IMPIANTI DI RISALITA

Enciclopedia Italiana - V Appendice (1992)

IMPIANTI DI RISALITA

Pietro D'Armini

Con questa denominazione s'intende indicare ogni sistema di trasporto, messo in opera nelle località sciistiche, che permetta agli sciatori di raggiungere da valle l'inizio, a monte, di piste di discesa innevate. La denominazione è generica, ma si applica in pratica a impianti di trasporto a fune di vario tipo (v. teleferica, XXXIII, p. 401; App. II, ii, p. 957; e funivia, App. IV, i, p. 880), specificamente impiegati per detto scopo e che hanno diverse denominazioni: sciovie, slittovie, seggiovie, monofuni o bifuni a movimento continuo, a cabinette ad attacchi permanenti o temporanei.

Cenni storici e caratteristiche dei vari tipi.- Per la nascita e lo sviluppo degli impianti a fune, costituiti inizialmente da funivie dette ''bifuni'' con vetture in movimento a va e vieni, e successivamente dai vari tipi di i. di r., si rinvia alle già ricordate voci teleferica e funivia. Giova qui notare che la nascita dei veri e propri i. di r. per sciatori è avvenuta negli anni Trenta, forse prima negli USA e poi in Europa, a servizio di stazioni per sport invernali che si andavano allora creando e sviluppando.

L'impianto più semplice e rudimentale fu concepito e realizzato negli USA nei primi anni Trenta e fu chiamato rope tow: era costituito da una fune di canapa chiusa ad anello e tesa alle estremità, messa in movimento continuo da un sistema motore a una delle estremità; a tale fune gli sciatori si afferravano con le mani e si lasciavano trascinare in salita lungo una pista più o meno preparata. Questi impianti (in italiano detti ''manovie''), che si diffusero molto negli USA, possono considerarsi i progenitori delle ''sciovie'' che nacquero invece in Europa per iniziativa dell'ingegnere svizzero Constam. Questi, in collaborazione con la ditta Bleichert, depositò un brevetto di sciovia costituita da una fune metallica chiusa ad anello, tesa tra due estremi e sostenuta in linea da rulli su appoggi intermedi, con argano motore a un'estremità: gli sciatori erano trascinati, su piste preparate, a mezzo di speciali organi di attacco fissati alla fune con morsetti e terminanti con rocchetto a molla dal quale si svolgeva una funicella collegata alla fine con una barra a J, il cui braccio orizzontale sosteneva e spingeva posteriormente lo sciatore. In seguito le barre presero la forma di un T rovesciato (furono dette perciò ''ad ancora'') per il traino di due sciatori contemporaneamente. Il primo impianto Constam fu installato nel 1934 a Davos (Svizzera) sulle piste di Bolgen; nello stesso anno ne vennero installati altri due a Saint-Moritz (Svizzera) e a Megève (Francia).

In Italia le sciovie cominciarono a essere installate nell'inverno del 1936 in Val Gardena, a Madonna di Campiglio, a Cortina d'Ampezzo e a Cervinia; in quest'ultimo impianto le funicelle degli attacchi per sciatori invece che la barra a J portavano degli slittini sui quali gli sciatori sedevano a cavalcioni.

Circa nella stessa epoca in Italia, in Svizzera e in Francia furono realizzati degli impianti, detti ''slittovie'', costituiti da uno slittone, nel quale potevano prendere posto da 15 a 30 sciatori (seduti o in piedi), che veniva trainato su una pista di neve per mezzo di una fune che a monte si avvolgeva sull'argano formato da un tamburo a motore.

In Italia slittovie furono installate tra l'altro al Monte Bondone (Trento), in Val Gardena, a Salice d'Ulzio in Piemonte, a Cortina d'Ampezzo, e all'Abetone; a Bardonecchia fu realizzato un impianto (del Monte Colomion) a va e vieni con due slitte da 20 persone e fune zavorra, lungo 650 m, superante un dislivello di 250 m alla velocità di 2 m/s. Alcuni di tali impianti, tra cui quello di Col Chécrouit a Courmayeur che era lungo oltre 1000 m e superava un dislivello di oltre 500 m, funzionavano anche d'estate ed erano detti ''rotovie'', impiegando un carro simile alla slitta ma che al posto dei pattini aveva ruote gommate. Le slittovie ebbero però vita breve e furono sostituite negli anni Quaranta da sciovie o seggiovie.

In USA, come si è detto, si svilupparono le rope-tows e le sciovie J-Bar (monoposto) e T-Bar (biposto) ma, con l'aumentare delle frequenze e delle esigenze, sorsero le ''seggiovie'', la cui nascita fu provocata da un curioso episodio. Nel 1936 un amatore degli sci, il conte F. Schaffgotsch, di una famiglia di famosi banchieri austriaci, recatosi in America per studiare i sistemi bancari della Brown Brothers Harriman, s'incontrò a New York con A. Harriman, che era tra l'altro presidente della Union Pacific Railroad (UPR), e gli parlò per caso del successo delle stazioni invernali delle Alpi. Al che Harriman invitò Schaffgotsch a individuare nelle zone montagnose nord-occidentali d'America una località dove creare una stazione invernale che potesse rivaleggiare con Saint Moritz e che l'UPR era disponibile a servire con una ferrovia. Schaffgotsch, dopo lunghe ricerche, individuò a Ketchum, nello Idaho, il piccolo bacino della Sun Valley come adatto allo scopo. Nel progettare le attrezzature, le rope-tows e le J-Bar allora esistenti non furono giudicate adeguate dai tecnici della UPR, che miravano a qualcosa di più comodo per gli sciatori. Uno di tali tecnici, J. Curran, che in precedenza aveva collaborato nei Tropici alla realizzazione di un impianto a fune per il trasporto delle banane, ebbe la semplice idea di sostituire agli attacchi per i caschi di banane delle seggiole sospese alla fune: nacque così la ''seggiovia''. Il primo impianto a Sun Valley entrò in esercizio nello stesso 1936: lungo 720 m, e con un dislivello da superare di 216 m, esso è ancora in funzione. Ben presto si ebbe uno sviluppo delle seggiovie in America, sia nella stessa Sun Valley sia in altre regioni, tra cui la White Mountain nel New Hampshire.

In Europa il primo impianto di seggiovia fu costruito in Cecoslovacchia nel 1939 sul Pustewny, vicino a Radhoszc, da Nevrly, ma la diffusione di questi impianti si ebbe solo dopo la fine della seconda guerra mondiale.

In Svizzera, nel 1943, Constam depositò un altro brevetto per trasformare le sue sciovie in seggiovie, sostituendo agli attacchi per sciatori seggiole portate da un'asta di sospensione, e consentendo così un servizio promiscuo: d'inverno come sciovie, d'estate come seggiovie. La prima seggiovia Constam, installata sullo Jochpass nel 1944 dalla ditta Sameli Huber, era lunga 1479 m, superava un dislivello di 439 m e poteva trasportare 720 persone/ora.

In Italia la ditta Carlevaro e Savio costruì nel 1946 la prima seggiovia a Bardonecchia per il Monte Colomion, in prosecuzione della vecchia slittovia più tardi smontata: l'impianto era lungo 1650 m, con un dislivello di 485 m. Nello stesso anno la ditta Agudio costruì la seggiovia Salice d'Ulzio-Capanna Kind nella stazione invernale denominata Sportinia, dove già funzionava una slittovia: l'impianto era lungo 2150 m, con dislivello di 577 m.

In Spagna nello stesso 1946 si sviluppò sui Pirenei orientali la stazione di sport invernali spagnola ''La Molina'' e fu costruita una seggiovia sistema Constam a Turò de la Perdiu, nel suo comprensorio.

In Svizzera, a partire dal 1945, la ditta Von Roll, evolvendo il sistema Constam, iniziò lo studio e la progettazione di seggiovie con seggiole biposto a seduta laterale, con la possibilità per i passeggeri di salire da fermi nelle stazioni. La fune era in moto continuo, mentre le seggiole si agganciavano alla fune alla partenza e si sganciavano all'arrivo. Questo tipo fu detto ''a collegamento temporaneo'' per distinguerlo dalle seggiovie sopra descritte, dette ''ad attacchi fissi''. Le prime installazioni furono eseguite nel 1946 a Grindelwald, con un impianto in quattro tronchi (completato nel 1947) lungo complessivamente 4355 m e superante un dislivello di 1105 m, e a Beatenberg con un impianto in due tronchi lungo 2583 m, con un dislivello di 780 m.

In quel periodo sorsero altri costruttori in Italia: G. Graffer, fondatore della ditta Graffer, costruì nel 1947 sotto il ghiacciaio della Marmolada nelle Dolomiti il suo primo impianto, Fedaia-Pian dei Fiacconi, con rulliere oscillanti, lungo 1430 m con un dislivello di 530 m, che raggiungeva la quota di 2630 m; nello stesso anno costruì la seggiovia Ponte di Legno-Corno d'Aola, in Lombardia. La ditta Marchisio di Torino nel 1948 sostituì con seggiovia la slittovia del Colomion a Bardonecchia. La ditta Troyer di Lagundo (Bolzano) costruì nel 1948 la sua prima seggiovia Foresta-S. Giuseppe (Alto Adige) e K. Hölzl costruì nel 1949 la seggiovia Ronchi-Montebello in Lombardia.

Nel 1951 fu costruito in Italia, ad Alagna Valsesia, su brevetto di U. Carlevaro, il primo impianto monofune a moto unidirezionale continuo ad agganciamento temporaneo e a cabinette chiuse biposto, simile al sistema Von Roll sopra citato, dove i viaggiatori salivano e scendevano con cabinette ferme alle stazioni, cabinette che venivano poi lanciate in linea con morsetto che si stringeva sulla fune portante-traente alla partenza, e si sganciava all'arrivo.

Per lo sviluppo degli i. di r. negli anni Cinquanta è interessante ricordare la sciovia di Manizalés in Columbia, costruita dalla ditta svizzera Brandle per una zona sciistica alla quota di 5200 m.

La tecnica costruttiva degli i. di r. ha avuto, dagli anni Sessanta a oggi, un'importante e vasta evoluzione, spinta soprattutto dalla necessità di aumentare la capacità di trasporto degli impianti, richiesta dalla sempre maggiore diffusione e frequentazione dei campi turisticosportivi montani. Tra le funivie monofuni si è avuta evoluzione sia per le seggiovie ad attacchi fissi, sia per gli impianti a collegamento temporaneo. Nelle prime le seggiole si sono ingrandite dal posto singolo e biposto iniziale a 3 e oggi anche a 4 posti fronte marcia; poi, per gli impianti destinati al trasporto degli sciatori con sci ai piedi e quindi con piste di salita e discesa opportunamente sagomate, si sono generalizzate le più alte velocità di 2,5 m/s; si è cercato cioè di raggiungere le maggiori capacità di trasporto fino a 2000 persone/ora.

Oggi si costruiscono anche seggiovie per sciatori a collegamento temporaneo, con seggiole a 4 posti che si agganciano alla fune portante-traente alla partenza e si sganciano all'arrivo (fig. 1), con la velocità in linea fino a 5 m/s e, all'interno delle stazioni, trainate su rotaie alla velocità di 0,3 m/s con la possibilità per gli sciatori di sedersi con gli sci ai piedi alla partenza e scivolar via all'arrivo su piste in discesa, opportunamente sagomate. Con tali impianti si arriva alla capacità di trasporto di 2400 sciatori/ora.

Le monofuni a cabinette chiuse con collegamento temporaneo, che si agganciano cioè alla partenza e si sganciano automaticamente all'arrivo, sono quelle che hanno avuto la maggiore evoluzione. Il tipo oggi più diffuso è quello con cabine a 6 posti e velocità di 4,5÷5 m/s (fig. 2), col quale si raggiungono capacità di trasporto di oltre 2000 persone/ora. Il primo impianto di questo tipo, costruito in Italia dalla ditta Agudio di Torino, è entrato in servizio nel 1979 nel Trentino: Folgarida-Malghet Haut, lungo 1606 m, con un dislivello di 553 m, con cabinette a 6 posti e velocità 4 m/s.

Attualmente si costruiscono monofuni a collegamento temporaneo anche con cabine chiuse a 8 posti a sedere e 12 in piedi. Con tali impianti si raggiungono capacità di trasporto fino a 3200 persone/ora. Un impianto con cabinette a 8 posti a sedere è stato costruito dalla ditta Leitner di Vipiteno a Santa Cristina in Val Gardena per il Col Raiser: lunghezza 2330 m, dislivello 546 m, velocità 5 m/s, entrato in servizio nel dicembre 1988. Nel febbraio 1988 è entrato in servizio a Moena l'impianto Ronchi-Valbona, costruito dalla ditta Agudio, con cabinette a 12 posti in piedi, velocità 5 m/s, lunghezza 1250 m, dislivello 453 m.

La corsa alle alte capacità ha fatto sorgere, in questi ultimi tempi, in Francia e in Austria, un tipo d'impianto costruito dal francese Pomagalski, detto DMC (Double Mono Cable), del quale dal 1983 sono stati già installati 6 esemplari in Francia. L'impianto ha due funi portanti-traenti parallele in moto continuo a uguale velocità, alle quali, con un complesso a 4 morse a ganasce, si agganciano alla partenza e si sganciano all'arrivo vetture da 20÷25 persone in piedi.

In Italia è stato costruito e messo in esercizio, nel dicembre 1988, un impianto simile costruito dalla ditta Agudio a La Thuile: GoletteLe Suches, con velocità in linea di 6 m/s, cabine a 25 posti in piedi, potenzialità di trasporto fino a 3400 persone/ora, lunghezza 1717 m, dislivello 710 m (fig. 3).

Principi tecnici fondamentali. - Calcolo delle funi. - Per le funi debbono effettuarsi due tipi di calcoli, uno per la configurazione in linea, l'altro per la resistenza. Per entrambi le disposizioni regolamentari stabiliscono i principi generali di effettuazione, che peraltro sono andati affinandosi attualmente con l'impiego dei calcolatori elettronici. Infatti in precedenza la configurazione delle funi tese si assimilava alla parabola e in ogni caso i carichi dei sistemi di attacco, per le sciovie, e dei veicoli appesi, per gli altri impianti, erano considerati ripartiti lungo la fune, per cui si calcolava la fune con un peso a m apparente pari a pa = pf + q/Δv, dove pa è il peso apparente, pf è il peso della fune, q il carico verticale e Δv la distanza tra i veicoli in linea. Oggi invece si considera la curva effettiva che assume la fune, e cioè la catenaria la cui equazione è y = h Ch x/h, dove Ch è il coseno iperbolico, e h il parametro. Poiché la funzione è trascendente, il calcolo non può essere diretto ma viene eseguito indirettamente per iterazione fissando un limite congruo per l'approssimazione. Inoltre, quando si tratta di veicoli pesanti quali le seggiole quadriposto o le cabinette a 4 o più posti, si considera la configurazione reale che assume la fune con i carichi concentrati, effettuando il calcolo dell'esatta ascissa e ordinata di ciascun carico per iterazioni successive sulle campate parziali in cui la campata tra due sostegni di linea è suddivisa dai carichi esistenti; per il passaggio da una campata parziale alla successiva si considera l'equilibrio delle forze e cioè la chiusura del triangolo formato dalle tensioni della fune a valle e a monte del carico e la forza peso del carico. Per il passaggio da una campata alla successiva si considerano gli attriti sui sostegni di norma pari a 0,03 Pr, dove Pr è la pressione della fune sul sostegno. Per gli stati transitori si considerano anche le forze d'inerzia, derivanti dalle masse in gioco (fune, carichi, rulli di linea) con accelerazioni di norma pari a 0,2 m/s2 per l'avviamento e 0,6 m/s2 per la frenatura.

Per tutto ciò si compilano appositi programmi per i calcolatori elettronici che, inserendo i dati dell'impianto (tensione fune al contrappeso, ascisse e ordinate di tutte le campate, forza peso a m della fune, forza peso e intervallo dei carichi, coefficienti di attrito), danno in uscita tutti i valori delle grandezze che interessano, quali tensioni massima e minima della fune, pressioni massima e minima sui sostegni, angoli della fune a valle e a monte delle rulliere dei singoli sostegni (angolo d'imbocco), ascisse e ordinate della posizione dei singoli carichi, distanze minime e massime dei carichi dal suolo, ecc.

Per il calcolo di resistenza della fune si deve verificare la relazione Cs/T > gs dove Cs è il carico somma della fune, cioè la somma della resistenza alla rottura dei singoli fili (derivante dal collaudo di spezzoni della fune impiegata), T è la tensione massima derivante dal calcolo sopra detto, e gs è il grado di stabilità previsto nella normativa.

Argano. - È il dispositivo che dà il movimento alla fune ed è costituito in genere da un motore elettrico, un riduttore della velocità e una puleggia motrice su cui si avvolge la fune. Per questa puleggia, rivestita di materiale cedevole, va assicurata l'aderenza con la formula T/t 〈 e , dove T e t sono le tensioni massima e minima della fune all'ingresso e all'uscita della puleggia motrice (derivanti dai calcoli sopra detti), f è il coefficiente di aderenza che si assume di norma pari a 0,2, e α è l'angolo di avvolgimento della fune sulla puleggia.

Il motore elettrico di norma è a corrente continua, e l'alimentazione e la regolazione avvengono oggi col sistema dei tiristori (semiconduttori al silicio pilotati elettronicamente). L'argano degli impianti moderni è dotato di norma di tre freni: uno elettrico, dovuto al sistema di alimentazione del motore che permette il recupero di energia; il secondo, detto ''di servizio'', che agisce sull'albero veloce di collegamento motore-riduttore, a disco con pinze a molla pilotate con sistema elettro-idraulico controllato elettronicamente in maniera da fornire accelerazione costante; il terzo, detto ''di emergenza'', agente direttamente sulla puleggia motrice con pinze a molla, analoghe alle precedenti, che si stringono su fasce periferiche laterali ricavate sulla corona esterna della detta puleggia; la forza di serraggio delle pinze è pilotata come per il freno di servizio (v. fig. 4).

Morse di collegamento degli attacchi o delle sospensioni dei veicoli alla fune. - Sono costituite da ganasce che si serrano sulla fune con uno sforzo fornito da molle (fig. 5). Per gli attacchi fissi è prescritto l'impiego di un solo sistema di molle, mentre per i collegamenti temporanei sono prescritti due distinti sistemi di serraggio, oggi in genere costituiti da due sistemi di molle (a disco o elicoidali). Per veicoli a più di quattro posti è stabilito che ciascun veicolo si afferri alla fune con due morse (v. fig. 2). La resistenza allo scorrimento delle morse sulla fune dev'essere almeno pari a 3 volte la massima componente lungo la fune della forza peso del veicolo; questa deriva dal programma di calcolo, di cui si è detto sopra, quando si ha il veicolo sulla massima pendenza della traiettoria. Il coefficiente di attrito apparente della morsa sulla fune viene assunto in genere di valore 0,16÷0,17.

Nel caso di due morse, che devono essere opportunamente distanziate, si considera che ciascuna morsa deve resistere allo scorrimento con uno sforzo almeno pari al 60% del totale.

Travi di lancio e di arrivo. - Sono dispositivi, impiegati nelle stazioni degli impianti a collegamento temporaneo, che servono per far agganciare i veicoli alla fune alla partenza e sganciarli dalla fune all'arrivo (v. fig. 1). A tal fine i dispositivi per l'aggancio devono accelerare i veicoli dalle velocità del convogliatore di stazione, di norma 0,3÷0,5 m/s, alla velocità della fune in moto continuo, e per lo sgancio devono frenare i veicoli dalla velocità della fune a quella del convogliatore. Oggi di norma questo avviene con sistemi ad attrito, costituiti da una serie di rulli con pneumatici che si accoppiano con un elemento apposito del carrello che porta la morsa, o le morse, del veicolo. L'accelerazione o la decelerazione vengono comunicate secondo due sistemi: o con velocità variabile da un rullo al successivo, o con variazione della velocità dell'intero sistema dei rulli.

Le travi di lancio e di arrivo hanno due sistemi di guide, superiore e inferiore, che, per il lancio, prima aprono le ganasce della morsa e poi le fanno richiudere sulla fune, e, per lo sgancio, prima aprono le ganasce delle morse per far uscire la fune e poi le richiudono a vuoto. Le stesse travi hanno inoltre dei sistemi di controllo per il corretto accoppiamento e per il corretto sgancio. I primi sono di due tipi: geometrico, che controlla la sagoma delle ganasce della morsa durante le fasi di apertura e chiusura, e dinamometrico, che controlla lo sforzo delle molle della morsa in apertura e in chiusura; i secondi sono di tipo geometrico per controllare che la morsa sia aperta e la fune sia uscita dalla morsa. Tali dispositivi, in caso di non corretto aggancio o sgancio, agiscono sul sistema della sicurezza interna delle stazioni.

Sistemi di sicurezza. - Oggi è generalmente usato un doppio sistema di sicurezza: uno esterno o di linea, che controlla l'esatto accoppiamento della fune con le rulliere dei sostegni, e l'altro di stazione, al quale affluiscono i controlli delle travi di lancio e di arrivo e quelli del corretto funzionamento dell'argano e dei freni. In presenza di qualsiasi disfunzione il sistema di sicurezza arresta il moto dell'argano, azionando i diversi freni a seconda dell'importanza dell'elemento coinvolto nel guasto. Il sistema di sicurezza esterno in genere è costituito da un circuito elettrico portato da appositi conduttori lungo la linea; il sistema interno della stazione da un complesso elettronico misto che impiega relé e schede anche a logica statica con microprocessori.

Legislazione e regolamentazione (norme di sicurezza). − La legislazione fondamentale degli i. di r. è rimasta quella indicata nella voce funivia (App. IV, i, p. 883), salvo che, in base al trasferimento della competenza alle Regioni a statuto ordinario (d.P.R. 14 gennaio 1972), ciascuna Regione ha emanato per le concessioni proprie disposizioni legislative.

In materia di normativa per la sicurezza, rimasta di competenza del ministero dei Trasporti, è stato promulgato il d.P.R. 11 luglio 1980 n. 753, recante norme applicabili a tutti i sistemi di trasporto, tra cui anche gli i. di risalita. In base a tale disposizione generale è stata parzialmente modificata la regolamentazione tecnica per i vari tipi di i. di risalita.

Sciovie. - Con D.M. 15 marzo 1982 n. 706 (56) sono state emanate le norme tecniche per la costruzione e l'esercizio delle sciovie. Tra l'altro è disposto che la pista nevosa di salita dev'essere larga almeno 2 m per le monoposto e 2,50 m per le biposto, e protetta lateralmente; la pendenza longitudinale di norma non deve superare il 60%; la fune dev'essere sostenuta in linea da sostegni di altezza tale che l'angolo che il dispositivo di traino fa con la verticale non sia mai inferiore a 20°; il grado di sicurezza delle funi non dev'essere inferiore a 4,5; la velocità di norma non deve superare i 2 m/s, ma può essere superiore (in genere da 2,5 a 3 m/s) se s'impiegano dispositivi di traino ad azione progressiva, cioè che non danno lo strappo alla partenza dello sciatore; l'intervallo di tempo tra due traini successivi non deve di norma essere inferiore a 5 s per le monoposto e 8 s per le biposto; l'argano dev'essere dotato di un freno automatico e di dispositivo antiretromarcia.

Seggiovie ad attacchi fissi. - La regolamentazione tecnica derivante dal D.M. 16 giugno 1964 n. 1541 e successive modificazioni è stata integrata col D.M. 1° agosto 1984 n. 2134. In particolare sono stati modificati i valori limite della distanza tra le seggiole misurata in tempo: 5 s per le monoposto, 8 per le bi- e triposto e rispettivamente 4 e 6 s per le seggiovie destinate al trasporto in salita di soli sciatori con sci ai piedi. Sono stati pure modificati i limiti di velocità: 2 m/s per seggiovie mono- e biposto, 1,7 m/s per impianti a cabinette, 1,2 m/s per seggiovie triposto; 2,5 m/s per seggiovie mono- e biposto, 2,3 m/s per seggiovie triposto nel caso di impianti riservati a sciatori con sci ai piedi.

Le altezze massime dal suolo sono rimaste invariate: 8 m per seggiole aperte, con possibilità di brevi tratti a 10 m; per trasporto esclusivo di sciatori con sci ai piedi il limite di 10 m è aumentato a 15.

Seggiovie a collegamento temporaneo. - Per tali impianti sviluppatisi negli ultimi anni con seggiole a 3 e 4 posti, sono state emanate disposizioni tecniche transitorie con circolare ministeriale 27 luglio 1985 n. 1944 (56). Tali disposizioni ricalcano in parte le norme sulle seggiovie e in parte quelle per le monofuni a cabinette a collegamento temporaneo, per cui v. oltre.

La velocità massima in linea è di 5 m/s, l'equidistanza minima tra i veicoli in linea dev'essere non inferiore a 1,5 volte lo spazio di arresto dell'impianto (di norma con decelerazione pari a 0,6 m/s2) e, misurata in tempo, non deve in ogni caso essere inferiore a 6 s per le triposto e 7 s per le quadriposto; le altezze massime dal suolo non devono superare i 6 m se il soccorso di viaggiatori fermi in linea è effettuato con scale, 10 m se per la discesa dei viaggiatori in linea sono impiegati altri idonei dispositivi, e 15 m se il terreno sottostante è facilmente raggiungibile con idonei mezzi automotori; tale ultimo limite può essere superato fino a un massimo di 25 m in presenza di locali depressioni del terreno su cui insistono non più di una seggiola per ramo. Il grado di sicurezza delle funi dev'essere non inferiore a 5.

Monofuni a cabinette chiuse a collegamento temporaneo. - Per tali impianti valgono le Prescrizioni tecniche speciali approvate con D.M. 7 luglio 1960 n. 1235, successivamente modificate con i DD.MM. 31 dicembre 1975 n. 10216, 9 aprile 1979 n. 990, e 1° agosto 1983 n. 1902. La velocità massima in linea finora consentita è di 5 m/s, ma negli ultimissimi impianti con doppia fune portante-traente è stata considerata anche la possibilità di raggiungere i 6 m/s. L'intervallo minimo tra i veicoli in linea è riferito al maggiore di tre parametri: 1,5 volte lo spazio di frenata automatico, il tempo necessario per l'uscita dei viaggiatori dalle cabine (di norma 3 s per viaggiatore), il tempo intercorrente tra l'istante in cui avviene il lancio di un veicolo in linea nella stazione e l'istante in cui l'impianto si arresta automaticamente per l'intervento dell'ultimo dispositivo di controllo dell'accoppiamento morsa-fune. Le altezze massime dal suolo non devono superare i seguenti limiti: 6 m se il salvataggio avviene con scale, 10 m se il salvataggio è effettuato con altri idonei mezzi, 25 m se il terreno sottostante è raggiungibile con idonei mezzi motorizzati, 45 m per brevissimi tratti comprendenti non più di 1 veicolo per ramo. Questi due ultimi limiti sono ora in discussione per aumentarli a 30 e 60 m rispettivamente, con maggiore larghezza circa il numero dei veicoli interessati. Il grado di sicurezza delle funi dev'essere non inferiore a 5. Vedi tav. f.t.

Bibl.: A. Anastasi, Di alcuni punti del calcolo della configurazione delle funi delle funicolari aeree, in L'Ingegnere, dicembre 1929; A. Maffezzoli, Elementi di calcolo delle funi, Napoli 1931;V. Zignoli, Funivie (Corso specializzazione costruzioni metalliche), Torino 1938; A. Nicolardi, Teleferiche, Milano 1950; E. Czitary, Seilschwebebahnen, Vienna 1950; V. Zignoli, Trasporti meccanici, Milano 1953, 19702; Z. Schneigert, Téléphériques et transporteurs aériens, Parigi 1964; D. Marocchi, Funicolari aeree e sciovie, Torino 1965, 19702; P. D'Armini, Elementi di progetto per impianti a fune, Roma 1981; A. Recupito, I trasporti a fune, Milano 1983; A. Bafile, Impianti di trasporto a fune, Pisa 1987. Si vedano inoltre gli Atti dei due Congressi di Bolzano del 1948 e 1952, Ministero dei Trasporti, Roma; gli Atti dei sei Congressi internazionali dei trasporti a fune della OITAF (Organizzazione Internazionale dei Trasporti a Fune), Roma 1957, Parigi 1963, Lucerna 1969, Vienna 1975, Monaco di Baviera 1981, Grenoble 1987, Roma.

© Istituto della Enciclopedia Italiana - Riproduzione riservata

TAG

Seconda guerra mondiale

Calcolatori elettronici

Madonna di campiglio

Circuito elettrico

Cortina d'ampezzo