FARMACEUTICA, INDUSTRIA

Enciclopedia Italiana - V Appendice (1992)

FARMACEUTICA, INDUSTRIA

Piero Sensi

Il settore industriale farmaceutico nel suo assieme comprende le attività relative alla ricerca, produzione e vendita di sostanze farmacologicamente attive, sintetiche o estrattive, di formulazioni farmaceutiche per uso umano e veterinario, di prodotti diagnostici e di vaccini.

Origine e sviluppo. − L'i. f. nasce dal passaggio dall'arte secolare del farmacista di preparare personalmente i farmaci seguendo le prescrizioni mediche, alla produzione in grandi quantità di medicamenti autorizzati come specialità medicinali in confezioni sigillate.

Le ricette per la preparazione di medicamenti, basati su estratti di piante o prodotti chimici semplici, hanno seguito per secoli procedimenti empirici. Lo sviluppo delle scienze chimiche e la classificazione botanica secondo Linneo hanno permesso, dall'inizio dell'Ottocento, di elaborare farmacopee sempre più su base scientifica, contenenti, oltre alla descrizione di ricette, di prodotti chimici e di piante, anche vari metodi di riconoscimento e di dosaggio, che fungessero da guida al farmacista per le sue preparazioni ''magistrali'', da elaborare pur sempre nella sua stessa farmacia.

Nel corso del 19° secolo appaiono i primi prodotti ''officinali'' preparati in officine autorizzate alla fornitura a più farmacie dei farmaci cosiddetti ''galenici'', generalmente codificati dalle farmacopee. Si formano così le basi delle prime i. f. di piccole dimensioni, spesso fondate da farmacisti che con le officine di produzione separate dalle farmacie estendono il loro campo di attività e distribuiscono i loro preparati galenici anche su scala nazionale.

A differenza dell'evoluzione di molti altri settori tecnologici per i quali tra la fine del Settecento e durante l'Ottocento si verificò una radicale trasformazione delle attività artigianali in grosse imprese industriali, nel campo farmaceutico la formazione di industrie di grandi dimensioni non maturò per tutto il 19° secolo per la mancanza di prodotti terapeuticamente efficaci. Anzi, proprio verso la metà dell'Ottocento il pensiero di varie scuole mediche era improntato a una sfiducia verso la maggioranza dei farmaci allora in uso, che portò alla concezione della medicina omeopatica. Tali posizioni negative furono superate dai progressi in vari settori delle scienze sperimentali come la chimica, la fisica, la microbiologia, la fisiologia e la farmacologia. Dalle piante furono isolati in forma pura vari principi farmacologicamente attivi (morfina, chinina, atropina, ecc.), ma soprattutto furono sintetizzati tra la fine dell'Ottocento e i primi del Novecento vari prodotti chimici dotati di attività farmacologica come i salicilati (1876), l'antipirina (1883), l'acetanilide (1886), l'aspirina (1899) e i primi barbiturici (1903). L'industria chimica ospitò i primi nuclei di sviluppo del settore farmaceutico e colse i motivi per affermare la produzione dei farmaci su base industriale. In particolare, la conoscenza che gli estratti di piante medicinali potessero essere frazionati in vari componenti chimici puri portava alla richiesta di farmaci ben definiti e standardizzati, molto più affidabili degli estratti di piante. Un altro impulso alla formazione dell'i. f. venne dai lavori di P. Ehrlich sulla selettività d'azione di certi coloranti sui parassiti, che costituì la base teorica della chemioterapia (1891). Nelle prime decadi del Novecento lo sviluppo di agenti chemioterapici contro le malattie infettive parassitarie divenne campo di notevole attività per le industrie chimiche produttrici di coloranti e di prodotti organici di base. Le industrie tedesche e svizzere, particolarmente affermate in questo settore, divennero pertanto i maggiori esponenti della nascente industria dei farmaci e dominarono il mercato mondiale per vari anni. I progressi nel campo della farmacoterapia furono però molto lenti, tanto che fino agli anni Trenta del 20° secolo i farmaci efficaci erano ancora in numero limitato.

Gli sviluppi più importanti si ebbero nel periodo tra gli anni Trenta e gli anni Sessanta. L'introduzione dei sulfamidici, degli antibiotici e di nuovi vaccini determinò una marcata caduta della morbilità e mortalità dovuta a malattie infettive di varia eziologia. Inoltre furono introdotti, sempre in quei decenni e in rapida successione, molti farmaci di particolare rilievo per il trattamento sintomatico di varie patologie gravi: antiinfiammatori e antireumatici, vitamine, ormoni, antipsicotici, antiistaminici, antidiabetici, antiipertensivi e altri. Alcune delle scoperte di nuovi agenti terapeutici furono effettuate nei laboratori accademici o di enti pubblici (come nel caso della penicillina), ma l'impegno crescente della ricerca scientifica industriale è stato certamente il fattore principale nella sperimentazione e nella realizzazione della maggior parte dei farmaci.

Per la loro frequenza e importanza le scoperte farmaceutiche venivano seguite con interesse dall'opinione pubblica, sollecitata anche dai mezzi d'informazione periodicamente annuncianti farmaci-miracolo. Tale atmosfera favorì la formazione di nuove aziende industriali con specializzazione esclusiva nel settore farmaceutico, sganciate dalle grosse industrie chimiche. La proliferazione di aziende e di prodotti nuovi, talvolta non sufficientemente studiati e sperimentati, non è stata priva di problemi, che hanno portato a critiche spesso violente all'i. f. e a una maggiore riflessione sulle basi razionali per la ricerca e sperimentazione dei farmaci, con un crescente controllo da parte delle autorità sanitarie. Pertanto dopo gli anni Sessanta le scoperte farmaceutiche (particolarmente importanti in campo cardiovascolare, gastrointestinale e della chemioterapia antitumorale e antimicrobica) si sono verificate con un ritmo più ridotto e con crescenti impegni di risorse umane e finanziarie.

Negli ultimi decenni le strutture industriali hanno subito profonde modifiche sotto l'influenza delle regolamentazioni tecniche ed economiche del settore, dell'evoluzione delle conoscenze scientifiche e tecnologiche e delle trasformazioni economiche e sociali a livello nazionale e internazionale. In generale in molti paesi si è avuta una progressiva diminuzione del numero di aziende con assorbimenti, fusioni e integrazioni in grandi gruppi industriali. L'organizzazione produttiva ha subito importanti modifiche per fronteggiare le variazioni spesso rilevanti della domanda e le garanzie di qualità dei prodotti farmaceutici, adottando ''norme di buona fabbricazione'' codificate a livello internazionale. L'industria ha sostenuto investimenti crescenti nella ricerca scientifica con la creazione e l'ampliamento di importanti centri di ricerca e contribuendo, anche al di fuori dell'ambito aziendale, allo sviluppo di discipline e tecnologie emergenti come la farmacologia clinica, la tossicologia sperimentale, la cancerogenesi, la mutagenesi e l'ingegneria genetica. L'i. f. ha raggiunto progressivamente, nei suoi rapporti e interazioni con la classe medica e le autorità regolatorie, un ruolo di riconosciuta fondamentale importanza nelle politiche sanitarie a livello sia nazionale che internazionale.

L'industria farmaceutica nel mondo. − Le aziende farmaceutiche degli Stati Uniti, dell'Europa occidentale e in parte del Giappone dominano il mercato mondiale, essendo presenti praticamente in tutti i paesi, attraverso le loro filiali di distribuzione e in alcuni casi di produzione locale. Esse hanno le risorse finanziarie e tecnologiche necessarie alla fabbricazione in grande quantità di farmaci di elevata qualità e alla ricerca e sviluppo di nuovi farmaci. Si valuta che nel loro assieme le prime 20 i. f. mondiali controllino quasi il 50% del mercato totale. Le aziende farmaceutiche locali nei paesi in via di sviluppo non contribuiscono significativamente alla creazione di nuovi farmaci, e le loro tecniche produttive e la qualità dei loro prodotti hanno difficoltà a competere con quelle delle multinazionali dei paesi più industrializzati. Inoltre spesso le politiche dei paesi in via di sviluppo scoraggiano l'investimento dei capitali necessari alle moderne tecnologie per la ricerca e la produzione di nuovi farmaci.

Il consumo di farmaci pro capite è molto variabile da paese a paese, con un rapporto fino a oltre 100 volte tra paesi altamente sviluppati (USA, Canada, Europa occidentale, Giappone) e paesi poveri in via di sviluppo (Africa, Medio Oriente, Asia). I paesi più sviluppati, che hanno il 16% della popolazione mondiale, registrano un consumo di farmaci superiore al 50% del totale. Si prevede che il mercato farmaceutico mondiale aumenti di circa l'8,5% all'anno, raggiungendo nel 2000 i 270 miliardi di dollari, e che il consumo si sposti leggermente verso i paesi in via di sviluppo sia per una maggiore incidenza pro capite sia per un maggiore aumento della popolazione in questi paesi.

L'organizzazione industriale. − La struttura organizzativa della maggior parte delle i. f. è basata su tre funzioni: la ricerca, la produzione e il marketing. La ricerca comprende tutte le attività miranti alla scoperta, allo sviluppo e all'introduzione in uso terapeutico di nuove sostanze e nuove formulazioni farmaceutiche da usare nella diagnosi, nella prevenzione e nel trattamento di malattie o di determinati stati fisiologici nell'interesse dell'uomo.

Il successo della ricerca rappresenta per un'i. f. il fattore predominante di sviluppo, perché nuovi e migliori prodotti permettono il rinnovamento del listino terapeutico e la possibilità di penetrazione nei mercati internazionali. Il progetto per la scoperta di un nuovo farmaco comprende varie fasi che coinvolgono ricercatori di varie discipline (chimici, biochimici, farmacologi, microbiologi, tossicologi, tecnici farmaceutici, analisti, clinici, ecc.). La realizzazione di un nuovo farmaco dai primi risultati di laboratorio all'introduzione in terapia richiede in media dagli 8 ai 15 anni, con un costo globale del progetto dell'ordine di varie decine di miliardi di lire. Attualmente la maggior parte delle i. f. investe in ricerca dal 10 al 20% del proprio fatturato. La tab. riporta alcuni parametri descrittivi dell'impegno nella ricerca farmaceutica in sette paesi industrializzati. Agli investimenti nella ricerca corrisponde entro certi limiti la scoperta di nuovi prodotti, che singolarmente contribuiscono in maniera più o meno rilevante al progresso terapeutico. Nel periodo 1982-88 sono stati introdotti nel mercato 325 nuovi prodotti originati per oltre l'88% in sette paesi: Stati Uniti (64), Giappone (88), Repubblica Federale Tedesca (32), Gran Bretagna (19), Francia (35), Italia (24) e Svizzera (26). La maggior parte del rimanente 12% è stata originata in altri paesi industrializzati (Paesi Scandinavi, Canada, Belgio, Olanda, Spagna).

Altro settore importante dell'i. f. è quello della produzione. Gli stabilimenti per la produzione di formulazioni farmaceutiche devono essere organizzati con strutture civili, impianti, apparecchiature idonei e dotati di personale tecnico-scientifico di provata capacità professionale. La produzione è regolata da norme speciali (''norme di buona fabbricazione'') raccomandate dalla Organizzazione mondiale della sanità nel 1969 e adottate praticamente da tutte le nazioni industrializzate, per garantire la fabbricazione di medicamenti che presentino uniformemente un'alta qualità.

Il marketing dei prodotti farmaceutici è condizionato dall'intervento di più fattori economici: il produttore, il grossista, il farmacista, il medico, il paziente e spesso lo stato. I farmaci preparati dal produttore vengono venduti al farmacista o direttamente o, più comunemente, attraverso un commerciante grossista, ma l'acquirente finale è il paziente attraverso la prescrizione del medico. Nei paesi in cui l'assistenza sanitaria è nazionalizzata, il farmaco viene di fatto pagato in tutto o in parte dallo stato. Poiché sono i medici prescrittori che, pur non essendo acquirenti, determinano la domanda del farmaco, l'i. f. provvede a informarli sulle caratteristiche dei farmaci da essa creati e prodotti. L'informazione viene effettuata attraverso visite degli informatori medico-scientifici, ma anche attraverso distribuzione di campioni e stampati, e sulle pagine di periodici. Per i prodotti etici è generalmente proibita la propaganda al pubblico, mentre essa è consentita per i prodotti cosiddetti da banco, che possono essere acquistati in farmacia senza ricetta medica e che sono specialità destinate alla medicazione di disturbi minori e contengono principi attivi largamente sperimentati.

Nella maggior parte dei paesi, lo stato esercita un regolare e approfondito controllo sulla quasi totalità delle attività dell'i. farmaceutica. Tale controllo è motivato dal fatto che le attività di ricerca e sviluppo di nuovi farmaci, che portano alla loro produzione e commercializzazione, hanno trovato la loro collocazione principale nell'industria e che i farmaci rappresentano un argomento di grande interesse pubblico dal punto di vista sanitario, sociale ed economico.

L'aumento rapido del numero e dell'uso dei farmaci ha portato a maggiori possibilità di effetti collaterali non previsti. Episodi drammatici come quelli del talidomide, che negli anni Sessanta ha provocato la nascita di migliaia di bambini focomelici, hanno avuto importanti conseguenze sull'intervento del controllo pubblico nello sviluppo dei farmaci. Attualmente controlli pubblici, in forme e modalità diverse da paese a paese, vengono esercitati sui laboratori dove si effettuano le prove precliniche, sulle sperimentazioni cliniche, sulla documentazione tecnico-scientifica per l'autorizzazione alla commercializzazione, sugli stabilimenti di produzione, sul prezzo, sull'inserimento nei prontuari terapeutici, sull'informazione ai medici e al pubblico. Inoltre norme nazionali e internazionali prescrivono programmi di farmacovigilanza post marketing per raccogliere informazioni sugli effetti collaterali segnalati come probabilmente dovuti all'uso di un determinato farmaco. Molti passi sono stati fatti per garantire l'efficacia e la sicurezza dei farmaci, ma, allo stato attuale delle conoscenze, il progresso nel campo della farmacoterapia continua a comportare alcuni rischi, che si ritengono accettabili per poter disporre di medicine migliori.

L'industria farmaceutica italiana. − In Italia, come in altri paesi occidentali, le prime attività di carattere industriale in campo farmaceutico furono dovute alla vocazione imprenditoriale, nel corso dell'Ottocento, di alcuni farmacisti e chimici (tra i quali citiamo C. Erba, L. Zambeletti, G. B. Schiapparelli e R. G. Lepetit) che iniziarono limitate produzioni di farmaci galenici fondando aziende che si sono andate sviluppando e che sono tuttora molto attive. Lo sviluppo industriale per vari decenni fu tuttavia lento e di ampiezza limitata perché l'industria chimica, fonte dei primi farmaci sintetici, era molto debole in Italia in confronto alle grandi aziende tedesche, svizzere, inglesi e successivamente statunitensi.

Solo il gruppo Montecatini, nel 1934, diede avvio a un'impresa farmaceutica, la Farmitalia, legata alla grossa industria chimica nazionale. Le norme legislative ignorarono la produzione e il commercio di specialità medicinali fino al R. D. n. 478 del 1927, integrato nel 1934 nel Testo unico delle leggi sanitarie (R. D. n. 1265). La rapida successione di scoperte di interessanti prodotti terapeutici realizzate in università, ma soprattutto nei laboratori dell'i. f. internazionale, spinse nell'immediato dopoguerra varie aziende a installare anche in Italia reparti di ricerca miranti a ottenere nuovi farmaci originali. Purtroppo in Italia, unico tra i paesi industrializzati, la legge sulla tutela delle invenzioni industriali (R. D. 29 giugno 1939 n. 1127) vietava la concessione di patenti per medicamenti di qualsiasi genere (art. 14). La mancanza di protezione dei brevetti ha avuto come effetti principali da un lato la disincentivazione degli investimenti in ricerca innovativa e dall'altro la proliferazione di aziende pronte a immettere in commercio prodotti-copia di farmaci scoperti e sviluppati in altri paesi. Nel 1962 esistevano in Italia 770 aziende farmaceutiche con una produzione globale di circa 13.000 specialità, tra le quali molte contenevano lo stesso ingrediente attivo. Nonostante i lati negativi di questa situazione il numero di imprese impegnate nella ricerca è andato aumentando, realizzando vari farmaci originali, alcuni dei quali sono stati introdotti in terapia in tutti i paesi del mondo e sono inclusi nella ristretta lista dei farmaci essenziali dell'Organizzazione mondiale della sanità, come la rifampicina, antitubercolare, e la doxorubicina, antitumorale. Nel 1978 la Corte costituzionale dichiarò l'illegittimità dell'art. 14, e nel 1979 l'Italia aderì alla convenzione di Monaco sul Brevetto europeo, portando così la più completa protezione brevettuale per le invenzioni farmaceutiche nel nostro paese. La nuova situazione ha determinato molti cambiamenti nell'assetto industriale, accelerando da un lato il processo già in atto di riduzione del numero delle aziende operanti in Italia con ristrutturazioni, fusioni e cessioni di aziende italiane a multinazionali straniere, ma favorendo, dall'altro, anche la crescita degli investimenti nel campo della ricerca nelle aziende più solide.

Altri fattori hanno concorso a una maggiore razionalizzazione dell'organizzazione farmaceutica negli ultimi anni: la costante pressione da parte dell'autorità sanitaria per una riduzione del numero di specialità in commercio, il processo di revisione delle vecchie specialità alla luce di una valutazione aggiornata, i problemi di economia di scala e infine le maggiori richieste di documentazione scientifica per ottenere l'autorizzazione alla commercializzazione di nuovi medicamenti in armonia con le direttive comunitarie in materia (direttive CEE 65/65, 75/318, 75/319 e 83/570).

Al 31 dicembre 1991 la struttura produttiva farmaceutica in Italia si articolava su 299 imprese produttrici di specialità medicinali per uso umano, 118 imprese produttrici o commercializzatrici di principi attivi farmaceutici, delle quali 50 con stabilimenti di produzione in Italia, e 55 imprese produttrici di specialità medicinali per uso veterinario, delle quali 22 operanti anche nel settore umano.

Il numero delle specialità in commercio nel 1991 era di 4210 (con 8906 tipi di confezioni), delle quali il 67,2% presenti nel Prontuario terapeutico, o a completo carico dello stato (5,6%) o con quota a carico dell'assistito (94,4%). Il valore del fatturato nello stesso anno è stato di 14.881 miliardi di lire per le specialità farmaceutiche e di 2155 miliardi di lire per le sostanze di base. Solo il 38,64% del fatturato per le specialità medicinali è di aziende con capitale italiano, mentre il 61,36% è controllato da aziende a capitale estero. Per quanto riguarda la concentrazione industriale, le prime 25 imprese detengono oltre il 49% del fatturato, le prime 100 circa il 90% e le prime 200 circa il 99%.

Il numero degli occupati, che nel 1991 ammontava a 70.020 unità, ha una percentuale di impiegati molto più alta di quella presente nel complesso dell'industria, il che indica un livello di professionalità particolarmente elevato in questo settore industriale. Oltre 7600 persone sono addette alla ricerca. Nel periodo 1968-91, la spesa per la ricerca è andata rapidamente aumentando dal 4,9% all'12,16% del fatturato farmaceutico interno; nel 1991 essa ammontava a 1545 miliardi di lire.

Nel campo dell'informazione medico-scientifica si è avuta una progressiva diminuzione della spesa, nel periodo 1968-91, dal 30,3% al 13,6% del fatturato farmaceutico interno.

In complesso, nel settore farmaceutico l'Italia si colloca tra i primi 6 paesi del mondo per volume di produzione, per interscambio commerciale con l'estero e per il numero di nuovi prodotti originali introdotti in terapia. Una decina di aziende italiane sono presenti con i loro impianti e con joint-ventures locali in una trentina di paesi del mondo. Alcune debolezze del settore, indicate dalla forte presenza di aziende a capitale straniero e dal saldo generalmente negativo dell'interscambio commerciale, sono dovute al fatto che lo sviluppo di industrie fondate sulla ricerca è stato più recente che in altri paesi, ma i crescenti investimenti in ricerca indicano la tendenza di alcune ditte italiane ad assumere un ruolo più incisivo a livello internazionale.

Bibl.: A. Soldi, Produzione farmaceutica-sanitaria. Legislazione, Milano 1978; P. Temin, Technology, regulation and market structure in the modern pharmaceutical industry, in The Bell Journal of Economics, 1979, pp. 429-46; W. M. Wardell, M. S. May, A. G. Trimble, New drug development by United States pharmaceutical firms, in Clin. Pharm.-Therap., 32 (1982), pp. 407-17; J. Tucker, J. W. Parker, Global considerations in the development and production of pharmaceuticals, in Drug development, Boca Raton (Florida) 1985; P. Sensi, Orientamenti nella ricerca farmaceutica, in Scienza e Tecnica '85, Milano 1985; Farmindustria, Indicatori farmaceutici, Roma 1988; PJB Publications Ltd, Scrip-world pharmaceutical news, Londra 1973-89.

CATEGORIE
TAG

Organizzazione mondiale della sanità

Repubblica federale tedesca

Industria farmaceutica

Ingegneria genetica

Medicina omeopatica