Il periodo paleoaccadico

Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco (2014)

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Il periodo paleoaccadico

Massimo Maiocchi

Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook

Verso la metà del XXIV secolo a.C. la Mesopotamia viene unificata sotto Sargon di Akkad. Grazie alla schiacciante superiorità militare e ad una accorta politica matrimoniale, i suoi successori riescono a tenere le redini di un vasto impero, basato sul controllo delle principali arterie commerciali. Il mutato orizzonte politico impone la creazione di nuovi strumenti gestionali, quali la razionalizzazione di pesi e misure e un più efficiente sistema burocratico. A ciò si accompagnano importanti innovazioni nell’arte e nell’ideologia regale, tra cui spicca la divinizzazione in vita del sovrano.

Il primo impero e la sua tradizione letteraria

Con l’avvento al potere della dinastia di Akkad (2335-2154 a.C. ca.) assistiamo al superamento della dimensione della città-stato, che caratterizza tutto il periodo protodinastico, in favore di quello che è stato definito il primo impero della storia. Lo studio di questo periodo è tuttavia complicato dal fatto che la capitale, Accad, non è ancora stata localizzata. Dobbiamo quindi accontentarci di un punto di vista per così dire periferico, basato sulla documentazione emersa da centri quali Nippur, Adab, Umma, e Girsu nel sud, Tutub (attuale Khafaja) e Eshnunna (Tell Asmar) a est nella valle del fiume Diyala, Gasur (Nuzi nel II millennio a.C., attuale Yorghan Tepe) più a nord, Nagar (Tell Brak) e Urkesh (Tell Mozan) sull’alto Khabur, Susa (Shush) nella confederazione elamica (attuale Iran occidentale). Le iscrizioni reali coeve sono piuttosto scarse, molte essendo state incise su statue e altri oggetti votivi andati perduti, dedicati dai re sargonici nell’Ekur di Nippur, che rappresenta il centro religioso dal quale discende legittimamente la regalità per tramite del dio Enlil. Delle loro iscrizioni ci restano fortunatamente le copie su tavolette di argilla risalenti prevalentemente al periodo paleobabilonese (XIX-XVII sec. a.C. ca.), ad opera degli scribi di Nippur che pazientemente le hanno ricopiate dagli originali. Del tutto inattendibili per la ricostruzione storica, ma assai significative in termini di propaganda reale, sono le cosiddette “leggende” dei re di Akkad, componimenti letterari posteriori di parecchi secoli, che riportano notizie aneddotiche sui sovrani di questa dinastia. Tra essi spicca il Re della battaglia, ispirato a una presunta campagna di Sargon, fondatore della dinastia, in Anatolia. Il componimento è noto, oltre che da copie da Assur e Ninive, anche da alcune tavolette provenienti da el-Amarna in Egitto, capitale del faraone Akhenaton, e da una redazione in lingua ittita del II millennio a.C. Dubbi analoghi sorgono per i cosiddetti “presagi storici” relativi alla dinastia, spesso di difficile interpretazione, ovverosia testi che cercano di predire il futuro sulla base dell’osservazione delle viscere di animali sacrificali, riportanti alcuni dettagli su presunte battaglie e congiure di palazzo dei re di Akkad. Storicamente attendibili sono invece le lettere, scritte da vari funzionari locali sparsi per tutta la mezzaluna fertile, che ci forniscono, ad esempio, interessanti riscontri sulla reale presenza di Gutei, una popolazione stanziata sui monti Zagros, che contribuirà poi al collasso dell’impero.

Con Sargon ed i suoi successori si afferma per la prima volta una dinastia semitica su tutta la Mesopotamia, la cui lingua, l’accadico, prende appunto il nome dalla capitale. L’accadico costituisce il dialetto di base sul quale si innesteranno il babilonese e l’assiro nel II e I millennio a.C., parenti lontani dell’arabo e dell’ebraico. La presenza di genti di ceppo semitico è attestata però già per il periodo protodinastico, soprattutto nella Babilonia centro-settentrionale. Il sumerico, parlato soprattutto nella Babilonia meridionale, scomparirà progressivamente già sul finire del III millennio a.C., ma resterà come lingua di culto e di cultura per tutta la storia della Mesopotamia, analogamente al latino di età medievale. Nel complesso il secolo e mezzo nel quale si afferma la dinastia di Akkad si caratterizza come un periodo di forte rottura con la tradizione, sia dal punto di vista delle raffigurazioni iconografiche, che dell’amministrazione, che dell’ideologia regale.

Vicende politiche e conquiste militari

Non c’è dubbio che quello di Akkad sia un impero che fonda la sua potenza sulla supremazia militare. A Sargon si deve la creazione di un esercito di professionisti, esperti nell’uso dell’arco e dell’ascia da guerra, alle dirette dipendenze del re. In una iscrizione commemorativa delle sue vittorie leggiamo: “Sargon, il re: Enlil non gli ha dato un rivale, 5400 uomini mangiano ogni giorno pane di fronte a lui”. Questi costituirebbero il cuore delle armate dell’imperatore, divise in più battaglioni organizzati in modo gerarchico.Tali truppe stipendiate avrebbero avuto facile gioco contro la cosiddetta “falange sumerica”, costituita verosimilmente da contadini compattati a formare un corpo indistinto munito di scudo e lancia lunga, come appaiono nella Stele degli avvoltoi di Eannatum di Lagash di periodo protodinastico. Del resto nelle iscrizioni reali sargoniche l’accento è posto quasi esclusivamente sulle conquiste militari, lasciando pochissimo spazio all’edificazione di templi e allo scavo di canali, che rappresentano le attività tipiche dei sovrani mesopotamici. A questo esercito di professionisti vengono assegnati lotti di terre, in parte confiscate ai popoli vinti, in parte acquistate a prezzo di mercato o quasi, come testimonia l’iscrizione dell’obelisco di Manishtushu, secondo re della dinastia, oggi al Louvre. Esso tratta di alcuni grossi appezzamenti, quasi 3500 ettari in tutto, nella Babilonia centrale, acquistati dal sovrano da una serie di famiglie estese. Si tratta di un sistema per certi versi simile al vassallaggio feudale, che cerca di cementare il rapporto tra sovrano ed esercito.

Non abbiamo notizie sicure sull’ascesa al trono di Sargon. Sia le leggende di epoca più tarda che la Lista reale sumerica lo vogliono coppiere alla corte di Urzababa, re di Kish, che riesce a scalzare dal trono. Nelle iscrizioni coeve Kish viene in effetti ripopolata, e anzi la sua partecipazione a una confederazione antiaccadica durante il regno di Naram-Sin, suo nipote, viene presentato come un atto di tradimento. Durante le prime fasi dell’espansione accadica anche Adab sembra appoggiare Sargon, forse per contrastare Lugalzagesi di Uruk, a cui la città era sottomessa. Gli sforzi militari si dirigono dapprima verso il sud della Babilonia, dove Sargon sconfigge Lugalzagesi, che viene portato in catene davanti alla porta del tempio di Enlil a Nippur. Distrugge quindi le mura di Uruk, che il poema epico di Gilgamesh, redatto alcuni secoli più tardi, presenta come uno dei vanti della città. Procede poi contro Ur, Lagash e Umma, che subiscono sorte analoga. Con gesto simbolico, dice di aver lavato le armi – sporche di sangue – nel mare (ossia nel Golfo Persico). Sostituisce infine i re locali con governatori di sua fiducia, un fatto senza precedenti, che se da un lato dimostra la potenza del re di Akkad, dall’altro sottintende l’impossibilità di mantenere il controllo della regione senza l’uso della forza. Sargon risale quindi l’Eufrate fino a Mari in Siria, per poi spingersi fino a Ebla, alle foreste dei cedri del Libano, e alle montagne d’argento del Tauro. Così facendo si assicura tutte le rotte commerciali strategiche da cui far affluire le risorse per il suo nascente impero. Conduce anche alcune campagne vittoriose contro la confederazione elamica, le cui incursioni costituiscono da sempre uno degli elementi di instabilità della Babilonia del III millennio a.C. Ai suoi successori spetterà il compito di mantenere, e anzi ampliare, i territori sotto controllo accadico. I suoi figli Manishtushu e Rimush dovranno fronteggiare continue insurrezioni sia nelle città del sud che nella confederazione elamica, dove anzi verrà fondato un presidio militare per meglio controllare la regione. L’episodio più significativo a riguardo, passato alla storia come “la grande rivolta”, si verifica nella seconda metà del regno di Naram-Sin, figlio di Manishtushu. Si tratta di una coalizione estesa di città, che include tutti i principali centri della Babilonia (Adab, Apiak, Borsippa, Dilbat, Eresh, Isin, Kish, Kazallu, Kiritab, Kutha, Lagash, Nippur, Sippar, Shuruppak, Tiwa, Umma, Ur, e Uruk), compattatisi in due gruppi sotto la guida di Kish e Uruk rispettivamente, per sbarazzarsi della dominazione accadica. In una celebre iscrizione, Naram-Sin descrive così la sua prodigiosa vittoria:

“Naram-Sin, il potente, re di Akkad, quando le quattro parti del mondo si ribellarono contro di lui, egli, per l’amore che Ishtar gli portava, fu vittorioso in nove battaglie in un solo anno e prese prigionieri i re che avevano mosso contro di lui”.

In conseguenza di ciò, gli abitanti di Accad lo proclamano dio, dopo aver chiesto il responso favorevole alle principali divinità del pantheon sumero-accadico (in Uruk, Nippur, Tuttul, Kesh, Eridu, Ur, Sippar, e Kutha), costruendo un tempio per lui in Akkad. Ulteriori spedizioni nel nord consolidano il dominio accadico fino a Ebla, che, secondo quanto affermano le iscrizioni, viene distrutta, mentre il palazzo di Naram-Sin a Nagar (Tell Brak) testimonia dell’occupazione militare della regione. Dove non arrivano le armi il sovrano si affida a una politica di alleanze matrimoniali, concedendo sua figlia Taram-Agade in sposa al re di Urkesh (Tell Mozan), capitale del regno khurrita, che si estende lungo e oltre le pendici del Tauro. Abbiamo anche notizia di un matrimonio di una principessa del regno di Marhashi, nell’altopiano iranico, con Shar-kali-sharri, suo figlio, e di un trattato internazionale, purtroppo frammentario, con un ignoto re elamita, in cui questo promette di intervenire contro i nemici comuni. L’impero giunge così all’apice della sua espansione, estendendosi effettivamente “dal mare inferiore (il Golfo Persico) a quello superiore (il Mediterraneo)”. La zona non sarà tuttavia mai del tutto pacificata. Già nella prima metà del regno di Shar-kali-sharri, succeduto al padre, si hanno i primi sintomi di cedimento, a causa dell’intrinseca instabilità politica interna, e delle incursioni di popoli “barbari” dall’esterno (Lullubiti e Gutei dai monti Zagros), che con alterne modalità compieranno razzie ovvero si infiltreranno nel tessuto sociale di alcune città del sud, soprattutto Umma e Adab. La fine del suo regno è caratterizzata da un periodo di anarchia, scandito nella Lista reale sumerica dalla frase “Chi era re? Chi non era re?”. Accad torna quindi a essere un centro di dimensioni cantonali, con gli ultimi sovrani, tra cui Dudu e Shu-Durul, che vi regnano comunque per un’altra quarantina d’anni.

In questo periodo, tra la caduta di Akkad e il sorgere del nuovo impero con capitale Ur, noto anche come periodo guteo, gli invasori, organizzati in gruppi tribali, impongono la loro egemonia nel sud, arrivando, con il sovrano Erridu-pizir (XXII sec. a.C.), a dedicare una statua nel santuario di Nippur, come avevano fatto i re di Akkad. Si tratta però di una presenza effimera. Fiorscono infatti Uruk, sotto Utu-khegal, e Lagash, sotto Gudea. La collocazione cronologica di quest’ultimo, come di tutta la seconda dinastia di Lagash a cui appartiene, è tuttavia incerta. Non è infatti da escludere un sincronismo con Ur-Namma o addirittura Shulgi, con ovvie implicazioni in termini di politica interna dei re della III Dinasita di Ur. Gudea ci ha lasciato una impressionante serie di statue iscritte e iscrizioni reali, tra cui un lungo resoconto su coni di argilla inerente alla costruzione dell’E-ninnu, il nuovo tempio di Ningirsu, grazie alla ripresa dei commerci su lunga distanza, agganciati nuovamente al sistema delle città-stato, a cui la Mesopotamia torna dopo l’unificazione imperiale.

Le innovazioni dei sovrani di Akkad

Le gesta di Sargon e di suo nipote Naram-Sin hanno lasciato una traccia duratura per quanto riguarda i modi in cui si è espressa la regalità in Mesopotamia, ponendosi come punti di riferimento per tutti i sovrani successivi. Con l’impero di Akkad la propaganda reale compie un improvviso balzo in avanti, costruendo gli strumenti ideologici a giustificazione dell’impero universale. Già Sargon si proclama “re della totalità” (in accadico šar kiššatim), reinterpretando il vecchio titolo “re di Kish” (in sumerico lugal Kiš), che risale al periodo di egemonia di questa città durante il periodo protodinastico. Un altro suo titolo, “sacerdote-unto di An” (dio del Cielo), patrono di Uruk, sembra invece porsi nel solco della tradizione, ma non sono esclusi intenti polemici nei confronti di Lugalzagesi. Sargon dedica infine una delle sue figlie come sacerdotessa del dio Luna a Ur col nome sumerico di Enkheduanna, e verosimilmente una principessa sumera come sacerdotessa della dea Ishtar ad Accad. A Enkheduanna, unica poetessa nella storia della Mesopotamia, la tradizione attribuisce una lunga serie di inni a Inanna/Ishtar (associata al pianeta Venere e dea poliade di Akkad), al dio Luna Nanna/Sin (dio di Ur) e ai templi delle principali divinità del pantheon.

Tutte queste misure, unite alle dichiarazioni di legittima sovranità da parte del dio Enlil in Nippur, dove i sovrani di Accad hanno lasciato numerose iscrizioni, sembrerebbero tese a fare accettare il dominio accadico sul sud sumerico. La vera frattura ideologica avviene con Naram-Sin, che conia per sé il titolo di “re delle quattro regioni (del mondo)”, e a seguito della sua vittoria nella “grande rivolta” premette al suo nome il determinativo riservato ai nomi divini, fatto mai prima accaduto in Mesopotamia. A livello iconografico, si fa rappresentare nella famosa stele che da lui prende il nome (oggi al Louvre) in dimensioni colossali e con il copricapo provvisto di corna tipico delle divinità, che per contro sono relegate alla dimensione di simboli astrali spersonalizzati. La raffigurazione dei soldati in questo monumento colpisce per la cura nei dettagli anatomici dei singoli individui, del tutto assente ad esempio nella Stele degli avvoltoi, dove il dio Ningirsu guida l’esercito in battaglia davanti a Eannatum, sovrano di Lagash, seguito da una massa indistinta di soldati, in cui il numero dei piedi non trova accordo con quello delle teste, delle lance e degli scudi. La stessa meticolosità nella resa dei particolari si osserva nella cosiddetta Testa di Sargon, più probabilmente appartenente a uno dei suoi successori, da Ninive, oggi al Museo di Baghdad. La divinizzazione in vita del sovrano sarà una pratica che verrà ereditata dal figlio di Naram-Sin, Shar-kali-sharri, ma solo nella prima fase del suo regno, e in seguito dai sovrani della III Dinastia di Ur e da alcuni re di inizio II millennio. L’idea di dominio universale si riflette in una visione imbutiforme del mondo, dove tutti i traffici commerciali da paesi lontani (tra cui Dilmun, Magan e Meluhha, corrispondenti all’attuale Bahrein, Oman, e alla Valle dell’Indo) sono diretti ad Akkad, senza alcuna contropartita. Anche tali artifici retorici verranno ereditati da Gudea di Lagash e dai sovrani successivi.

A livello burocratico, particolarmente significativa risulta la riforma dei pesi e delle misure introdotta da Naram-Sin. Si tratta di una razionalizzazione dei diversi sistemi in uso nelle varie regioni dell’impero, non sempre facilmente convertibili tra di loro. I vecchi standard, pur continuando a essere usati dagli scribi locali per un lungo periodo di tempo, vengono progressivamente sostituiti dalle unità imperiali. Sarà tuttavia necessario attendere l’avvento della III Dinastia di Ur affinché la riforma possa trovare applicazione sistematica. Con essa, la burocrazia centrale dispone degli strumenti fondamentali per un computo corretto dei beni in entrata e in uscita dalle casse dello stato. L’effetto della centralizzazione statale si riflette anche nella redazione delle tavolette, che dalla seconda metà del periodo sargonico mostrano una grande omogeneità ed eleganza, fenomeni senz’altro dovuti all’opera degli scribi reali inviati dalla capitale in tutti i principali centri mesopotamici.

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