BRITANNICO, IMPERO

Enciclopedia Italiana - I Appendice (1938)

BRITANNICO, IMPERO (VII, p. 891)

Pietro SILVA

Storia (p. 893). - La conferenza imperiale del 1926 gettò le basi del nuovo sistema di rapporti tra la madre patria, i dominî e le colonie, formatosi specialmente per effetto della guerra mondiale. Si delineò allora l'Impero britannico come "Impero di nazioni completamente autonome, gelose della propria autonomia, e nello stesso tempo orgogliose della loro unità imperiale".

Le nuove direttive così segnate hanno avuto accentuazione e sviluppo ulteriori nel periodo successivo, segnato da avvenimenti notevoli sia nella storia complessiva dell'Impero britannico, sia in quella delle singole parti di esso.

Nel campo della storia complessiva dell'Impero, giova anzitutto ricordare lo Statuto di Westminster del 1931, che definì e precisò ulteriormente il sistema creato nella Conferenza imperiale del 1926. Infatti, lo statuto di Westminster stabilì che il Parlamento britannico non avrebbe avuto più il diritto di legiferare per i Dominions; che il diritto di pace e di guerra, al pari di quello di negoziare i trattati, sarebbe appartenuto, per le parti che li riguardavano, esclusivamente ai Dominions; e che i primi ministri dei Dominions avrebbero avuto legame di diretta dipendenza dal Sovrano, così come l'aveva il primo ministro della Gran Bretagna.

L'anno dopo, nella Conferenza di Ottawa, i nuovi rapporti costituzionali così formatisi esercitarono la loro azione nel campo economico, come dimostrò il fatto che nelle discussioni e nelle decisioni per il nuovo sistema di tariffe, gl'interessi dei Dominions riuscirono ad affermarsi, e in certi casi a prevalere, di fronte agli interessi della madrepatria.

Nella vita delle varie parti dell'Impero gli avvenimenti più importanti riguardarono l'Irlanda, l'‛Irāq, la Palestina, l'Egitto e l'India.

L'Irlanda aveva assunto nel complesso dell'Impero una propria situazione per effetto della costituzione del 1921, che aveva creato lo stato libero d'Irlanda abbracciante tutta l'isola, tranne la provincia dell'Ulster, e gli aveva dato la posizione giuridica e politica di un Dominion. A tale situazione l'Irlanda parve adattarsi nel periodo 1922-1931, quando alla testa dello Stato libero fu il presidente W. Th. Cosgrave; ma nel 1931 ebbe il sopravvento E. De Valera, che iniziò la politica tendente alla rottura con l'Inghilterra e alla indipendenza completa. Alla fine del 1937 fra il governo di Londra e quello di Dublino vennero avviate nuove trattative per una definitiva sistemazione dei rapporti anglo-irlandesi, concluse con l'accordo del 25 aprile 1938 (v. nell'App.: inghilterra; irlanda).

L'‛Irāq, compreso nell'Impero britannico come mandato al momento delle sistemazioni coloniali seguite alla guerra mondiale, cessò giuridicamente di farne parte nel 1931, quando ottenne il riconoscimento dell'indipendenza, preludio all'ammissione nella Società delle Nazioni. Un legame è stato mantenuto, attraverso un trattato politico ed economico, assicurante all'Inghilterra particolari vantaggi.

La Palestina, trasformata in centro di una migrazione ebraica promossa e favorita dal governo britannico secondo le direttive stabilite nella dichiarazione Balfour del 2 novembre 1917, divenne il teatro di lotte fra gli elementi arabi e gli Ebrei sopraggiungenti sempre più numerosi (il loro numero ascese nel 1935 a 375 mila), e accaparrantisi le terre migliori e più redditizie. Si creò così una tensione tale da preoccupare le autorità britanniche, specialmente dal 1935, quando gli urti e i conflitti divennero all'ordine del giorno. L'agitazione giunse al suo stadio acuto nel 1936, culminando in atti di violenza, che costrinsero l'alto commissario britannico a proclamare lo stato d'assedio, cui i capi del movimento arabo risposero con lo sciopero generale. Ciò provocò da parte del governo britannico la nomina di una Commissione reale d'inchiesta inviata in Palestina, nella primavera del 1937, per investigare le cause dell'agitazione e dei malcontenti fra Arabi ed Ebrei, e per studiare e proporre un piano di soluzione del problema. La relazione della Commissione, presentata nel luglio 1937, propose la tripartizione del territorio conteso: due terzi di esso formerebbero uno stato arabo, il rimanente terzo costituirebbe lo stato ebraico, mentre il territorio da Gerusalemme al mare, comprendente i Luoghi Santi e il porto di Caifa, resterebbe sotto il protettorato dell'Inghilterra. Siffatte proposte hanno sollevato malcontento e proteste veementi soprattutto fra gli Arabi e critiche anche nel Parlamento britannico, e non sono entrate in applicazione. L'arduo problema della Palestina è tuttora in sospeso e costituisce una fonte di preoccupazioni per il governo di Londra, soprattutto in relazione alla posizione e agl'interessi dell'Impero britannico in Mediterraneo.

Altro problema connesso alla situazione dell'Impero nel Mediterraneo è quello dell'Egitto. Anche in Egitto la situazione formatasi in seguito alla guerra mondiale e concretata col trattato anglo-egiziano del 1922, che riconosceva all'Egitto l'indipendenza con certe limitazioni, provocò malcontento e difficoltà, dovute sopra tutto all'atteggiamento delle correnti nazionaliste egiziane. L'aggravamento della situazione, che si trovò a coincidere con la crisi mediterranea italo-inglese del 1935-36, provocata dall'impresa etiopica, spinse il governo britannico alla conclusione del trattato firmato a Londra il 26 agosto 1936, che sanziona l'indipendenza completa dell'Egitto e stabilisce tra Egitto e Inghilterra un'alleanza, in base alla quale l'Impero britannico continua a tutelare il suo interesse essenziale riguardo l'Egitto, e cioè la sorveglianza del Canale di Suez.

Nell'India, che ha nel complesso dell'Impero britannico una particolare situazione, differente da quella delle dipendenze dirette e dei Dominions, il problema imperiale è costituito dalla difficoltà di conciliare la sicurezza e la solidità della dominazione britannica, con le tendenze sempre più forti fra gl'indù di ottenere forme sempre più sviluppate di autogoverno, e coi contrasti, sempre acutissimi, di religione, di razza e di casta fra i diversi strati della foltissima popolazione. Particolarmente preoccupante si delineò il movimento promosso e animato da Gandhi, tanto da spingere il governo britannico a preparare una nuova costituzione per l'India, basata sul concetto di comporre in un'India federale i contrasti fra le correnti e gli organismi politici differenti, facendo partecipare tutti più ampiamente al governo del paese. Emanata nel 1935, la nuova costituzione indiana è entrata in vigore nel 1937; ma le correnti nazionaliste indiane la considerano come uno stadio intermedio per ulteriori conquiste.

Tale il quadro degli aspetti della vita dell'Impero britannico e dei più importanti problemi legati ad esso nell'ultimo periodo. Il carattere che appare più impressionante, e che può determinare nuovi eventi e mutamenti importanti nella vita futura del colossale organismo, è costituito dal peso sempre maggiore che i governi dei Dominions esercitano sull'indirizzo della politica generale e sulle decisioni del governo della metropoli. Molte incertezze e lentezze del governo di Londra di fronte a grandi problemi internazionali derivano dal fatto che il govemo di Londra non può prendere decisioni impegnanti la politica generale dell'impero senza prima aver consultato i governi dei Dominions per concertare una linea d'azione che sia comune alle varie parti dell'impero e ne concilî gli interessi talora divergenti. Nella creazione della Società delle nazioni e nei sistemi e nei caratteri prevalenti nell'istituto ginevrino, l'Impero britannico, col suo carattere di organismo complesso di nazioni autonome legate fra loro da un patto liberamente accettato, pareva aver trovato una base di vitalità e di consolidamento. La crisi attuale della Società delle nazioni non manca quindi di avere ripercussioni importanti sulla vita dell'Impero britannico.

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