IL CAIRO

Enciclopedia dell' Arte Antica (1961)

IL CAIRO

L. Guerrini

(el Qāhirah = La Vittoriosa). − Capitale della repubblica egiziana. Al momento della conquista araba (640) esisteva al S del C. moderno una fortezza fondata dai Romani, Babylon, le cui rovine formano oggi il Qasr ash-Sham. Dopo la resa, il generale Amr ibn al-῾Ās trasformò il suo accampamento in quartiere stabile per la guarnigione, col quale si fuse anche l'abitato preesistente. Sorse così la città che gli Arabi chiamarono Misr, denoniinando la capitale dal nome della provincia stessa, oppure al-Fusṭaṭ (dal romano fossatum). Fu la capitale dell'Egitto fino al 969, coi sobborghi cresciuti verso N, al-῾Askar ("l'accampamento", residenza dei governatori abbasidi) e al-Qata'i ("le porzioni", residenza dei Tulunidi).

Museo egizio. − Fondato nel 1857 da A. Manette, il museo sorse in un primo tempo a Gīzah, poi nel quartiere cairino di Boulaq e successivamente nell'attuale edificio, appositamente costruito dall'architetto M. Bourgnon, situato in uno dei quartieri centrali della città, nella piazza el-Tahrir. Tra i direttori del Service des Antiquités e del museo dopo il Manette ricorderemo G. Maspero († 1916) ed E. Drioton (dal 1936 al 1952); successivamente la direzione passò ad archeologi egiziani. Il museo del Cairo, che presenta il più completo panorama della produzione artistica egizia, topograficamente si suddivide in una sezione di scultura in pietra, collocata al piano inferiore, e di una raccolta di oggetti di minori dimensioni, non in pietra, situata al piano superiore. La disposizione non è rigorosamente cronologica. Accanto a singole opere di prim'ordine, la raccolta presenta un'esemplificazione tipologica completa per ogni genere artistico e periodo storico. Tra le opere situate al piano inferiore, per la maggior parte scultoree, ricorderemo: dell'Antico Regno, la statua seduta di Djoser da Saqqārah, di Khephren in diorite, di Rahotpe e Nofret in calcare dipinto da Medum; i capitelli della tomba di Unas, la statua lignea di Ka-aper, la testa in alabastro di Mykerinos, la statua di Tiy, il proprietario della tomba dipinta di Saqqārah e il gruppo fortemente caratterizzato del nano Soneb con la famiglia. A questa produzione si affianca un'esemplificazione della plastica privata, a carattere "popolare", che presenta figurette fissate nelle attitudini quotidiane di vita domestica. A completare la visione della produzione artistica dell'Antico Regno non vanno dimenticate le pitture da Medum, che segnano il passaggio tra la III e la IV dinastia, ottenute con l'inserimento di paste colorate nel calcare di fondo; e neppure la serie di grandi bassorilievi in calcare provenienti dal tempio solare di Abu Sir, con la raffigurazione di genî che recano offerte al re Saḥurē῾. La statua in calcare dipinto del re Menthotpe simbolizza il passaggio dall'Antico al Medio Regno. Di questo periodo ricorderemo la statua in granito nero della regina Nofret, sposa di Sesostris II, da Tanis; la sfinge di Tanis e statue e rilievi di varî funzionari nel tipico costume dell'epoca. Dell'inizio del Nuovo Regno è la statua in granito rosa della regina Hashepsowe trasportata qui dal suo tempio di Deir el-Bahrī, da cui provengono anche due blocchi decorati a rilievo con la caratterizzatissima raffigurazione della regina di Punt. Oltre a numerose statue regali (di Thutmosis III da Abido, di Amenophis II e il gruppo colossale di Amenophis III e della regina Tiy proveniente da Medīnet Habu) e di dignitari, notevoli di questo periodo sono quattro pannelli dipinti del palazzo di Tell el-῾Amārnah e alcune tavolette in terracotta trovate negli archivi diplomatici di Amenophis III e IV con testi in caratteri cuneiformi che testimoniano rapporti tra Egitto e Asia. Del periodo amarniano è il complesso di statue e teste reali e di maschere in gesso. Uno dei monumenti più caratteristici della seguente dinastia (rappresentata per altro da numerose statue di Ramesses II, Sethos I, Merenptah e Ramesses III) è l'altare solare con cinocefali adoranti, proveniente da Abu Simbel. Numerose statue, per la maggior parte in granito scuro e in basalto, documentano il periodo della Bassa Epoca: interessante è specialmente la serie dei ritratti tardo-saitici. Completano l'ampio panorama della produzione egizia numerose stele, rilievi, iscrizioni, opere di piccolo formato e soprattutto la successione dei sarcofagi, sia reali che privati, tra i quali vanno ricordati in modo particolare quelli di età saita. Degni di un breve accenno sono i monumenti contenuti nel grande atrio centrale dell'edificio: si tratta di tre barche, due in legno provenienti da Dahshūr (Medio Regno) e una in granito rosa, della XIX dinastia, dal tempio di Ptaḥ a Mit Rahineh (= Memfi).

Al piano superiore del museo sono raccolti oggetti di proporzioni più ridotte (ad eccezione di alcuni grandi sarcofagi dipinti). L'epoca preistorica è ben documentata da un complesso di ceramiche, armi, cristalli di rocca, ossidiana. Dell'epoca predinastica sono le caratteristiche "tavolozze"; dell'Antico Regno la ricostruzione di un pannello parietale con rivestimento in faîence proveniente dalla piramide di Djoser a Saqqāah e il complesso della tomba della regina Hetepheres a Gīzah. Ma i due complessi più notevoli sono quello della tomba di Tutankhamon (XVIII dinastia) comprendente mobili, vasi, sarcofagi e soprattutto gioielli, e quello che raduna tutte le oreficerie, tra cui interessanti sono i gioielli provenienti da Dahshūr e Illāhūn (XII dinastia) e quelli rinvenuti da P. Montet a Tanis: si tratta, per quest'ultimo gruppo, di oggetti per la maggior parte di argento, che mostrano un gusto fastoso unito a una certa qual rudezza, caratteristico del periodo (XXI-XXII dinastia). A tutto questo si aggiunge la ricca raccolta di papiri, òstraka, ceramiche, faîence, terrecotte e smalti.

Oltre ai monumenti dell'Egitto faraonico, il museo del Cairo presenta anche un piccolo complesso di oggetti rinvenuti in tombe nubiane, databili all'incirca al IV sec. d. C.: si compone di rifiniture per cavalli, di gioielli di una fastosità barbarica e di una grande cassetta di ebano con applicazioni di piccole tavolette d'avorio che nell'insieme della decorazione ricorda le facciate di palazzi ellenistici. Un altro complesso di maggiori proporzioni è rappresentato dalle antichità greche e romane: tra le sculture, si ricorderà del periodo arcaico una piccola Kore in calcare biancastro, con incrostazioni (ora scomparse) in corrispondenza degli occhi, proveniente da Mit Rahineh e alcuni piccolissimi koùroi (altezza cm 10 circa) in alabastro di diversa provenienza. Del periodo ellenistico è la testa del cosiddetto Gallo di Gīzah e una serie di testine da Tell Timai e Tell Basta (= Bubastis). Del periodo romano ricorderemo un grande rilievo di Antonino Pio con la famiglia, alcuni ritratti imperiali e privati (si noti particolarmente quello di Alessandro Severo) e tre rilievi mitriaci policromi. Del periodo tardo-antico è il busto in porfido di età tetrarchica da Athribis. Parallelamente a questa produzione ufficiale, è ben documentata la produzione locale: si tratta di piccole terrecotte e rilievi in calcare per il periodo ellenistico, di statue in granito di sacerdoti e di statuette in calcare poroso per il periodo romano, e, di uso funerario, una ricchissima collezione di maschere in gesso dipinte e di ritratti dipinti su tela o legno, indicati come "ritratti del Fayyùm" (v.). Non vanno dimenticati i complessi ceramici (notevoli soprattutto i vasi cosiddetti "delle regine" di età ellenistica), gli emblemata a mosaico e la serie delle monete.

Alla formazione del museo è immediatamente seguita, sempre per opera del Service des Antiquités, la costituzione di una serie numerosa di cataloghi, tuttora in corso di pubblicazione, che presentasse tutto il materiale archeologico raccolto nel museo, diviso in sezioni: il Catalogue général des Antiquités égyptiennes du Musée du Caire, che sostituì il precedente di A. Manette, Album du Musée de Boulaq, Il Cairo S. d.

Museo copto. − Le collezioni di antichità copte e cristiane, precedentemente radunate presso il museo egizio e, in minor misura, presso il museo arabo, hanno ricevuto dal 1920 una sistemazione ufficiale in un apposito museo, in seguito (nel 1931) divenuto museo statale. La decisione però di creare un museo dedicato alle antichità copte risale al 1908, per sottoscrizione di privati; in tale occasione fu scelta un'area appartenente alla chiesa copta, situata nel quartiere periferico del Vecchio Cairo, in Qasr el-Khanah. Tale decisione ebbe il riconoscimento del Service des Antiquités: si costruì pertanto l'edificio, tuttora in uso, nello stile delle antichità che doveva ospitare: porte, finestre, ecc. provengono infatti dalle rovine di case o chiese appartenenti alla comunità copta. Più tardi all'edificio originario è stata aggiunta una nuova ala destinata a riunire i monumenti del periodo, prima ospitati presso altri musei egiziani (ad eccezione però della raccolta del Museo Greco-Romano di Alessandria).

La disposizione rigorosamente cronologica presenta statuaria, sculture architettoniche e pitture al piano inferiore e oggetti varî al piano superiore. Cronologicamente, precedono i monumenti provenienti da Ahnas, caratterizzati soprattutto da rilievi e nicchie con rappresentazioni di carattere mitologico; seguono le numerose decorazioni architettoniche e i dipinti provenienti da Bawit (scavi Clédat, 1912 e Maspero, 1913) e il materiale proveniente dal monastero di S. Geremia a Saqqārah (scavi Quibell, 1906-9). A tutto ciò si aggiungono una notevole esemplificazione di capitelli e la ricca serie delle stele, sia iscritte, sia figurate. Al piano superiore sono disposte le collezioni di tessuti, decorazioni architettoniche in legno, avorî, manoscritti, icone, oreficerie e opere di toreutica (bacili bronzei, calici d'argento, reliquiarî, ecc.). Come cataloghi, si deve ricorrere ai vecchi cataloghi della precedente sistemazione del materiale nel Museo Egizio, cioè, nella serie del Catalogue, a W. E. Crum, Coptic Monuments, Il Cairo 1902 e J. Strzygowski, Koptische Kunst, Vienna 1904, ai quali si aggiunse poi il più succinto catalogo-guida di H. Simaika Pacha (1937).