Ingegneria gestionale

Enciclopedia Italiana - VII Appendice (2007)

Ingegneria gestionale

Agostino La Bella

L'i. g. costituisce un vasto corpo disciplinare che caratterizza il moderno approccio ingegneristico ai problemi di organizzazione e gestione di imprese e sistemi di imprese. Nel contesto dell'i. g. il termine impresa è inteso in senso più generale, e comprende quindi qualunque progetto di azione che coinvolga l'uso di risorse umane, finanziarie, tecnologiche e materiali, orientato a creare valore economico e sociale.

L'i. g. integra le tradizionali basi fisico-matematiche, i fondamenti di alcuni settori tecnologici dell'informazione, industriale o civile-territoriale, e i contenuti principali dell'analisi economica, della teoria dell'organizzazione e delle tecniche di decisione. L'integrazione dell'atteggiamento problem-solving e dell'approccio modellistico-quantitativo, comuni a tutte le branche dell'ingegneria, permette così di sviluppare competenze distintive sulle metodologie e gli strumenti di intervento. L'enorme estensione del campo di interesse ha favorito anche la graduale nascita di sottospecializzazioni, o orientamenti (per es., logistico, sistemi di produzione, direzionale, organizzativo), che sono spesso propiziati dalle caratteristiche economico-industriali delle diverse aree. Tuttavia, la formazione mantiene un elevato grado di coerenza e di unitarietà rispetto allo sviluppo della capacità di integrare gli aspetti economico-organizzativi con quelli tecnologici e progettuali.

Gestione per processi

Negli ultimi decenni del Novecento ha avuto inizio la diffusione delle tecniche gestionali utilizzate in Giappone: a seguito dell'indiscutibile successo sia dell'industria sia dei prodotti giapponesi, sono quindi divenuti popolari e largamente utilizzati anche in Occidente i concetti e i metodi, tra loro correlati e anch'essi di derivazione prevalentemente ingegneristica, di produzione snella, just in time, circoli di qualità, difetti zero. Flessibilità è divenuta la nuova parola d'ordine nella progettazione e gestione dei sistemi produttivi e, più in generale, delle organizzazioni. Il bisogno di flessibilità è sembrato essere pienamente soddisfatto dall'introduzione dei nuovi sistemi automatizzati di produzione e di coordinamento informatico ideati per reagire e per adattarsi ai cambiamenti attraverso risposte incorporate di routine. Tuttavia, la massiccia diffusione dell'informatica ha prodotto incrementi di produttività di gran lunga inferiori alle aspettative. R. Solow, autore di famosi studi sul ruolo del progresso tecnologico nella crescita economica e premio Nobel nel 1987 per l'economia, scriveva che possiamo vedere l'era del computer ovunque, tranne che nelle statistiche sulla produttività.

Il tempo ha dimostrato che un significativo aumento delle prestazioni può essere ottenuto solo operando congiuntamente sui fronti delle innovazioni tecnologiche e gestionali. Sono nate e si sono così affermate tematiche di grande rilievo sul piano scientifico e professionale, come, per es., quella della gestione per processi che, nella progettazione organizzativa, coniuga un approccio input/output, tipico della teoria dei sistemi, con gli aspetti propriamente tecnologici e con considerazioni legate al valore economico. Un processo è un insieme di attività, opportunamente individuate, che richiede uno o più input e crea un output che ha valore per il cliente (esterno o interno che sia). I processi si possono distinguere per la loro strutturabilità e per l'impatto sulle prestazioni aziendali: hanno impatto diretto sulle prestazioni i processi di tipo core (interni) e network (di relazione esterna con fornitori e clienti), caratterizzati rispettivamente da alta e bassa strutturabilità; hanno invece impatto indiretto i processi di supporto e quelli direzionali, rispettivamente ad alta e bassa strutturabilità.

I processi formano delle reti intraorganizzative in cui le attività di ciascuno di essi aggiungono valore agli input derivanti dai processi logicamente precedenti. Le relazioni tra processi sono spesso mediate da strumenti tecnologici, generalmente di natura informatica. La visibilità del cliente finale è uno dei punti di forza della gestione per processi. Anche chi sembrerebbe lontano dal cliente finale (l'operaio, il manutentore, il tecnico non commerciale) viene coinvolto da un obiettivo comune globale e percepisce l'importanza del proprio contributo, finalizzato alla soddisfazione di clienti interni che beneficiano della buona qualità del suo operato. Infatti, la suddetta catena del valore postula l'esistenza di anelli cliente/fornitore interni all'azienda, per cui ogni gruppo di lavoro (operante in un processo o sottoprocesso) si interfaccia con un cliente (un altro sottoprocesso) cui fornisce il risultato della propria attività, ed è a sua volta cliente di sottoprocessi a monte. Così facendo, non solo si potenziano tutti gli sforzi verso obiettivi finali di soddisfazione del cliente (esterno), ma - attraverso il concetto di cliente interno - si conseguono migliori condizioni di lavoro, in quanto ognuno è anche cliente di qualcun altro.

L'altro concetto portante della gestione per processi è quello di imprenditore interno, che si concretizza con la figura del responsabile di processo (process owner), il quale opera trasversalmente rispetto alle funzioni aziendali (pur potendo avere al contempo responsabilità all'interno di una funzione specifica). Il process owner definisce gli obiettivi di processo (di soddisfazione di clienti, interni ed esterni), coordina l'intervento (a tempo parziale o totale) delle funzioni/enti, e quindi delle loro risorse nel processo, stabilendo criteri e modalità, individua le caratteristiche del processo e gli indicatori di prestazione, presiede alle attività di miglioramento delle prestazioni del processo stesso. In altri termini, pur all'interno dei confini ben definiti del processo, si attiva e agisce come un imprenditore. Il process owner si differenzia, per competenze e attività/prestazioni attese, sia dal responsabile di unità organizzativa (funzione/ente/reparto/ufficio) sia dal responsabile di progetto (project manager), per quanto, almeno in linea teorica, potrebbe essere la stessa persona che assume di volta in volta ruoli diversi.

Nel primo decennio del 21° sec. le metodologie di simulazione e supporto alla gestione per processi più utilizzate rientrano nelle categorie IDEF (Integration Definition), estensione delle tecniche ICAM (Integrated Computer-Aided Manufacturing). Esse possono essere applicate a una razionalizzazione dell'organizzazione (process management) fino all'intera riprogettazione del funzionamento operativo (process reengineering) e persino strategico del business (business reengineering), determinando in questi ultimi due casi congiuntamente quello che è noto come Business Process Reengineering (BPR). Tutte le applicazioni hanno comunque in comune i seguenti tratti: il focus e motore del cambiamento è sempre il cliente; l'oggetto del cambiamento sono i processi (o loro parti); vi è un forte sostegno da parte del management (top management nel caso del BPR); si interviene tanto sulle variabili organizzativo-gestionali quanto sulla tecnologia; vi è una chiara individuazione delle responsabilità (ownership) dei processi; come pure vi è una precisa misurazione delle prestazioni dei processi (prima e dopo); infine, possono essere comunque avviati attraverso progetti pilota.

Lo sviluppo di nuove metodologie in grado di trattare in modo integrato le interdipendenze esistente tra tecnologie (specie ICT, Information Communication Technology) e organizzazione/gestione ha creato la necessità di una nuova figura professionale che si mostri in grado di superare il divario tra cultura tecnologica e cultura economica e organizzativa.

L'ingegnere gestionale

Tra la fine degli anni Settanta e l'inizio degli anni Ottanta del secolo scorso, in alcune facoltà universitarie di ingegneria, sono nati, all'interno dei corsi di laurea nel settore dell'Ingegneria industriale, specifici indirizzi a contenuto economico-organizzativo. Anche se, inevitabilmente, in questi indirizzi gli insegnamenti di tipo organizzativo venivano considerati minori rispetto a quelli di consolidata tradizione ingegneristica, l'ingegneria si avviava al recupero del suo ruolo storico, sul piano scientifico e professionale, nel campo del management. Ben presto la portata dei problemi da affrontare, in uno scenario competitivo caratterizzato da una continua evoluzione soggetta agli effetti di una molteplicità di fattori sociali, economici e ambientali fra loro interagenti, ha condotto alla configurazione di un percorso di studi interamente nuovo, basato sull'integrazione tra la moderna teoria dell'organizzazione, l'economia industriale, la ricerca operativa, gli aspetti tecnologici fondamentali degli impianti, della produzione e dell'informazione.

L'ingegnere gestionale è in grado di affiancare ai tradizionali ruoli tecnici la capacità di comprendere la complessità dei processi per saperli progettare, organizzare e gestire in chiave continuamente innovativa, di cogliere gli elementi essenziali per la competizione (dall'innovazione tecnologico-organizzativa alla strumentazione finanziaria) e di operare nelle imprese industriali, nel terziario, nell'ambiente delle authorities e nella pubblica amministrazione. L'ingegnere gestionale, accanto al tradizionale bagaglio di conoscenze tecnologico-quantitative, comuni al patrimonio formativo di qualsiasi ingegnere, dispone di un insieme di competenze specifiche che gli permettono di modellizzare sistemi anche complessi, di lavorare per progetti e di gestire l'innovazione. In sintesi, è uno specialista della nuova complessità, delle attività industriali e dei servizi, derivante dai fenomeni di globalizzazione dei mercati, dalla parallela delocalizzazione delle attività, dalla crescente spinta all'innovazione non soltanto di prodotti, servizi e tecnologie, ma anche di forme organizzative e gestionali, cui si aggiunge un rafforzamento del ruolo dell'immagine, della comunicazione, della finanza e dell'importanza attribuita ai servizi, la cui natura è anch'essa in evoluzione. Egli è in grado di comprendere i sempre più sofisticati meccanismi di regolamentazione dell'economia (in tema di sicurezza, ambiente, corporate governance ecc.), a livello comunitario e nazionale, e con essi il peso relativo delle authorities. È attrezzato allo scopo precipuo di intervenire nei nuovi comparti manifatturieri e sulle trasformazioni, talora radicali, di quelli esistenti e dei diversi apparati della pubblica amministrazione, cui è richiesto un funzionamento meno burocratico e sempre più in linea, al di là degli obiettivi che restano diversi, con il mondo privato.

L'ingegnere gestionale costituisce in Italia una figura professionale molto richiesta dal mondo del lavoro. Dal punto di vista delle aree di impiego, nel 2000 il 36% dei laureati in i. g. risultavano occupati nell'area della logistica e operations management, il 16% nel marketing, il 14% nella finanza, il 10% nell'organizzazione aziendale, il 9% nelle aree di ricerca e sviluppo, il 9% nelle tecnologie informatiche, e il restante 6% in altre aree. La formazione in questo settore è sempre più presente nell'albo dell'offerta universitaria: nel 2006 i corsi di laurea e di laurea magistrale in i. g. vengono offerti da ventitré facoltà di Ingegneria sul totale delle trentotto attive. Il percorso di studi è caratterizzato da quattro aree tematiche: quella fisico-matematica, comune a tutte le lauree in ingegneria, in cui si acquisiscono le conoscenze fondamentali e gli aspetti metodologici della matematica e delle altre scienze di base; quella tecnologica, in cui si acquisiscono i contenuti fondamentali nella classe di tecnologie che qualifica l'orientamento prescelto dalla sede o dal corso di laurea (la formazione informatica risulta in genere particolarmente curata e consente all'ingegnere gestionale di pa-droneggiare in modo completo gli strumenti principali da utilizzare nelle aziende di produzione di beni e servizi e nella pubblica am-ministrazione); quella delle metodologie quantitative per l'analisi e le decisioni, in cui viene approfondita la conoscenza della modellistica matematica e delle tecniche della ricerca operativa che consentono di formulare e di proporre scelte efficienti di progettazione, pianificazione, controllo e gestione dei singoli processi nelle organizzazioni; quella economico-gestionale, in cui si acquisiscono gli strumenti essenziali per comprendere i principali concetti economici (per es., prezzi, mercati, concorrenza, regolamentazione), le differenti strutture organizzative delle imprese e la natura e gli scopi delle più importanti funzioni aziendali (finanza, marketing, controllo di gestione), i problemi di coordinamento all'interno delle organizzazioni, le tecniche di valutazione delle performances d'impresa.

bibliografia

C.S. Park, Contemporary engineering economics, Reading (Mass.) 1993, Upper Saddle River (NJ) 20023.

Verso una nuova organizzazione della produzione. Le frontiere del post-fordismo, a cura di S. Mariotti, Milano 1994.

S. Tonchia, A. Tramontano, F. Turchini, Gestione per processi e knowledge management, Milano 2003.

M.A. Schilling, Strategic management of technological innovation, New York 2005 (trad. it. Gestione dell'innovazione, Milano 2005).

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