Infezione

Universo del Corpo (2000)

Infezione

Enrico Garaci
Anna Teresa Palamara

Con il termine infezione (dal latino inficio, "introdurre", "contaminare") si intende il processo d'invasione di un organismo o di parti di esso (organi o tessuti) da parte di una o più specie microbiche (virus, batteri, miceti, protozoi).

Infezione, malattia e microrganismi

Spesso i termini infezione e malattia sono considerati sinonimi; è necessario, tuttavia, mantenere una distinzione tra queste due entità poiché l'infezione, caratterizzata dall'invasione di un microrganismo patogeno che riesce a penetrare, attecchire e moltiplicarsi all'interno di un organismo ospite, non comporta, necessariamente, la comparsa delle alterazioni dello stato di salute tipiche della malattia. Le difese dell'organismo, infatti, possono bloccare sul nascere l'ingresso e l'attecchimento dei microrganismi (infezione abortiva), senza che questi riescano a indurre alcuna evidente alterazione dell'equilibrio biologico. In altri casi, invece, la crescita dei microrganismi penetrati nell'organismo ospite è ostacolata dai meccanismi difensivi, in modo tale che non si manifesti una sintomatologia apprezzabile. Queste infezioni, dette latenti, possono rimanere tali per lungo tempo e poi estinguersi o progredire verso la malattia conclamata. Quando, invece, in relazione alla loro carica e aggressività i microrganismi prevalgono sulle difese dell'ospite, le alterazioni anatomiche e funzionali indotte dalla loro moltiplicazione a livello dei vari organi e tessuti segnano l'insorgere dello stadio conclamato della malattia.

Dei microrganismi presenti in natura solo alcuni, definiti patogeni, sono in grado di produrre malattie per l'uomo; molti svolgono, invece, un ruolo biologico in quanto responsabili dei grandi cicli di trasformazione della materia organica e inorganica. In mancanza di essi, non sarebbe possibile la vita sul nostro pianeta. Tra questi microrganismi, alcuni ricavano l'energia necessaria alla loro sopravvivenza dalla luce solare (fototrofi) o dall'ossidazione di materiale inorganico (chemiolitotrofi) od organico (chemio-organotrofi), altri (saprofiti) da materiale organico in decomposizione. Sono definiti parassiti quei microrganismi che traggono nutrimento dagli organismi sui quali vivono; essi si dividono in patogeni e commensali. I microrganismi patogeni instaurano una simbiosi con l'organismo ospite, traendone beneficio a suo danno; il loro grado di patogenicità viene definito virulenza. Quest'ultima è determinata dalla capacità che un microrganismo ha di penetrare all'interno del corpo umano, di replicarsi resistendo alle difese messe in atto dal sistema immunitario e, da ultimo, di indurre un danno nella sede di colonizzazione, oppure a distanza. I microrganismi commensali, invece, non causano danno, poiché instaurano una simbiosi di tipo mutualistico che, solitamente, porta beneficio sia all'organismo ospite sia al microrganismo stesso. I commensali costituiscono la normale flora batterica del corpo umano dopo la nascita. Infatti, durante il processo di sviluppo, il feto vive all'interno dell'utero in condizioni di assoluta sterilità; al momento della nascita la pelle, le mucose e l'intestino sono colonizzati da un gran numero di microrganismi commensali. Si calcola che il corpo umano contenga un numero di commensali pari a circa 1x1014 unità e la loro presenza, in condizioni normali, non solo non provoca alcun danno, ma costituisce un fattore essenziale per il corretto equilibrio dell'organismo ospite. È noto, per es., il ruolo dei batteri commensali nello svolgimento dei processi metabolici a livello intestinale, nel mantenimento del pH acido della cute, nella produzione di sostanze che impediscono l'invasione da parte di altri microrganismi patogeni. Per questo motivo l'impiego spesso sconsiderato di antibiotici a largo spettro d'azione, riducendo in modo indiscriminato il numero di microrganismi commensali, può favorire l'insorgenza di patologie più gravi di quelle per cui era inizialmente richiesto l'uso del farmaco.

In alcune condizioni il rapporto tra microrganismo e ospite può variare: per es., il batterio Escherichia coli, che è uno dei costituenti la normale flora intestinale, può diventare dannoso in altri distretti, come vescica urinaria, midollo spinale, polmoni ecc.; altri microrganismi, che non provocano malattia nel loro habitat naturale, diventano invece altamente patogeni in determinate condizioni e sono quindi definiti opportunisti; altri ancora, come gli streptococchi viridanti, fisiologicamente presenti nel tratto orofaringeo, in alcune circostanze, attraverso la corrente ematica, possono invadere organi diversi e causare gravi patologie (per es. endocarditi batteriche).

Cenni storici

Furono necessari parecchi secoli prima che fosse dimostrato e accettato il rapporto di causa-effetto tra i microrganismi e le malattie. Lo studioso italiano G. Fracastoro nel suo trattato De contagione et contagiosis morbis et curatione (1546) intuì che 'semi invisibili' o 'germi' potevano essere responsabili della trasmissione di malattie. Solo nel 1676 A. van Leeuwenhoek, un commerciante di stoffe olandese che aveva costruito un microscopio rudimentale, visualizzò per la prima volta dei microrganismi. Tuttavia, era ancora presto per correlare questi microrganismi all'insorgere di determinate patologie. Sarà A. Bassi, nel 1835, a fornire la prima dimostrazione sperimentale della trasmissione di malattie a opera di microrganismi: dimostrò, infatti, che il mal calcino del baco da seta era causato da un fungo (Botrytis bassiana). Nonostante questa brillante scoperta, la teoria microbica delle malattie sarà accettata solo più tardi, in seguito agli studi, eseguiti nella seconda metà dell'Ottocento, da R. Koch sul carbonchio, malattia che colpisce le pecore, i bovini e lo stesso uomo, il cui agente eziologico è il Bacillus anthracis. Sulla base di osservazioni sperimentali, Koch enunciò i seguenti postulati sulla correlazione fra un microrganismo e una determinata malattia: 1) il microrganismo patogeno deve essere presente in ogni caso della malattia in esame; 2) il microrganismo deve essere isolato dal paziente e deve crescere in un terreno di coltura; 3) il microrganismo isolato dal terreno di coltura e inoculato in un animale da laboratorio deve riprodurre un quadro morboso comparabile all'originario; 4) il microrganismo, isolato dall'animale da laboratorio, deve mostrare caratteristiche analoghe a quelle del microrganismo originario. I postulati di Koch si sono rivelati utili per stabilire l'eziologia di molte malattie infettive secondo una metodologia rigorosamente scientifica. Va tuttavia osservato che esistono numerose eccezioni. In molti casi, infatti, i microrganismi esercitano il proprio potere patogeno attraverso tossine o enzimi che agiscono anche a distanza dal punto in cui i microrganismi stessi si moltiplicano e ciò rende impossibile isolarli dalle lesioni specifiche della malattia. In altri casi invece, come per es. per il Treponema pallidum, è difficile la coltivazione in laboratorio.

Penetrazione dell'agente infettivo

La penetrazione nell'organismo può avvenire attraverso diverse vie: 1) ingestione di cibi contaminati: in questo caso si instaura il cosiddetto circuito orofecale, in quanto l'agente infettante, localizzato nell'apparato digerente, viene espulso con le feci e può entrare nella catena alimentare; ovviamente tale circuito è favorito dalle cattive condizioni igieniche ambientali e si realizza infatti per malattie come il tifo, il colera ecc.; 2) via aerea: tipica dei microrganismi che colonizzano l'apparato respiratorio (influenza, tubercolosi ecc.); in questi casi l'agente infettante, liberato attraverso saliva, colpi di tosse, starnuti, si diffonde nell'aria in minuscole goccioline di vapore acqueo, le 'goccioline di Pflügge'; 3) contagio sessuale: a parte le malattie che tipicamente vengono trasmesse per tale via (per es., sifilide, blenorragia, AIDS ecc.), quasi tutte le malattie infettive possono essere contagiate per via sessuale; 4) inoculazione diretta: avviene mediante l'introduzione di materiale infettante direttamente nei tessuti o nel sangue (per es., AIDS, epatite, malaria ecc.); 5) penetrazione traumatica: si verifica quando materiale infetto, a seguito di un trauma, come nel caso di ferite, entra in contatto con sangue o tessuti (tetano ecc.). Subito dopo la penetrazione, e a volte contemporaneamente a essa, si scatena un vero e proprio conflitto tra microrganismo infettante e organismo ospite, nel corso del quale ognuno mette in gioco tutti i propri sistemi di attacco o di difesa (v. immunità). Dall'esito di questo conflitto dipenderà se il soggetto esposto al contagio svilupperà la malattia oppure, al contrario, supererà l'infezione, conservando magari la memoria immunologica dell'avvenuto contatto che gli consentirà di resistere anche ad attacchi futuri da parte dello stesso agente.

Meccanismi di patogenicità

Le diverse 'armi' utilizzate dal germe per colonizzare l'organismo e replicarsi in esso vengono comunemente chiamate fattori di patogenicità. Essi variano a seconda dei microrganismi, i quali, in ordine di grandezza, possono essere classificati in virus, batteri, miceti (funghi), protozoi.

a) Virus. I virus traggono particolare vantaggio dalla loro capacità di trasformarsi spesso, attraverso piccole ma significative variazioni del codice genetico, che danno loro la possibilità di adattarsi di continuo all'ambiente e di sfuggire alle difese dell'organismo. A differenza dei batteri, essi non sono in grado di replicarsi al di fuori delle cellule viventi e, forse anche per questo motivo, l'evoluzione li ha dotati di meccanismi molto sofisticati per utilizzare a proprio favore il sistema biosintetico delle cellule bersaglio. Comunque, ancor più che per i batteri, non sempre l'infezione da virus coincide con l'evolversi della malattia, anche se esso è potenzialmente virulento. In molti casi, infatti, la percentuale di pazienti sieropositivi, cioè quelli che hanno sviluppato anticorpi contro un virus con il quale sono venuti a contatto, supera di gran lunga il numero di pazienti che hanno manifestato la malattia. Una volta entrato nell'organismo attraverso le vie descritte in precedenza, un virus deve essere in grado di penetrare nelle singole cellule per replicarsi al loro interno. A questo scopo, esso è provvisto di molecole proteiche di superficie, capaci di interagire e agganciare specifici recettori che sono presenti sulla superficie delle cellule. Tali recettori spesso rivestono un ruolo importante per il corretto funzionamento della cellula stessa e non tutte le cellule dell'organismo possiedono i recettori adatti a ciascun tipo di virus. Ne consegue che solo specifici tipi cellulari sono sensibili, cioè infettabili da specifici virus. Inoltre, l'infezione di una cellula sensibile non assicura automaticamente la moltiplicazione del virus stesso, né la sua liberazione nell'ambiente esterno. Una cellula, quindi, oltre che essere sensibile, deve anche essere permissiva. Quest'ultima condizione si realizza nel momento in cui la cellula è in grado di mettere a disposizione del virus tutte le strutture metaboliche necessarie per la trascrizione completa del suo genoma e per la sintesi delle specifiche proteine virali. L'infezione di una cellula da parte di un virus può quindi esprimersi in vario modo. Quando la cellula è sensibile e permissiva si genera un'infezione produttiva, caratterizzata dalla moltiplicazione del virus con formazione di progenie virale infettante. Un'infezione restrittiva o latente si ha quando il genoma virale permane (integrato nel DNA cellulare o in altre forme) all'interno della cellula ospite e il processo di moltiplicazione virale viene avviato solo in particolari circostanze o dopo determinati stimoli (come nel caso degli Herpesvirus o di alcuni Retrovirus). Si parla invece di infezione abortiva quando una cellula sensibile non è completamente permissiva per l'espressione di tutti i geni virali, per cui vengono sintetizzati solo alcuni dei componenti virali, ma nessun virus completo riesce a essere liberato nell'ambiente esterno. Un'infezione trasformante, infine, si verifica quando il genoma virale si integra in quello cellulare, trasformando la cellula da normale a tumorale. Se dall'interazione virus-cellula si passa a considerare l'interazione virus-organismo, ognuna delle situazioni descritte darà luogo a un tipo diverso di manifestazione clinica. Si può avere così: un'infezione acuta (influenza, poliomielite, enterite ecc.), in cui le cellule infettate vengono spesso uccise (effetto citocida) o gravemente danneggiate dal virus; un'infezione latente, il cui decorso può protrarsi anche per tutta la vita senza dare sintomi evidenti oppure può dar luogo a periodiche riattivazioni con manifestazioni cliniche recidivanti (herpes labiale); un'infezione persistente, caratteristica di malattie cronicamente evolutive (epatite cronica attiva) o di malattie che presentano un'evoluzione lenta, ma generalmente molto grave (panencefalite subacuta sclerosante); in quest'ultimo tipo di infezione il virus viene prodotto in continuazione dalle cellule senza provocare danni letali. L'infezione trasformante, infine, è causa di tumori, a seguito della trasformazione in senso neoplastico della cellula colpita.

b) Batteri. I batteri esercitano il loro potere patogeno attraverso meccanismi d'invasività e di 'tossigenicità', vale a dire invasione di tessuti e produzione di tossine che, trasportate dalla corrente circolatoria in vari distretti, agiscono a distanza dal punto in cui avviene la moltiplicazione dei batteri stessi. Vari fattori contribuiscono all'invasività della cellula batterica: le adesine, sostanze di natura proteica o lipoproteica che determinano il legame del microrganismo ai recettori delle cellule dell'organismo ospite; la capsula, una struttura fibrillare di natura generalmente polisaccaridica, che avvolge alcune specie batteriche determinandone l'aggressività in quanto è in grado di inibire la fagocitosi (cioè la distruzione da parte di macrofagi e monociti); alcuni enzimi, quali leucocidine (tossiche per i granulociti neutrofili), emolisine (responsabili della lisi dei globuli rossi), coagulasi (che coagulano il fibrinogeno intorno ai microrganismi proteggendoli dalla fagocitosi) e ialuronidasi (che idrolizzano l'acido ialuronico, componente fondamentale del connettivo, permettendo una diffusione invasiva dei microrganismi che ne sono provvisti). La patogenicità dei batteri è dovuta anche alla loro capacità di elaborare tossine, che, trasportate dal sangue o dalla linfa, possono causare danni spesso rilevanti. Alcune tossine provocano febbre, disturbi nervosi e cardiovascolari e, in alcuni casi, shock. Le tossine si distinguono in esotossine ed endotossine. Le esotossine sono proteine prodotte da batteri sia gram-positivi sia gram-negativi; sono dotate di un'azione patogena specifica nel senso che inibiscono particolari funzioni metaboliche. Per es., l'esotossina del Clostridium tetani raggiunge il sistema nervoso centrale e si lega alle cellule nervose che controllano la contrazione dei muscoli scheletrici mediante l'invio di impulsi inibitori; il legame con l'esotossina blocca l'invio degli impulsi inibitori dando luogo a contratture muscolari spastiche (paralisi spastica). L'esotossina botulinica prodotta dal Clostridium botulinum si lega invece a livello della giunzione neuromuscolare e previene la trasmissione degli impulsi nervosi inibendo il rilascio di acetilcolina (paralisi flaccida). La specificità di questa azione patogena è talmente elevata che dosi micromolari di esotossina sono capaci di esercitare un'azione letale nell'organismo ospite, al punto che 1 mg di esotossina botulinica o tetanica è in grado di uccidere circa un milione di cavie. Le esotossine sono inoltre in grado di indurre anticorpi ad attività neutralizzante. Esse si trasformano spontaneamente in tossoidi, cioè sostanze che hanno perso il proprio potere patogeno, ma hanno conservato inalterato il potere antigenico, ossia la capacità d'indurre anticorpi che ne neutralizzano l'attività. Quando la trasformazione da tossina in tossoide avviene artificialmente (mediante trattamento della tossina con formalina al 4‰ per 30-40 giorni a 38-39 °C) il prodotto finale viene chiamato anatossina e rappresenta il principio attivo di molti vaccini quali, per es., il vaccino antitetanico, antibotulinico, antidifterico. Le endotossine o lipopolisaccaridi (LPS) sono una componente della parete dei batteri gram-negativi. Esse inducono la produzione di diversi mediatori, i quali a livello dell'ipotalamo determinano il rilascio di prostaglandine ad attività termoregolatoria, e provocano uno stato di malessere generale accompagnato da febbre, diarrea e vomito. Non sono facilmente neutralizzate da anticorpi e per tale motivo non è possibile produrre tossoidi efficaci.

c) Miceti. I miceti (o funghi) sono organismi capaci di vivere e riprodursi autonomamente; in quanto presentano un'organizzazione cellulare più evoluta rispetto ai batteri. L'infezione e la malattia che i miceti provocano nell'uomo o nell'animale rappresentano quindi un evento del tutto accidentale nel loro ciclo vitale. Le infezioni da funghi, definite micosi, possono essere esogene quando l'agente infettante, normalmente costituito da spore fungine, proviene dall'ambiente esterno, come nel caso della tinea corporis; oppure endogene, quando l'agente infettante è un micete che, normalmente presente nel sito interessato, diventa patogeno solo in particolari condizioni. Questo è il caso delle infezioni opportunistiche in cui una riduzione delle normali difese immunitarie dell'ospite, causata sia da altre malattie concomitanti sia da terapie particolarmente debilitanti o da patologie che provocano immunodeficienza (AIDS), costituisce la condizione essenziale per l'instaurarsi di infezioni micotiche anche molto gravi. Nonostante le micosi siano estremamente diffuse, non è ancora del tutto noto lo specifico meccanismo di patogenicità, così come le relative difese dell'organismo. Nella patogenesi delle micosi il ruolo svolto dall'ospite è di fondamentale importanza. È nota, per es., l'attività micostatica svolta dagli acidi grassi prodotti dalle ghiandole sebacee della cute, tanto che le zone che ne sono sprovviste (come gli spazi interdigitali dei piedi) vanno più facilmente incontro a dermatofizie (infezioni da funghi dermatofiti). Un altro esempio è rappresentato dalle infezioni da Candida albicans che si sviluppano in corso di terapie antibiotiche protratte, le quali, diminuendo la flora batterica residente sulle mucose, spezzano l'equilibrio che fisiologicamente tiene sotto controllo la moltiplicazione del lievito. I miceti sono dotati di fattori di patogenicità, anche se meno aggressivi di quelli dei batteri, tra cui ricordiamo: la capsula, gli enzimi e le tossine. Molti funghi sono sprovvisti di una capsula strutturalmente ben definita, ma possiedono strutture di superficie chimicamente molto simili, soprattutto per quanto riguarda la capacità antigenica, cioè la possibilità di indurre la formazione di anticorpi nell'ospite. Dal punto di vista della patogenicità, tali strutture facilitano l'adesione del fungo alle cellule dell'organo bersaglio e quindi l'invasione dell'organo stesso. La capsula svolge, inoltre, un importante ruolo antifagocitario. Gli enzimi hanno la funzione di facilitare l'attecchimento e la diffusione di diversi funghi, nonostante sia stata dimostrata la patogenicità in ceppi che ne sono sprovvisti. Per es., gli enzimi idrolitici prodotti dai dermatofiti (elastasi, collagenasi e cheratinasi) sono in grado di degradare peli, capelli e cheratina cutanea a corti prodotti peptidici, favorendo così la colonizzazione della cute; la Candida albicans produce enzimi proteolitici capaci di degradare le immunoglobuline di classe A, le quali fisiologicamente tappezzano le mucose dell'organismo difendendole dall'aggressione di agenti patogeni. Le tossine possono essere rilasciate da alcuni ceppi di funghi nell'ambiente (esotossine) o essere strettamente associate al corpo fungino e non rilasciate se non dopo lisi del corpo cellulare (endotossine). Nel primo caso, non è stata dimostrata alcuna correlazione con l'azione patogena del fungo in vivo. Le endotossine fungine, al contrario, come quelle batteriche, provocano fenomeni tossici aspecifici, anche se di entità più modesta.

d) Protozoi. Tra i microrganismi i protozoi costituiscono la specie più evoluta dal punto di vista strutturale; sono infatti organismi unicellulari eucarioti costituiti da citoplasma, uno o più nuclei contenenti un corredo cromosomico completo e relative membrane. Essi sono inoltre dotati di tutti gli organelli di una cellula eucariotica e quindi di un loro metabolismo autonomo. Si conoscono attualmente oltre 20.000 specie di protozoi con dimensioni che vanno da poco più di 1 μm a oltre 1 mm di diametro. Alcuni di essi possono trovarsi negli strati più superficiali del terreno o nelle acque e vivere indipendenti da altre forme di vita. Altri vivono come parassiti (obbligati o facoltativi) o come commensali dell'uomo, di animali o di alcune piante. Ne consegue che, nonostante gli sforzi di numerosi studiosi, l'impresa di classificare i protozoi è veramente ardua ed essi risultano come un vasto e disomogeneo insieme di microrganismi molto diversi per caratteristiche intrinseche e potere patogeno. Le patologie umane che riconoscono un'eziologia da protozoi sono le più varie e vanno dalla malaria (provocata da Plasmodium) alla giardiasi o amebiasi intestinale (provocate rispettivamente da Giardia lamblia e da Entamoeba histolytica), alle polmoniti da Pneumocystis carinii, alle vaginiti da Trichomonas vaginalis ecc. L'azione patogena dei protozoi si può ricondurre principalmente ai seguenti tipi di danno: meccanico, tossico, immunoallergico o cancerogeno. Un danno di tipo meccanico si verifica, per es., nell'infezione da Giardia, la quale infatti si ancora saldamente alle pareti intestinali fino a tappezzarle del tutto, impedendo in questo modo i normali processi di assorbimento. Un'azione simile si riscontra anche nel caso di infezione da Pneumocystis carinii che riempie letteralmente gli alveoli polmonari alterandone completamente la funzionalità. Nella malaria, invece, si verifica un danno meccanico a livello cellulare poiché la moltiplicazione del Plasmodium all'interno dei globuli rossi e degli epatociti provoca la rottura delle cellule stesse.

Tra i danni di tipo tossico ricordiamo la massiva liberazione di citochine di tipo infiammatorio (TNF, Tumor necrosis factor, interleuchine 1 e 6) conseguente alla crisi emolitica (distruzione massiva dei globuli rossi) che si attua in corso di malaria. Nel caso del danno immunoallergico, è la risposta immunitaria dell'organismo a causare manifestazioni patologiche che provocano un aggravamento della malattia in atto. Infatti, sempre nel caso della malaria, i globuli rossi parassitati diventano autoantigenici, capaci cioè di indurre anticorpi diretti contro sé stessi e di distruggerli in modo massivo. Per quanto riguarda l'azione cancerogena, bisogna ricordare la correlazione, altamente significativa, esistente tra infezione da Trichomonas vaginalis e stati cancerosi e precancerosi dell'utero, anche se tale predisposizione sembra sia dovuta più al perdurare di un'infiammazione cronica piuttosto che a un meccanismo diretto di causa-effetto. Da un punto di vista più generale, i protozoi, come altri microrganismi, sono in grado di elaborare strategie che consentono loro di sfuggire alle difese messe in atto dall'organismo. Per es., alcuni protozoi sono capaci di eludere gli anticorpi modificando di continuo la loro composizione antigenica superficiale, anche durante il loro ciclo vitale.

Bibliografia

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