Insetti Classe del phylum Artropodi, collocata, in seguito alle revisioni sistematiche degli ultimi decenni del 20° sec., nella superclasse degli Esapodi. Sono considerati il gruppo più ricco di forme esistente sulla Terra: le specie descritte sono oltre un milione e il loro numero aumenta con la continua scoperta di nuove specie.
Gli I. compaiono nell’Era paleozoica e le prime testimonianze della loro presenza si trovano nel Devoniano medio con frammenti della specie, probabilmente alata, Rhyniognatha hirsti, inizialmente classificata come collembolo. Alla fine del Carbonifero sono già presenti i Blattoidei, gli Efemerotteri, gli Odonati, gli Ortotteri; nel Permiano compaiono molti degli ordini odierni di I. Neotteri: Coleotteri, Neurotteri, Mecotteri, Psocotteri, mentre molti dei gruppi più antichi scompaiono nel corso della grande estinzione del Permiano-Triassico. Nell’Era mesozoica si diffondono i Ditteri, i Lepidotteri e i Tricotteri, comparsi con forme primitive alla fine del Paleozoico. A partire dal Cretaceo inferiore, un gran numero dei moderni gruppi di successo si è evoluto parallelamente (➔ coevoluzione) alle Angiosperme, le piante da fiore, che a loro volta hanno subito un incremento esponenziale di numero. Nell’Era cenozoica si diffondono i primi gruppi sociali di Imenotteri (comparsi già nel Cretaceo).
Gli Insetti, dotati di una corazza (esoscheletro) che ha loro permesso di evolversi in infinite varietà di forme, e forniti di istinti affinati, sensibili organi di senso, capacità di adattamento a ogni tipo di ambiente, occupano sulla Terra una posizione ‘dominante’ rispetto agli altri gruppi animali, e condizionano notevolmente l’equilibrio generale della natura.
La durata della vita degli I., se si fa eccezione per alcuni taxa sociali e pochi altri, è generalmente breve: la gran parte vive pochi mesi, poche settimane o pochi giorni. Invece la durata del periodo preimaginale può prolungarsi anche per parecchi anni. Si diffondono (attivamente o passivamente) in modo straordinario, compiendo talora, anche in masse di milioni di individui, migrazioni che sorvolano continenti e oceani. Vivono solitari, in gruppo, o in società (omogenee o eterogenee; stagionali o persistenti; ecc.) di notevole complessità, e spesso in simbiosi (con piante e animali) a 2, 3 o più simbionti.
2. Morfologia esterna e anatomia
2.1 Regioni morfologiche. - Il corpo degli I. ha forma e dimensioni varie, ma è sempre diviso in tre regioni morfologiche o tagmi: testa, torace e addome, ognuna costituita da un certo numero di segmenti (metameri o somiti) più o meno modificati (fig. 1).
La testa è composta da 6 metameri fusi insieme a formare una capsula rigida, il cranio. I primi 3 segmenti compongono il procefalo, fornito tipicamente di 2 antenne (generalmente pluriarticolate e più o meno ricche di organi di senso; fig. 2), 2 occhi composti e 3 o 2 ocelli; dal primo somite deriva anche il labbro superiore; i successivi 3 somiti del capo, costituenti lo gnatocefalo, sono modificati nelle appendici boccali. L’apparato boccale è tipicamente composto dal labbro superiore, dalle appendici boccali (2 mandibole, il primo paio di mascelle e il secondo paio di mascelle riunite insieme a formare il labbro inferiore) e dalla prefaringe; esso però subisce, in correlazione con particolari regimi alimentari propri delle varie specie e dei vari stadi di vita, profonde modificazioni: si hanno così vari tipi di apparati boccali (fig. 3), come il masticatore tipico/">tipico, il masticatore lambente, il succhiante, il pungente succhiante ecc.
Il torace è composto da tre metameri: protorace, mesotorace e metatorace, ognuno dei quali presenta una regione dorsale (tergite o noto), due laterali (pleure) e una ventrale (sterno), suscettibili di ulteriori suddivisioni in scleriti. È provvisto di tre paia di appendici metameriche, le zampe (fig. 4), costituite da sei segmenti (anca o coxa, trocantere, femore, tibia, tarso e pretarso, sul quale si articolano le unghie) e, a eccezione di
L’addome è composto da un numero variabile di metameri (comunemente 11) detti uriti; essi sono assai meno differenziati di quelli toracici e provvisti, a seconda dei gruppi e degli stadi, di processi e di appendici varie (stili, cerci, pseudozampe, tracheobranchie ecc.). 2.2 Sistema tegumentaleEgrave; costituito, procedendo dall’esterno all’interno, dalla cuticola o esoscheletro, dall’epidermide e dalla membrana basale. L’esoscheletro, secreto dall’epidermide, è pluristratificato, inerte e rigido, riveste interamente il corpo degli I. e si prolunga all’interno con dei processi, detti apodemi, di varia forma ed estensione, che costituiscono l’endoscheletro, apparato di rinforzo, di attacco per i muscoli e di sostegno per i visceri. Nelle giunture tra i somiti e le articolazioni delle appendici la cuticola è più sottile e flessibile, rendendo possibili i movimenti. Per permettere l’accrescimento, la vecchia cuticola viene abbandonata e ne viene elaborata una nuova nel processo della muta. I colori, anche molto vivaci, che ornano il corpo degli I. possono essere strutturali o pigmentali. I primi sono il risultato dell’azione della luce su microstrutture cellulari; i secondi della presenza (nella cuticola, nell’epidermide, nel sangue, nel
2.4 Sistema nervoso. - Comprende un sistema centrale, uno viscerale e uno periferico (fig. 5). Il sistema centrale è costituito da una massa gangliare sopraesofagea (cervello o cerebro), contenuta di regola nel cranio, da una sottoesofagea (gnatocerebro o gnatencefalo), collegata alla precedente da due connettivi paraesofagei, e da una catena ganglionare ventrale, formata da due serie adiacenti di gangli segmentali, riuniti tra loro longitudinalmente da connettivi e trasversalmente da commessure.
Il sistema viscerale ha funzioni neurovegetative, e comprende un simpatico dorsale (stomatogastrico), che innerva la porzione anteriore del sistema digerente e il cuore, e un simpatico ventrale che innerva trachee, stigmi, proctodeo e organi genitali.
Il sistema periferico è costituito da un plesso di neuroni bipolari e multipolari collegati con il sistema centrale, alcuni dei quali mandano i loro processi distali a innervare il tegumento, i muscoli somatici ecc., mentre altri li inviano agli organi di senso. 2.5 Organi di senso o sensilliEsclusi gli occhi e gli ocelli, dalla struttura particolare, i sensilli sono costituiti tipicamente da un apparato esterno (in genere un’appendice tegumentale cava), da un numero vario di neuroni, da due o tre cellule epidermiche specializzate (cellule accessorie) e da un corpo sensoriale. A seconda della loro funzione, gli organi di senso si distinguono in chemiorecettori olfattivi, chemiorecettori gustativi, termorecettori, igrorecettori, esterorecettori (tattili), propriorecettori, fonorecettori e fotorecettori. Questi ultimi (occhi e ocelli) differiscono dagli altri per la mancanza di apparato esterno e perché presentano esternamente una cuticola trasparente. Gli occhi composti (fig. 6), che percepiscono le immagini, sono costituiti da un numero variabile di gruppi di cellule fotorecettrici (dette ommatidi), posseggono un apparato diottrico e un apparato catottrico per ogni ommatidio; gli ocelli, che percepiscono variazioni di intensità della luce, hanno un solo apparato diottrico per tutte le cellule sensoriali, e possono avere posizione dorsale o laterale. 2.6 Organi e apparati di produzione di suoni.I suoni emessi dagli I. possono essere determinati da colpi o strofinii contro superfici circostanti, dallo sfregamento reciproco di parti del corpo, dalla vibrazione di membrane speciali. 2.7 Organi emananti luceAlcuni I. debbono la loro luminescenza a batteri fosforescenti, altri a organi luminosi propriamente detti, variamente distribuiti e nei quali la luminescenza è il risultato dell’azione di due sostanze: la luciferina e la luciferasi, di cui la seconda agisce come un enzima/">enzima del gruppo delle ossidasi (➔ bioluminescenza). 2.8 Sistema digerenteComprende gli organi di presa e ingestione (labbro superiore, appendici boccali, prefaringe ecc.) e il tubo digerente (fig. 7A). Questo è costituito da: a) una porzione anteriore, lo stomodeo, invaginazione ectodermica cefalica, che può essere differenziato in faringe, ingluvie, ventriglio, valvo;la cardiaca e che ha funzione di ingestione e prima elaborazione dell’alimento; b) una porzione mediana, il mesentero (o mesentere), di origine probabilmente endodermica, che è la sede delle principali funzioni della digestione e dell’assorbimento, e il cui epitelio produce una membrana (
La forma di riproduzione più comune fra gli Insetti è quella anfigonica. Abbastanza frequente è però la partenogenesi. Più rare sono la pedogenesi e la poliembrionia. La fecondità degli I. varia ampiamente: vi sono specie che depongono poche uova, altre capaci di emetterne centinaia, migliaia o milioni. Gli I. possono essere ovipari, ovovivipari e vivipari. Le cure parentali e le attività di protezione delle uova sono molto frequenti e, spesso, complesse.
Lo sviluppo comprende quello embrionale e quello postembrionale (fig. 8). Quest’ultimo è sempre discontinuo e si effettua attraverso ripetuti rinnovamenti della cuticola (mute), cui si aggiunge un complesso più o meno notevole di trasformazioni, che prende il nome di metamorfosi. L’ultimo stadio della vita postembrionale degli I. è detto i. perfetto o imago, oltre che immagine o imagine, e corrisponde allo stato adulto caratterizzato dalla maturità sessuale e dall’attività riproduttiva. La forma più tipica di sviluppo è l’olometabolia (metamorfosi completa), in cui l’insetto passa per gli stadi di larva (bruco nelle farfalle), pupa o ninfa (crisalide nelle farfalle) e imagine. Vi sono I. ametaboli (a metamorfosi appena accennate), eterometaboli (a metamorfosi radicali), catametaboli (a metamorfosi regressive).
La classificazione degli I. è oggetto di analisi e discussione e subisce frequenti rimaneggiamenti. Nella classificazione tradizionale, gli I. erano divisi in due sottoclassi (Apterigoti e Pterigoti) e in 30 ordini. In gran parte delle classificazioni moderne il gruppo degli Apterigoti non ha valore di sottoclasse: Collemboli, Dipluri e Proturi non sono considerati Insetti, e la loro posizione è discussa; alcuni li raggruppano in una classe separata di Esapodi, gli Entognati. La classe I. raccoglie invece 3 sottoclassi (fig. 9): due di I. primitivamente atteri, precedentemente riunite nei Tisanuri, gli Archeognati e i Dicondili (o Tisanuri); una di I. alati, gli Pterigoti, a loro volta divisi nelle infraclassi Paleotteri (ordini: Efemerotteri e Odonati) e Neotteri (25 ordini).
Considerando i rapporti con l’uomo, alcuni I. non recano né danni né vantaggi (ma, in realtà, facendo parte di biocenosi, contribuiscono al mantenimento degli equilibri biologici), altri si possono dividere in I. utili e I. dannosi. 5.1 Insetti utiliAlcuni I. hanno utilità diretta fornendo materie pregiate: alcune cocciniglie, un tempo usate dai tintori come colorante, le api per la produzione di miele, cera,
Numerose sono le funzioni che gli I. esercitano nelle attività umane. Alcuni rimuovono il terreno e lo concimano con i loro escrementi, altri attaccano piante spontanee parassite, velenose o infestanti, altri ancora sono pronubi, svolgono cioè l’importantissima funzione dell’impollinazione delle piante Angiosperme con la conseguente formazione dei frutti. Gli I. predatori e parassiti degli Artropodi fitofagi o comunque nocivi contribuiscono a rendere stabili gli equilibri biologici e sono talvolta utilizzati dall’uomo nella lotta biologica: Coleotteri Coccinellidi; Imenotteri
Il danno provocato all’agricoltura è andato aumentando con il passare degli anni, grazie anche in parte alla pratica agricola della monocoltura e all’uso incontrollato degli insetticidi che hanno eliminato oltre ai fitofagi anche i loro predatori e parassiti, vale a dire i fattori che limitavano la crescita numerica delle popolazioni dannose, e hanno determinato l’insorgere dei fenomeni di resistenza genetica. Gli I. possono provocare danni alle piante coltivate o utili all’uomo in vari modi: divorando le foglie, i fusti, le radici, i frutti (I. fillofagi, carpofagi ecc.), scavando gallerie nel legno degli alberi d’alto fusto, oppure nelle foglie (minatori), producendo galle ecc. Il danno è particolarmente ingente quando la specie dannosa viene introdotta in un ambiente nuovo; è questo il caso della fillossera della vite, e della dorifora della patata, importate dall’America in
Gli I. dannosi all’uomo e agli animali domestici possono risultare nocivi parassitando direttamente l’uomo e gli animali domestici, ma molto maggiore è la loro importanza come vettori di agenti patogeni. Il numero dei vettori è andato aumentando per gli stessi motivi già considerati per gli I. dannosi all’agricoltura. I principali parassiti e vettori sono: a) fra i Blattoidei, i Blattidi (in
I tipi di lotta contro gli I. nocivi in uso o in fase di sperimentazione sono: la lotta chimica, la lotta biologica, la lotta genetica, la lotta integrata e la lotta guidata. 6.1 Lotta chimicaEgrave; quella più comune, che si conduce mediante l’uso di insetticidi di vario genere.
Gli insetticidi organici di sintesi (idrocarburi clorurati ecc.) sono ancora usati, ma hanno risolto solo parzialmente il problema del controllo degli I. nocivi, registrando in alcuni casi anche gravi insuccessi. Inoltre l’uso massiccio di tali sostanze ha creato una nuova serie di problemi quali lo squilibrio dei sistemi biologici, la rarefazione degli I. utili (pronubi ed entomofagi), e quindi l’abnorme moltiplicazione di quelli dannosi, l’aumento delle concentrazioni nell’ambiente di sostanze tossiche che, oltre a essere pericolose per l’uomo stesso, provocano l’avvelenamento di molte catene alimentari, e infine l’insorgere e il diffondersi della resistenza genetica negli I. che si vogliono combattere. Quest’ultimo fenomeno è dovuto, almeno per quanto riguarda alcune specie (mosche e zanzare), al fatto che il gene che conferisce la resistenza era già presente nelle popolazioni, sia pure con frequenza molto bassa, ancor prima dell’inizio dei trattamenti con insetticidi; individui portatori di geni della resistenza sono quindi sopravvissuti e hanno dato origine a popolazioni resistenti. In alcuni casi un unico gene controlla la resistenza a più categorie di fosfati organici, in altri casi geni distinti determinano la resistenza a insetticidi distinti. Per quanto riguarda il meccanismo d’azione della resistenza, è ormai noto che molte specie parassite riescono a rompere e a rendere inattive le molecole di DDT e di altri insetticidi clorurati e in alcuni casi hanno acquisito la capacità di utilizzare tali sostanze a livello metabolico. Sembra che a volte la resistenza ai fosfati organici sia il risultato di modificazioni di vari enzimi (esterasi, transferasi, ossidasi a funzioni multiple). Nell’applicazione della lotta chimica risultano quindi indispensabili, oltre a un’identificazione precisa della specie da combattere, una perfetta conoscenza del suo ciclo di sviluppo, della sua costituzione genetica e della sua ecologia, un’accurata scelta del prodotto chimico, del suo dosaggio, delle modalità di impiego, della delimitazione degli ambienti da trattare, del periodo e della frequenza dei trattamenti. 6.2 Lotta biologica. - I principali metodi di lotta biologica, che esclude l’uso di insetticidi, sono: a) la lotta biologica classica, introdotta fin dalla fine del 19° sec. e che utilizza agenti patogeni, parassiti o predatori della specie da combattere; b) la lotta mediante feromoni, in particolari attrattivi sessuali, che attirano gli I. in trappola oppure ostacolano l’incontro dei due sessi (tecnica della confusione); c) la lotta mediante ormoni (o di loro analoghi ad azione mimetica) e in particolare quelli che controllano la muta, la metamorfosi, la diapausa ecc.; d) la lotta mediante fattori anticopula, cioè sostanze che inibiscono l’oogenesi, la percezione degli attrattivi sessuali ecc., oppure fattori di monogamia. 6.3 Lotta genetica. - Combatte le specie dannose, impedendone la riproduzione o facendo in modo che la progenie della specie da combattere sia sterile o inadatta all’ambiente. Essa si attua mediante: a) il lancio di maschi sterilizzati fisicamente con raggi X o chimicamente con chemosterilizzanti; b) il lancio di individui portatori di