IL LINGUAGGIO DEGLI SMS

XXI Secolo (2009)

Il linguaggio degli SMS

Giuseppe Antonelli

La scrittura del Duemila

La scrittura di messaggi attraverso il telefono cellulare (SMS, Short Message Service) ha iniziato a diffondersi di pari passo con la commercializzazione della tecnologia GSM (Global System for Mobile communications) verso la fine degli anni Novanta del 20° secolo. Anche se il primo messaggio inviato risale alla fine del 1992 (in Inghilterra, da personal computer) o all’inizio del 1993 (in Finlandia, da cellulare), è solo con il 21° sec. che il telefono è entrato nelle consuetudini di larghe fasce della popolazione come strumento di scrittura. E rapidamente ha affiancato – in molti casi ha sostituito – non tanto le modalità più tradizionali, quanto quelle legate alla Comunicazione mediata dal computer (CMC). Oggi è evidente come il ritorno alla scrittura legato a quella che è stata chiamata neoepistolarità tecnologica abbia ricevuto dalla telefonia un impulso decisivo, ma solo vent’anni fa una simile evoluzione sarebbe stata impensabile. Nel 1984, quando la sorte della scrittura – non solo di quella epistolare – sembrava ormai segnata dal dominio dei media audiovisivi, Gian Paolo Caprettini poteva parlare della telefonata come di una lettera simultanea (Il colpo di telefono. Per una semiologia della lettera simultanea, in La lettera familiare, 1985, pp. 223-31); quindici anni dopo, il classico studio di Naomi S. Baron (Letters by phone or speech by other means: the linguistic of email, «Language and communication», 1998, 18, pp. 133-70) si riferiva alla posta elettronica, non agli SMS. Ancora nel 2002, uno dei primi saggi dedicati in Italia alla marea montante dei cosiddetti messaggini – autori Franco Del Corno e Gianluigi Mansi – poteva intitolarsi SMS. Straordinaria fortuna di un uso improprio del telefono (invece, «con il telefonino non assistiamo a un trionfo dell’oralità, bensì della scrittura»: M. Ferraris, Dove sei? Ontologia del telefonino, 2005).

Tempi globali

Allo stato attuale, gli SMS rappresentano la tecnologia di trasmissione dati più diffusa in assoluto nel pianeta. Le cifre disponibili vanno sempre prese in questi casi con beneficio d’inventario, specialmente quando – com’è la norma – provengono da organismi non istituzionali. Tuttavia, secondo una stima della statunitense Gartner Inc. (www.gartner.com/it/ page.jsp?id=565124), il numero complessivo di messaggi inviati nel mondo nel 2007 sarebbe stato di 1500 miliardi −560 miliardi nella sola Cina, la nazione con il maggior traffico – destinati a diventare 1700 miliardi nel 2008. Secondo la GSM Association, nel 2000 sarebbero stati in tutto 100 miliardi (www.gsmworld.com/ news/statistics/index.shtml).

Per avere un’idea più precisa di questa impressionante progressione, ci si può rifare ai dati assoluti offerti per la Gran Bretagna dalla Mobile Data Association (www.text.it). Tra novembre 2000 e novembre 2005, la rilevazione mensile è passata da 904 milioni a 2,7 miliardi di SMS inviati; nel novembre 2006 si sono sfiorati già i 4,5 miliardi; nel gennaio 2008 si è arrivati a quota 6,3 (circa 5000 messaggi al secondo). I dati inglesi mostrano anche una buona tenuta di questa forma di comunicazione rispetto alle nuove opportunità offerte dai telefoni cellulari. Nel 2007 il totale degli SMS è stato di 56.922.541.647; quello degli MMS (che – grazie al Multimedia Messaging Service – consentono d’inviare oltre al testo immagini, suoni, brevi video) è stato di 448.962.359; gli utenti dei servizi di Internet via telefono – come la posta elettronica o la messaggeria istantanea (MIM, Mobile Instant Messaging) – sono stati 17.589.351.

Dato che in origine ogni messaggio non poteva superare i 160 caratteri e andava digitato premendo una o più volte i 12 tasti del cellulare, i limiti di spazio e la difficoltà (rapidità) di esecuzione sono stati considerati, fin dall’inizio, le prime cause della nascita del cosiddetto linguaggio degli SMS: da ciò deriva la particolare attenzione per gli espedienti brachigrafici e tachigrafici (ovvero utili per scrivere in maniera più breve e più veloce).

Nel corso degli anni, però, la tecnologia si è evoluta e ormai, grazie agli invii multipli predisposti dai nuovi modelli di telefono, un unico messaggio può raggiungere un’estensione anche una dozzina di volte superiore. Dal 2000, poi, sono disponibili – come ausilio alla composizione dei messaggi – sistemi di scrittura intuitivi (predictive text systems) che consentono di scrivere spingendo una sola volta ogni tasto e affidando al vocabolario in memoria (che in alcuni modelli si accresce, acquisendo dati) il riconoscimento delle parole: il più diffuso è il T9 (Text on 9 keys) della Tegic Communications; tra gli altri, si possono citare anche l’iTap della Motorola e il Letter Wise della Eatoni.

Luoghi comuni

Nonostante le innovazioni intercorse nel frattempo e nonostante o, forse, proprio a causa della penetrazione nell’uso quotidiano di centinaia di milioni di utenti, il linguaggio degli SMS – con i suoi tratti peculiari, piuttosto simili nelle diverse lingue – continua a essere percepito in maniera un po’ stereotipata come: a) un linguaggio meccanicamente determinato dalle caratteristiche del mezzo; b) un gergo strettamente legato a una dimensione generazionale; c) una ‘neolingua’ potenzialmente pericolosa per le lingue nazionali, perché deviante rispetto alla grammatica.

Per il primo punto, basti notare che si continuano a ricondurre al linguaggio degli SMS tratti presenti (talvolta già prima degli anni Novanta) in molte altre tipologie testuali: le grafie simboliche, gli acronimi, le abbreviazioni, la punteggiatura enfatica e così via.

Per il secondo aspetto, bastino definizioni di diffusione internazionale come short generation, sms gen­er­ation o txt generation (da text messaging o texting in ingl. ‘invio di SMS’), che insistono nell’individuare in giovani e adolescenti la fascia più esposta a questo insieme di usi linguistici, e dunque sempre più lontana dalla scrittura (specie dall’ortografia) tradizionale. Di qui le conseguenti polemiche sull’uso di queste convenzioni nei componimenti scolastici, nonché il senso di allarme diffuso dai mezzi di comunicazione di massa (Thurlow 2006).

E siamo così al terzo punto. Le preoccupazioni espresse a più riprese nel mondo anglosassone e le campagne contro la lingua degli SMS svolte in questi anni in Francia (dove è attivo un KomiT contr le langage SMS é le fot volontR ‘Comitato contro il linguaggio SMS e gli errori volontari’) trovano corrispondenza anche nella realtà italiana: in rete s’incontrano manifesti come Questo blog non è un essemmesse e associazioni come il Comitato xsolventi ‘che vogliono siano sciolte le grafie come x al posto di per’). Colpisce, in proposito, che nelle discussioni in rete la varietà chiamata SMSiano o SMSese venga considerata poco prestigiosa, identificata con una certa rozzezza culturale e spesso polemicamente contrapposta all’italiano: «potresti per favore scrivere in italiano e non in SMSiano? Grazieeee!», «X ki nn kpisce + litaliano: io nn kpisko lo smsiano», «direttamente dal dizionario SMSese-italiano/italiano-SMSese»; «scrivere in italiano corretto è diventato un delitto anacronistico?? sinceramente ci tengo a differenziarmi da te che parli in smsese».

Modi superficiali

Il primo e l’ultimo di questi stereotipi sono stati messi in crisi da quasi tutti gli studi svolti nelle varie aree linguistiche su insiemi quantitativamente rilevanti di messaggi SMS (il secondo viene tendenzialmente confermato). Eloquenti, in merito, risultano le conclusioni a cui è giunta una ricerca realizzata in Belgio su 30.000 SMS inviati da parlanti francofoni nel corso del 2004 (Fairon, Klein, Paumier 2006). Da quell’inchiesta è emerso, infatti, che il linguaggio SMS: a) non è un linguaggio unico: in continua evoluzione, si rinnova quasi di giorno in giorno grazie all’introduzione di nuove soluzioni espressive, ma soprattutto varia in modo significativo a seconda del profilo dell’utente; b) è un linguaggio fortemente connotato nella fascia più giovane (che però dimostra un atteggiamento tutt’altro che passivo), mentre nella fascia d’età più avanzata (che pure sta prendendo confidenza con il mezzo) gli SMS si scrivono spesso come si scriverebbe una cartolina postale; c) è un linguaggio che difficilmente si può definire nuovo: in buona parte debitore del linguaggio giovanile (diffusosi a partire dagli anni Sessanta del Novecento), per alcuni tratti affonda le sue radici in precedenti ben più remoti.

L’impiego di sigle, per es., o anche di grafie abbreviate e contratte è una componente attestata si può dire da sempre nella tradizione scrittoria occidentale; al punto che «sembrano essersi ricreate nel messaggino telefonico consuetudini grafiche che hanno avuto una lunghissima tradizione, soprattutto nell’età compresa tra l’XI e il XVI secolo» (Lorenzetti, Schirru 2006, pp. 84-85). Molti di questi usi erano normali già nel latino antico e medievale. Così le sigle (DD per donum dedit ‘donò’, DSP per de sua pecunia ‘a sue spese’, STTL per sit tibi terra levis ‘ti sia leggera la terra’ negli epitaffi sepolcrali ecc.), le abbreviazioni (imp stava per imperator, pr per praetor ‘pretore’, hab per habere ‘avere’, praed per praedicta), le contrazioni (ãglus stava per angelus, geñlis per generalis, m˜ri per magistri ‘maestri’, s˜ptus per scriptus). Tutti espedienti che nella storia dell’italiano risultano correntemente usati fin dal Medioevo e particolarmente diffusi nella tradizione epistolare.

Ancora nell’Ottocento, a spingere verso la brevità e la rapidità vi erano tariffe postali a carico del destinatario (che sarebbe stato imbarazzante rendere troppo pesanti) e l’esigenza di scrivere ogni giorno decine di lettere (mancando qualunque altra forma di comunicazione a distanza). Non stupisce, quindi, che gli scriventi si servissero abitualmente di numerose abbreviazioni, segnalate a volte dal classico puntino, altre volte da un trattino sovrapposto o dalla resa in apice dell’ultima parte della parola. Venivano quasi sempre abbreviate le formule di saluto iniziale (la più comune delle quali era C. A. ‘Caro Amico’) e finale (T.V. ‘tutto vostro’, Aff.mo ‘affezionatissimo’ e così via) e i titoli di rispetto (Ill.mo, M.se ecc.). Nelle date, i nomi dei mesi si trasformavano spesso in serie alfanumeriche (8bre, 9bre, Xbre), altrove venivano decurtati il -mente degli avverbi (incredibilm.e, finalm.e) e lo -zione degli astratti (relaz.e, educaz.e). Ma qualunque parola poteva essere resa con un compendio: nelle lettere della famiglia Leopardi sono usati con grande larghezza ñro ‘nostro’ e ṽro ‘vostro’, ma anche q˜lche, q˜do, f˜se ‘forse’, g˜no ‘giorno’ e si trovano frasi come quasi s˜pre s˜za dolore o per ½ del P. da Gugliano.

Di là dai riflessi tipici del determinismo tecnologico (per il quale i tratti espressivi della comunicazione elettronica sarebbero da imputarsi interamente alle caratteristiche del mezzo), il linguaggio degli SMS andrà considerato una varietà legata soprattutto a intenzioni espressive. L’etichetta di slang o di gergo, ricorrente anche a livello internazionale – si pensi a definizioni come SMS jargon, SMS argot o teen text argot –, andrà interpretata non tanto nel senso di una varietà criptolalica (cioè destinata a impedire l’interpretazione del testo ai profani), quanto piuttosto in riferimento alla funzione spiccatamente connotativa (o ludica) di determinate soluzioni, peraltro concentrate quasi tutte negli aspetti grafico e paragrafematico. Più che un linguaggio, dunque, uno stile; più che una lingua, una scrittura.

Gergalismi grafici

Molte delle soluzioni considerate tipiche degli SMS sono in realtà indipendenti dalla specificità del medium. Una gran parte proviene – storicamente – da convenzioni adottate dapprima nelle reti BBS (Bullettin Board System, il primo sistema di reti telematiche, nato negli anni Settanta e diffusosi negli anni Ottanta), poi nei canali IRC (Internet Relay Chat, la prima forma di comunicazione istantanea via Internet). Ovvero in presenza della classica tastiera Qwerty (dalla sequenza delle prime lettere in alto a sinistra), nata come evoluzione di quella delle macchine da scrivere e ben diversa dalla tastiera di un telefono, pensata in origine per digitare numeri e non parole.

Ciò vuol dire che la prima spinta verso queste soluzioni linguistiche è stata determinata non tanto dallo strumento di scrittura o dal numero dei caratteri a disposizione, quanto piuttosto da un’esigenza di rapidità. Significativamente, nei corpora delle varie lingue, la lunghezza media degli SMS (6,9 parole per il norvegese; 7 per l’inglese degli Stati Uniti; 13 per il tedesco; 14 per l’inglese del Galles; 14,7 per lo svedese) corrisponde a un numero di caratteri largamente inferiore ai 160 disponibili (che oscilla fra i 35 degli americani e i 78 dei tedeschi; anche nel corpus di oltre 1200 messaggi in italiano studiato da Elena Pistolesi «gli scriventi usano, in genere, solo la metà dei caratteri a loro disposizione», 2004, p. 209).

Ma la funzione principale a cui rispondono le varie convenzioni del linguaggio SMS (e della CMC tutta) è una funzione sociale e identitaria, connessa al valore simbolico che certi usi hanno all’interno delle logiche di gruppo: per questo si è parlato, negli studi italiani, di usi grafici connotativi o di gergalismi grafici (Lorenzetti, Schirru 2006, p. 82).

Concisione e rapidità

«CVD NN HAI CPT QST TXT :)», recitava a tutta pagina il testo di una campagna pubblicitaria diffusa attraverso i principali quotidiani italiani all’inizio del 2008: «per capire meglio il linguaggio di tuo figlio Vodafone ti offre la Guida all’uso responsabile del cellulare» (seguiva la traduzione del messaggio: «come volevasi dimostrare non hai capito questo testo!»). In realtà, sia in Italia sia all’estero, gli studi linguistici fondati su corpora più o meno rappresentativi di SMS sono concordi nel ridimensionare la portata dei tratti su cui s’incentra la vulgata giornalistica. Tra i circa 900 messaggi norvegesi studiati da Richard Ling (2005), solo il 6% usa abbreviazioni o emoticons e «questi usi sono in rapido declino con il crescere dell’età degli utenti» (p. 6); in Thurlow (2003), si riscontrano solo 63 casi di usi alfanumerici omofoni (del tipo di Gr8 per great o RU per are you) e le ‘nuove’ forme linguistiche (comprendenti anche violazioni dell’ortografia diverse dalle abbreviazioni) sono in tutto 1401: il 18,75% del contenuto complessivo.

Nondimeno, per gli SMS – così come per la CMC nel suo complesso – la presunta ‘neografia’ continua a occupare nell’immaginario collettivo una posizione centrale. Il che consiglia di concentrarsi su questi fenomeni con particolare attenzione, non foss’altro che per valutarne di volta in volta il reale tasso di novità e l’effettivo impatto nell’uso di tutti i giorni.

Acronimi. Risponde a una moda ben altrimenti estesa nelle lingue moderne il ricorso ad acronimi, cioè a sigle formate con le iniziali di una frase: italiano TVB per ti voglio bene, tedesco ILD per ich liebe dich (ma anche HDGDL per Hab dich ganz doll lieb ‘mi piaci moltissimo’), olandese HVJ per houd van je, spagnolo TQM per te quiero mucho, fiammingo ZUG per Zie U graag, norvegese GID per glad i deg, inglese ILU per I love you (che però risulta attestata soprattutto fuori dai Paesi anglofoni). Il fenomeno è tutt’altro che nuovo: sull’uso e l’abuso degli acronimi nel linguaggio giovanile aveva già ironizzato, nei primi anni Novanta, il gruppo musicale Elio e le storie tese, intitolando un brano T.V.U.M.D.B. ‘Ti voglio un mondo di bene’. Il titolo è stato ripreso qualche anno dopo senza alcuna ironia, anche se con una leggera variante (un kasino), da Valentina F. per il suo romanzo adolescenziale TV1KDB (2007).

Per l’inglese, si possono ricordare alcune espressioni diffuse già nei telegrammi della Seconda guerra mondiale come SWALK (sealed with a loving kiss) e TTFN (ta ta for now ‘ciao, per ora’), oltre ai fantasiosi acronimi di un libro per bambini pubblicato nel lontano 1968 (W. Steig, CDB!, ossia See the bee!), in cui si potevano trovare sequenze come DNS5X, da leggersi The hen has five eggs. Oggi si tratta di abitudini particolarmente diffuse negli Stati Uniti, in cui alcune sigle hanno ormai oltrepassato i confini della scrittura elettronica per diventare espressioni di uso comune anche nel parlato: ASAP (as soon as possible), AWOL (absent without official leave), SYL (see you later), IMHO (in my humble opinion). Molti sono, in rete, i dizionari dedicati a questi initialisms, diventati in gran parte di uso internazionale, anche se molto più nelle chat che negli SMS.

Parecchi gli esempi riscontrabili in Internet nei glossari del linguaggio SMS spagnolo (HAND per have a nice day, AFAIK per as far as I know), catalano (GG per good game), tedesco (WB per welcome back, NC per no comment), svedese (BTW per by the way) e persino esperanto (OMG per oh my God, TY per thank you), a cui si possono aggiungere quelli che emergono dalla bibliografia nel fiammingo (LOL per laughing out loud), nell’olandese (BRB per be right back) o nel polacco (N/P per no problem); più rari appaiono gli usi indigeni come il francese TVB per tout va bien, il tedesco LG per liebe Grüße, l’olandese AKG per alles komt goed ‘andrà tutto bene’, il polacco Z/W per Zaraz Wracam ‘torno subito’. Se però si guarda alla reale diffusione nei corpora oggetto di studio, ci si accorge ancora una volta che questa è scarsissima: in Le langage SMS (scritto nel 2006 da Cedrick Fairon, Jean-René Klein e Sébastien Paumier), per es., escludendo casi banali come DVD o l’autoreferenziale SMS, gli unici acronimi che mostrano una frequenza significativa sono proprio lol (attestato in 1216 messaggi) e il calco mdr (mort de rire, 206 messaggi).

Grafie simboliche. Di sicuro precede la CMC e gli SMS anche l’uso di grafie simboliche: molte risultano diffuse da diversi decenni, specie all’interno delle culture giovanili. Per l’inglese e il suo impatto internazionale, basti pensare al nome scelto nel 1979 dal gruppo rock irlandese degli U2 (you too) o alla grafia che nei primi anni Ottanta il cantante americano Prince adottava per i titoli delle sue canzoni: nell’album Purple rain (1984), per es., s’incontrano Take me with U e I would die 4 U (for you). Come si vede, uno dei giochi più comuni – c’è chi chiama questa tecnica a rebus – è quello di sostituire a determinate parole o sillabe numeri che si pronuncino allo stesso modo (si punta, insomma, sull’omofonia più o meno perfetta).

Così in inglese si può usare 2 (two) per la preposizione to (2B or not 2B ‘essere o non essere’), oltre che per la congiunzione too; 4 (four) al posto di for e così via, molto spesso in combinazioni come sk8 (skate), 2nite (tonight), b4 (before). Lo stesso accade, per es., nel tedesco n8 (nacht), nel fiammingo w8 (wacht ‘aspetta’), nel francese Ri129 (rien de neuf), 7 swaré (cette soirée) e 2m1 (demain), nell’italiano 7imana, scem8 e 3mendo; notevoli i casi – rari – in cui l’uso è determinato dal modello angloamericano o per la grafia (italiano campi1 ‘campione’) o per la pronuncia (francese 4trist per fort triste e 2bib per toubib ‘dottore’).

In italiano, il ricorso a queste grafie numeriche è raro (se si esclude forse l’uso di 1 ‘un, uno, una’ e 6 ‘[tu] sei’); molto più comune – perché precedente all’avvento della lingua digitata – l’impiego di operatori matematici come x ‘per’ (anche in xké, sxiamo e simili) e + ‘più’ (cfr. francese A+ per à plus [tard]). Piuttosto frequenti anche i casi in cui la sostituzione (logogramma o sillabogramma) parte dalla pronuncia usata delle lettere dell’alfabeto. Si parla, in questo caso, di informal spelling o di grafia compitale letterale: italiano c ‘ci, a noi’, t ‘ti, a te’, d ‘di’; inglese u, b, r (are) e y (why); francese ct (c’était), t’m (t’aime ‘ti amo’) o anche – con valori multipli, e dunque ricostruibili solo dal contesto – g (j’ai o je) e c (ce, c’est, sais, ses).

Grafie fonetiche. Rimanendo nel campo degli accorgimenti grafici, un meccanismo molto frequente in varie lingue è quello delle grafie fonetiche: così, per es., inglese fone per phone o mite per might, francese cado per cadeaux, soré per saurais. Il vantaggio – come si vede – è quello di usare una sola lettera per un suono che nella resa ortografica ne richiederebbe due o più. Nonostante questo, però, si tratta di grafie che rimangono non sistematiche e quasi sempre minoritarie: riferiscono C. Fairon, J.-R. Klein e S. Paumier (2006) che, anche nei messaggi inviati da scriventi tra i 18 e i 20 anni, i casi in cui i digrammi ph, th, rh e ck vengono conservati sono in media cinque volte più frequenti dei casi di semplificazione.

Per l’italiano, è tipico il ricorso alla k in sostituzione di ch sia a inizio di parola (ke, kiedere) sia all’interno (anke, riskiare). Che però l’intento sia quello di usare una grafia connotativa più che di risparmiare spazio o tempo, lo dimostra il fatto che spesso la k rende il medesimo suono che renderebbero la sola c (kasa e simili) o la sola q (kuello e simili). Il valore evocativo della k – collegata negli anni Settanta all’uso dei movimenti politici di estrema sinistra, ma ripresa quasi subito dal linguaggio pubblicitario – sembra oggi rispondere a una moda telematica internazionale. Anche in francese, la k è usata sia per semplificare digrammi (kand invece di quand) sia come semplice vezzo grafico (kom per comme), sebbene in entrambi i casi risulti largamente minoritaria (Fairon, Klein, Paumier 2006). In inglese, fra i tanti usi grafici non convenzionali (per es., quello della z al posto della s in parole come girlz, pleaz) la k trova posto in rese come skool per school ‘scuola’ (Thurlow 2003).

Grafie contratte e troncamenti. Nell’ambito delle grafie contratte, la tipologia più comune è rappresentata dalle grafie consonantiche (in cui, cioè, viene meno la resa delle vocali): italiano nn ‘non’, cn ‘con’ o – con grafia ancora più semplificata, in cui la stessa resa delle consonanti non è completa – cmq ‘comunque’ e spt ‘soprattutto’; inglese gd (good), nxt (next), msg (message); francese pr (pour), tt (tout), qd (quand), bcp (beaucoup), rdv (rendez-vous); olandese gvd (goverdomme! ‘accidenti!’), nt (niet ‘non’); svedese ngt (nagot ‘qualcosa’), ungherese vki (valaki ‘qualcuno’).

Tranne che per pochi casi ormai cristallizzati, si tratta di usi soggetti a continua oscillazione. Così, per es., in Véronis e Guimier de Neef (2006, p. 16) si segnala che – accanto alla grafia corretta beaucoup (27 ricorrenze nel corpus) – si possono trovare anche bcp (50), bocou (9), bc (2), bokou, Boc e Bc (1). E in Fairon, Klein, Paumier (2006, pp. 51-52) sono indicati addirittura 40 modi diversi per le 654 ricorrenze di aujourd’hui e 16 per le 4233 di demain. Il fenomeno riguarda a maggior ragione le abbreviazioni per troncamento, normali in tutte le lingue (specie per vocaboli ad altissima ricorrenza, come i nomi dei giorni della settimana). L’abbreviazione può investire qualunque parola, fermarsi a qualunque lettera e non essere mai segnalata dal punto finale, dato che è considerata sempre perfettamente lecita. Tutta questa serie di possibilità è alla base di una spiccatissima poligrafia che rende assolutamente normale il caso di oscillazioni all’interno dello stesso messaggio («Jtexplicré 2m1, toi explik me ltruc»; «je suis amoureus de kevin je te jure kan je le regarde ds les yeux jss sous son charme»: Fairon, Klein, Paumier 2006, p. 58).

Scrittura intuitiva. Un potenziale argine a questa debordante poligrafia è rappresentato dai sistemi di scrittura intuitiva. Tarati su un insieme chiuso di forme, corrispondente grosso modo alla lingua standard, il T9 e gli altri software predittivi potrebbero esercitare sugli SMS la stessa funzione ortopedizzante svolta per la CMC dai correttori automatici, contribuendo a frenare il dinamismo centrifugo della scrittura digitata. Con il T9, infatti, le grafie simboliche e contratte risultano antieconomiche perché – non essendo riconosciute dal sistema – costringono a operazioni sulla tastiera molto più laboriose della scrittura per esteso (nel caso specifico degli SMS – non va dimenticato – l’economia non è tanto di spazio, quanto di gesti da compiere).

L’effetto di questa possibile azione di contenimento è tuttavia attenuato da diversi fattori. Il primo riguarda la percentuale piuttosto ridotta di utenti che scelgono la scrittura assistita dal T9: in Italia l’unico dato disponibile è il 54,6% rilevato da un’indagine svolta nel 2005 dalla stessa Tegic communications (www.rai.it/ news/articolonews/0,9217,116987,00.html); nel corpus franco-belga sono meno del 20%, in quello gallese il 55%, in quello americano poco meno del 50%. Il secondo consiste nel fatto che il T9 si sta mostrando un baluardo sempre più cedevole, avendo accolto, nelle versioni più recenti, alcune abbreviazioni molto diffuse nell’ambito delle varie lingue. Al conflitto si sostituisce così una vera e propria sinergia: Fairon, Klein, Paumier (2006) notano che, tra le sequenze brachigrafiche più frequenti nel corpus, la maggior parte è disponibile (anche se quasi mai come prima scelta) tra le opzioni offerte dal sistema automatico.

Il terzo fattore è la debolezza intrinseca di uno strumento che – soprattutto quando il sistema non sia pronto a registrare innovazioni e usi frequenti dell’utente – rischia di intralciare, più che assistere la scrittura. Le soluzioni incongrue (mispredictions) offerte in prima battuta dal T9 costituiscono ormai un topos delle discussioni in rete; tra le altre: vi invece di ti, paura invece di scusa, tv invece di tu, piano invece di siamo. A quanto pare, la cultura giovanile avrebbe già fatto proprie queste sostituzioni per creare una particolare forma di gergo: tra i giovani inglesi si userebbe book per cool (‘figo’), adds per beer ‘birra’ e sub per pub; tra gli italiani «Digo! Ai vediamo al sua» varrebbe per «Figo! Ci vediamo al pub» («Corriere della sera», 8 febbr. 2008, p. 26).

Ludismo ed espressività

Sono da tempo tipiche della scrittura digitata alcune soluzioni miranti a restituire gli aspetti non verbali del parlato a faccia a faccia, come l’intonazione e il volume della voce, le espressioni del viso, la gestualità.

Rispondono a quest’esigenza soprattutto le emoticons. Le ‘faccine’ ottenute combinando trattini, parentesi e segni di punteggiatura risultano, però, scomode da digitare sulla tastiera del telefono e perciò appaiono molto di rado negli SMS. Il più delle volte a fine messaggio, come forma di saluto (non sarà un caso che le ultime versioni del T9 creino automaticamente alcune faccine a partire dalla tripla pressione del punto fermo). Nella stessa direzione vanno le onomatopee come smack, brrr, eccì, pruuuuuu!; ma la resa emotiva è affidata più che altro all’uso del maiuscolo (per es., «c’è il PORCONE mascherato da docile PECORELLA») e all’iterazione vocalica (italiano ciaooo, arrivooooo; inglese cooool; francese viiiite; spagnolo fiestaaa) o anche consonantica (francese bizzzzzou), a volte con valore esclusivamente iconico (francese bisouxxx: è ormai invalso in molte lingue – sul modello americano – il ricorso alla x come corrispondente del bacio, di solito in una serie di tre).

L’intonazione concitata è resa soprattutto ricorrendo a una punteggiatura enfatica: «ti ho scritto un’e-mail oggi pomeriggio!! anche voi mi mancate! spero che le tue gambe stiano meglio! Nn so lì ma qui fa un freddo polare!! a presto». Caratteristico l’accumulo fumettistico di punti esclamativi e interrogativi («È finita la pacchia, eh?!?»), presente già nell’uso epistolare ottocentesco («Ho proprio bisogno io di questo!?!!», Giuseppe Verdi). Un tipo d’interpunzione che accomuna gli SMS scritti in italiano a quelli in inglese, in francese, in tedesco, in svedese. I puntini di sospensione, invece, vengono usati – in questi messaggi e più in generale nella scrittura digitata – come collante tra le frasi e fra i turni di parola: spesso aprono o chiudono il messaggio a indicare continuità con il precedente o con il successivo.

È evidente che sia l’iterazione iconica di vocali e consonanti sia la proliferazione dei segni di punteggiatura contraddicono il presunto rapporto tra economia di spazio/tempo e lingua degli SMS, confermando che a contare è soprattutto la ricerca di espressività: il gusto del gioco, il bisogno di enfasi.

Sintesi e ridondanza

In una comunicazione ad alto coinvolgimento emotivo com’è quella degli SMS, l’enfasi passa anche tramite procedimenti retorici come la ripetizione («Oggi è una giornata nera nera», «Allora passi? Allora passi? Allora passi?») o l’elencazione («Tanti auguri a tutte e due inclusi fidanzati, storie, cani, gatti, inglesi e chi vi pare…»). Procedimenti molto dispendiosi dal punto di vista dello spazio, proprio come altre forme legate a una comunicazione che evolve attimo per attimo (le perifrasi stare + gerundio, per es.) e punta sulla messa in rilievo di alcuni elementi tramite frequenti dislocazioni («il regalo non te lo do», «l’hai letto il messaggio?») o il ricorso a frasi scisse («era questo il msg cretino che ti dicevo prima!»).

La sintesi richiede un’attenta pianificazione, quasi sempre assente nella scrittura degli SMS: fra i messaggi composti da più di un periodo (il 77,5% nel corpus di E. Pistolesi), il grado di subordinazione rimane fermo al primo nei tre quarti dei casi (e per un altro 20% non supera il secondo). Anche quando si verifica il ricorso al cosiddetto stile telegrafico, a cadere sono – più che i verbi – gli elementi ricostruibili dal contesto, come le parole grammaticali: tipico il caso, in italiano, degli articoli e delle preposizioni articolate.

Come si vede, più che con l’oggettiva esigenza di sintesi, la testualità degli SMS è da mettersi in relazione con una serie di fattori soggettivi – espressività, emotività, informalità, enfasi – riconducibili tutti alle esigenze proprie della scrittura epistolare. I casi in cui ci si trova di fronte a una testualità debole non sono il risultato di uno sforzo di sintesi, ma piuttosto il portato di una comunicazione spiccatamente dialogica. Di qui la possibilità – nel caso di scambi serrati – di messaggi come «No», «Certo», o «?», in cui – insieme con la dialogicità – vengono esaltati altri due tratti tipici della comunicazione epistolare: la presupposizione e l’indessicalità, vale a dire lo stretto legame con il cotesto e con il contesto.

Media e linguaggio giovanile

L’identificazione tra telefono cellulare, SMS e giovani o adolescenti poggia su dati statistici ed è dimostrata anche dall’insistenza con cui, in tutto il mondo, le pubblicità di questi prodotti si rivolgono a quel determinato segmento di mercato. Ovvio, quindi, che ci sia una parentela piuttosto stretta tra linguaggio degli SMS e linguaggio giovanile (v. E. Pistolesi, Internet e il linguaggio dei giovani, in Forme della comunicazione giovanile, a cura di F. Fusco, C. Marcato, 2005, pp. 251-82). Ciò che colpisce, tuttavia, è che – almeno nella realtà italiana – si tratta di un linguaggio giovanile molto simile a quello pretecnologico. La componente giovanile si configura, dunque, come una componente di stampo essenzialmente tradizionale.

Moltissimi i punti di contatto che gli SMS di oggi presentano con le lettere di adolescenti degli anni Ottanta, soprattutto per quanto riguarda gli aspetti grafici e paragrafematici, centrali – come s’è visto – nella caratterizzazione della CMC. Nelle lettere giovanili di quegli anni, notava Claudia Dinale (2001), «compaiono numerosi elementi extralinguistici, che possono essere considerati gli equivalenti grafici di risorse espressive non-verbali quali sguardi, gesti, espressioni facciali» (p. 57). E segnalava la presenza di cumuli interpuntivi ispirati alla lingua dei fumetti e della pubblicità (??, !!!, !?!?); di simbolismi iconici e fonici come onomatopee, acrostici, disegnini stilizzati («che 0 0 !» ‘che palle!’); di grafie espressive (come le più bbone o ciaoooo); oltre al largo uso di sottolineature, alternanze stampatello/corsivo, freccette e altri espedienti grafici particolari (frasi a raggiera, a festone, a nuvoletta, a quadro).

Appartengono storicamente al linguaggio giovanile internazionale – e prima ancora ai gerghi tradizionali – fenomeni come le abbreviazioni (italiano para < paranoia, tedesco nich < nicht) o gli acronimi (per ‘vecchio’ in Francia circolava negli anni Settanta l’acronimo P.P.H., passera pas l’hiver; in Italia il corrispondente P.P.C., pronti per i crisantemi), a cui fanno riscontro meccanismi di amplificazione (italiano bacio > bacillo, tedesco hallo > hallöchen) largamente attestati anche negli SMS: «come va con gli appuntamenti uomarecci………..solo mangerecci?? nn penso proprio……:)».

Stesso discorso per gli internazionalismi, che non mancano nei messaggini («Confirmed!» o anche, con grafia ludica: «Tenkiù verimacc»), ma erano largamente circolanti già nei decenni passati (quando anche i francesi si servivano abitualmente di flasher ‘provare una sensazione intensa’ o looké ‘curato nell’immagine’: v. Il linguaggio giovanile degli anni Novanta: regole, invenzioni, gioco, a cura di E. Banfi, A.A. Sobrero, 1992). Lo stesso vale, sul versante opposto, per i dialettismi («Oggi ce la famo ore cinque?»), dato che fin dalle sue origini il linguaggio giovanile italiano presenta una decisa connotazione regionale.

Più che al linguaggio giovanile, invece, sarà da ricondurre all’italiano colloquiale il turpiloquio, una presenza abituale nella lingua di tutti i giorni, come testimoniano unanimi romanzi, film, canzoni. Né le parolacce rappresentano una novità dell’italiano contemporaneo. Negli epistolari privati dell’Ottocento, espressioni crude e oscene costituivano una presenza tutt’altro che eccezionale, anche quando a firmare le lettere erano scrittori raffinati (da Leopardi a Porta, da Giordani a Monti, per limitarsi a qualche nome). A patto, va da sé, che quelle lettere fossero rigorosamente private e confidenziali. L’alto tasso d’informalità caratteristico degli SMS si deve proprio al fatto che – a differenza di quanto accade per le e-mail – questi vengono usati solo per comunicare con persone a cui si è legati da una certa familiarità.

Short Message Society

La straordinaria diffusione degli SMS ha fatto sì che questo tipo di scrittura sia diventato un modello pervasivo, operante nella nostra società ben oltre i limiti e le funzioni originarie. Da quando il telefono è diventato un social medium, gli SMS non sono più utilizzati soltanto per la comunicazione privata, ma anche per quella istituzionale, giornalistica, pubblicitaria e così via. Non solo: il modello degli SMS sta condizionando sempre più le tipologie testuali tradizionali, imponendosi come uno standard vincente quanto a efficacia, praticità e prestigio (se per prestigio s’intende l’essere alla moda, il mostrarsi al passo con i tempi). Questo standard si riferisce a un codice – grafico, come si è visto, più che linguistico –, ma soprattutto a una lunghezza diventata ormai una sorta di unità di misura testuale.

Un buon esempio può essere quello dei riassunti in formato SMS dei classici della letteratura, moda lanciata in Gran Bretagna nel 2005 e presto importata in Italia. Solo un gioco, ma molto istruttivo per misurare la pressione del nuovo standard testuale sui generi più legati alla tradizione. Questa è la versione dei Promessi sposi inviata da un lettore al Corriere.it: «1 tvb sul lago 2 giovani 1 prete pavido 2 bravi 1 cattivo 1 monaca tormentata la peste a Mi nel 1600 1 frate impavido cmq x end 1 matr.nio bene vince su male» (www.corriere.it/Primo_Piano/Spettacoli/ 2006/02_Febbraio/01/elenco_classici_800.shtml); quest’altra è la versione di Romeo and Juliet da cui il gioco ha preso le mosse: «RomeoM falls_w/_ JulietC@mary Secretly Bt R kils J’s Coz&isbanishd. Jfakes Death. As Part of Plan2b-w/R Bt_leter Bt It Nvr Reachs Him. Evry1confuzd--- bothLuvrs kil Emselves» (ovvero: «Romeo Montague falls in love with Juliet Capulet and they marry secretly, but Romeo kills Juliet’s cousin and is banished. Juliet fakes her own death. As part of the plan to be with Romeo she writes him a letter but it never reaches him. Everyone is confused and both lovers kill themselves», www.corriere.it/Primo_Piano/Spettacoli/2005/11_Novembre/ 17/testi_sms.shtml).

Nel testo italiano, la densità di tratti riconducibili al linguaggio degli SMS è piuttosto bassa e legata a forme banali (come il TVB, i numerali, il x, il cmq) quasi tutte diffuse indipendentemente dagli SMS. La sintassi è quella telegrafica (priva di verbi di modo finito) e l’unico elemento linguistico notevole è l’anglicismo end ‘fine’, legato oltretutto a un vecchio immaginario cinematografico. Nel testo inglese, tutti i tratti sono più esasperati: si ha una sorta di scriptio continua segmentata dalle maiuscole e una concentrazione di gergalismi grafici che rende il testo piuttosto criptico. In italiano – potremmo dedurne – s’intende per ‘formato SMS’ un testo scritto in linguaggio giovanile lungo fino a 160 caratteri; in inglese, il grado di tecnificazione si mostra molto più alto e il linguaggio molto più specifico (fermo restando che in entrambi i casi si tratta senz’altro di artificiosi esercizi di stile).

Di pari passo con lo sviluppo della miniaturizzazione tecnologica, sembra si stia sviluppando – insomma – una tendenza irresistibile alla miniaturizzazione testuale. Tendenza che risponde alle esigenze di un pubblico sempre meno allenato alla lettura; ma si adegua anche alle diverse condizioni di fruizione del testo, calate oggi in una nuova dimensione di spazio e di tempo. Testi brevi, perché più facili da leggere sullo schermo; testi rapidi, adatti a una lettura che richieda poca concentrazione.

Informazione e intrattenimento

Per i quotidiani cartacei questo ha significato ridurre gli articoli a notizie di poche centinaia di caratteri (come accade nella cosiddetta free press) o frammentare il testo dei servizi più importanti in tanti articoli, riquadri, box, diagrammi (come accade ormai in tutti i quotidiani tradizionali) o ancora riservare l’ultima pagina a una dozzina di notizie condensate in circa trenta parole (come fa da qualche anno il «Corriere della sera», con le sue Notizie in due minuti). O anche – ampliando l’offerta già diversificata con la creazione delle versioni on-line – confezionare e inviare le notizie direttamente in formato SMS.

In Italia l’agenzia di stampa ANSA fu tra i primi a organizzare, nel 1999, un servizio sperimentale di diffusione delle notizie tramite telefono cellulare. Oggi che il servizio è offerto – tramite accordi con diverse testate e gruppi editoriali – da tutti i gestori di telefonia mobile, quello della TIM continua a essere fornito dall’ANSA. Il 30 marzo 2006 il servizio «Script TIM ANSA news» mandava a tutti i suoi abbonati –nel giro di circa un’ora e mezza – queste tre notizie: (12:47) Strage Calabria: in casa del nipote fermato un contratto con Satana, delitto sarebbe un sacrificio. Caccia a 3 complici. // (13.10) Iraq: rilasciata a Baghdad la giornalista americana Jill Carroll. Era stata rapita più di 2 mesi fa. // (14.11) No dell’Iran all’Onu: «Non sospenderemo l’arricchimento dell’uranio. Pronti ad affrontare qualsiasi conseguenza».

Tutti e tre i messaggi (lunghi in media 17 parole per circa 110 caratteri; privi di qualunque grafismo riconducibile al linguaggio degli SMS) sono pensati ad hoc per il mezzo: non coincidono, infatti, con nessuno dei testi (di diversa lunghezza, a seconda del livello d’approfondimento) che in quel momento trattano le stesse notizie sul sito dell’ANSA. Ma di quella tipologia di testi che dai titoli e dai lanci d’agenzia arriva fino alle scritte che scorrono alla base dello schermo durante i telegiornali ripetono la struttura, con il tema in esponente a circoscrivere l’ambito della notizia. Proprio come accade negli SMS usati per la comunicazione privata, inoltre, questi testi miniaturizzati rinunciano alla subordinazione, ma non rinunciano a una scansione in almeno due periodi (di cui uno solo contiene un verbo di modo finito).

Un connubio particolare è quello che nel mondo riguarda SMS e religione (www.textually.org/textually/archives/cat_sms_and_religion.htm). Nelle Filippine, uno dei Paesi in cui gli SMS hanno avuto maggior successo (una media di quindici messaggi inviati al giorno, rispetto ai sei del Regno Unito), il 40% degli studenti universitari intervistati dichiarava di essere abbonato a servizi di SMS religiosi (A.G. Roman, Texting God: SMS & religion in the Philippines, 2005, www.stjohn.ac.th/arc/texting%20god.pdf).

Nel 2002, l’inglese Simon Jenkins, animatore di una rivista cristiana on-line, ha allestito un libro fatto di citazioni dalla Bibbia riscritte nel linguaggio ‘moderno’ degli SMS (R Father N Hvn: Up 2 D8 Txts Frm d Bible, ossia Our Father in heaven: up to date texts from the Bible). Il 6 ottobre 2005, il «Sidney Morning Herald» riportava la notizia che la Bible Society of Australia aveva tradotto in SMS l’intera Bibbia, con esiti come: «Wrk hard at wateva u do. U will soon go 2 da wrld of da dead, where no 1 wrks or thinks or reasons or knws NEting (Ecclesiastes, chapter nine, verse 10)». Solo dal febbraio 2008, invece, è attivo in Italia un servizio che consente di ricevere sul proprio cellulare – tra l’altro – frasi celebri di Giovanni Paolo II: per es., «Non abbiate paura. Aprite, anzi spalancate le porte a Cristo» («Corriere della sera», 7 giugno 2008). A differenza di quanto accadeva per la Bibbia in inglese, qui il testo rimane integro: fare diversamente sarebbe risultato irrispettoso. Il che potrebbe essere preso come ulteriore prova del fatto che l’SMSese italiano è molto più blando di quello inglese e, di fatto, meno radicato nell’uso.

Ciò non impedisce, tuttavia, che la misura dell’SMS venga sfruttata per veicolare i contenuti più disparati: dall’oroscopo alle previsioni del tempo, dai risultati sportivi agli indici di borsa, fino alle barzellette e ai messaggi d’amore o d’auguri preconfezionati (proprio come accadeva nei secoli scorsi con manuali epistolari). E il condizionamento del modello SMS agisce sia in entrata (con l’importazione da parte del nuovo medium di una serie di testi prodotti originariamente in altra forma) sia in uscita (con l’esportazione della misura testuale e di pochi altri tratti molto riconoscibili verso il libro a stampa).

Letteratura

Può essere rubricata tra i casi di importazione anche l’abitudine al consumo della letteratura tramite cellulare, che sembra aver preso piede in Cina e Giappone: due Paesi in cui l’uso degli SMS è particolarmente diffuso (e le cui lingue adottano un sistema di scrittura ideografico). In Giappone, in particolare, il romanzo diffuso via SMS rappresenta ormai un genere preciso (chiamato keitai shosetsu, appunto ‘romanzo da cellulare’): testi lunghi tra le 200 e le 500 schermate e rivolti soprattutto a un pubblico di adolescenti. Già nel 2007 questo filone poteva contare su oltre 700.000 titoli, con successi clamorosi come quello di Ayu no monogatari (Amore profondo), che a partire dal 2000 avrebbe accumulato oltre 20 milioni di contatti, per poi vendere – nell’edizione a stampa – un milione e settecentomila copie.

Sul versante dell’importazione, invece, si è sviluppata in Europa – a partire dai primi anni del Duemila – una produzione editoriale che ha provato ad adeguarsi all’egemonia del modello SMS, soprattutto per venire incontro ai gusti del pubblico giovanile. Si tratta di romanzi basati su una scrittura che per legittimarsi come ‘linguaggio degli SMS’ ricorre a una sistematica ipercaratterizzazione, tutta puntata sui tratti più clamorosi e celebrati dai media. A volte la struttura è quella del romanzo epistolare, come nel caso di The last messages (2007) del finlandese Hannu Luntiala, composto da mille messaggini per un totale di circa trecento pagine; altre volte quella di un giallo pedagogico, come in Pa sage a Taba (ovvero Passage à tabac, 2004), libretto scritto da Phil Marso per mettere in guardia i giovani dai rischi del fumo; oppure quella di un diario, come in Cuore Nuovo (30 giorni ai 18) pubblicato nel 2007 dalla venticinquenne Luana Modini.

Anche in questo caso, si può mettere a confronto un passo del testo francese («3h mat’…. La f’1 me gayt’. 3 jr, emuré ds lê WC. j’avè bô écou’T la FM, p’Rson ne tchat sur moa. Lol ! soud1 ! 1 br’8 me fè bondir 2 la Q’vett dê WC»; ovvero: «3 heures du matin... La faim me guette. Trois jours emmurés dans les wc, j’avais beaucoup écouter la radio, personne ne parlait de moi. Ah! Ah! Soudain! Un bruit me fait bondir de la cuvette des wc», www.mobilou.info/pasagelire.htm) con un passo di quello italiano («Però è 1 tale figo. Ke ironia qnd alla Ale kiedevo ke c trovasse in quel bastardo di Guido xkè io ero certa al 101% ke lui fosse 1 bastardo, bastava guardarlo negli occhi x capirlo, e i fatti mi hanno dato ragione»). Ancora una volta il linguaggio SMS italiano risulta molto meno denso di caratteri peculiari, così povero di soluzioni creative da risultare sbiadito.

Bibliografia e webgrafia

Nell’ambito di una bibliografia internazionale ormai piuttosto vasta, si è scelto di selezionare i contributi più rappresentativi relativi alle diverse lingue, rimandando implicitamente all’ulteriore bibliografia ivi citata (tutte le pagine web s’intendono visitate per l’ultima volta il 5 maggio 2009).

Per l’Italia:

C. Dinale, I giovani allo scrittoio, Padova 2001.

E. Pistolesi, Il parlar spedito. L’italiano di chat, e-mail e sms, Padova 2004.

L. Lorenzetti, G. Schirru, La lingua italiana nei nuovi mezzi di comunicazione: SMS, posta elettronica e Internet, in Guida alle pratiche della comunicazione, a cura di S. Gensini, Roma 2006, pp. 71-89.

Per il Belgio:

K. Clonen, SMS Behavior of flemish juveniles. Cell phone usage as an instrument of social bonding and peer group prestige, «Ethnographica», 2002, 2, pp. 1-9 (anche on-line: soc.kuleuven.be/ antropologie/ethnographica/2002/Clonen.pdf).

C. Fairon, J.-R. Klein, S. Paumier, Le langage SMS. Étude d’un corpus informatisé à partir de l’enquête «Faites don de vos SMS à la science», Louvain 2006.

Per la Francia:

J. Véronis, E. Guimier de Neef, Le traitement des nouvelles formes de communication écrite, 2006, www.univ-provence.fr/veronis/ pdf/2006-livre-sabah.

Per la Germania:

N. Döring, «Kurzm. wird gesendet»Abkürzungen und Akronyme in der SMS-Kommunikation, «Muttersprache. Vierteljahresschrift für Deutsche Sprache», 2002, 112, 2, pp. 97-114 (anche on-line: www.nicola-doering.de/publications/sms-kurzformen-doering-2002.pdf).

Per l’Inghilterra:

C. Thurlow, Generation Txt? The sociolinguistics of young people’s text-messaging, 2003, extra.shu.ac.uk/daol/articles/v1/n1/a3/ thurlow2002003-paper.html.

C. Thurlow, From statistical panic to moral panic. The metadiscursive construction and popular exaggeration of new media language in the print media, «Journal of computer mediated communication», 2006, 11, 3, pp. 667-701 (anche on-line: jcmc.indiana.edu/vol11/issue3/thurlow.html).

Per la Norvegia:

R. Ling, The Socio-linguistics of SMS. An analysis of SMS use by a random sample of Norwegians, in Mobile communications. Renegotiation of the social sphere, ed. R. Ling, P. Pedersen, London 2005, pp. 335-49 (anche on-line:www.richardling.com/ papers/2005_SMS_socio-linguistics.pdf).

Per i Paesi Bassi:

E.A. Mante, D. Piris, SMS use by young people in the Netherlands, «Revista de estudios de Juventud» 2002, 57, pp. 47-58 (anche on-line: www.itu.int/osg/spu/ni/ubiquitous/Papers/Youth_ and_mobile_2002.pdf).

Per gli Stati Uniti:

N.S. Baron, R. Ling, Text messaging and IM. Linguistic comparison of American college data, «Journal of language and social psychology», 2007, 26, 3, pp. 291-98 (anche on-line: www.american.edu/tesol/Mechanics%20of%20Text%20Messaging%20and%20IM.pdf).

Per la Svezia:

Y. Hård af Segerstad, Use and adaptation of written language to the conditions of computer-mediated communication, Göteborg 2002 (anche on-line: www.ling.gu.se/~ylvah/dokument/ ylva_diss.pdf).

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