Ippocrate

Enciclopedia Dantesca (1970)

Ippocrate (Ipocràs; Ipocrate)

Enzo Volpini

Medico greco, nato nell'isola di Cos nel 460/459 a.C. e morto in tarda età a Larissa. Il suo nome è legato a una raccolta di circa sessanta opere, stilisticamente e dottrinalmente eterogenee, il cosiddetto Corpus hippocraticum, ove figurano, accanto a scritti dello stesso I., testi provenienti da scuole mediche diverse e talora opposte.

D'indirizzo eminentemente biologico, la medicina ippocratica riposa sulla fondamentale dottrina poi detta della patologia umorale, secondo cui la salute è il risultato del " contemperamento " (κρᾶσις) o perfetto equilibrio dei quattro umori (sangue, flemma, bile nera, bile gialla), mentre la malattia consegue a una disarmonia o discrasia umorale determinata, oltre che dalle condizioni ambientali e climatiche, dal regime e dal modo di vita degl'individui. Alla vis medicatrix naturae rimane comunque affidato il compito di ristabilire l'infranto equilibrio, mediante il calore insito nell'uomo e la conseguente " cozione " (πέψις) ed espulsione degli umori malati.

Sommo lo chiama D. nella Commedia e lo dice venuto al mondo per la salute degli uomini (quel sommo Ipocràte che natura / a li animali fè ch'ell'ha più cari, in Pg XXIX 137); " quasi dicat: natura providit saluti hominum de auxilio medicorum, propter quem omnia facta sunt " (Benvenuto). I. figura anche tra i medici abitatori del Limbo in If IV 143 Ipocràte, Avicenna e Galïeno; e la sua opera maggiore, li Aphorismi d'Ipocràs, è menzionata da D. in Cv I VIII 5. La venerazione così attestata da D. s'iscrive in una tradizione che, già fiorente ai tempi di Aristotele, si protrasse sino alla fine del Settecento e che vedeva nel fondatore della scuola di Cos il padre della medicina. Isidoro di Siviglia, per limitarci a un nome illustre, accomunandolo ad Apollo ed Esculapio tra gl'instauratori della medicina, ne faceva il padre della scuola " Logica, id est rationalis " (Etym. IV IV 1). E D. usa il termine amforismi per designare gli studi di medicina (Pd XI 4).

Grande fu la fortuna d'I. nel primo Medioevo, tale da tenere " nell'ombra la molteplice e multiforme produzione scientifica del suo grande continuatore " Galeno (A. Beccaria, I codici di medicina del periodo presalernitano, Roma 1956, 35). Tra il V e il VI secolo circolano in traduzione latina il De Aere, aquis et locis e il Prognosticon, al sec. VI risalgono le versioni del De Victus ratione, del De Septimanis e degli Aforismi, al sec. VII infine quella del De Mulierum affectibus. Ma una prova ulteriore della rinomanza d'I. è offerta dalle numerose e anonime attribuzioni, quali il Liber interrogationis, il Liber ad Maecenatem, il Liber cyrurgiae, gli Indicia valitudinum, i Prognostica e le Epistole. Non minore prestigio godette tra gli orientali I., di cui Hunain ibn Ishäq (latinizzato in Ioannitius), fu il maggiore divulgatore in lingua araba. Nella seconda metà del sec. XII, Gerardo di Cremona e Marco di Toledo tradussero dall'arabo rispettivamente lo pseudo-ippocratico Liber Sapientiae e il De Aere, aquis et locis. Molto stimata fu anche la nuova versione degli Aforismi condotta da Burgundio Pisano sull'originale greco.

Bibl. - M. Schloessinger, in Jewish Encyclopaedia, VI, Londra 1904, 403; M. Neuburger, Geschichte der Medizin, I, Stoccarda 1906; Carra De Vaux, Bukrat, in Encyclopédie de l'Islam, I, Londra 1912, 804; G. Sarton, Introduction of the history of science, I, Baltimora 1927, 96-102; C.H. Haskins, Studies in the history of mediaeval science, Cambridge 1927²; A. Castiglioni, Storia della medicina, Milano 1936, 135-138; L. Thorndike, A history of magic and experimental science, New York 19646.

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