TERMOELETTRICI, IMPIANTI

Enciclopedia Italiana - III Appendice (1961)

TERMOELETTRICI, IMPIANTI

Antonino ASTA

. Si aggiorna qui di seguito quanto è detto degli impianti t. alla voce elettrica, energia (XIII, p. 638; App. II, 1, p. 815).

1. Impianti termoelettrici a combustibili solidi, liquidi, gassosi. - Con l'accrescersi degli impegni degli impianti t. e col graduale trasferirsi a essi dei compiti del servizio di base, si è dovuto non soltanto aumentare il numero e la potenza di essi, ma anche cercare di ridurre il costo dell'energia termoelettrica prodotta. Si è accresciuto il rendimento degli impianti, modificando i criterî della loro costituzione e quello dello svolgimento dei processi di trasformazione da energia termica in energia meccanica, specialmente grazie alla adozione di nuovi materiali, capaci di resistere a temperature più elevate, e si è cercato di ridurre il costo dell'estrazione dei combustibili e di utilizzarli nella maniera più economica.

Gli impianti t. che hanno acquistato il maggiore sviluppo sono quelli con turbine a vapore a condensazione, per la sola produzione d'energia elettrica. Nelle industrie utilizzatrici o in connessione con utilizzazioni di riscaldamento industriale o di ambienti, sono anche stati applicati quelli con turbine a vapore a contropressione; non sono mancati esempî di impianti misti, in parte a condensazione, in parte a contropressione. Hanno avuto qualche applicazione gli impianti con turbine a gas. Gli impianti con motori alternativi, tanto con motori Diesel, quanto con motori a gas, costituiscono soltanto delle eccezioni, questi ultimi, in particolare, essendo destinati all'utilizzazione di gas residui, disponibili in quantità non grandi in industrie varie.

Per gli impianti con turbine a vapore destinati a funzionare con lunghe durate annue di utilizzazione della potenza del macchinario installato, l'economia dell'approvvigionamento dei combustibili ha portato a installarli "a bocca di miniera", nel caso di combustibili poveri. Si è esteso l'uso dei gas naturali: questi, oltre a presentare interesse per l'utilizzazione delle disponibilità dei relativi giacimenti, offrono vantaggi sui combustibili solidi, anche polverizzati, consentendo camere di combustione di dimensioni più ridotte, non dando luogo a ceneri, permettendo di ridurre l'eccesso d'aria necessaria per la combustione e, nel caso frequente di assenza di prodotti solforati dai gas disponibili, la temperatura dei fumi all'uscita dalla caldaia al di sotto del punto di rugiada, quindi accrescendo il rendimento dei generatori di vapore. Gli impianti sono anche più elastici, pur con una buona combustione. Può anche essere utilizzata la pressione elevata a cui essi sono in genere disponibili facendoli espandere (dopo una prima espansione destinata a separarne gli idrocarburi superiori) in piccole turbine, prima di immetterli in caldaia per la combustione. Svantaggi di questi combustibili sono per contro i pericoli di scoppî, e la necessità di una riserva, per esempio di combustibile liquido. Anche l'uso dei combustibili liquidi si è andato molto estendendo, grazie tra l'altro all'andamento dei mercati, a scapito della diffusione dei combustibili solidi.

Negli impianti a vapore, l'aumento del rendimento complessivo si è ricercato attraverso quello del rendimento delle caldaie, mediante la riduzione delle perdite di irradiazione, delle perdite al camino, ecc., e soprattutto attraverso l'incremento del rendimento delle turbine. Sono state aumentate le temperature di ammissione, surriscaldando il vapore fino ai limiti consentiti dai materiali usati nei surriscaldatori e nei primi stadî delle turbine ad alta pressione, sono state aumentate le pressioni, si è ricorso a surriscaldamenti multipli intermedî fra i varî stadî delle turbine, ad alta, media, bassa pressione e ai prelievi di vapore dalle turbine per il riscaldamento dell'acqua di alimentazione, in numero crescente col crescere della potenza dei gruppi generatori.

Per gruppi di potenza intorno a 20 MW, si ricorre al solo surriscaldamento iniziale del vapore, fino a una temperatura di circa 500 °C, a una pressione di 70-100 kg/cm2 e a pochi prelievi di vapore dalle turbine. Per potenze intorno a 150 MW, la pressione iniziale si spinge fino a 130-180 kg/cm2, si adotta un surriscaldamento intermedio e, sia questo, sia quello iniziale, si spingono fino alla temperatura massima di 530 °C consentita dai materiali ferritici; il numero di prelievi di vapore si accresce fino a 8-9. Per potenze superiori a 150 MW e fino a 200 MW, la temperatura del surriscaldamento primario si spinge fino ai limiti compatibili con l'uso di materiali austenitici nel surriscaldatore e nei primi stadî delle turbine ad alta pressione, vengono adottati due surriscaldamenti intermedî fino a 530 °C (materiali ferritici) e più numerosi prelievi di vapore; per questi gruppi di potenza maggiore sono state adottate o previste pressioni d'ammissione vicine a quella critica.

La costruzione di questi impianti si è uniformata in genere al tipo, che a volte viene detto "monoblocco" con unità singole caldaiaturbo-alternatore. Le caldaie sono quasi sempre del tipo all'aperto. Gli assi dei gruppi turbo-alternatori, orizzontali, possono essere normali o paralleli a quello della sala macchine, soluzione preferibile quest'ultima per i gruppi di maggior potenza. Spesso completano questi impianti numerose torri di refrigerazione dell'acqua di circolazione dei condensatori; in qualche caso, date le difficoltà di provvista dell'acqua, anche per sopperire alle perdite, è fatto ricorso a condensatori aerotermici, in cui il vapore percorre tubi alettati raffreddati esternamente mediante aria soffiata.

Le potenze dei singoli gruppi generatori possono spingersi fino a 250 MW, per gruppi in "tandem", su un solo albero, rotante a 3000 o 3600 giri/minuto primo (tav. f. t., fig. 1); possono largamente superare questo valore per gruppi "cross-compound", su due alberi, con due generatori elettrici. Nelle unità complesse, di grande potenza, i consumi specifici, dai valori di 3000 kcal/kWh o poco inferiori delle unità più semplici, di potenza fino a 30-60 MW, che venivano installate fino a un decennio fa, sono scesi a 2300-2200 kcal/kWh (l'ultimo valore è relativo alla 6ª unità dell'impianto di Philo, negli S. U. A., da 110 MW, con vapore a 316 kg/cm2 e 620 °C, entrata in esercizio nel 1958); vi corrispondono rendimenti di 38-39%. Il rendimento globale "medio" degli impianti italiani, nel 1958, è stato valutato pari a circa 26%.

In Italia, la potenza complessiva dei gruppi termoelettrici con potenza unitaria superiore a 30 MW, funzionanti alla fine del 1958, ammontava a 1650 MW, pari a circa metà della potenza termoelettrica complessiva installata. Fra gli impianti di potenza maggiore o con gruppi di maggior potenza sono quelli di Chivasso, Tavazzano, Piacenza, Porto Corsini, Genova, Santa Barbara, Civitavecchia, Napoli, Bari, Augusta; sono in costruzione varî altri impianti analoghi.

Nell'impianto di Chivasso, a due gruppi preesistenti della potenza di 60 MW, 75 MVA ciascuno, ne è stato aggiunto nel 1959 uno da 140 MW (tav. f. t., fig. 2). L'impianto di Tavazzano, nello stadio I, in esercizio dal 1952, comprendente due gruppi caldaia-turbo-alternatore da 62,5 MW, 75 MVA, utilizza gas naturale (costituito per circa 97,2% da metano, donde il nome usuale di "metano") proveniente dai vicini pozzi di Cornegliano e di Caviaga. Lo stadio II, in servizio dall'estate 1960, costituito da un fabbricato vicino a quello dello stadio I e collegato con esso, comprende un gruppo della potenza di 140 MW, 165 MVA (tav. f. t., fig. 3) ed è predisposto per l'installazione futura di un secondo gruppo analogo. Il generatore di vapore è previsto per la combustione tanto di nafta, quanto di gas. L'impianto di Santa Barbara, con 2 gruppi caldaia-turbo-alternatore della potenza di 140 MW, 160 MVA ciascuno (tav. f. t., fig. 4), utilizza le ligniti xiloidi del Valdarno, aventi un potere calorifico inferiore di 1800 kcal/kg. L'estrazione dai giacimenti, che hanno una profondità variabile da 30 a 125 m, con una media di 80 m, è fatta per via meccanizzata e a cielo aperto, con escavatrici a catena di tazze per la terra argillosa, che ricopre i banchi di lignite, ed escavatori a ruote e tazze per le ligniti, che vengono trasportate successivamente mediante trasportatori a nastri. I generatori producono vapore a 132 kg/cm2, 545 °C; esiste un surriscaldamento intermedio fra la turbina ad alta e quella a media pressione. L'impianto comprende due torri di refrigerazione (tav. f. t., fig. 5). Un impianto di minore potenza ("Città di Roma", 2 gruppi da 36 MW ognuno), che utilizza le ligniti dei giacimenti di Pietrafitta, a sud del Trasimeno, data la mancanza d'acqua nella zona, effettua la condensazione del vapore mediante condensatori aerotermici. L'impianto di Bari, comprendente 3 gruppi turbo-alternatori da 68,5 MW, 93 MVA ciascuno, è attrezzato cori 3 gruppi di 4 torri di refrigerazione ciascuno (tav. f. t., fig. 6).

Fra gli impianti in costruzione il maggiore è quello della Spezia, in cui verrà installato un gruppo costituito da una turbina "cross-compound" della potenza di 320 MW, su due linee d'asse e da due alternatori da 170 MVA ognuno. Per il generatore di vapore è previsto l'uso dei varî tipi di combustibile. Il ciclo comporta la produzione di vapore a 178 kg/cm2, il surriscaldamento a 568 °C e il risurriscaldamento a 540 °C dopo la prima espansione in turbina. Anche di questo impianto è previsto in futuro l'ampliamento, mediante installazione di un secondo gruppo generatore analogo.

Gli impianti t. stranieri sono costruiti secondo disposizioni analoghe, ma raggiungono spesso potenze complessive maggiori, a causa delle maggiori esigenze delle aree servite. È dell'agosto 1959 l'ordinazione a una casa costruttrice europea, per un impianto della Tennessee Valley Authority, di una turbina "cross-compound" da 500 MW, ammissione a 170 kg/cm2, 566 °C, su due assi a 3600 giri/1′ e di due alternatori da 305,5 MVA.

Per gli impianti con ciclo a contropressione o con ciclo misto, in parte a condensazione e in parte a contropressione, la potenza unitaria relativamente modesta, la durata annua di utilizzazione della potenza installata, il più delle volte limitata, e, particolarmente, il ciclo di funzionamento legato a quello di lavorazione dell'impianto industriale servito, ostacolano la connessione in parallelo con le reti di produzione e distribuzione d'energia elettrica e la loro diffusione, nonostante il rendimento elevato e il basso consumo specifico di calore per ottenere energia elettrica.

Gli impianti italiani nel 1953, hanno fornito una quantità di energia elettrica poco inferiore a 1/2 miliardo di kWh (su un totale di circa 32 miliardi di kWh di energia elettrica prodotta nell'anno); essi appartengono a zuccherifici, a industrie chimiche, a industrie di fibre artificiali, ecc. L'impianto maggiore, quello di Ravenna, dell'ANIC, entrato in servizio nel 1958-59, ha 3 gruppi da 25 MW ciascuno.

Gli impianti t. con turbine a gas sono poco numerosi in tutto il mondo, a causa della potenza non grande dei gruppi, delle disposizioni costruttive complesse a cui si deve ricorrere per ottenere i rendimenti elevati necessarî per un servizio di base (cicli chiusi, semichiusi o cicli aperti con rigenerazione spinta), della necessità, comunque, di lavorare a carico il più possibile costante, anche per le unità più semplici (a ciclo aperto, fig. 1), data la rapida diminuzione del rendimento al decrescere del carico.

In Italia, dopo l'installazione a Livorno di due gruppi funzionanti secondo il ciclo della fig. 1, un altro impianto con un terzo gruppo simile, della potenza di 25 MW è entrato in servizio a Fiumicino. L'impianto è a due linee d'asse, ciascuna comprendente un motore elettrico di lancio, un compressore, una turbina a gas. Sull'albero che porta la turbina a bassa pressione è montato l'alternatore; la potenza prodotta dalla turbina ad alta pressione è interamente assorbita dal compressore relativo. In esercizio l'impianto ha dato un rendimento compreso fra 22 e 24%, corrispondente a un consumo specifico di 3000-3600 kcal/kWh.

Fra gli esempî di impianti con motori a combustione interna, il più cospicuo è quello di Ferrara, in cui accanto a tre gruppi precedenti ne è entrato in servizio di recente un quarto con motore da 2500 kW, a 16 cilindri a V, funzionante a metano.

2. Impianti geo-termoelettrici. - Partendo dall'esperienza italiana, soprattutto nell'ultimo decennio, sono state eseguite in diversi paesi del mondo ricerche di vapori endogeni e iniziate, o in studio avanzato, alcune utilizzazioni. È probabile l'esistenza di notevoli risorse di questa fonte di energia in molte zone aventi carattere vulcanico situate lungo la fascia che, circondando l'Oceano Pacifico, parte dalla Nuova zelanda e per le isole orientali dell'Indonesia, le Filippine, il Giappone, le coste occidentali dell'America, giunge al Perù e al Cile.

In Italia, dopo le ricostruzioni, avvenute nel periodo dal 1945 al 1950, degli impianti di Larderello distrutti dalla guerra, sempre nella stessa zona, è stato messo in servizio l'impianto detto di Larderello n. 3, con 4 gruppi turbo-alternatori da 26 MW, 30 MVA. A differenza dei precedenti, in questo impianto viene immesso in turbina il vapore naturale direttamente proveniente dai soffioni (fig. 2), anziché produrre con esso vapore puro mediante scambiatori di calore. L'acido borico si ritrova nel condensato, che si raccoglie nei condensatori a miscela, ed è ottenuto mediante successive concentrazioni delle acque sfioranti dalle vasche delle torri refrigeranti. Le turbine, a contatto diretto col vapore naturale, hanno dimostrato di non soffrirne. Di fronte all'aggravio di spesa dovuto ai compressori, installati in numero di 2 ogni turbina, per estrarre dai condensatori a miscela i gas non condensabili (in gran parte anidride carbonica) che vi si scaricano insieme col vapore saturo, il sistema presenta una forte economia dovuta all'eliminazione degli scambiatori di calore. L'immissione in turbina di vapore a 4,75 ata e a 185 °C avvantaggia anche il rendimento degli impianti.

Lo stesso sistema è stato seguito nel più recente impianto di Sasso Pisano, equipaggiato con 2 gruppi da 12.500 kW e uno da 3200 kW, e si pensa che sarà seguito negli impianti che verranno installati successivamente nelle altre zone (particolarmente in quella del Monte Amiata), in cui sono avvenuti o avverranno altri ritrovamenti di vapori naturali.

Delle ricerche effettuate all'estero, solo quelle dell'isola settentrionale fra le due maggiori che costituiscono la Nuova Zelanda sono state seguite dalla installazione effettiva di impianti. Qui, sul fiume Wairakei, è in costruzione il primo stadio di un impianto geo-termoelettrico, con due gruppi generatori con turbine ad alta pressione della potenza di 6,5 MW, due con turbina a media pressione della potenza di 11,2 MW e tre con turbine a bassa pressione della potenza di 11,2 MW. Il vapore è disponibile a una pressione di 10-14 kg/cm2; le turbine dell'ultima serie sono a condensazione. La suddivisione del salto complessivo di pressione in 3 salti parziali è stata adottata in seguito a diverse variazioni di programma introdotte via via. Dell'impianto sono previsti varî ampliamenti futuri.

In America, da parte della Pacific Gas and Electric Co., è in progetto un impianto con un primo gruppo turbo-generatore da 12 MW, da installare a Bing Sulphur Creek e da alimentare mediante vapore alla pressione di 7 kg/cm2 e a temperatura di 175 °C.

3. Impianti termoelettrici nucleari. - La parte elettrica di questi impianti e quella termica di utilizzazione del vapore non differiscono fondamentalmente da quelle di un usuale impianto termoelettrico. Il vapore viene prodotto, a spese del calore generato nel reattore nucleare, entro scambiatori di calore, che costituiscono il limite fra la parte di tipo tradizionale e la parte di cui è elemento fondamentale il reattore. Essi sostituiscono i generatori di vapore degli impianti termoelettrici tradizionali.

Il reattore utilizza in ogni caso reazioni nucleari di fissione di nuclei pesanti, essendo ancora allo studio la soluzione dei problemi fondamentali della produzione in forma controllata di energia attraverso reazioni di fusione di nuclei leggeri.

I reattori destinati agli impianti per produzione di energia elettrica sono del tipo detto "di potenza". In alcuni casi sono usati anche reattori autofertilizzanti o convertitori, che uniscono lo scopo della produzione di energia a quello della produzione di materiali fissili. I reattori "di ricerca", in questo campo, si utilizzano per studiare la progettazione, la costruzione, l'esercizio dei reattori di potenza. Negli impianti t. nucleari, sono da distinguere la potenza termica generata dal reattore e la potenza elettrica, prodotta dal generatore elettrico, legata alla prima dal rendimento del ciclo termodinamico e dalle ulteriori perdite di calore e di energia che si verificano passando dall'uno all'altro.

Gli impianti t. nucleari esistenti, in costruzione o in progetto nel mondo sono equipaggiati con reattori appartenenti a molti tipi. Esistono impianti con reattori ad acqua in pressione negli S. U. A. (fra questi, quello di Shippingport, entrato in servizio nell'anno 1957), nella URSS (voronež, Leningrado), in Belgio; con reattori ad acqua bollente negli S. U. A. (Argonne; Dresden nell'Illinois), nella Germania occidentale, nell'Unione Sovietica (nel centro sperimentale di Uljanovsk, sul Volga); con reattori a grafite e raffreddamento a gas specialmente in Inghilterra (il più delle volte dei tipi convertitori; Calder Hall, divenuto critico nel 1956 e in funzionamento regolare da allora, Chapel Cross, Bradwell, Berkeley, ecc.), in Francia; con reattori moderati a grafite e raffreddati ad acqua in Siberia e a Belojarsk; con reattori autofertilizzanti veloci negli S. U. A., nell'URSS (a Uljanovsk), in Scozia (Dounreay), con reattori grafite-sodio in California, con reattori omogenei negli S. U. A., con reattori a moderatore organico ancora negli S. U. A. In Italia sono in costruzione o in progetto impianti da parte della Società elettronucleare italiana (SELNI, impianto di Trino Vercellese, con reattore ad acqua in pressione, per 165 MW elettrici), dell'AGIP nucleare (impianto in Italia settentrionale, con reattore anch'esso a uranio arricchito e acqua in pressione), della Società elettronucleare nazionale (SENN, impianto del Garigliano, con reattore a uranio arricchito e ad acqua bollente, della potenza di 150 MW elettrici), della Società italiana meridionale energia atomica (SiMEA, impianto di Latina, con reattore a grafite moderato a gas del tipo di Calder Hall, per 200 MW elettrici). La Società ricerche impianti nucleari (SORIN) ha installato a Saluggia un impianto sperimentale e ha in studio la costruzione di due impianti a uranio naturale e a uranio arricchito, di potenza intorno a 150 MW elettrici ciascuno.

In massima, tutti gli impianti con reattori "di potenza" hanno delle potenze elettriche, per ogni singolo reattore e complessive, che vanno da 50÷100 a 400 MW elettrici e oltre; qualcuno di quelli sperimentali raggiunge potenze di 15÷25 MW elettrici.

La varietà dei tipi costruiti o progettati negli S. U. A. è legata all'interesse di quei costruttori a studiarli in esercizio, per dedurne orientamenti per le costruzioni future. Lo stesso può dirsi in parte per l'URSS, pur se in parte si è pensato in quel paese a una produzione regolare di energia per alcune regioni. In Inghilterra si è avuta di mira la predisposizione di un piano di produzione di energia in vista del costo crescente dei combustibili fossili nazionali, insieme con la produzione di materiali fissili. In Italia, tenuto conto del costo elevato dell'energia termoelettrica e del graduale esaurirsi delle risorse idrauliche residue, ci si è orientati verso tipi che possono fornire con maggiore probabilità energia elettrica a costi convenienti.

Fra questi impianti, quelli in esercizio hanno già fornito indicazioni molto utili sul loro comportamento, sui tipi di combustibili, sui cicli relativi, sui tipi di moderatori e di refrigeranti, sulla refrigerazione con composti organici, particolarmente convenienti dal punto di vista economico, sui valori preferibili delle pressioni nel circuito refrigerante, sul proporzionamento dei reattori e degli impianti. Indicazioni particolarmente ampie, a causa della loro durata, sono quelle degli impianti di Calder Hall e di Shippingport.

In quest'ultimo il reattore è a uranio naturale e uranio leggermente arricchito, moderato e refrigerato con acqua in pressione, a 140 kg/cm2, circolante in più circuiti primarî (fig. 3); nel ciclo di utilizzazione è immesso, dallo scambiatore di calore, vapore a pressione variabile da 58 a 42 kg/cm2 da vuoto a pieno carico; la turbina e l'alternatore, previsti per una potenza di targa di 100 MW, lavorano a una potenza massima di 60 MW. La potenza termica generata corrispondente a questa potenza elettrica è di 231 MW.

Il reattore occupa in complesso uno spazio d'ingombro cilindrico del diametro e dell'altezza di circa m 1,80. Insieme col moderatore e refrigerante primario e con gli accessorî è contenuto in un recipiente cilindrico in pressione, di acciaio al carbonio, con coperchi superiore e inferiore emisferici, rivestito internamente di acciaio inossidabile, dell'altezza di m 9,75 e del diametro esterno di m 3,15. varie opere di schermatura assicurano la protezione del personale. Strumenti di controllo sono predisposti sull'impianto e nelle aree circostanti, per studiarne il comportamento e garantire la protezione di fronte a possibili incidenti.

Il costo complessivo dell'impianto di Shippingport è stato di circa 120 milioni di dollari, pari a 2 mila dollari per kW di potenza elettrica prodotta, cioè, al cambio di 625 L/dollaro, a circa 1.250.000 L/kW di potenza elettrica. Il costo dell'energia è stato valutato dai costruttori pari a circa 65 mills/kWh, corrispondenti a circa 4,30 L/kWh, calcolando su un ammortamento dell'impianto in 30 anni e per un fattore di carico di 80%. A causa delle installazioni sperimentali e di misura destinate a fornire i necessarî risultati sperimentali, il costo di tutti questi impianti è maggiore di quello che spetterebbe a impianti destinati soltanto all'esercizio, anche se esso si è ridotto fino a 1/2-1/4 in molti impianti successivi a quello di Shippingport. Per contro il costo unitario presunto per l'energia elettrica prodotta può sembrare basso, probabilmente a causa delle cifre assunte per il costo del denaro e per l'ammortamento, anche se sono d'accordo i dati dell'impianto di Shippingport e quelli dedotti dall'esercizio degli impianti inglesi. Da impianti in parte sperimentali non è facile del resto dedurre con esattezza il costo dell'energia prodotta. Vedi tav. f. t.

Bibl.: Annate varie, soprattutto dal 1950 a oggi, delle riviste: L'elettrotecnica; L'energia elettrica; Revue générale d'électricité; E. T. Z.; Revue Brown Boveri; Electrical Engineering, Nuclear Engineering, Atti della Riunione annuale di Roma dell'A. E. I., 1957.Particolarmente, articoli di aggiornamento: C. Castellani, Progressi realizzati nelle centrali termoelettriche nell'anno 1958, in Elettrotecnica, 1959, p. 86; A. M. Angelini, Evoluzione e stato attuale del problema della produzione di energia mediante impianti termici nucleari, in L'elettrotecnica, 1959, p. 133.