Ipazia di Alessandria

Enciclopedia della Matematica (2013)

Ipazia di Alessandria


Ipazia di Alessandria (Alessandria d’Egitto, seconda metà del iv secolo - 415) matematica, astronoma e filosofa greca. Vissuta in epoca tardo-ellenistica, figlia di Teone, anch’egli matematico e astronomo, e da lui istruita, si dedicò allo studio della filosofia abbracciando il pensiero neoplatonico e dedicandosi all’interpretazione di Platone e Aristotele; insegnò nel Serapeo di Alessandria. Collaborò con il padre e scrisse sicuramente alcune opere di matematica, tra cui un commento alle Coniche di Apollonio di Perge, un commento a un’opera di Diofanto, probabilmente l’Aritmetica, e un commento alle Tavole di Tolomeo. Di lei tuttavia non sono rimasti scritti, ma soltanto molte testimonianze che ne evidenziano il ruolo di punta: Sinesio, formatosi alla sua scuola insieme al grammatico Pallada, ricorda per esempio come l’astrolabio sia stato costruito sulla base delle indicazioni di Ipazia; nelle lettere a lei indirizzate, il vescovo cristiano, nonostante la differenza di fede religiosa, le manifesta la sua stima. E Socrate Scolastico, intorno al 440, così scrive: «Ad Alessandria c’era una donna chiamata Ipazia [...] che ottenne tali successi nella letteratura e nella scienza da superare di gran lunga tutti i filosofi del suo tempo. Provenendo dalla scuola di Platone ravvivata da Plotino, spiegò i principi della filosofia ai suoi uditori, molti dei quali venivano da lontano per ascoltare le sue lezioni». Visse nel periodo in cui l’imperatore Teodosio ordinò la demolizione dei templi pagani di Alessandria e la stessa professione di paganesimo era punita con la morte. La popolarità e l’influenza anche politica di Ipazia sulle autorità civili e la singolare, per l’epoca, figura di donna filosofa e matematica rappresentavano un ostacolo per il processo di cristianizzazione dei “pagani elleni”. La sua tragica fine maturò nell’ambito del conflitto di potere tra il vescovo Cirillo, patriarca di Alessandria, e il prefetto cittadino Oreste; i cristiani la ritennero colpevole delle persecuzioni di quest’ultimo nei confronti di Cirillo, accusato di aver istigato l’espulsione degli ebrei alessandrini. Non potendo colpire direttamente il prefetto, si scagliarono contro Ipazia, considerata personaggio della sua cerchia; così, su istigazione di Cirillo, le fu teso un agguato da parte di un gruppo di monaci. Come ancora scrive Socrate Scolastico: «Le tesero un agguato mentre ritornava a casa. La trassero fuori dalla carrozza, la trasportarono nella chiesa chiamata Caesareum, dove le strapparono le vesti e la uccisero con dei cocci. Dopo averla fatta a pezzi, portarono le sue membra in un luogo chiamato Cinarium e le bruciarono». Ipazia è assurta a simbolo della libertà del pensiero scientifico contro il fanatismo religioso.

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