Inno

Enciclopedia Dantesca (1970)

inno

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Dante Balboni

Alcune volte, nel Purgatorio, ricorre con preciso riferimento a uno degl'i. liturgici cantati dalle anime dei penitenti: così, nella valletta dei principi, l'altre [anime]... / seguitar lei [quella che aveva intonato il Te lucis ante] per tutto l'inno intero, VIII 17 (e cfr. il v. 13); e l'inno cantato dai lussuriosi (XXV 127 e 129) è il Summae Deus clementiae (v. 121). Senza allusione specifica, " canto sacro " è quello intonato durante la processione nel Paradiso terrestre (XXXII 62); ancor più generico, in Pd XIV 123: per la croce formata dagli spiriti nel cielo di Marte s'accogliea... una melode / che mi rapiva, santa intender l'inno, le " parole del canto ", contrapposte alla musica.

È chiamato ironicamente i. il " lamento " che gl'iracondi si gorgoglian ne la strozza, / ché dir nol posson con parola integra (If VII 125): " in questa parte scrive l'autore il vocabolo, ma non l'effetto di quello, per ciò che dove l'inno contiene la divina laude propriamente, quello, che questi peccatori piangendo e dolendosi dicono in modo d'inno, contiene la lor miseria e la lor pena " (Boccaccio).

L'Innografia in Dante. - L'innografia cristiana presente nelle opere di D. s'ispira a composizioni poetiche di varia natura stilistica e di varia provenienza letteraria, e cioè al libro dei salmi utilizzato dall'antifonario della messa e dal breviario ecclesiastico, nonché dal libro delle ore, proprio dei laici; agl'i. della Chiesa primitiva d'ispirazione biblica, quali il Gloria in excelsis... Deo (Pg XX 136) e il Te Deum (IX 140), o di origine medievale, quale il Salve, Regina (VII 82), e il Regina coeli (Pd XXIII 128), canti mariani eseguiti a conclusione delle celebrazioni liturgiche. Ambedue queste categorie di i. sono riportati solo nel Purgatorio e nel Paradiso.

Un terzo gruppo di i. è quello costituito da i. metrici composti nel Medioevo; il posto in cui D. li cita ci dice il particolare modo con cui egli li intende e li usa; uno nell'Inferno (XXXIV 1) e due nel Purgatorio (VIII 13, XXV 121).

Nel primo caso (Vexilla regis prodeunt inferni / verso di noi..., If XXXIV 1) la citazione è indiretta, quasi per contrapporre Cristo a Lucifero, il quale fu sì bel com'elli è ora brutto (v. 34); è chiaro che si tratta di un libero adattamento dell'i. di Venanzio Fortunato che si canta al vespro della domenica di passione. La parola inferni è aggiunta dal poeta; mentre l'i. liturgico continua: " fulget Christi mysterium... ", ed esalta la vittoria di Cristo sopra Satana.

Più consona e diretta è la citazione dell'i. di compieta (sec. V-VI) Te lucis ante terminum, la preghiera liturgica della sera, specie della domenica, recitata allora nelle chiese delle arti e delle confraternite; l'introduzione dell'i. ha una dolcezza particolare sia per l'ora che volge il disio, sia per le dolci note, specie se il poeta pensava alla melodia gregoriana festiva e pasquale, così ricca di sentimento e strettamente legata al testo latino.

L'ultimo i. citato, Summae Deus clementiae, è quello del mattutino del sabato (sec. VII e VIII) nella redazione primitiva, e ora modificato in ‛ Summae Parens clementine ', dopo la riforma degl'i. liturgici di Urbano vici (da non confondere con l'inizio dell'i. delle Lodi dei Dolori di Maria [15 settembre] perché posteriore; infatti l'autore è " un umanista ben addentro nei segreti della tecnica poetica " [Mirra, citato in bibl., p. 176; e cfr. 174]); è un'affettuosa invocazione notturna al Signore, dopo che " horas noctium concinendo rumpimus... accincti ut artus excubent, luxu remoto pessimo "; questa preghiera notturna viene cantata da coloro che si purgano del peccato di lussuria. Finito l'i., le anime dicono esempi di castità per poi tornare al canto.

Il piccolo saggio che D. offre dell'innografia liturgica scaturisce dall'esperienza quotidiana della preghiera ecclesiale, allora aperta a tutti i membri della Chiesa.

Bibl. -G. Borghezio, Note dantesche di musica sacra e liturgia, in " Santa Cecilia " XVII (1916), 12-15 (con bibl.); A. Mirra, Gl'inni del Breviario romano, Napoli 1947, 49-50 (Te lucis ante), 77-78 (Summae Parens), 114-116 (Vexilla regis).