IMMIGRAZIONE

Enciclopedia Italiana - V Appendice (1992)

IMMIGRAZIONE

Ester Capuzzo

Per i. s'intende l'entrata, lo stabilimento e l'inserimento provvisorio o permanente di individui e masse di individui in paesi diversi da quelli d'origine. Il fenomeno, caratterizzato da precise ragioni politiche e socio-economiche, si è sviluppato notevolmente negli ultimi anni per il progressivo aumento dei flussi migratori dai paesi in via di sviluppo, e ha investito gran parte degli stati europei (v. anche migratorie, correnti, in questa Appendice).

L'immigrazione in Italia. - Attualmente le correnti migratorie provengono per lo più da paesi extraeuropei e, segnatamente, da stati africani, come Marocco, Tunisia, Egitto, Ghana, Zaire, Senegal, Nigeria. I cosiddetti ''extracomunitari'' si riversano − spesso clandestinamente − in Europa occidentale in cerca di nuove opportunità di lavoro e di speranze di vita, vanificate in molti casi da una realtà misera ed emarginante. Per molti di essi l'Italia è un'area di sosta temporanea; diversi clandestini, infatti, arrivano nel nostro paese con l'intenzione di trasferirsi successivamente in altri economicamente più attraenti. In molti casi, invece, finiscono per rimanere nella penisola e molti si stabiliscono in zone ad alta disoccupazione, come il Mezzogiorno e il Centro, finendo, talvolta, con il restare ai margini dell'integrazione sociale e nelle file della criminalità.

Oltre al problema dell'i. a carattere prevalentemente africano (non mancano però immigrati dai paesi asiatici), l'Europa e l'Italia devono affrontare, per effetto del crollo dei regimi del socialismo reale, anche quello dell'i. proveniente dai paesi dell'Est europeo.

In questo contesto appare ben evidente come il legislatore italiano, per indicare gli immigrati, abbia utilizzato in modo improprio il termine di ''cittadino extracomunitario'' in riferimento prevalente agli immigrati provenienti dai paesi extraeuropei (l'espressione è infatti giuridicamente inesatta, poiché gli africani, gli asiatici, i sudamericani in Italia sono immigrati e non cittadini, giacché la cittadinanza è riferita a quella del loro paese d'origine). Alla stessa stregua sono immigrati extracomunitari anche quelli che, provenienti dai paesi dell'Est europeo (Polonia, Ungheria, Cecoslovacchia, Romania), che non fanno parte della CEE, si stabiliscono nei paesi comunitari per motivi diversi; al contrario, il cittadino comunitario che si stabilisca in Italia non è un immigrato ma è un cittadino ''alla pari'' di quelli che hanno la cittadinanza italiana.

Nel giro di poco più di un decennio l'Italia è passata da paese a forte emigrazione (sono stati circa 26 milioni gli Italiani emigrati nel corso di un secolo) a paese a elevata i., per l'attrazione esercitata su masse straniere dalla prospettiva di un rapido miglioramento delle condizioni di vita. Il fenomeno è giuridicamente rilevante, sia sul piano internazionale sia su quello interno. In sede sovrannazionale sono stati adottati strumenti diplomatici, come accordi bilaterali in materia amministrativa ed economica: tra i primi rientrano gli atti conclusi tra la nazione d'i. e quella di provenienza allo scopo di abolire il visto d'ingresso, e gli atti finalizzati a promuovere gli scambi culturali favorendo, per es., i soggiorni e la concessione di borse di studio; tra i secondi, quelli stipulati allo scopo d'inviare esperti di cooperazione tecnica per favorire lo sviluppo dei paesi emergenti e la formazione in essi di personale professionalmente qualificato. A questi si affiancano accordi diplomatici plurilaterali come le convenzioni stipulate per assistere quelle persone che sono costrette a lasciare il proprio paese d'origine per motivi politici (per es., la convenzione di Ginevra sui rifugiati, del 28 luglio 1951).

Nell'ordinamento comunitario si applica il principio della libertà di circolazione dei lavoratori immigrati degli stati membri della CEE e del loro stabilimento in ciascuno di essi, attestato dal regolamento n. 1612 del 1968; dal regolamento n. 1251 del 1970 sul diritto dei lavoratori di soggiornare nel territorio dello stato membro dopo avervi avuto un'occupazione; dalla direttiva n. 64/221 sul coordinamento delle misure speciali contro gli stranieri, giustificato da ragioni di ordine pubblico, di sicurezza pubblica e di sanità pubblica.

Nel nostro ordinamento norme appartenenti a differenti fonti (costituzionali, legislative, regolamentari, regionali) contemplano il fenomeno immigratorio. Per l'ingresso e il soggiorno in Italia di cittadini extracomunitari l'intervento del legislatore è stato sollecitato dalla necessità di norme maggiormente adeguate ai tempi e alla situazione rispetto a quelle contenute nell'ormai superata legge di pubblica sicurezza (R.D. 18 giugno 1931 n. 773, artt. 142-152).

Un primo risultato verso la regolamentazione e la regolarizzazione di questo fenomeno si è avuto con la l. 30 dicembre 1986 n. 943, recante norme in materia d'ingresso, di collocamento e di trattamento dei lavoratori extracomunitari e contro l'i. clandestina. Si è trattato di una legge transitoria e di convalida, ossia di una sanatoria per legittimare le situazioni pregresse. Le regolarizzazioni avvenute con tale legge sono state in tutto 118.709, di cui 51.971 con autorizzazione al lavoro, e 66.738 con iscrizione agli uffici di collocamento.

Un nuovo intervento si è compiuto tre anni dopo con il D.L. 30 dicembre 1989 n. 416, contenente "Norme urgenti in materia di asilo politico, di ingresso e soggiorno dei cittadini extracomunitari e di regolarizzazione dei cittadini extracomunitari ed apolidi già presenti nel territorio dello Stato", decreto successivamente convertito, con modificazioni, dalla l. 28 febbraio 1990 n. 39, che ha colmato alcuni vuoti lasciati dalla precedente normativa (anagrafe, licenze artigianali e commerciali, stato civile, cittadinanza, ricorsi); pur tuttavia permangono ancora insoluti problemi come il pagamento delle tasse e dei tributi locali, le occupazioni di suolo pubblico, le patenti d'auto, il porto d'armi, il ricongiungimento con i familiari.

La suddetta l. 28 febbraio 1990 n. 39, che è più comunemente conosciuta come ''legge Martelli'', approvata dopo un lungo e burrascoso iter parlamentare e fortemente criticata per il suo carattere permissivo, pur mirando a regolamentare i flussi migratori, ha sì regolarizzato la posizione degli immigrati già presenti in Italia, ma spesso non ha ostacolato l'arrivo di altri che, senza lavoro e senza casa, sono giunti nella penisola alla ricerca di un futuro migliore.

Le regolarizzazioni conseguenti a tale legge sono molto più numerose di quelle, già ricordate, effettuate ai sensi della l. n. 943 del 1986 (638.281 per l'intero territorio nazionale, così ripartite: 242.089 nel Nord, 255.580 nel Centro, 80.143 nel Sud, 60.469 nelle isole, pur stimando ancora una presenza sommersa di alcune centinaia di migliaia di immigrati), anche se vi sono compresi i rinnovi dei permessi di soggiorno scaduti. La sanatoria riguarda in più alta percentuale immigrati provenienti dal Marocco, dalla Tunisia, dal Senegal, dalle isole Mauritius e dal Bangla Desh; in percentuale più bassa immigrati dalla Cina, dal Ghana, dalla Somalia, dallo Śrī Laṇka, dalla Nigeria, dall'Algeria, dalla Repubblica Dominicana, dal Perù, dalle Filippine e, infine, dalla Iugoslavia, dalla Polonia, dal Brasile, dall'Argentina, dall'India, dall'Iran e dal Libano. È evidente che il flusso dai paesi del Maghreb, con 64.356 unità (pari al 43,5% delle regolarizzazioni), impone la necessità di inserire il problema delle nuove i. in una più incisiva politica mediterranea, comunitaria e italiana.

La l. n. 39 del 1990 si compone, come il precedente D.L. n. 416 del 1989, dei medesimi articoli (l'art. 8 del D.L. è stato però soppresso dal Parlamento). Essa, pur lasciando in vigore diverse norme della l. n. 943 del 1986, prevede l'abolizione della riserva geografica e una nuova disciplina delle procedure di riconoscimento dello status di rifugiato (da effettuarsi con un decreto del presidente della Repubblica); ridefinisce i paesi dai quali occorra il visto d'ingresso; programma i flussi migratori (un decreto entro il 30 ottobre di ogni anno stabilisce il tetto d'ingresso per lavoro nei dodici mesi successivi); precisa i casi di espulsione per le persone ritenute pericolose, salvo i casi di persecuzione per motivi politici e per la tutela dei diritti umani; prevede la tutela giurisdizionale davanti ai TAR e al pretore del lavoro; permette agli extracomunitari regolarizzati di accedere al collocamento e d'iscriversi nell'albo o nei registri per l'esercizio di attività artigianali e commerciali; fornisce loro l'iscrizione gratuita alle USL e l'assistenza nei diversi settori sociali (scuola, lavoro, sanità, casa, famiglia).

Le linee guida di questo provvedimento non coincidono appieno con le richieste formulate dalla Carta dei diritti degli immigrati e che prevedono: l'acquisto della cittadinanza per ogni persona residente da almeno tre anni sul territorio dello stato, e la partecipazione alla vita pubblica come elettore e come candidato alle elezioni amministrative, politiche e per il Parlamento europeo; la concessione del diritto d'asilo per ogni persona perseguitata per motivi politici, razziali, religiosi; la possibilità di un lavoro per tutti coloro che vivono sul territorio nazionale con uguale trattamento d'impiego, retribuzione, licenziamento e reintegrazione nel posto; la realizzazione del ricongiungimento familiare senza alcuna discriminazione per la residenza, l'occupazione, l'istruzione e la sicurezza sociale.

In relazione alle difficoltà di attuazione della l. n. 39 del 1990, da più parti lamentate ed evidenziate, si è cercato di introdurre dei correttivi mediante l'emanazione del D.L. 29 febbraio 1992 n. 193, il quale, con l'adozione di un più rigido sistema d'ingresso nel nostro paese di cittadini extracomunitari, prevede nuove e più numerose ipotesi di espulsione, mediante decreto prefettizio dietro nulla osta dell'autorità giudiziaria, specie nei confronti di coloro che si sono resi colpevoli di gravi reati. Per affrontare i numerosi e complessi problemi che l'i. di una composita moltitudine di persone comporta, nell'estate del 1991 è stato istituito il ministero per gli Italiani all'estero e l'immigrazione.

Bibl.: A. Maresca, s.v. Immigrazione, in Novissimo Digesto Italiano, Appendice, vol. iii, Torino 1982, pp. 1214-18; P. Onorato, La nuova legge sugli immigrati, in Testimonianza, 33 (1990), 323-24, pp. 185-95; U. Fragola, I problemi degli immigrati extracomunitari nel quadro della vigente legislazione, in Nuova Rassegna di legislazione, dottrina e giurisprudenza, 64 (1990), 9, pp. 866-936; F. Bentivoglio, L'immigrazione estera in Italia. Previsioni del decreto legge 416/1989, in Previdenza sociale, 46 (1990), 1, pp. 71-95; G.L. Monticelli, Le statistiche sull'immigrazione estera in Italia dopo le leggi di sanatoria, ibid., 46 (1990), 3, pp. 867-906; Istituto Centrale di Statistica, Gli immigrati presenti in Italia: una stima per l'anno 1989, Roma 1990; P.L. Zanchetta, L. Pepino, Essere stranieri in Italia, Milano 1991; M.I. Maciotti, E. Pugliese, Gli immigrati in Italia, Roma-Bari 1991; L. Preti, Extracomunitari in Italia e in Europa, Napoli 1991.

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