iranian Oil Co. Il 24 maggio dello stesso anno si ha l'accordo di Teherān sul petrolio, tra l'I. e le grandi compagnie internazionali. Le royalties sono utilizzate soprattutto per l'industrializzazione del paese. Tale industrializzazione avviene tuttavia nell'ambito degl'interessi delle multinazionali: fa eccezione un solo esempio, le acciaierie di Isfahān costruite con l'apporto sovietico.

Dal punto di vista della politica internazionale l'attuale scià Mohammad Reżā, che ha mostrato, dopo le prime esitazioni degli anni Quaranta e Cinquanta, un'energia sempre maggiore e ha di fatto in mano il controllo di tutte le sfere di attività del paese, tende a mantenere buoni rapporti con tutti, inclusi Cina e URSS, ma dichiara la sua adesione al blocco mondiale di tipo americano. Pessimi sono stati i rapporti con il regime di sinistra dell'Irāq, anche per questioni di frontiera, e significativo è anche l'intervento di bene armate truppe persiane nell'Oman contro i rivoluzionari del Dhofar, a partire dal 1974. In cambio gli Stati Uniti hanno fornito all'I. quelli che possono considerarsi i migliori armamenti di tutta l'area medio-orientale (escluso Israele).

Oltre a discussioni sulla sovranità persiana su certe isole del Golfo Persico (o Golfo Arabico come preferiscono chiamarlo gli Arabi) con relativa occupazione, il 2 dicembre 1971, da parte dell'I. di alcune isolette del Golfo stesso, l'I. ha appoggiato per vari anni il movimento indipendentista curdo in 'Irāq, diretto dallo shaikh al-Barzānī; i curdi infatti, di stirpe e lingua ariana, sono considerati "iranici". Tuttavia il 6 marzo 1975 una riconciliazione fra I. e 'Irāq liquida il problema curdo e l'I. ritira il suo appoggio ai curdi dell''Irāq. Del resto, anche all'interno dell'I., la politica del governo non è troppo tenera verso le minoranze (soprattutto curdi appunto, e turchi dell'Azerbaigian, dove la popolazione, di circa 3 milioni di persone, è turcofona. Il predominio della lingua persiana è assoluto, non esiste stampa in turco azeri dell'Azerbaigian, ecc).

La politica culturale dell'attuale scià ricalca le linee ormai tradizionali della dinastia Pahlavi: rivalutazione dell'antico passato preislamico soprattutto achemenide (sono del 1971 le fastosissime cerimonie, cui hanno partecipato capi di stato e rappresentanti di governi di tutto il mondo, inclusi quelli socialisti, del 25° centenario della fondazione dell'impero di Ciro il Grande); importanza relativamente più scarsa data al passato culturale islamico, anche per spezzare le resistenze di un certo integralismo musulmano conservatore che, paradossalmente, si trova talora alleato all'opposizione di sinistra (nel 1976 si è persino abolita la datazione a partire dall'ègira, cioè dall'emigrazione di Maometto dalla Mecca a Medina, e l'inizio delle date si è fatto risalire allo stabilimento dell'impero di Ciro il Grande, così che, al momento del capodanno persiano del 21 marzo 1976, si è iniziato non l'anno solare 1355 bensì il 2355); promozione dell'alfabetismo (in certi casi il servizio militare può esser sostituito da un servizio di alfabetizzazione, nel cosidetto sepāh-e dānesh, "esercito del sapere"); promozione della stampa; fondazione di nuove università, ecc.

Ma questi provvedimenti non hanno sedato l'agitazione antigovernativa dell'intellighenzia studentesca, né sono valsi a propiziare il favore del popolo. La repressione si è fatta sempre più dura, a partire dal 1973, e a nulla potevano valere le concessioni fatte alle masse operaie, come il prevedere una specie di partecipazione agli utili delle imprese (autunno 1974). La mancanza di libertà politica è divenuta ancor più assoluta con l'instaurazione del regime del partito unico (1975) e la soppressione di quello d'opposizione. Nell'agosto 1978 è esplosa una violenta rivolta, che ha trovato congiunti gli elementi dell'ortodossia islamica (guidati dal capo religioso in esilio, l'ayatollah Khomeini) e i partiti di sinistra. Lo Shāh ha tentato di arginare l'insurrezione chiamando al governo un moderato, Bakhtiar, ma dinanzi all'inarrestabile progredire della rivoluzione, Rezā Pahlavī era costretto a partire in esilio (16 gennaio 1979). Il 10 febbraio Khomeini ritornava in patria, nominando un nuovo primo ministro, Bazargan, e instaurando (12 febbraio) la Repubblica islamica. Vedi tav. f. t.

Bibl.: Behroude Azade, L'Iran d'aujourd'hui, in Les temps modernes, n. 298, maggio 1971; Z. N. Davidian, Iran in the service of world peace, Teherān 1971; Autori vari, The revolutionizing of Iran, ivi 1973; Paul Vieille, Abel Hassan Banisadr, Petrole et violence, Parigi 1974; id., La féodalité et l'état en Iran, ivi 1975; Il fenomeno Iran: anatomia di un modello, in Politica Internazionale, dic. 1975, di B. Scarcia Amoretti, G. Vercellin, M. Paolini; G. Grossi, Iran, petrolio, violenza, potere, Roma 1975. Vedi anche le annate di Oriente Moderno [1921 sg.].

Archeologia. - Gli scavi archeologici, condotti in tutta la Persia in questi ultimi quindici anni, sono stati numerosi e significativi; hanno interessato, soprattutto, il periodo preistorico e protostorico dell'I., chiarendo le caratteristiche, del tutto particolari, di questa civiltà che, situata come immenso crocevia fra l'Asia centrale, l'India, la Mesopotamia e l'Asia minore, ha potuto svilupparsi e arricchirsi a contatto con popoli e razze i più diversi. I più antichi insediamenti messi in luce sono quelli di Ganj-i Dareh, del 9° millennio, vicino a Kermānshāh e, del 4° millennio, quelli di Godin Tépé, nel Lūristān, e Choga Mish, nel Khūzistān, che hanno dimostrato quanto ampio sia stato il contesto culturale e geografico delle prime civiltà iraniche. Del 3° millennio sono il centro elamita di Shāhdād, nel distretto di Kérman, le tombe collettive di Bāni Surmah, nel Lūristān e, soprattutto, gl'insediamenti di Bāmpūr e Tépé Yaḥyā messi in luce nell'I. sud-orientale. Gli scavi italiani a Shahr-i Sokhta, nel Sistān iranico, hanno rivelato, sempre per quest'epoca, un'ecumene culturale ancora più vasta che ha fatto cadere qualsiasi teoria che riteneva l'urbanizzazione di questi territori avvenuta solamente per diffusione dalle civiltà tradizionali della Mesopotamia e dell'Indo. Del 2° millennio è Haft Tépé, nel Khūzistān, un altro dei più grandi centri elamiti, Dinkha Tépé, nell'Azerbaigian, e ancora il periodo III C della lunghissima sequenza di Tureng Tépé, a SE del Caspio. Tra i periodi di Ḥasanlū sono da ricordare il IV, databile fra il 1100 e l'800 a. C., con edifici a sale ipostile e il III con costruzioni databili fra il 950 e il 782 a. C. che furono distrutte dagli Urartei. Questa fase è molto importante perché dimostra, con l'innalzamento di un grande muro di fortificazione, il bisogno di difendersi proprio delle nuove strutture politiche organizzate dei primi secoli del 1° millennio.

I resti di Bābā Jān, nel Lūristān, databili fra il 9° e il 7° secolo a. C., hanno portato alla luce, tra gli altri, un edificio con pavimento a larghe tegole di mattoni cotti dipinte con disegni geometrici. Il sito di Tépé Nūsh-i Jān, a 70 km a S di Hamadān, è databile fra l'8° e il 6° secolo a.C. e presenta un edificio centrale, a forma di losanga, che, probabilmente, è un tempio del fuoco e un altro, a sala ipostila, molto importante per la storia dell'architettura iranica e, in particolare, per l'origine di questo tipo di sala, di cui, tenendo presenti gli esempi di Tépé Bābā Jān e Ḥasanlū, si possono ormai seguire tutte le fasi, senza dover necessariamente prevedere una dipendenza diretta dall'architettura urartea o antico-egiziana. Ad Haftavān Tépé, nell'Azerbaigian occidentale, si è messa in luce una cittadella urartea che fu forse quella distrutta da Sargon II nel 714 a.C.; altro notevole sito urarteo è Bastām, nella stessa regione, del 7° secolo a. Cristo.

Per il periodo achemenide vanno ricordati gli scavi a Pasargade, soprattutto sulla cittadella e nell'area dei recinti sacri, e i lavori di restauro a Persepoli promossi dall'ISMEO che, oltre a dare un notevole contributo al chiarimento delle vicende architettoniche degli edifici sulla terrazza, hanno mostrato anche una facciata inedita con decorazione a coni disposti a mo' di corna. Ancora va ricordata la scoperta, nel Sistān iranico, del sito di Dahān-i Ghūlamān, molto probabilmente Zaranka, l'antica capitale della Drangiana, eccezionale per il suo impianto urbanistico e per un grande edificio religioso, unico nel suo genere, che, seppure problematicamente, apporta un notevole contributo alla conoscenza dell'antica religiosità iranica. Gli scavi, poi, a Masjid-i Suleimān hanno dimostrato che il sito fu uno dei primi stanziamenti achemenidi in tutto l'I. e sulla terrazza si sono potuti riconoscere ben quattro santuari, dell'età achemenide fino al 1°-2° secolo d. Cristo. Nell'altra capitale, Susa, sono continuati i lavori che hanno messo in luce, sulla terrazza, i resti del palazzo di Dario, con sala ipostila, e, sulle rive del Chaour, quelli di un palazzo del periodo di Artaserse II. Per l'età partico-sasanide sono stati eseguiti saggi sul complesso del Kūḫ-i Kwāǧa, nel Sistān iranico, di cui, ormai, è possibile determinare la fase più antica, attribuibile al 4°-3° secolo a. Cristo. Importanti sono anche i lavori eseguiti a Shahr-i Qomis, a 30 km a O di Dāmghān, e quelli a Kangāvar, dove si sta procedendo allo scavo e all'analisi del grande santuario dedicato ad Anāhitā. Per il periodo specificamente sasanide sono da segnalare il rinvenimento, nel Gurgān, di un lungo muro di fortificazione e, nel Kurdistān, i resti del sito di Qal'eh-i Yazdigird; gli scavi a Bīshāpūr e Fīrūzābād e quelli sulla cittadella di Takht-i Suleimān, dove sono stati trovati anche importanti resti musulmani di periodo Ilkhānide (v. Ilkhān). Per l'età musulmana, vanno citati gli scavi condotti a Ghubayra, vicino a Kermān e, di gran lunga più importanti, quelli di Sīrāf, la moderna Taheri, sul Golfo Persico, dove sono stati messi in luce numerosi edifici, fra cui almeno tre moschee, un vasto quartiere di abitazioni, un bazar e un minareto, fra i più antichi, del 9° secolo. Le fasi costruttive vanno dal 7° al 12° secolo. Ricordiamo, in ultimo, i lavori di ricerca e di restauro a Isfahān, eseguiti dalla missione archeologica italiana, fra cui citiamo quelli nella Moschea del Venerdì che, oltre a rintracciare le prime fasi del monumento, hanno permesso d'individuare i resti dell'antico abitato preislamico e quelli sui monumenti safawidi, specialmente il palazzo di Cehel Sutūn e gli edifici della Meidan-i Shāh.

Bibl.: Preistoria e Protostoria. - Ganj-i Dareh: P. E. L. Smith, Prehistoric excavations at Ganj-i dareh Tépé 1967, V International congress Iranian art and archaeology, I (1968), p. 183 segg.; id., Ganj-i Dareh Tépé, in Iran, VIII (1970), pp. 178-80. Godin Tépé: T. Cuyler Young, Excavation at Godin Tépé, first progress report, Toronto 1969; id., Excavations at Godin Tépé 1973, in Proceedings of the second annual symposium on archaeological research in Iran, Teheran 1974, p. 80 segg. Choga Mish: P. Delougaz-H. J. Kantor, The fourth season of excavation at Choga Mish in Khūzestān (1969-70), in Bastan Chenassì va Honar- e Iran, pp. 7-8 (1971), p. 36. Shāhdād: A. Hakemi, M. A. Kaboli, Shāhdād, in Iran, VIII (1970), pp. 187-88; Shāhdād in the third millennium, in Proceedings of the second annual symposium on archaeological research in Iran, Persian section, Teheran 1974, p. 10 segg. Bāni Surmah: L. Vanden Berghe, Lūristān, from Bāni Surmah to War Kabūd, in Archaeologia viva, I, Parigi 1968; Bampūr: B. de Carli, The Bampūr sequenze in the third millennium B. C., in Antiquity, XLI, 1967; id., Excavations at Bampūr S. E. Iran, a brief report, in Iran, VI (1968), pp. 135-55; id., Bampūr, a third millennium site in Persian Balūchistan, in Archaeologia viva, I, n. 1, Parigi 1968; Tépé Yaḥyā: C. C. Lamberg-Karlowsky, A excavation at Tépé Yaḥyā, 1967-69, Progress report I, in American School of prehistoric research and the Asia institute of Pahlavi University of Shiraz, Cambridge-Massachusetts 1970; id., The proto-elamite settlement of Tépé Yaḥyā, in Iran, IX (1971), p. 87 segg.; id., Tépé Yḥayā 1971, ibid., X (1972), p. 89 segg. Shahr-i SOkhta: M. Tosi, Excavation at Shah-i Sokhta, a chalcolithic settlement in the Iranian Seistān, preliminary report on the first campaign october-dicember 1967, in East and West, n. s., vol. 18, nn. 1-2 (1969), pp. 9-66; id., Excavation at Shahr-i Sokhta, preliminary report on the second campaign, september-dicember 1968, ibid., n.s., vol. 19, nn. 3-4 (1969), pp. 283-386; id., Shahr-i Sokhta, in Iran, VIII (1970), pp. 188-89. Haft Tépé: E. O. Negahban, Brief report of the third season of excavation at Haft Tépé, in V International congress Iranian art and archaeology, I, 1968; id., Brief report of Haft Tépé excavation 1974, in Proceedings of the third annual symposium on archaeological research in Iran, Teherān 1975. Dinkha Tépé: O. W. Muscarella, Ecavation at Dinkha Tépé, 1966, in Bull. metr. mus. of art, XXVII (1968-69), pp. 187-96. Tureng Tépé: J. Deshayes, Rapports préliminaires sur la quatrième campagne de fouilles à Tureng Tépé, in Iranica antiqua, voll. 5 e 6, Leida 1965 e 1966, pp. 1-5; id., Tureng Tépé and the plain of Gorgān in the bronze age, in Archaeologia viva, I, n. 1, Parigi 1968; id., Tureng Tépé (Survey of excavation in Iran 68-69), in Iran, VI (1968), pp. 165-66; id., New evidence for the Indo-Europeans from Tureng Tépé, in Archaeology, vol. 22, n. 1, New York 1969, Ḥansalū: R. H. Dyson, Ḥasanlū and Early Iran, in Archaeology, vol. 13 (2) 1960, pp. 118-29; id., The Ḥasanlū project, in Science, vol. 135 (1962), pp. 637-47; id., Problems of protohistoric Iran as seen from Ḥasanlū, in Journal of near eastern studies, XXIV, 3 (1965); id., The Ḥansalū project, 1961-67, in V International congress of Iranian art and archaeology, L (1968), p. 39 segg.; R. H. Dyson, O. W. Muscarella, M. Voigt, Ḥasanlū project 1968, in Iran, VIII (1970), pp. 179-81; R H. Dyson, Preliminary report work carried out during 1968 by the Ḥansalū project in Azeirbaigian, in Bastan Chenassi va Honar-e Iran, n. 2 (1969), p. 14 segg. Bābā Jān: C. Goff Meade, Excavation at Bābā Jān in second preliminary report, ibid., VIII (1970), pp. 141-56. Nūsh-i Jān: D. Stronach, Excavation of Tépé Nūsh-i Jān, in Iran, VII (1969), pp. 1-20; M. Roaf, D. Stronach, Tépé Nūsh-i Jān, second preliminary report, ibid., XI (1973), p. 129 segg. Haftavān Tépé: C. A. Burney, Preliminaries reports, in Iran, VIII (1970), pp. 157-71; ibid., XI (1973), p. 153 segg. Bastām: W. Kleiss, Ausgrabungen in Bastām, in Bastan Chenassi va Honar-e Iran, nn. 7-8 (1971), p. 44 segg.; id., Ausgrabungen in Bastām 1973 und Erforschung urartäischer Plätze in Azerbaigian, in Proceedings of the third annual symposium on archaeological research in Iran, Teherān 1975, pp. 189-202.

Età achemenide. - Pasargade: D. Stronach, Three preliminaries reports, in Iran, I (1963), pp. 19-42; ibid., II (1964), pp. 21-39; ibid., III (1965), pp. 9-40. Persepoli: A. B. Tilia, A study on the methods of working and restoring stone and on the parts left unfinished in Achaemenian architecture and sculpture, in East and West, n. s., vol. 18, nn. 1-2 (1968), pp. 67-108; id., Reconstruction of the parapet an the terrace wall at Persepolis, south and west palace H, ibid., n. s., vol. 19, nn. 1-2 (1969), pp. 9-43; id., Studies and restoration at Persepolis and other sites of Fārs, in ISMEO Rep. Mem., XVI (1972); id., Discoveries at Persepolis 72-73, in Proceedings of the second annual symposium on archaeological research in Iran, Teherān 1974, pp. 239-53. Masijd-i Suleimān: R. Ghirshmann, Masijd-i Suleimān (Survey of excavation in Iran 66-67), in Iran, VI (1968), pp. 164-65; ibid., VIII (1970), pp. 183-85. Susa: J. Perrot, Fouilles stratigraphiques à l'acropole de Susa, in Bastan Chenassi va Honar-e Iran, n. 2 (1969), p. 1 segg.; ibid., nn. 9-10 (1972), p. 32 segg.; id., Le palais de Darius le Grand à Susa, in Proceedings of the second annual symposium on archaeological research in Iran, Teherān 1974, pp. 91-101. Dahān-i Ghūlamān: U. Scerrato, L'edificio sacro di Dahān-i Ghūlamān (Seistan), in Accademia nazionale dei Lincei, convegno su La Persia e il mondo greco-romano, Roma 1965; id., Excavation at Dahān-i Ghūlamān (Seistan-Iran), first preliminary report 1962-63, in East and West, n. s., vol. 16, nn. 1-2 (1966), pp. 9-30.

Età partica e sasanide. - Kūh-i Kwāga: G. Gullini, Architettura iranica, Torino 1964. Shahr-i Qōmis: D. Stronach, Shahr-i Qōmis (Survey of excavation in Iran 1966-67), in Iran, VI (1968), p. 162. Kangāvar: S. Kambakhch-Fard, Les fouilles de Kangāvar, le temple d'Anāhitā, in Bastan Chenassi va Honar-e Iran, n. 6 (1971), p. 10 segg.; id., Fouilles archéologiques à Kanàvar, ibid., nn. 9-10 (1972), p. 2 segg. Takht-i Suleimān: D. Huff, Takht-i Suleimān, in Iran, VII (1969), pp. 192-93; ibid., VIII (1970), pp. 194-97; ibid., IX (1971), pp. 181-82; R. Naumann-D. Huff, Takht-i Suleimān, in Bastan Chenassi va Honar-e Iran, nn. 9-10 (1972), p. 2 segg.; R. Naumann, D. Huff, R. Schnyder, Bericht über die Ausgrabungen 1965-73, in Archäologischer Anzeiger, Heft i (1975), p. 109 segg. Qal'eh-i Yazdigird: E. J. Keall, A sasanian palace in Persian Kurdistan, in Iran, V (1967), pp. 99-121.

Età musulmana. - Ghubayra: G. Fehervari, A. D. H. Bivar, Ghubayra 1974, Advance report on the third season, in Proceedings of the third annual symposium on archaeological research in Iran, Teherān 1975, pp. 255-62. Sīrāf: D. Whitehouse, Excavation at Sīrāf in preliminaries repoirts, in Iran, VI (1968), pp. 1-22; ibid., VII (1969), pp. 60-62; ibid., VIII (1970), pp. 1-18; ibid., IX (1071), p. 1 segg.; ibid., X (1972), p. 1 segg.; ibid., XII (1974), p. 1 segg. Iṣfahān: E. Galdieri, R. Orazi, Progetto di sistemazione del Maydan-i Shāh, ISMEO, Roma 1968.

Si ritiene opportuno citare anche alcune opere di carattere generale, edite fra il 1960 e oggi, di storia dell'arte e archeologia iranica, tutte corredate da ricchissima bibliografia: R. Ghirshmann, Arte persiana, Medi e Achemenidi, Milano 1962; id., Arte persiana, Parti e Sasanidi, ivi 1962; E. Porada, Antica Persia, ivi 1962; J. L. Huot, Archaeologia mundi, Iran I, Nagel 1965; V. G. Lukonin, Archaeologia mundi, Persia II, ivi 1967.

Si segnala, inoltre, che in Iran sono tuttora in corso lavori di restauro e scavo da parte di numerose missioni archeologiche, fra cui ricordiamo: quella del Centro iraniano per la ricerca archeologica, quella britannica, quella francese del CNRS, quella germanica, quella giapponese, quella italiana dell'ISMEO, e quelle di numerose università americane.

Di queste ricerche di scavo e restauro si possono leggere i resoconti annuali nei Proceedings of the annual symposium on archaeological research in Iran, editi a Teherān.

Letteratura. - Nell'ultimo trentennio la letteratura dell'I. sembra mostrare una continuazione delle direttrici principali individuate per il periodo precedente. A parte quella poesia che usa ancora strumenti formali classici e che pure ha dato alcuni notevoli rappresentanti come Maleko 'sh-Sho'arā' Bahār (morto nel 1951), che seppe infondere contenuti nuovi nelle forme tradizionali, siamo ormai nel regno della cosiddetta poesia nuova (she'r-e nou), che non usa più i mezzi tradizionali della rima e del ritmo metrico, e della prosa moderna, tendenzialmente realista di fronte all'imperante simbolismo tradizionale. Due le figure che vengono considerate gl'iniziatori della prosa e della poesia moderne: Ṣādeq Hedāyat (morto suicida a Parigi nel 1951) per la prosa e Nīmā Yūshīj (1895-1960) per la poesia. Nei poeti modernisti si può distinguere una corrente di impegnati e una di apolitici a tendenze per lo più simboliste. Fra i primi spiccano la notevole poetessa Forūgh Farrokhzad (nata a Teherān nel 1935 e morta in un incidente d'auto nel 1967), che riesce a parlare con immediatezza della passione dei sensi; Bāmdād (nato a Teherān nel 1925), che combina qualità liriche ed epiche e che malgrado il suo impegno politico usa un linguaggio raffinato, sicché in Qoqnūs dar bārān ("La Fenice nella pioggia", Teherān 1967) ha prodotto una prosa poetica che ricorda lo stile biblico e quello dei primi sufi persiani; Ommīd (nato a Mashhad nel 1928), di stile più narrativo che pittorico, dal tono nel contempo melanconico e sardonico (cosa non infrequente nei moderni poeti di Persia). Fra i non politici spicca soprattutto Nāder Nāderpūr (nato a Teherān nel 1929), che è ormai considerato il decano dei "nuovi" per la sua abbondante produzione: poeta lirico di temperamento nostalgico, è maestro di parole raffinate e dizione cristallina. Altro non-impegnato è Sepehrī (nato a Qom nel 1928), che nei suoi versi riflette le semplici gioie di un fanciullo ed esperienze di vita non esenti da certa vena mistica. Altri di questa corrente sono Sāyeh e Moshīrī, lirici romanticheggianti, Neyestānī, Golchīn Gīlanī e Sereshk.

Forme ancora più moderne mostra la cosiddetta "nuova ondata" (mouj-e nou) caratterizzata dal desiderio non solo di rinunciare a ogni residuo di norme classiche, ma anche di combattere certe mode diffuse fra i modernisti della prima maniera, e in genere qualsiasi barriera alla completa "libertà d'espressione".

La figura principale di questo movimento è l'imagista Aḥmad Rezā Aḥmadī (nato a Kermān nel 1940), che non cede né a rime né a ritmi sia pur moderni, ma dal linguaggio talora oscuro. Payām, il teorico del gruppo, insiste sul fatto che la poesia deve rimaner libera da ogni impegno morale, sociale o politico e persino dalla logica cosciente. Forme simili a queste mostra Royā'ī (nato a Dāmghān nel 1932), anche se non può considerarsi membro del gruppo. Molti dei poeti sono anche critici e teorici, primi fra tutti Nāderpūr stesso e il poeta impegnato Barāhīni, quest'ultimo considerato uno fra i più arditi critici letterari di oggi.

Fra i prosatori, all'inizio tutti sotto l'influenza di Hedāyat, Ṣādeq Chūbak (nato a Bushehr nel 1916) è considerato il leader dei realisti: soprattutto novellista, ha scritto anche pel teatro (Tūp-e lāstīkī, "La palla di gomma", del 1962). Altro grande ammiratore di Hedāyat e attivista impegnato è Āl-e Aḥmad (nato nel 1923), dallo stile laconico e potentemente descrittivo, più interessato all'ambiente sociale che all'intimismo psicologico e sempre più critico dell'influenza occidentalizzante. Anche le novelle di Behāzīn (nato a Rasht nel 1915), dal linguaggio lirico ed espressivo, trattano della povera gente e delle ingiustizie sociali. Allo stesso gruppo appartiene anche Ebrāhīm Golestān. Fra gli scrittori della seconda generazione ricordiamo (ma non si dimentichi che molti e della prima e della seconda generazione furono anche fecondi traduttori di opere europee) Modarresī (nato a Teherān nel 1934), Mīr-ṣādeqī (nato a Teherān nel 1933), Qarīb Sā‛edī (nato a Tabrīz nel 1935) e Afghānī (nato a Kermānshāh nel 1925), quest'ultimo autore di voluminosi romanzi che ricordano più o meno vagamente Balzac, Dickens e Zola.

Un genere letterario pressoché sconosciuto (a parte le popolaresche taziyè, specie di misteri medievali religiosi) nella letteratura tradizionale persiana, che ha trovato numerosi cultori in epoca moderna, è il dramma. Fra i drammaturghi moderni di maggior successo è il già nominato Sā‛edī, che scrive sotto lo pseudonimo di Gouhar-e Morād e ha una notevole vena satirica. Più triste e lirico-filosofico è Beiżā'ī (nato a Teherān nel 1938), i cui drammi sembrano più che altro poesie drammatizzate, talora con personaggi dai nomi trasparentemente simbolici (il Burattinaio, l'Eroe, il Demone, la Fanciulla, ecc.).

Non mancano naturalmente gl'imitatori del "teatro dell'assurdo", tipo Becket e Ionesco, come Na'Ibandiyān (nato nel 1947), che è considerato una delle figure più promettenti fra i giovani drammaturghi persiani.

Bibl.: M. Hoghūghī, She'r-e nou ("La poesia moderna"), Teherān 1972 (antologia con brevi saggi); E. Yar-Shater, The modern literary idiom, in Some aspects of Iranian culture, a collection of essays, ivi 1973, pp. 131-63; G. Scarcia, La poesia persiana nell'ultimo ventennio, Roma 1974.

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