INTERRUTTORE

Enciclopedia Italiana (1933)

INTERRUTTORE (fr. interrupteur; sp. interruptor; ted. Ausschalter; ingl. circuit-breaker, light-key)


È un apparecchio che serve a stabilire o a rompere la continuità metallica di un circuito. Gli interruttori devono: a) presentare e mantenere inalterata la minima resistenza di contatto; b) essere di facile e sicura manovra; c) impedire, per quanto possibile, la formazione dell'arco all'apertura del circuito e renderne minime le conseguenze dannose. È quest'ultimo il problema più difficile nella costruzione degli interruttori e la sua importanza si è accresciuta grandemente con l'aumentare delle tensioni e delle potenze degl'impianti. L'arco non si produce e non si ha quindi alcun inconveniente se il circuito che viene interrotto, pure essendo in tensione, non è percorso da corrente. Da questa considerazione è derivato l'uso dei coltelli separatori, detti anche semplicemente coltelli sezionatori, che sono appunto interruttori in aria destinati a essere manovrati solo quando il relativo circuito non è percorso da corrente. La fig. 1 dà un tipo di coltello per tensioni di 50 ÷ 60 kW. Per tensioni superiori i coltelli sono spesso a perno intermedio (fig. 2).

La manovra dei coltelli si fa generalmente a mano, col fioretto, aprendo o chiudendo successivamente i varî coltelli di un gruppo. Sovente, specie nei moderni impianti ad altissima tensione, i tre coltelli delle tre fasi sono collegati in modo da poterli manovrare simultaneamente. La manovra può in tal caso essere fatta a distanza, mediante rinvii meccanici.

Quando si tratta d'interrompere circuiti percorsi da corrente, servono gli interruttori propriamente detti, che assumono in pratica forme e tipi svariatissimi, dai piccoli interruttori a rotazione per le lampadine ai colossali interruttori in olio degl'impianti moderni.

I criterî generali che presiedono alla costruzione degl'interruttori si possono così riassumere: per rendere minima la resistenza di contatto che, a interruttore chiuso, si oppone al passaggio della corrente, si usano varie forme e tipi di contatto (contatti striscianti, contatti multipli, a lamine, ecc.), a seconda dell'intensità di corrente in giuoco. Per impedire che l'arco rovini in poco tempo le superficie e quindi la bontà dei contatti, si usano i contatti ausiliarî, impropriamente detti parascintille. Poiché l'arco si forma là dove il circuito viene interrotto, si fa in modo che ciò non avvenga fra i contatti principali destinati a dar passaggio alla corrente quando l'interruttore è chiuso. La fig. 3 dà un'idea schematica della disposizione. Altro concetto generale seguito è quello della rapidità di apertura: fare in modo che i contatti si allontanino con la massima velocità possibile (uso di molle; minime masse in movimento, ecc.). Per dati valori della tensione e della corrente, il lavoro di rottura sarà tanto maggiore quanto più lunga è la durata dell'arco. Infine per attenuare l'arco (oltre che per motivi inerenti ai fenomeni di sovratensione), si usano talvolta nei grandi interruttori le cosiddette resistenze d'inserzione. Si fa cioè in modo che, alla chiusura, il circuito si chiuda attraverso una opportuna resistenza prima che i contatti principali si chiudano. Così all'apertura, dopo che i contatti principali si sono aperti, il circuito rimane per un brevissimo tempo ancora chiuso attraverso tale resistenza che riduce il valore della corrente che dovrà successivamente essere rotta dai contatti ausiliarî (fig. 4).

Per quanto riguarda invece i procedimenti fondamentali per spegnere rapidamente l'arco, si ha una differenza tipica fra interruttori per correnti continue e per correnti alternate. Nei primi, che sono sempre interruttori nell'aria, si ricorre al soffio magnetico. Si fa cioè in modo che l'arco, che si forma fra i contatti ausiliarî, venga a trovarsi immerso in un intenso campo magnetico, creato dalla stessa corrente continua che si vuole interrompere, opportunamente diretto. L'azione elettromagnetica del campo sul conduttore mobile, costituito dai vapori dell'arco, sposta violentemente l'arco e lo strappa. Per le correnti alternate invece si usano gl'interruttori nell'olio (fig. 5), nei quali cioè l'interruzione avviene in seno a una massa d'olio che con la sua capacità termica raffredda potentemente l'arco e che, penetrando fra i contatti, si oppone con la sua elevata rigidità al ristabilirsi dell'arco.

Poiché il frazionamento dell'arco in molti archi a tensione minore è ritenuto da molti giovevole: si hanno spesso interruttori a interruzioni multiple. La fig. 6 mostra un tipo a quattro interruzioni in serie con contatti ausiliarî e resistenze d'inserzione.

Si è già accennato alla duplice funzione dell'olio negl'interruttori. Al momento dell'apertura, il calore corrispondente all'energia di rottura volatilizza e decompone una piccola quantità d'olio formando una bolla gassosa che sale alla superficie dell'olio raffreddandosi e condensandosi. Se la bolla sboccasse alla superficie molto calda, potrebbe accendere l'olio in contatto dell'aria o anche provocare un'esplosione se, per effetto di precedenti bolle, la camera sovrastante all'olio si fosse riempita di una miscela esplosiva (idrocarburi e aria). È perciò della massima importanza che vi sia sempre un notevole battente d'olio al disopra dei contatti fissi. Se in una stessa cassa d'olio si mettono i tre interruttori delle tre fasi, può anche accadere che le bolle di due fasi contigue si congiungano nella massa dell'olio. Si forma allora un corto circuito diretto fra le fasi, che può dar luogo alle più gravi conseguenze. Perciò, se si hanno più poli in una stessa carcassa, è necessario disporre dei diaframmi isolanti fra un sistema e l'altro. Ma al disopra di 5 ÷ 6 mila kW è consigliabile di usare sempre interruttori in casse separate: una per fase.

Da qualche anno sono state adottate da qualche costruttore le cosiddette camere di esplosione, di cui la fig. 7 dà l'idea. La bolla che si forma nell'interno della camera contribuisce a spingere verso il basso il contatto mobile e a strappare l'arco. I gas poi si sfogano dal foro superiore in piccole bolle che si raffreddano salendo.

A un concetto quasi opposto rispondono invece le disposizioni usate da altri, con le quali si utilizza il movimento della parte mobile per spingere, attraverso appositi condotti, un getto d'olio fra i contatti che si allontanano in modo da rompere e raffreddare subito la bolla.

In complesso la tecnica dei grandi interruttori può ritenersi ancora in periodo di evoluzione. Per es., i pareri sono ancora divisi circa l'efficacia dei diversi procedimenti. Così in America si fanno sempre due sole interruzioni e si dà la maggior importanza alla grande velocità di apertura. In Europa si preferiscono le interruzioni multiple e si mette talvolta in seconda linea la velocità del movimento.

Negl'impianti moderni, per la netta separazione adottata fra il quadro o locale di comando e i locali dove si trovano circuiti ed apparecchi, gl'interruttori sono sempre comandati a distanza, anche per la chiusura.

I sistemi per ciò usati sono essenzialmente i seguenti: a) comando meccanico, solo per piccole distanze e per interruttori modesti, realizzato con alberelli, leve d'angolo, ruote dentate, catene, ecc.; b) comando elettrico, che può essere di due tipi:1. a solenoidi, in cui i movimenti necessarî sono ottenuti con solenoidi che succhiano un nucleo magnetico; 2. a motore, nei quali cioè un motore elettrico ausiliario, con trasmissione a ingranaggio o altrimenti, provoca i necessarî movimenti; c) comando pneumatico, ad aria compressa, in cui le manovre sono affidate a uno stantuffo che si muove in un cilindro in cui può agire l'aria compressa accumulata in un serbatoio centrale. Invece di fili di comando si hanno qui dei tubetti che collegano i rubinetti posti al tavolo di comando con gl'interruttori. Il sistema, specie quando lo sviluppo delle tubazioni sia notevole, presenta una sensibile inerzia, per cui la manovra dell'interruttore segue con sensibile ritardo quella dei rubinetti; si usa perciò spesso il d) sistema elettrico-pneumatico, in cui le valvole che comandano il movimento dello stantuffo sono addossate al cilindro e comandate a distanza con sistema elettromagnetico a solenoide.