IPPOLITO

Enciclopedia Italiana (1933)

IPPOLITO ('Ιππολυτος, Hippolitus)

Alessandro Olivieri

Figlio di Teseo e dell'amazzone Antiope o Ippolita, giovane di straordinaria bellezza, castità e religiosità; onde la sua predilezione per Artemide, a cui aveva innalzato un tempio in Trezene sotto il titolo di Lykeia, e la sua avversione per Afrodite. Quando Teseo sposò Fedra, mandò lui ancor giovinetto a Trezene. È noto l'amore incestuoso concepito dalla matrigna per lui e come egli la respingesse e cagionasse così la sua morte (v. fedra). I Trezenî lo reputavano assunto in cielo sotto la forma della costellazione dell'Auriga. Secondo una versione, che si trovava già nel poema epico Naupactia, il giovane casto sarebbe stato resuscitato da Esculapio per intercessione di Artemide. Tornato in vita, venne a regnare in Italia, presso gli Aricii, dove consacrò un recinto ad Artemide, ebbe il nome di Virbio, quasi vir bis, e nella valle Aricia ebbe pure relazione con la Ninfa Egeria; la Diana, poi, con la quale fu congiunto aveva i nomi di Nemorense, Aricina, Tauropola, ecc. Già nel dramma euripideo pervenutoci, Ippolito, si accenna (1423 segg.) agli onori divini concessi al giovane dai Trezenî. Le fanciulle prima delle nozze dovevano tagliarsi le chiome in suo onore.

Il culto d' I. è originario in Trezene; qui erano un recinto saero, un tempio e una statua a lui dedicati. In questo recinto era anche uno stadio in onore d' I. e più su un tempio d'Afrodite catascopia, di dove 'Fedra spiava il figliastro mentre si esercitava nello stadio; inoltre un albero di mirto, le foglie del quale erano state traforate con uno spillo da Fedra nei momenti più forti della sua passione. Dunque in Trezene il giovane godeva onori divini nel tempio. Ma nel sacro recinto era anche la sua tomba; quindi se I. godeva onori divini, doveva godere pure onori eroici, appunto nella tomba. Lo stesso fenomeno ci è attestato per Atene ed Epidauro. È quindi evidente che I. è un dio ed è un eroe. Come vedemmo, egli è messo in rapporto con la cerimonia delle nozze. Ora, il Wilamowitz pensa che, mentre la futura sposa faeeva il sacrificio dei suoi capelli, le compagne intonassero il canto sacro, il canto della morte della giovinezza e della verginità. Appunto questo canto nuziale trezenico avrebbe prodotto, come personificatore dei suoi sentimenti, il giovane che muore per la sua innocenza e castità, I. Il motivo della donna che ama in modo peccaminoso e che poi per vergogna e furore calunnia la persona amata, accusandola della propria colpa, è assai diffuso nelle tradizioni elleniche e, possiamo dire, orientali preelleniche. Quindi facile fu comporre la leggenda di I. e Fedra. Trezenio, egli è immaginato figlio del più ragguardevole re di Trezene, Teseo; la sposa di Teseo diventa sua nemica e le si dà il nome di Fedra, perché già Φαῖδρος era un nome comune; e la s'immagina figlia di Minosse, dati i rapporti che Teseo ebbe con Arianna e perché il suo amore colpevole potesse considerarsi come un'eredità dalla madre Pasifae. L'impiccagione era la maniera più usata di morte volontaria delle donne; una falsa interpretazione del nome I. dava luogo al particolare della morte del giovane per la caduta dal cocchio, ecc. Altri invece vede nella leggenda un carattere simbolico. I., già per il suo nome, indica il sole al tramonto, che muore nel mare, ucciso per opera della luna (Fedra, toro). La spiegazione compiuta del mito d'I. si ha, considerandolo nelle sue attinenze con quello di Adone Tammuz. L'identificazione di I. con Virbio non è anteriore alla tarda età repubblicana.

Il mito di I., sulla base delle tragedie euripidee, na offerto argomento a numerose opere d'arte, di cui restano quelle di carattere decorativo e industriale, vasi italioti, pitture e sarcofagi romani; per questi ultimi il mito era particolarmente adatto per i suoi elementi funerari.

Bibl.: Sauer, in Roscher, Lexik. d. gr. u. röm. Mythologie, coll. 2681-87; Lietzmann, in Pauly-Wissowa, Real-Encykl., VIII, coll. 1865-78; E. Most, De Hyppolyto Thesei filio, Marburgo 1840; E. Scheibel, De Euripids Hyppolyto, Berlino 1841; J. Braun, Naturgeschichte der Sage, Lipsia 1864-65, I, 297-298; L. V. Schmidt, De Hippolyto Troezenio, in Rheinisches Museum, VII, 54 segg.; V. Puntoni, Studi di Mitologia greca ed italica, I, Sulla formazione del mito di Ippolito e Fedra, Pisa 1881; U. v. Wilamowitz, Euripides Hippolytos. Die Sage von Hippolytos und ihre Behandlung durch Euripides, Berlino 1891; A. Balsamo, Euripides Hippolytos, Firenze 1899; Meridier, Euripide et l'Orphisme, in Bulletin de l'Assoc. G. Budé, n. 18, gennaio 1928, ecc. Cfr. anche Uhden, Virbius und Hippolytos in antiken Werken der bild. Kunst, in Abhandlungen der Berliner Akademie, 1819, pp. 189 segg.; V. Puntoni, Le rappr. figurate relative al mito di Ippolito, in Annali della R. Scuola Normale di Pisa, IV (1884).

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