Inadempimento di contratti di pubbliche forniture [dir. pen.]

Diritto on line (2015)

Elvira Dinacci

Abstract

L’indagine si sofferma sulla struttura della figura criminosa di cui all’art. 355 c.p., che, rinviando al concetto civilistico di inadempimento contrattuale, distinguesi da questo per l’evento di pericolo (necessario) rappresentato dalla effettiva mancanza di cose di prima necessità.

Inquadramento sistematico e oggetto della tutela

La fattispecie prevista dall’art. 355 c.p., che rientra tra i delitti dei privati contro la pubblica amministrazione, è posta a presidio dell’attività negoziale della p.a. ovvero di un’impresa esercente servizi pubblici o di pubblica necessità. La disposizione attribuisce disvalore penale all’inadempimento di obblighi contrattuali che vedano quale parte interessata la p.a. o che si riferiscano alla fornitura di servizi pubblici o di pubblica necessità; per tale ragione buona parte della dottrina ha rilevato la censurabilità di un’opzione legislativa che sovrappone la disciplina penalistica a quella civilistica, a dispetto del principio di sussidiarietà della prima rispetto alla seconda; principio questo che dovrebbe ispirare le scelte di incriminazione. La critica si è accentuata avuto, soprattutto, riguardo al secondo capoverso della disposizione de qua ove assumono rilievo, ai fini della punibilità, anche i casi di inadempimento colposo (in questo senso, cfr. Romano, R., I delitti contro la pubblica amministrazione - I delitti dei privati,Milano, 2009, 209, il quale ha avanzato diverse perplessità in ordine all’opportunità dell’incriminazione). Si è, tuttavia, affermato che la peculiarità della fattispecie, in relazione all’esigenza di incriminare forme di inadempimento contrattuale, rinverrebbe fondamento e spiegazione nel fatto che il contratto di fornitura sarebbe destinato a soddisfare finalità essenziali della p.a. In tale prospettiva, è stato evidenziato che «l’inadempimento contrattuale è sanzionato penalmente non già perché il contraente insoddisfatto è lo Stato o un altro ente pubblico», bensì in considerazione del fatto che tale contratto è destinato a garantire finalità essenziali a opere necessarie per la p.a. (così, Dolce, R., Frode e inadempimento nelle pubbliche forniture, in Enc. dir., XVIII, Milano, 1969, 148). Nonostante l’opzione interpretativa segnalata, che riterrebbe necessaria una «salvaguardia ad hoc», è stato opportunamente osservato come la fattispecie delineata dall’art. 355 c.p., abbia una portata applicativa eccessiva, attribuendo rilievo a un concetto di inadempimento più esteso di quello accolto in ambito civilistico o amministrativo. Pur essendosi, da parte di alcuni autori, confidato nella capacità dell’interprete di «ricondurre ad extrema ratio la previsione legislativa», la giurisprudenza ha fornito, sull’argomento, contributi esegetici significativi, atteso che la tendenza nomofilattica è stata quella di semplificare l’accertamento probatorio, riducendo «la frode di cui all’art. 356 c.p. al mero inadempimento dell’art. 355 c.p.» (così, Di Giovine, O., Turbata libertà degli incanti e astensione dagli incanti, in Trattato di diritto penale,diretto da A. Cadoppi, S. Canestrari, A. Manna, M.I. Papa, pt. spec., II, I delitti contro la pubblica amministrazione, Milano, 2008, 855).Quanto al bene giuridico tutelato, dottrina e giurisprudenza sono concordi nel ritenere che debba essere individuato nel buon andamento della pubblica amministrazione, inteso come regolare funzionamento dei pubblici servizi e stabilimenti in relazione alle loro finalità istituzionali (sul punto, cfr. Grispigni, F., I delitti contro la pubblica amministrazione, Roma, 1953, 349; Stile, A.M., Lineamenti dell’azione incriminata come frode nelle pubbliche forniture, in Foro pen., 1965, 276). In giurisprudenza si è evidenziato come, affinché il comportamento illecito possa acquisire rilevanza penale ai sensi dell’art. 355 c.p., sia indispensabile che ne derivi la mancanza di cose od opere necessarie a uno stabilimento o a un pubblico servizio: «condizione che denota la volontà del legislatore di tutelare l’interesse al buon andamento della pubblica amministrazione, reprimendo non qualsivoglia inadempimento ma solo quello che facendo mancare beni od opere al servizio pubblico appare idoneo ad arrecare un concreto pericolo al regolare funzionamento del servizio» (v., tra le tante, Cass. pen., sez. VI, 17.11.1998, Mirabile, in Cass. pen., 2000, 1237). A ogni modo, non è mancato chi ha qualificato la fattispecie in termini di plurioffensività, implicandosene anche la lesione dell’interesse di natura economica e patrimoniale dello stesso committente la fornitura (in tale direzione cfr.Azzali, G., Forniture pubbliche - inadempimento e frode in, in Dig. pen., V, Torino, 1991, 277, nonchè Id., Inadempimento e frode nelle pubbliche forniture, Padova, 1984, 4).

I soggetti del reato

Soggetto attivo del delitto in esame è unicamente colui che è legato da particolati vincoli contrattuali con lo Stato, con altro ente pubblico o con un’impresa esercente servizi pubblici o di pubblica necessità, ovvero: il fornitore (co. 1) e cioè chi ha assunto l’obbligo di effettuare la fornitura; il subfornitore, il mediatore e il rappresentante del fornitore (co. 4). Si tratta, dunque, di un reato proprio, comprensivo anche di chi abbia la rappresentanza legale, funzionale od organica, nonché di chi sia occultamente investito dei poteri esercitati da un rappresentante apparente. Occorre evidenziare come, sotto il profilo penalistico, il concetto di fornitura non vada limitato alla nozione civilistica di somministrazione di cui all’art. 1559 c.c., bensì debba essere inteso nel senso di ricomprendere, sostanzialmente, ogni tipologia contrattuale tesa a procurare alla p.a. cose od opere alla stessa necessarie, senza che dunque ricorra la continuità e la periodicità delle prestazioni (in tal senso, cfr.Azzali, G., Forniture pubbliche - inadempimento e frode in, cit., 280;Romano, R., I delitti contro la pubblica amministrazione,cit., 211; Stile, A.M., Lineamenti dell’azione incriminata come frode nelle pubbliche forniture, cit., 287; in giurisprudenza, v. Cass. pen., 21.3.1994, Zoccali, in Giust. pen., 1995, II, 226; contra,e cioè per l’assimilazione del contratto di fornitura a quello di somministrazione, cfr. Manzini, V., Trattato di diritto penale italiano,V, V ed., Torino, 1981, 702). Per maggiore chiarezza occorre precisare che: il subfornitore è colui che si è assunto l’obbligo di procurare al fornitore quanto necessario per consentirgli l’adempimento contrattuale (Cass. pen., sez. VI, 7.10.2008, n. 44273, C., in Cass. pen., 2010, 228; Cass. pen., sez. III, 18.2.1991, Polese, in Giust. pen., 1991, II, 406; Cass. pen., sez. VI, 17.6.1982, Mollura, in Cass. pen., 1984, 298); il mediatore è colui che, ai sensi dell’art. 1754 c.c., mette in relazione due o più parti per la conclusione di un affare, rispetto al quale è stata ipotizzata un’anticipazione della tutela penale nell’evenienza in cui la mancata conclusione dell’affare risulti riconducibile al dolo o alla colpa del mediatore (Romano, M., I delitti contro la pubblica amministrazione,cit., 210); la qualità di rappresentante deve essere riferita non al mero fatto della stipulazione negoziale per nome e per conto del contraente, che può rimanere senza ulteriori sviluppi, ma all’esecuzione del contratto stesso, quando questa sia stata affidata da parte di chi era obbligato alla fornitura ad altro soggetto dotato di autonomia gestionale (in questi termini, Cass. pen., sez. VI, 23.5.1991, Raffo, in Cass. pen., 1993, 821). Per ragioni di completezza, si segnala come soggetto attivo del reato possa essere non solo un privato, ma anche un dipendente di un ente pubblico che abbia contrattualmente assunto l’obbligo di fornitura (sul tema, cfr. Cass. pen., 3.4.1979, Galandra, in Foro it., 1979, II, 550).

Soggetto passivo del reato non può che essere la controparte negoziale che ha subìto l’inadempimento contrattuale e, dunque, lo Stato o altro ente pubblico, ovvero un’impresa esercente servizi pubblici o di pubblica necessità, da intendersi come servizio pubblico essenziale ai sensi della l. 12.6.1990, n. 146 (cfr. Vinciguerra, S., I delitti contro la pubblica amministrazione, Padova, 2008, 426); per quanto attiene al servizio pubblico, è stato giustamente rilevato che esso debba considerarsi, in un’ottica meno tassativa e in qualche misura ‘atecnica’, come servizio per il pubblico (Romano, R., I delitti contro la pubblica amministrazione,cit., 212; Fiandaca, G.-Musco, E., Diritto penale,pt. spec., I, IV ed., Bologna, 2011, 328), alla luce «del graduale ed inarrestabile fenomeno di privatizzazione che striderebbe con la privilegiata tutela a favore di tali soggetti, individuati secondo le definizioni pubblicistiche fornite dal codice penale» (in questi esatti termini, Di Giovine, O., Inadempimento di contratti di pubbliche forniture, cit., 861).

Gli elementi costitutivi dell’illecito

Premessa

Circa gli elementi costitutivi dell’illecito, occorre segnalare come una parte della dottrina ritenga la fattispecie in questione sussumibile nella categoria dei reati di mera condotta (cfr. Fiandaca, G.-Musco, E., Diritto penale, cit., 328) e altra parte in quella di evento (in questa direzione, v.Di Giovine, O., Inadempimento di contratti di pubbliche forniture, cit., 862). Come più ampiamente rilevato in seguito (infra, § 3.3), tale seconda impostazione, sebbene sembri da preferire, non ha tuttavia potuto fare a meno di riconoscere una ‘labilità’ nell’individuazione dei confini esistenti tra condotta ed evento, alla luce della concezione – di matrice squisitamente civilistica – dell’elemento costitutivo dell’inadempimento contrattuale.

Sotto diverso profilo, deve evidenziarsi che, ove si aderisca all’orientamento interpretativo, secondo il quale la fattispecie di cui all’art. 355 c.p. avrebbe natura di reato omissivo, si rileveranno specifiche ricadute, a seconda della scelta di qualificarla come reato di condotta ovvero come reato di evento, sull’inquadramento sistematico del reato. Più precisamente, nel primo caso, ne discenderebbe la ricomprensione del delitto de quo tra i reati omissivi propri; nel secondo caso, trattandosi di reato omissivo improprio, dovrà applicarsi la clausola di cui all’art. 40, co. 2, c.p. (sul tema, v. Cadoppi, A., Il reato omissivo proprio, I-II, Padova, 1988).

La condotta

La condotta si sostanzia in un inadempimento contrattuale e, più precisamente, nel «far mancare», in tutto o in parte, «cose od opere», «necessarie a uno stabilimento pubblico o ad un pubblico servizio». Per «far mancare» (in tutto o in parte) deve intendersi, alternativamente, o un’omissione nella prestazione oggetto dell’obbligazione contrattualmente assunta, ovvero un ritardo nell’adempimento della stessa, oppure una fornitura diversa rispetto a quella concordata. In particolare, secondo alcuni autori, il concetto di «ritardo» sarebbe equiparabile a quello di inadempimento parziale (sul punto, cfr. Pagliaro, A., Principi di diritto penale, pt. spec.,I, Delitti contro la pubblica amministrazione, VIII ed., Milano, 1998, 465); ad avviso di altri, tale automatica equiparazione non risulterebbe percorribile, dovendosi compiere una valutazione caso per caso, tale da consentire di ipotizzare la configurabilità, anche esclusiva, dell’una o dell’altra figura di inadempimento (v. Romano, M., I delitti contro la pubblica amministrazione, cit., 215; Di Giovine, O., Inadempimento di contratti di pubbliche forniture, cit., 862). Premettendo che a fondamento dell’incriminazione vi sono obblighi concernenti prestazioni di soggetti qualificati in base a un’obbligazione derivante da contratto, il cui inadempimento si caratterizza per un non facere, sembra doversi aderire a quella posizione maggioritaria della dottrina, nonché della giurisprudenza, che ricostruisce tale fattispecie come reato omissivo (per tutti, cfr. Di Giovine, O., Inadempimento di contratti di pubbliche forniture, cit., 862). Tuttavia, si è anche rilevato come, in alcune ipotesi (si pensi, ad esempio, al caso di inadempimento inesatto), la fattispecie presenti evidenti connotazioni positive (rectius, commissive), che non permettono alla tipologia in esame di essere aprioristicamente ritenuta omissiva o commissiva, risultando in questa prospettiva imprescindibile una puntuale verifica del caso concreto. A ben vedere, l’inadempimento, seppur sembri poter consentire al debitore inadempiente qualche attività, si risolve sempre in un comportamento negativo, perché quello che rileva è ‘ciò che il debitore deve fare e non fa’. L’opzione omissiva è sicuramente più aderente al dettato normativo; e sebbene dubbi sussistano in ordine all’interpretazione del tipo di omissione (con evento di pericolo o di danno), non può prescindersi da un’affermazione di principio, e cioè che per configurare la fattispecie di cui all’art. 355 c.p. non basta il mero inadempimento degli obblighi scaturenti dal contratto, bensì occorre che, per effetto dell’inadempimento, vengano a mancare, in tutto o in parte, le cose necessarie oggetto del vincolo negoziale. Le «cose» oggetto della condotta possono essere sia beni mobili che immobili, ma anche energie aventi valore economico. Per «opere» si intende qualsiasi tipo di prestazione lavorativa, e quindi, non solo quella che deve essere effettuata direttamente dall’obbligato, ma anche l’assunzione della mano d’opera utile a ottenerne la relativa realizzazione (v. Dolce, R., Frode e inadempimento nelle pubbliche forniture, cit., 150). Per espressa previsione normativa, sia le cose che le opere devono essere «necessarie a uno stabilimento pubblico o ad un pubblico servizio»; «necessarie» nel senso che, in linea del tutto generale, la relativa mancanza sia tale da creare una criticità nel funzionamento dello «stabilimento» o del «servizio» (su questo tema si tornerà più diffusamente infra,§ 3.3). «Stabilimento pubblico» è stato definito come qualsiasi struttura o edificio adibito allo svolgimento di un pubblico servizio e, cioè, di un’attività di varia natura: commerciale, industriale, di cura, custodia, educazione, ricovero (Antolisei, F., Manuale di diritto penale, pt. spec., II, XIII ed., Milano, 2000, 398; Riccio, S., Forniture pubbliche - frode in, in Nss. D.I., VII, Torino, 1961, 590). Il «pubblico servizio» consiste nell’attività amministrativa posta in essere per realizzare utilità sociali per la collettività, nel senso di perseguire finalità assunte come proprie dalla p.a. (come, ad esempio, ospedali o scuole). Parte della dottrina si è posta in un’ottica più restrittiva, e dunque più vicina alla nozione di cui all’art. 358 c.p. (v.Dolce, R., Frode e inadempimento nelle pubbliche forniture, cit., 150). Le vicende civilistiche riguardanti l’invalidità del contratto non possono non riverberarsi sull’esistenza del reato stesso, visto lo stretto rapporto di accessorietà che collega i due istituti. È infatti evidente come il vincolo negoziale che obbliga alla fornitura (nel senso sopra specificato) debba possedere il carattere dell’attualità, nel senso che ove l’inefficacia subentri successivamente all’inadempimento, non potrà considerarsi causa estintiva del reato, evidentemente già consumato. È necessario, insomma, che la causa di invalidità del contratto per rilevare sull’esistenza del reato stesso, debba intervenire prima del momento consumativo e cioè dell’«attualità del dovere», salvo che non si tratti di nullità assoluta (in questa direzione, cfrAzzali, G., Forniture pubbliche - inadempimento e frode in, cit., 289;Riccio, S., Forniture pubbliche - frode in, cit., 590; Leoncini, I., Reato e contratto nei loro reciproci rapporti, Milano, 1995, 336). Non si può pertanto aderire a quella prospettiva secondo la quale né l’annullamento, né la risoluzione del contratto sarebbero in grado di incidere sulla rilevanza penale della condotta (v.Vinciguerra, S., I delitti contro la pubblica amministrazione, cit., 425).

L’evento

Aderendo all’impostazione di cui sopra, ai fini della configurabilità della fattispecie criminosa non è sufficiente l’inadempimento del negozio inteso nella sua accezione civilistica (interesse del creditore al leale adempimento del contratto), bensì occorre rilevare l’offesa in senso penalistico; essa deve quindi consistere nel bisogno, e cioè nell’attualità della necessità di adempimento ed essere dunque collegata eziologicamente alla condotta del «far mancare». In questa prospettiva, si condivide l’orientamento secondo cui «la norma incriminatrice configura un reato di evento mediante omissione, in quanto l’inadempimento contrattuale è punito solo se determini l’evento di pericolo costituito dalla mancanza di cose od opere necessarie alla p.a.» (in tal senso, cfr. Cass. pen., sez. VI, 17.11.1998, Mirabile, cit.; contra Cass. pen., sez. VI, 31.10.2006, in Riv. pen., 2007, 1053). Anche se preferibile, l’opzione interpretativa qui in esame presta tuttavia il fianco ad alcune significative obiezioni; infatti, la già accennata ‘labilità’ del confine esistente tra condotta ed evento, pone in luce come, sotto il profilo civilistico il «far mancare in tutto o in parte» coincida, inevitabilmente, con l’inadempimento contrattuale (sul punto, cfr. Di Giovine, O., Inadempimento di contratti di pubbliche forniture, cit., 863), di guisa che condotta ed evento diverrebbero sostanzialmente sovrapponibili. Di qui, la necessità di uno sforzo ermeneutico volto a offrire alla disposizione normativa di cui all’art. 355 c.p. la maggior determinatezza possibile e, conseguentemente, a circoscriverne l’ambito di operatività. In tale contesto, parte della dottrina e della giurisprudenza ha opportunamente fatto leva sul cd. criterio di immediatezza, affermando che le forniture «necessarie» oggetto di inadempimento contrattuale devono essere individuate in quelle funzionali al diretto e immediato soddisfacimento di bisogni pubblici. E, più precisamente, esemplificando le ipotesi in cui può dirsi integrato il delitto in questione, è stata considerata idonea «non soltanto la fornitura concernente l’erogazione di energia elettrica necessaria per la pubblica illuminazione o la messa in opera degli strumenti che consentano o regolino attualmente la circolazione, ovvero la manutenzione dell’impianto o della strada, ma anche la fornitura concernente l’installazione o la costruzione di questi manufatti» (cfr. Azzali, G., Inadempimento e frode nelle pubbliche forniture, cit., 56 s.; in giurisprudenza, si veda Cass. pen., sez. Vi, 19.6.1998, Marrani, in Guida dir., 1998, fasc. 38, 110). Secondo un diverso indirizzo, si è ritenuto di limitare l’operatività dell’incriminazione ai casi di omessa, ritardata o irregolare fornitura di quei soli beni tali da incidere sulle finalità istituzionali del servizio o dello stabilimento (Stile, A.M., Lineamenti dell’azione incriminata come frode nelle pubbliche forniture, cit., 280; Cass. pen., 29.1.1993, Cornia, in Giur. it., 1994, II, 623). Si è poi sostenuto che le cose e/o le opere debbano possedere il requisito della necessarietà per la pubblica amministrazione, nel senso che la loro mancata dazione debba essere idonea a mettere in pericolo il regolare funzionamento del servizio o dello stabilimento (Fiandaca, G.-Musco, E., Diritto penale, cit., 329). Ora, a prescindere dalla tesi che si intende accogliere, sembra opportuno segnalare come, nel rispetto del principio di offensività ma, soprattutto, di sussidiarietà dell’incriminazione penale rispetto al contenimento della condotta nell’alveo del mero illecito civile, sia indispensabile la verificazione di una disfunzione o, comunque, di una sofferenza per la pubblica amministrazione. Ebbene, coerentemente a una siffatta impostazione, si è correttamente pervenuti a una qualificazione del reato in termini di pericolo concreto (sul punto, cfr. S. Vinciguerra, S., I delitti contro la pubblica amministrazione, cit., 428; nonché, in giurisprudenza, v. Cass. pen., sez. VI, 17.11.1998, Mirabile, cit.). Ne discende che, là dove i destinatari della prestazione contrattuale abbiano trovato soddisfazione aliunde, nel senso di essere riusciti, in modo alternativo, a far fronte all’inadempimento, non può dirsi configurata la fattispecie penale, restando quella condotta sanzionabile esclusivamente sul piano civilistico. E ciò in linea con il superamento «dell’originaria visione stato-centrica» (Di Giovine, O., Inadempimento di contratti di pubbliche forniture, cit., 864) fatta propria dalla Relazione ministeriale al codice penale (cfr. Relazione ministeriale al codice penale, parte II, 158; Manzini, V., Trattato di diritto penale italiano, cit., 713; Levi, N., I delitti contro la pubblica amministrazione, in Trattato di diritto penale, coordinato da E. Florian, IV ed., Milano, 1935, 488).

L’elemento soggettivo

Il delitto di inadempimento di contratti di pubbliche forniture può essere punito sia a titolo di dolo, che a titolo di colpa. Nel primo caso, trattasi di dolo generico che deve consistere nella consapevolezza e volontà di far mancare, con l’inadempimento, la fornitura alla pubblica amministrazione, nonché nella consapevolezza della destinazione delle cose e/o opere per le necessità di uno stabilimento o di un pubblico servizio (cfr.Dolce, R., Frode e inadempimento nelle pubbliche forniture, cit., 152; in giurisprudenza, cfr. Cass. pen., sez. VI, 23.5.2003, Mozzo, in Cass. pen., 2004, 3227; contra, Manzini, V., Trattato di diritto penale italiano, cit., 714, il quale esclude che occorra la consapevolezza del requisito della necessarietà). Si è sostenuto, a ragione, come il vincolo giuridico che obbliga il debitore all’adempimento nasca dal contratto; di qui, l’atto di disposizione acquista «la qualità di componente della figura criminosa», esigendo che l’obbligo contrattuale «partecipi dell’oggetto del giudizio di colpevolezza anche nella forma del dolo a norma del 3° comma dell’art. 47 c.p.» (così, Azzali, G., Forniture pubbliche (inadempimento e frode in), cit., 303). Si è altresì ritenuto che l’operatività dell’ultimo comma dell’art. 47 c.p. – avendo indotto nel contraente l’erroneo convincimento di non essere tenuto all’adempimento dell’obbligazione negoziale – non implicherebbe l’automatica esclusione della responsabilità penale; e ciò in quanto, come accennato, il reato di cui all’art. 355 c.p. è punito anche a titolo di colpa. In particolare, si è precisato che, se l’art. 47 c.p. viene letto riconducendone l’ultimo comma «nell’alveo concettuale dell’errore di fatto, pur nel silenzio del primo», potrebbe ritenersi «estensibile anche al caso di errore su legge extrapenale (che appunto si traduca in un errore di fatto)» la previsione di una residuale responsabilità a titolo di colpa (così, Di Giovine, O., Inadempimento di contratti di pubbliche forniture, cit., 868). Sul tema, appare interessante segnalare altresì l’opinione secondo la quale, nelle ipotesi di dubbio circa l’esistenza o la validità del contratto, dovrebbe configurarsi un’ipotesi di dolo eventuale (Leoncini, I., Reato e contratto nei loro reciproci rapporti, cit., 344). La colpa si configura allorché la mancata fornitura sia dipesa da negligenza, imprudenza o imperizia, come ad esempio nel caso in cui l’obbligazione negoziale sia stata assunta da soggetti privi di competenze, capacità o requisiti tecnici (Fiandaca, G.-Musco, E., Diritto penale,cit., 330), ovvero nelle ipotesi di omessa sorveglianza del fornitore rispetto all’operato dei subfornitori (Dolce, R., Frode e inadempimento nelle pubbliche forniture, cit., 151).

Consumazione e tentativo

Il delitto di cui all’art. 355 c.p. si consuma nel luogo e nel tempo in cui, in conseguenza dell’inadempimento, venga a mancare la fornitura pattuita. Il reato ha natura istantanea. Di qui, il momento consumativo va a coincidere con la mancata consegna e/o esecuzione della prestazione oggetto del contratto, con la conseguenza che, fino alla scadenza del termine pattuito per l’adempimento, il reato non potrà dirsi realizzato (Di Giovine, O., Inadempimento di contratti di pubbliche forniture, cit., 869). Secondo l’impostazione che ritiene essersi al cospetto di un reato di pericolo, ai fini della consumazione non sarebbe necessaria né la verificazione di un pregiudizio nel funzionamento del servizio o dello stabilimento, né tanto meno un danno di natura patrimoniale (Dolce, R., Voce Frode e inadempimento nelle pubbliche forniture, cit., 152). L’ipotesi (dolosa) tentata, seppur generalmente ammessa (Cass. pen., sez. VI, 28.3.2011, n. 12421, anche se con riferimento all’ipotesi di cui all’art. 356 c.p.), presenta notevoli difficoltà di accertamento probatorio, dal momento che, come si è detto, la consumazione del reato, coincidendo con un termine prestabilito, non consentirebbe prima della scadenza nessuna illazione circa l’inadempimento e, quindi, escluderebbe l’ipotizzabilità di qualsivoglia principio di esecuzione. Nega, ovviamente, la configurabilità del tentativo chi qualifica la fattispecie de qua in termini di mera omissione, rilevando una coincidenza tra l’offesa prodotta dal reato consumato e la stessa funzione affidata all’art. 56 c.p. – mera messa in pericolo – (Azzali, G., Forniture pubbliche - inadempimento e frode in, cit., 307).

Le circostanze aggravanti

L’art. 355, co. 2, c.p. stabilisce alcune circostanze che aggravano la pena, in funzione della particolare destinazione della fornitura. Più precisamente, assumono rilievo, ai fini del maggiore disvalore dell’inadempimento contrattuale, le forniture, indicate alla lett. a), che abbiano a oggetto sostanze alimentari o medicinali, ovvero cose od opere destinate alle comunicazioni per terra, per acqua o per aria, o alle comunicazioni telegrafiche o telefoniche. Per sostanze medicinali, debbono identificarsi tutte quelle cui sia riconosciuto un potere diagnostico, profilattico, terapeutico o anestetico, non rientrando in tale definizione eventuali apparecchi e strumenti di uso medico o igienico (Cerqua, L.D., Forniture di beni e servizi, inadempimento di contratti, frode, turbativa di pubblica gara - artt. 353-356: problemi di responsabilità penale nell’ambito delle Unità Sanitarie Locali, in Giur. mer., 1994, 583). Le forniture relative alle comunicazioni debbono ritenersi intese come relative a comunicazioni per terra, acqua, aria, telefoniche, ecc., tra le quali si è ritenuto vadano incluse l’energia elettrica, la benzina, il carburante, ecc. (Manzini, V., Trattato di diritto penale italiano,cit., 716; Cerqua, L.D., Forniture di beni e servizi, cit., 583). Alla lett. b) del capoverso dell’art. 355 c.p., sono indicate quali ipotesi di inadempimento di maggiore gravità, quelle concernenti le cose od opere destinate all’armamento o equipaggiamento delle forze armate dello Stato. La locuzione «equipaggiamento» ricomprende tutti i beni che, non destinati all’armamento, costituiscano corredo, provviste e rifornimenti necessari per il vettovagliamento. La circostanza aggravante è da ritenere configurabile limitatamente alle cose od opere destinate alle forze armate, e non anche quando esse siano destinate a corpi di polizia, statali o corpi armati di altri enti pubblici (sul punto, cfr. Pagliaro, A., Principi di diritto penale, cit., 468). Alla lett. c), infine, sono individuate cose od opere destinate a ovviare a un comune pericolo ovvero a un pubblico infortunio. Le circostanze in esame importano un aumento di pena non superiore a un terzo e hanno natura oggettiva, applicandosi a tutti coloro che concorrono nel reato. L’opinione prevalente è nel senso di escludere il concorso tra le aggravanti disciplinate all’interno del medesimo numero, potendo invece concorrere in alinee diverse. Il criterio formale non convince a fronte di una sostanziale diversità di contenuti; pertanto, si condivide l’opinione che ritiene ammissibile il concorso tra le circostanze previste nello stesso capo dal momento che alcune di esse indicano bisogni di vitale importanza (alimentari e medicinali), che ben evidenziano una maggiore e diversa gravità rispetto alle «cose od opere destinate alla comunicazione» (così, Azzali, G., Forniture pubbliche - inadempimento e frode in, cit., 307). Per completezza, si segnala che alla condanna consegue, quale pena accessoria, l’incapacità di contrattare con la p.a. (art. 32 quater c.p.).

Rapporti con altre figure di reato

La fattispecie di cui all’art. 355 c.p., pone alcune questioni nei rapporti con altre figure di reato. In primo luogo, l’art. 356 c.p. richiama la fattispecie di inadempimento di pubbliche forniture, con riferimento alle ipotesi in cui taluno commetta «frode» nell’esecuzione di contratti di pubblica fornitura o nell’adempimento degli altri obblighi previsti dall’art. 355 c.p. La particolare modalità di realizzazione della condotta tipica delineata dall’art. 356 c.p. consente, tuttavia, di distinguere le due figure di reato, senza particolari difficoltà, rendendo applicabile la fattispecie di frode in pubbliche forniture, quando l’inadempimento venga posto in essere dal soggetto agente mediante «frode», con esclusione di un eventuale concorso tra i due reati. In secondo luogo, si è discusso circa la possibilità di concorso tra l’inadempimento di pubbliche forniture e la fattispecie di interruzione di pubblico servizio, delineata dall’art. 340 c.p. In particolare, l’ipotesi di un eventuale concorso tra le due fattispecie era venuta in rilievo con riferimento al mancato adempimento degli obblighi assunti da una ditta incaricata della raccolta dei rifiuti; in relazione a tale casistica si era, tuttavia, escluso in giurisprudenza che, al di là della clausola di sussidiarietà prevista dall’art. 340 c.p., potesse ravvisarsi concorso tra le due disposizioni incriminatrici, e si era, conseguentemente, concluso che dovesse trovare applicazione la sola figura dell’inadempimento di pubbliche forniture (cfr., sul punto, Cass. pen., 11.11.2004, n. 47194, in Riv. pen., 2006, fasc. 1, 118). A tale conclusione la giurisprudenza era pervenuta evidenziando che il rapporto di sussidiarietà tra due norme si registra quando quella principale tutela un interesse più ampio o di livello superiore rispetto alla sfera di tutela dell’altra, cosicché l’intero disvalore del fatto di reato risulti assorbito dalla sola disposizione principale; nel rapporto tra le disposizioni di cui agli artt. 355 e 340 c.p., dunque, l’ambito di tutela della prima doveva ritenersi più ampio rispetto a quello della seconda, ricomprendendo, per l’effetto, la violazione anche del bene giuridico relativo alla regolarità del servizio pubblico.

Fonti normative

Artt. 32 quater,  355, 356, 340 c.p.

Bibliografia essenziale

Antolisei, F., Manuale di diritto penale, pt. spec., II, XIII ed., Milano, 200°, 398; Azzali, G., Forniture pubbliche (inadempimento e frode in), in Dig. pen., V, Torino, 1991, 277; Azzali, G., Inadempimento e frode nelle pubbliche forniture, Padova, 1984; Cadoppi, A., Il reato omissivo proprio, I e II, Padova, 1988; Cerqua, L.D., Forniture di beni e servizi, inadempimento di contratti, frode, turbativa di pubblica gara - artt. 353-356: problemi di responsabilità penale nell’ambito delle Unità Sanitarie Locali, in Giur. mer., 1994, 583; Dolce, R., Frode e inadempimento nelle pubbliche forniture, in Enc. dir., XVIII, Milano, 1969, 148 ss.; Fiandaca, G.-Musco, E., Diritto penale,pt. spec., I, IV ed., Bologna, 2011, 328; Grispigni, F., I delitti contro la pubblica amministrazione, Roma, 1953, 349; Leoncini, I., Reato e contratto nei loro reciproci rapporti, Milano, 1995; Levi, N., I delitti contro la pubblica amministrazione, in Trattato di diritto penale, coordinato da E. Florian, IV ed., Milano, 1935, 488; Manzini, V., Trattato di diritto penale italiano, V, V ed., Torino, 1981, 462; Riccio, S., Forniture pubbliche (frode in), in Nss. D.I., VII, Torino, 1961, 590; M. Romano, I delitti contro la pubblica amministrazione, I delitti dei privati, Milano, 2009; Stile, A.M., Lineamenti dell’azione incriminata come frode nelle pubbliche forniture, in Foro pen., 1965, 276; Vinciguerra, S., I delitti contro la pubblica amministrazione, Padova, 2008, 426.

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