INDICATORI

Enciclopedia Italiana (1933)

INDICATORI

Italo Bellucci

. Chimica. - L'analisi chimica volumetrica si basa sull'uso di soluzioni a concentrazione nota, ossia titolate, e sull'esatta misura del volume di queste necessario a produrre la completa trasformazione in un dato composto dell'elemento o gruppo atomico che si deve dosare. Deriva da ciò che delle soluzioni titolate non si deve adoperare che il volume strettamente necessario a completare la reazione di dosaggio, giacché è evidente come, adoperandone più o meno, risulterebbe anche maggiore o minore di quella reale la quantità della sostanza che si vuol dosare. Per l'esattezza dei risultati delle analisi volumetriche è perciò della più alta importanza poter cogliere con la maggiore precisione possibile il giusto momento nel quale la reazione è terminata e va quindi sospesa l'ulteriore aggiunta della soluzione titolata.

Sotto questo punto di vista le analisi titrimetriche possono essere distinte in due gruppi. Il primo comprende quelle titolazioni nelle quali sopravviene di per sé, nella miscela liquida reagente, un fenomeno che rivela il termine di essa. Come esempio di questa si può ricordare la titolazione del cianogeno con nitrato d'argento, secondo il metodo Liebig, nella quale la reazione è terminata appena la soluzione comincia ad assumere permanentemente una leggera lattescenza; come pure quella del ferro-ferroso mediante permanganato potassico, della quale si deduce la fine per la persistenza del colore roseo che si ha soltanto quando tutto il ferro è stato ossidato e il permanganato comincia quindi a essere in eccesso. Il secondo gruppo di titolazioni, molto più numeroso del precedente, è quello invece che, non manifestando di per sé alcun fenomeno caratteristico rivelatore, richiede il concorso estraneo di speciali sostanze, alle quali si dà il nome d' indicatori, sostanze che generalmente si aggiungono in dosi tenuissime alla soluzione in esame e che, appena la titolazione è giunta al suo termine, dànno luogo, col più lieve eccesso della soluzione reattiva, a qualche fenomeno per lo più cromatico.

In generale gl'indicatori si aggiungono direttamente alla soluzione da analizzarsi; vi sono però dei casi, in realtà ben poco numerosi, in cui essi possono disturbare la reazione principale. Tale aggiunta non essendo allora possibile, si eseguiscono le cosiddette prove al tocco, prelevando cioè di tanto in tanto una tenuissima quantità del liquido in esame e saggiandola con l'indicatore che trovasi distribuito a parte in piccoli scodellini di porcellana; quando questo non dà più reazione, si sospende la titolazione. Un esempio di tale dosaggio è dato da quello dei sali ferrosi mediante bicromato potassico, dove per indicatore si usa il ferricianuro potassico; la fine della reazione, cioè la constatazione che tutto il sale ferroso è stato ossidato, si ha quando una goccia della soluzione in esame non produce più colorazione blu con la soluzione del ferricianuro disposta entro vaschettine di porcellana. Naturalmente questo modo di procedere, col quale necessariamente si va sempre incontro a una piccola perdita di sostanza, non può offrire grande esattezza, ma corrisponde bene specialmente in numerose analisi tecniche.

Così, ad esempio, nel dosaggio volumetrico dello ione cloro a mezzo di soluzione titolata di nitrato d'argento, secondo il metodo Mohr, si aggiungono al liquido contenente il cloruro poche gocce d'una soluzione diluita di cromato potassico, il quale, funzionando da indicatore, soltanto quando tutto lo ione cloro si è trasformato in cloruro d' argento reagisce col più piccolo eccesso di sale d'argento, dando luogo permanentemente a una colorazione rossa dovuta alla formazione di cromato d'argento, colorazione che denota perciò il termine della titolazione. Così nella estesa branca della iodometria si fa continuo uso come indicatore della cosiddetta salda d'amido (finissima sospensione di amido in acqua), la quale dà un'intensa colorazione azzurra con tracce minime di iodio che di per sé sole giungerebbero appena e in modo incerto a colorire in giallognolo l'acqua.

Esempî tipici però, per l'uso degl'indicatori, offrono i dosaggi acidimetrici e alcalimetrici, nel cosiddetto processo di neutralizzazione, basato sulla combinazione dei due ioni incolori: lo ione idrogeno H., fornito dagli acidi, e lo ione ossidrile OH′, fornito dagli alcali, con formazione d'acqua: H + OH′ H2O. Siccome il momento nel quale l'acido e la base si neutralizzano esattamente avviene, nella massima parte dei casi, senza alcun fenomeno esteriore, occorre aggiungere un indicatore sensibile che cambi rapidamente il suo colore allorché il liquido passa dalla reazione acida alla alcalina o viceversa.

S'intende come tali indicatori, oltre che nelle determinazioni volumetriche, si possono utilizzare anche soltanto in via qualitativa, per rivelare cioè se una data soluzione ha reazione acida o alcalina, per il quale scopo vantaggiosamente si suole fare uso comune di listerelle di carta bibula imbevuta con la soluzione dell'indicatore e che si saggiano col liquido in esame.

Un indicatore conosciuto da molto tempo per l'alcali-acidimetria è il tornasole o laccamuffa, sostanza organica di natura molto complessa contenuta nel tessuto della Rocella tinctoria, una specie di lichene. Tale sostanza conserva il suo colore naturale azzurro in ambiente alcalino, mentre vira al rosso in ambiente acido. Se ne adopera una soluzione acquosa, molto diluita, conosciuta comunemente col nome improprio di tintura di tornasole.

Oggi per lo stesso scopo si conoscono molti altri indicatori, quasi tutti preparati artificialmente, di costituzione organica, aventi per la maggior parte il carattere di deboli acidi e soltanto pochi di deboli basi. Per compiere con questi delle determinazioni alcali acidimetriche, è necessario conoscere entro quali intervalli di concentrazione idrogeno-ionica avviene per ognuno di essi il viraggio di colore, per porre in confronto tali dati con il carattere più o meno forte che presenta l'acido o la base da titolare e quindi scegliere tra i varî indicatori quello più conveniente. In tale scelta va generalmente tenuta presente la necessità che l'indicatore sia di carattere più debole, ossia possegga minor grado di dissociazione dell'acido da titolare, affinché questo possa venire neutralizzato prima di quello.

Gl'indicatori più comunemente adoperati, mediante l'uso dei quali è dato risolvere quasi tutti i numerosi problemi dell'alcali-acidimetria, sono i quattro qui sotto indicati, tra cui però eccellono il metilarancio e la fenolftaleina come rappresentanti di due tipi estremi.

Metilarancio. È l'acido para-dimetilaminoazobenzolsolfonico (CH3)2N−C6H4−N=N−CeH4−SO3H. Ha colore giallo in ambiente alcalino e neutro, arancio in presenza di pochissimo acido, rosso in ambiente nettamente acido. Si adopera in soluzione acquosa molto diluita (i‰)

Rosso di metile. È l'acido para-dimetilaminoazobenzol-o-carbonico (CH3)2N−C6H4 −N=N−C6H4−COOH. Ha colore giallognolo in soluzione alcalina o neutra, rosso-violetto in soluzione acida. Si adopera in soluzione alcoolica al 0,2%.

Dimetilaminoazobenzolo (CH3)2−N−C6H4−N=N−C6H5. Ha colore giallo in soluzione alcalina, rosso in soluzione acida. Si adopera in soluzione alcoolica diluita (1%).

Fenolftaleina

È incolore in soluzione acida o neutra, rosso-intensa in soluzione alcalina. Si adopera in soluzione alcoolica all'i %.

Riportiamo qui sotto gl'intervalli di viraggio caratteristici per questi quattro indicatori, esprimendoli sotto forma di pH, con cui si rappresenta, secondo Sørensen, l'esponente della potenza di 10 che indica la frazione d'un grammo-ione d'idrogeno per un litro di soluzione:

Per la titolazione di acidi forti è necessario un indicatore il cui viraggio avvenga tra pH4 e pH10; si può quindi adoperare egualmente bene a tale scopo uno dei tre primi indicatori qui sopra riportati; per la titolazione di acidi deboli, come ad es. l'acido acetico, si devono adoperare soltanto indicatori il cui viraggio avvenga fra pH8 e pH10 (fenolftaleina); per basi deboli, come l'ammoniaca e gli alcaloidi, per diminuire più che è possibile il fenomeno dell'idrolisi si devono usare indicatori il cui viraggio è compreso tra pH 4,2 e pH 6,3 (metilarancio o rosso di metile).

Per spiegare i cambiamenti di colore che subiscono gl'indicatori dall'ambiente acido all'alcalino e viceversa si hanno due interpretazioni. Una è fondata sulla teoria della dissociazione elettrolitica, per cui la costituzione degl'indicatori non si altererebbe menomamente durante i viraggi, ma si tratterebbe solo d'una loro maggiore o minore dissociazione ionica, di retrocessione di dissociazione, ecc. L'altra attribuisce invece il cambiamento di colore a un'alterazione nella costituzione degli indicatori. Diamo un cenno di queste due interpretazioni applicandole alla fenolftaleina che da incolore in soluzione neutra o acida passa a un vivo color rosso in ambiente alcalino. Secondo il primo modo di vedere essa è un acido molto debole, che per semplicità potremo indicare con FH, intendendo per F il suo radicale acido; pochissimo solubile in acqua, vi si dissocia in grado minimo secondo lo schema FH ⇄ F′ + H.. L'acido indissociato FH è incolore, l'anione F′ è rosso; per il grado minimo di dissociazione dell'acido, la soluzione acquosa di questo è incolore. Se però a tale soluzione si aggiunge una base, ad esempio l'idrato sodico, si origina il sale sodico della fenolftaleina che si dissocia fortemente FNa ⇄ F′ + Na. e la soluzione quindi si colora in rosso vivo per la comparsa degli anioni F′ in notevole concentrazione. Aggiungendo viceversa un acido in eccesso a questo liquido rosso, ad es. il cloridrico, il sale di sodio viene decomposto da tale acido, si ripristina la fenolftaleina incolore e il liquido si decolora.

L'altra interpretazione mette invece in evidenza come la fenolftaleina (I), allorché si trova in presenza di alcali (es. NaOH) e si salifica, vada soggetta all'apertura del suo anello anidridico o lattonico, con formazione d'un acido ossicarbonico (II), il quale a sua volta eliminando acqua dà origine a un legame chinonico (III):

L'aggiunta d'un acido provocherebbe la reazione inversa con riassunzione d'una molecola d'acqua e chiusura dell'anello lattonico.

Senza entrare nel merito di queste due interpretazioni, delle quali la seconda appare la più plausibile, l'essenziale per il buon uso degli indicatori permane nel loro viraggio di colore che, qualunque ne sia la causa, avviene sempre a quella data concentrazione di idrogeno-ioni.

In questi ultimi anni gl'indicatori per alcali-acidimetria, oltre all'uso ora ricordato nei processi di neutralizzazione, hanno ricevuto un'altra applicazione molto importante. Occorre tener presente che nei processi di neutralizzazione, eseguiti con l'uso degli indicatori, si perviene a determinare in una soluzione l'acidità totale, data dalle molecole dell'acido già ionizzate (acidità attuale) e da quelle non ionizzate che si vanno dissociando a mano a mano che la neutralizzazione procede (acidità potenziale). Egualmente si può dire per le soluzioni alcaline. Può però occorrere in molti casi di dover determinare la sola acidità attuale che possiede un dato liquido. Questa determinazione si può raggiungere in modo molto rapido colorimetricamente con l'uso dei soli indicatori, fondandosi sul fatto che ciascun indicatore possiede, come sopra si è ricordato, un campo di viraggio entro i cui limiti ogni variazione d'acidità, ossia di pH, produce un cambiamento di colore. Perciò se a una soluzione che sia incolore e limpida si aggiunge un indicatore appropriato e si paragona poi il colore così ottenuto con una serie di soluzioni campione, a titolo noto di pH, che contengano lo stesso indicatore, si può dedurre il pH, ossia l'acidità attuale cercata. Il pH delle soluzioni campione si trova indicato in speciali trattati, ed è stato rigorosamente determinato con esattezza per via elettrometrica.

Questa determinazione dell'acidità attuale, ossia del pH, per mezzo degl'indicatori, realizzata con semplici osservazioni colorimetriche, è da porsi a lato di quella consimile che si può compiere con misure polarimetriche, prendendo in esame l'inversione che in soluzione acquosa può subire per idratazione il saccarosio C12H22O11, scindendosi in glucosio e fruttosio e modificando quindi il potere rotatorio da destrogiro a levogiro. Tale inversione, di per sé stessa lentissima, è, come tante altre reazioni, potentemente accelerata dagli ioni idrogeno presenti nella soluzione, i quali agiscono, senza alterarsi, in misura proporzionale alla loro concentrazione; onde con semplici misure polarimetriche, ripetute a giusto intervallo di tempo, dall'andamento di tale accelerazione si deduce il valore di pH, che risulta in accordo con quello dedotto colorimetricamente per mezzo degl'indicatori.

Bibl.: I. M. Kolthoff, Die Massanalyse, Berlino 1928-30; Autenrieth-Rojahn, Quantitative chemische Analyse, Lipsia 1931; W. M. Clark, The determination of hydrogen ions, Baltimora 1923; I. M. Kolthoff, La détermination colorimétrique de la concentration des ions hydrogène, Parigi 1926; W. Kopaczewski, Les ions d'hydrogène, Parigi 1926; U. Partolongo, Acidimetria applicata, Milano 1931; G. A. Bravo, La concentrazione degli ioni idrogeno, Torino 1929.