INVESTIMENTO

Enciclopedia Italiana - III Appendice (1961)

INVESTIMENTO

Claudio NAPOLEONI

L'i. è l'impiego produttivo del risparmio, cioè l'utilizzo di una parte della ricchezza per assicurare il mantenimento o determinare l'aumento della capacità produttiva. Tale definizione, sebbene faccia riferimento al sistema economico nel suo complesso, può essere trasportata anche in campo microeconomico e riferita a un singolo soggetto economico: l'investimento può in tal caso più precisamente definirsi come l'utilizzo di una parte del reddito a disposizione di un soggetto per l'acquisizione di attività producenti reddito.

Nell'i. complessivo si sogliono distinguere, a norma della definizione precedente, due componenti: una, detta ammortamento, serve a mantenere costante la capacità produttiva; l'altra, detta i. netto, serve ad accrescere tale capacità. L'i. netto è dunque il fenomeno centrale dello sviluppo economico, inteso come processo di incremento del reddito reale pro-capite. Secondo una classificazione divenuta abituale, gli i. si distinguono in i. direttamente o indirettamente produttivi: i primi sono quelli che dànno luogo a un aumento di capacità presso i soggetti economici (generalmente imprese) che li hanno eseguiti; i secondi non sono di per sé generatori di capacità addizionale, ma sono ciò nonostante produttivi, sia pure in modo indiretto, in quanto consentono l'effettuazione di i. direttamente produttivi che non sarebbero stati altrimenti convenienti. Esempî del primo tipo di i. sono costituiti dall'incremento di capitale reale presso le imprese; esempî del secondo tipo sono costituiti dai cosidetti i. in infrastrutture (strade, porti, lavori pubblici in genere, ecc.).

Un'altra distinzione, che tiene conto del quadro istituzionale nel quale l'i. si svolge, è quella tra i. privati e i. pubblici: un i. è privato o pubblico a seconda che sia privato o pubblico il soggetto economico che decide di investire. Nelle economie capitalistiche gli i. pubblici tradizionali sono quelli indirettamente produttivi, proprio perché è soltanto lo Stato il soggetto economico che può tener conto del particolare tipo di convenienza connesso a questi investimenti. Nei tempi più recenti, tuttavia, l'i. pubblico si è andato allargando e, nella misura in cui imprese industriali ed agricole sono passate a far parte della proprietà pubblica, gli i. pubblici si sono svolti in misura rilevante anche come i. direttamente produttivi. Gli i. sono, com'è naturale, prevalentemente pubblici nelle economie pianificate.

Nelle economie moderne gli stimoli all'i. sono stati individuati in varî fattori, che alcuni raggruppano nelle seguenti tre categorie: l'aumento della popolazione, il progresso tecnico, la scoperta di nuove risorse produttive. A parte lo stimolo derivante dall'incremento della popolazione, le altre cause dell'investimento sono state da alcuni (e segnatamente da J. A. Schumpeter) raggruppate sotto l'unica categoria delle innovazioni, definite come l'introduzione nel sistema economico di procedimenti nuovi nel campo della produzione e della distribuzione della ricchezza.

I problemi che nei tempi recenti si sono venuti ponendo nel campo degli i. possono convenientemente essere illustrati distinguendo tra la situazione propria delle economie altamente industrializzate e comunemente definite sviluppate e la situazione delle economie sottosviluppate. Nel primo tipo di situazioni, a partire dalla grande crisi, si è venuto ponendo un problema di insufficienza di occasioni di i. rispetto all'alta capacità di risparmio, da cui queste economie sono caratterizzate. Su questo sfasamento tra capacità di risparmio e possibilità di i. si sono basate alcune spiegazioni del ciclo economico, nonché alcune tesi circa l'esistenza di una tendenza al ristagno che sarebbe propria delle economie in questione. Queste teorie possono considerarsi come derivazioni più o meno dirette dell'economia keynesiana, dal nome dell'economista (J. M. Keynes) che per primo teorizzò con rigore la possibilità che l'ammontare degli i. di cui il sistema economico è capace, sulla base delle convenienze esistenti, sia inferiore all'ammontare di risparmio che si formerebbe da un reddito di piena occupazione; il che consentiva l'affermazione che la configurazione di equilibrio verso la quale il sistema tende non è necessariamente una situazione di pieno impiego. Da questa diagnosi è derivata la formulazione di politiche dirette ad integrare gli i. privati con una quantità tale di i. pubblici da consentire il conseguimento della piena occupazione: queste politiche, dette appunto politiche degli i., sono state largamente seguite in quasi tutti i paesi industrializzati.

Nelle economie sottosviluppate il problema che si pone è quello della realizzazione di un complesso di i. di cui gli operatori agenti in tali economie non possono in alcun modo rilevare la convenienza. È per questo che in tali situazioni la realizzazione degli i. è generalmente affidata ad una autorità pubblica, la quale possa, nel prendere le sue decisioni, tener conto di convenienze economiche rilevabili solo in quanto si tenga presente il sistema nel suo complesso e con riferimento ad un ampio orizzonte temporale. Nasce di conseguenza in queste economie il problema dell'elaborazione di criterî sulla base dei quali operare la scelta più opportuna tra diverse possibili linee di sviluppo della capacità produttiva, problema di cui si è a lungo occupata la letteratura più recente sullo sviluppo economico.

Bibl.: J. M. Keynes, General theory of employment, interest and money, Londra 1936; J. A. Schumpeter, Business cycles, New York 1939; A. H. Hansen, Fiscal policy and business cycles, New York 1941; F. e V. Lutz, The theory of investment of the firm, Princeton 1951; P. Sylos Labini, Investimento, in Dizionario di economia politica, Milano 1956; P. Saraceno, Iniziativa privata e azione pubblica nei piani di sviluppo economico, Roma 1959.

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