ELETTRONICA, INDUSTRIA

Enciclopedia Italiana - V Appendice (1992)

ELETTRONICA, INDUSTRIA

Giuseppe Rosa-Vincenzo Atella

Il vero ''decollo'' dell'i. e. in termini di fatturato si è avuto solo a partire dall'inizio degli anni Settanta. Da allora, l'utilizzazione delle tecniche elettroniche ha assunto un ruolo sempre più importante nei confronti dell'evoluzione economica della società moderna. Tale ruolo è poi divenuto decisivo nei settori dell'automazione, delle telecomunicazioni e dell'informatica. In particolare, i settori delle telecomunicazioni e dell'informatica, permettendo un uso ''intelligente'' delle informazioni, hanno dato una svolta decisiva al modo di intendere i rapporti di lavoro e di scambio delle informazioni. Nella maggior parte dei processi produttivi, il momento rappresentato dalla trasformazione fisica dei materiali ha perso di importanza rispetto a quello della gestione dell'informazione. Dopo un pacato avvio nella diffusione di queste tecniche agli inizi del decennio precedente, negli anni Settanta è apparsa sempre più evidente la necessità di interventi nel settore della gestione delle informazioni. La tecnologia elettronica, che permette la gestione automatica delle informazioni, è ormai entrata in tutte le fasi di questo processo: raccolta, trasformazione, immagazzinamento e trasporto. Il risultato è che l'informatica, e pertanto l'elettronica che fornisce gli strumenti a quest'ultima per poter operare, è in continua espansione, e tende sempre più a collegarsi con tutti gli altri settori economici, dalle telecomunicazioni alla componentistica elettronica, dalla chimica industriale al settore tessile, dalla meccanica a quello alimentare, dall'editoria alla stessa elettronica civile.

Tra le cause che hanno determinato questa forte espansione nell'i. e. assume rilievo la continua diminuzione del rapporto costiprestazioni dei prodotti che usano componenti elettronici e conseguente crescita della domanda di informatizzazione.

Un tipico esempio di tale situazione è rappresentato dal settore dei computer. L'avvento della componentistica moderna della microelettronica ha infatti permesso la realizzazione di mini e microcalcolatori che, pur conservando le prestazioni tecniche e le caratteristiche specifiche dei sistemi anteriori, destinati a una élite di operatori, risultano sempre più economici e quindi accessibili a un'utenza di massa. Negli ultimi 20 anni il numero di componenti di base (chip) collocati su di un microcircuito è sistematicamente raddoppiato ogni anno, permettendo di ridurre notevolmente il rapporto costi/prestazioni.

Nel 1970 un bit di memoria centrale costava 10 centesimi di dollaro; nel 1980 il costo si era ridotto a 0,05 centesimi di dollaro; nel 1988 lo stesso bit di memoria costava 0,005 centesimi di dollaro, e tali costi sono destinati a ridursi nel futuro. Molto più significativa è la riduzione nel prezzo dei microprocessori; nel 1980 un microprocessore da 32 bit costava circa 1000 dollari. Nel 1989 lo stesso microprocessore costava 19 dollari. Allo stesso modo, il costo delle piastre dei circuiti stampati e il costo degli stessi circuiti integrati si sono ridotti notevolmente, mentre le prestazioni sono più che decuplicate.

Lo sviluppo registrato in questo settore dell'elettronica di base ha quindi permesso di aprire l'informatica a una fascia di utenti molto più vasta e articolata, facendo così nascere l'''informatica di massa'' o ''informatica distribuita''. Effetti analoghi si sono avuti dal punto di vista dell'offerta, dove si è registrato un notevole calo nei tempi di produzione per quelle aziende che hanno cambiato la propria struttura produttiva passando dalla tecnologia meccanica a quella microelettronica. I tempi di lavorazione di una calcolatrice, basata prima su meccanismi elettromeccanici e poi su meccanismi elettronici, sono passati da 9 ore a 50 minuti, quelli di una macchina per scrivere da 10 a 5 ore, quelli di una telescrivente da 80 a 20 ore e quelli di un sistema contabile da 60 a 20 ore.

L'impiego dei circuiti integrati a media e alta concentrazione − che è stato un punto fondamentale per lo sviluppo dell'informatica − si è esteso rapidamente al settore delle telecomunicazioni. Con il passaggio alla trasmissione digitale non solo aumenta la velocità ma, soprattutto, la comunicazione interessa indifferentemente voce, testi, immagini, dati, con una notevole riduzione dei costi di trasmissione e con la possibilità di completa integrazione tra diverse apparecchiature per il trattamento dell'informazione.

A partire dagli anni Settanta, l'allargamento del mercato dell'informatica e la crescita del mercato delle apparecchiature elettroniche d'ufficio e di quelle per le telecomunicazioni (che vengono comunemente riunite nel settore delle ''apparecchiature e sistemi di elettronica professionale'') determinano le più importanti modificazioni strutturali della domanda mondiale di prodotti elettronici. A ciò vanno poi aggiunte le modificazioni avvenute nella domanda delle industrie in termini di apparecchi e sistemi di misura, regolazione e controllo, componenti elettronici attivi e passivi (circuiti stampati, tubi catodici, semiconduttori, ecc.), apparecchiature elettroniche speciali (elettromedicali, di biomedicina, ecc.) e nella domanda di apparecchi elettronici di consumo. La quota maggiore di questo cambiamento strutturale nella domanda è stata assorbita dall'industria delle apparecchiature e sistemi di elettronica professionale, che nel periodo 1977-85 ha fatto registrare un aumento medio, a livello mondiale, del 18%. Nel 1982 il solo mercato mondiale dell'informatica presentava un valore del fatturato pari a 78,4 miliardi di dollari, mentre quello delle apparecchiature d'ufficio era pari a 17,6 miliardi di dollari.

Per quanto riguarda l'i. e. italiana, essa ha iniziato a crescere notevolmente a partire dalla fine degli anni Sessanta. Se durante il ventennio precedente il fatturato lordo delle i. e. ed elettrotecniche era cresciuto mediamente del 10÷15% all'anno, a partire dagli inizi degli anni Settanta esso presenta ritmi di accrescimento superiori di tre o quattro volte, per tornare su valori più contenuti (5÷6%) nella seconda metà degli anni Ottanta. I risultati conseguiti dall'i. e. ed elettrotecnica italiana, nel periodo tra il 1970 e il 1991, sono da considerarsi più che positivi, anche se negli ultimi anni si sono avuti dei problemi in termini di saldo della bilancia commerciale per il settore. Il fatturato lordo a prezzi correnti è passato dai 2071,4 miliardi del 1970 ai 47.231,7 miliardi del 1990 e ai 47.032,1 miliardi del 1991. Le esportazioni sono passate da 867 miliardi (1970) a 20.030,2 miliardi (1991), mentre le importazioni sono cresciute da 590,4 miliardi (1970) a 20.685,8 miliardi (1991). In termini di saldo della bilancia commerciale è stata registrata un'inversione di tendenza tra il periodo compreso fra il 1970 e il 1986, caratterizzato da un netto surplus, e gli ultimi cinque anni, caratterizzati da deficit.

La crescita nel settore è stata trainata dallo sviluppo del mercato interno, che a questo proposito è stato determinante. Esso, nel 1990, ha raggiunto, secondo i dati forniti dall'ANIE (Associazione Nazionale Industrie Elettrotecniche ed Elettroniche), un valore di circa 47.232 miliardi, con una crescita di circa il 12% nei confronti dell'anno precedente. Per quanto rigurda gli scambi con l'estero, dopo tre anni di crescita il valore (a prezzi 1990) delle esportazioni nel 1991 è rimasto pressoché costante rispetto al 1990, mentre quello delle importazioni è cresciuto più del 3,5%. Le ragioni che hanno portato a un peggioramento della bilancia commerciale (il saldo negativo del 1991 è stato di 655,6 miliardi di lire, mentre quello del 1990 era di 474 miliardi) sono in gran parte di origine strutturale. La raggiunta maturità dei prodotti del mercato italiano, l'internazionalizzazione sempre più spinta delle imprese dovuta alla presenza nel mercato mondiale di imprese multinazionali, lo sviluppo sempre più accentuato dei consumi di apparecchiature elettroniche quali videoregistratori, autoradio, lettori per compact-disk e sistemi Hi-Fi in genere (che sono importati per il 75%), costituiscono i principali problemi del peggioramento del saldo della bilancia commerciale.

Nel settore delle apparecchiature di elettronica professionale il fatturato nel 1991 è stato di 17.051,5 miliardi di lire con un decremento rispetto al 1990 del 3,7% e con un decremento nelle esportazioni rispetto al 1990 pari al 7,0%. L'aumento sostenuto delle importazioni (+3,1%) ha determinato un peggioramento nella bilancia commerciale, imputabile quasi interamente al settore informatica (−1560 miliardi). Quest'ultimo ha arrestato nel 1991 la sua fase espansiva facendo registrare una flessione pari al 10%, a prezzi correnti, rispetto all'anno precedente, superiore a quella mediamente registrata negli altri maggiori paesi. L'avvio degli anni Novanta è caratterizzato in Italia da un processo di adozione generalizzata di tecnologie informatiche, riscontrabile in tutte le aree di attività produttiva, sociale e anche privata, e peraltro maggiore di quello avutosi negli altri paesi industrializzati.

I motivi principali che sono stati all'origine della precedente crescita sono essenzialmente due. Il primo è dato dall'esistenza nel sistema economico italiano di una miriade di piccole e medie imprese, il secondo da un basso grado di informatizzazione delle stesse. Queste due caratteristiche generano un potenziale mercato nei confronti di soluzioni standard di prima meccanizzazione, basate su personal computer accessibili a prezzi fortemente decrescenti e, dunque, con basse barriere all'entrata. Va però sottolineato come questo processo di maggiore informatizzazione fatto registrare dalle imprese italiane nei confronti delle imprese degli altri paesi non può essere considerato come un sorpasso nell'adozione di nuove tecnologie, quanto, piuttosto, come un adeguamento ai livelli già raggiunti precedentemente dalle piccole e medie imprese degli altri paesi. Pertanto, la maggiore crescita in termini di fatturato del settore informatico italiano è in parte favorita dalla relativa saturazione dei mercati degli altri paesi che hanno in precedenza soddisfatto quel particolare segmento di mercato. La dinamica dell'interscambio con l'estero è stata condizionata da un'accentuazione delle caratteristiche strutturali relative alla specializzazione internazionale dell'Italia, come paese che esporta personal e mini computer e importa grandi sistemi con il relativo software. Tale struttura ha portato per il 1991 a un deficit di 1560 miliardi di lire.

Il settore delle telecomunicazioni ha visto peggiorare il proprio disavanzo commerciale (da −1580 miliardi nel 1990 a −2274 miliardi nel 1991), a seguito dell'elevato incremento delle importazioni. Duramente colpite sono state le esportazioni del comparto ''difesa, sistemi, spazio'' a causa dell'irrisolto problema dei vincoli amministrativi posti all'attività di esportazione. In particolare, il settore delle telecomunicazioni ha raggiunto nel 1991 un fatturato di 6820 miliardi con una flessione a prezzi correnti di circa l'1% rispetto al 1990. Questa situazione pone con forza l'esigenza di mantenere i programmi di investimento nel settore delle telecomunicazioni da parte della SIP per la realizzazione dei programmi del Piano Europa al fine di favorire la vitalità dell'intero comparto.

Nel settore dei componenti elettronici attivi e passivi, il valore del fatturato per il 1991 è di 2585 miliardi di lire (rispetto ai 2719 miliardi del 1990 e ai 2200 miliardi del 1989). Le esportazioni hanno delineato una buona crescita (+4,1%), ma la dipendenza dall'estero per l'approvvigionamento di componenti elettronici è rimasta molto elevata, portando il deficit commerciale ai −905 miliardi del 1991. Nel suo complesso, il settore ha sofferto della mancanza di un ben preciso piano programmatico di politica industriale, che ha costretto le imprese italiane a operare in un clima di inferiorità rispetto ad altri paesi tecnologicamente più avanzati.

Il settore delle apparecchiature speciali ha raggiunto nel 1991 un fatturato di 1149 miliardi, contro i 1039 miliardi del 1990 e i 1213 miliardi del 1987, anno in cui il comparto ha raggiunto il suo massimo storico. Anche le esportazioni sono risultate in aumento (+7,2% tra il 1990 e il 1991) e la bilancia commerciale è rimasta attiva per la crescita assai ridotta delle importazioni (+0,9%). Il 1991 è stato inoltre caratterizzato da un notevole sforzo da parte degli operatori del settore per incrementare gli sbocchi sul mercato estero.

Il settore degli apparecchi elettrotecnici di consumo, che comprende gli elettrodomestici, gli apparecchi termodomestici e gli utensili elettrici, ha anch'esso fatto segnare un notevole progresso in termini di fatturato (v. elettrici apparecchi, per uso domestico, App. III, i, p. 527; IV, i, p. 665). A parte il settore degli utensili elettrici, che deve confrontarsi con la presenza sul mercato di una massiccia offerta estera (l'85% del mercato), gli altri settori rappresentano una componente molto importante e che continua a dare un contributo notevole alla bilancia commerciale dell'intera i. e. ed elettrotecnica. Il fatturato ha raggiunto i 9000 miliardi di lire nel 1991 rispetto agli 8500 miliardi del 1990 e agli 8000 miliardi del 1989, con un incremento del 35,5% sul quadriennio. Il saldo di bilancia commerciale è risultato nel 1991 pari a 4767 miliardi, nonostante le importazioni siano cresciute praticamente allo stesso ritmo delle esportazioni (+4,2% contro +4,4%).

Per il settore dell'elettronica di consumo il fatturato del 1991 è stato di 1478 miliardi, con un incremento del 19,7% sul quadriennio precedente e un incremento medio annuo del 4% circa. Su questi risultati ha inciso sicuramente la più elevata propensione all'acquisto di beni ''elettronici'' da parte del consumatore italiano, dovuta al raggiungimento di un maggiore benessere.

Negli ultimi anni si è registrato un notevole incremento nella vendita di televisori, autoradio, videoregistratori e lettori per compact-disk. In questo stesso periodo le esportazioni sono cresciute molto di più delle importazioni, ma il deficit della bilancia commerciale si è mantenuto ancora alto a causa della elevata dipendenza dall'estero per i prodotti audio e i videoregistratori. Nel 1991 le importazioni di apparecchi elettronici di consumo sono risultate pari a 2600 miliardi di lire contro i 624 miliardi delle esportazioni. Per mantenere alte le esportazioni e per difendere i prodotti ad alta tecnologia, la principale esigenza delle industrie del settore è quella di provvedere alla definitiva chiarificazione della normativa d'interesse, per arrivare all'eliminazione dei vincoli amministrativi che, fino ad ora, hanno paralizzato il processo di esportazione. Contemporaneamente, il problema della crescita delle importazioni è quello che più da vicino tocca il settore. Nonostante il decisivo incremento delle esportazioni resta ancora elevato il deficit della bilancia commerciale. Vi è poi la sempre più grossa concorrenza delle aziende giapponesi e dei paesi dell'Estremo Oriente.

Il quadro complessivo che si delinea per l'i. e. ed elettrotecnica resta comunque sostanzialmente positivo. Gli oltre 47.000 miliardi di lire di fatturato nel 1991 raggiunti dalle imprese del settore rappresentano una buona premessa per gli anni Novanta. Le principali preoccupazioni derivano dall'alto disavanzo pubblico e dalle tensioni inflazionistiche che costituiscono elementi di perdita di competitività per le imprese del settore, a cui vanno ad aggiungersi i gravi ritardi in termini di piani strutturali.

Bibl.: ANIE, L'industria elettronica nazionale nel settore della telematica. Prospettive e proposte di sviluppo, Milano 1982; A. Del Monte, Decentramento internazionale e decentramento produttivo. Il caso dell'industria elettronica, Torino 1982; Centro Studi Confindustria, XI Rapporto CSC. Progresso tecnico, investimenti e politiche industriali, Roma 1989; Id., Evoluzione dei settori industriali nel 1990, ivi 1991; Id., Evoluzione dei settori industriali nel 1991, ivi 1992.

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