IDROGENO

Enciclopedia Italiana (1933)

IDROGENO (da ὕδως "acqua" e γεν "genero")

Felice DE CARLI
Giulio NATTA
Felice DE CARLI

Elemento chimico con peso at. 1,0078, numero at. 1, simbolo H. Fu intravisto per la prima volta da Paracelso nel sec. XVI, ma venne isolato solo molto più tardi da H. Cavendish (1766), il quale dimostrò che la sua combustione nell'aria è accompagnata da formazione d'acqua. È molto diffuso in natura allo stato di combinazione: con l'ossigeno nell'acqua, di cui costituisce 1/9 in peso, con il carbonio negl'idrocarburi che formano i petrolî, e nelle sostanze organiche dei tessuti animali e vegetali. Si calcola a circa un centimillesimo in volume il tenore d'idrogeno nell'atmosfera che circonda la crosta terrestre. Questa piccola quantità proviene in gran parte dalle emanazioni gassose naturali che si manifestano in prossimità delle zone vulcaniche e dei territorî petroliferi.

L'idrogeno si può ottenere con diversi metodi, di cui alcuni di laboratorio, per la produzione di piccoli quantitativi, altri industriali.

In laboratorio l'idrogeno di solito viene preparato facendo reagire i metalli con gli acidi. Si prestano allo scopo, fra i metalli, lo zinco e il ferro che si possono avere sufficientemente puri e a prezzo non elevato; e fra gli acidi, il cloridrico e il solforico, pure economici e che non risentono l'azione riducente dell'idrogeno come altri acidi minerali (il nitrico, ad es., che è ridotto ad azoto e ammoniaca):

L'idrogeno ottenuto dall'azione dei metalli sugli acidi non è mai puro. I carburi contenuti nel ferro, le tracce di solfuri, arseniuri, antimoniuri, siliciuri, ecc. che accompagnano lo zinco, i prodotti nitrosi e l'anidride solforosa che possono trovarsi disciolti nell'acido solforico, reagendo con gli acidi o con l'idrogeno nascente, formano derivati idrogenati del carbonio, dello zolfo, dell'arsenico, dell'antimonio, del silicio, dell'azoto i quali inquinano l'idrogeno. La purificazione si ottiene facilmente facendo gorgogliare il gas attraverso soluzioni d'idrato sodico o potassico, di nitrato di piombo, di nitrato d'argento, di permanganato potassico in soluzione acida. I derivati arsenicali, antimoniati, solforati, siliciati, gl'idrocarburi ecc., vengono trasformati in prodotti non volatili, e l'idrogeno esce dagli apparecchi di lavaggio sufficientemente puro. Si preferisce procedere a purificazione, anziché usare zinco e acido solforico o cloridrico purissimi, perché in queste ultime condizioni la reazione si compirebbe con estrema lentezza.

L'idrogeno si può ottenere anche dall'acqua decomponendola con i metalli. Quelli alcalini e alcalino-terrosi decompongono l'acqua a temperatura ordinaria secondo le reazioni seguenti:

In pratica, invece dei metalli puri, si preferisce impiegare la loro amalgama, e specialmente quella di sodio. A questo modo la reazione tra metallo e acqua è meno tumultuosa, e lo svolgimento d'idrogeno è molto regolare. Il magnesio decompone l'acqua all'ebollizione, mentre l'alluminio non reagisce apprezzabilmente neanche in queste condizioni. Però la sua amalgama è molto più attiva e decompone l'acqua a temperatura ordinaria; anche meglio si presta allo scopo quella di una lega alluminio-zinco-stagno. In questi casi si forma idrossido d'alluminio e si svolge idrogeno come è indicato nella reazione:

Il ferro e il manganese riscaldati al rosso decompongono il vapore acqueo nella maniera seguente:

L'ossido che si forma può venire nuovamente ridotto riscaldandolo in corrente di gas di gassogeno, e così si rigenera il metallo che si utilizza per decomporre altro vapore acqueo. La reazione si presta pertanto anche per preparare quantità rilevanti d'idrogeno.

Tra i metalloidi solo il boro, il silicio, il fosforo e il carbonio hanno la proprietà di decomporre l'acqua a temperature più o meno elevate. Queste reazioni però non vengono mai usate in laboratorio, alcune perchè gli elementi da cui si parte sono troppo costosi, altre, come quella del carbonio, perchè portano alla formazione di miscele di vari prodotti gassosi dalle quali è difficile separare l'idrogeno puro, con i comuni mezzi di laboratorio.

Per i processi industriali, v. sotto.

Proprietà e derivati. - L'idrogeno è un gas incoloro, privo di sapore e di odore. A 0° e 760 mm. un litro pesa gr. 0,0898. La sua densità riferita all'aria è 0,0694; il coefficiente di dilatazione 0,0036562. Alla sua grande leggerezza è dovuta la facilità con la quale effluisce attraverso fori sottili e parti porose. L'idrogeno possiede inoltre la proprietà di passare attraverso lamine metalliche (platino, palladio, ferro) riscaldate al rosso. Questo fenomeno, specifico dell'idrogeno, non è dovuto a semplice diffusione. Le lamine metalliche si comportano in questo caso come pareti semipermeabili, che si lasciano attraversare solo dall'idrogeno e non dagli altri gas. L'idrogeno è poco solubile nell'acqua; il coefficiente di assorbimento medio tra 0° e 25° per una pressione parziale di un'atmosfera è:

Il calore specifico a pressione costante tra 0° e 200° è di 3,4041 calorie; il calore specifico molecolare cp = 6,81 cal.

L'idrogeno fu liquefatto la prima volta da L. F. Wroblewski nel 1885, facendo rapidamente espandere da 190 a 1 atmosfera l'idrogeno gassoso, raffreddato a − 210° con azoto liquido bollente sotto pressione ridotta. L'idrogeno liquido bolle a − 252°,7. Le costanti critiche sono le seguenti: tp = − 239°,92, Pp = 12,8 atm., D = 0,0310. L'idrogeno solido è stato ottenuto faci: ndo rapidamente evaporare quello liquido sotto una pressione di 50 mm.; la determinazione del suo punto di fusione, eseguita da varî sperimentatori, ha dato valori che oscillano tra − 256° e − 258°,9. Il calore di fusione a 14 gradi assoluti è di 15 cal.

La molecola dell'idrogeno è biatomica, il suo calore di formazione è di 90000 calorie. A temperature molto elevate le molecole si scindono parzialmente in atomi. Questa dissociazione si realizza facilmente facendo arrivare un getto d'idrogeno in corrispondenza di un arco elettrico che scocca tra due elettrodi di tungsteno. Gli atomi formatisi per dissociazione termica si ricombinano però quasi subito per formare di nuovo le molecole. Nella zona prossima all'arco si raggiungono pertanto temperature elevatissime (circa 4000°) dovute all'energia che si sviluppa nella trasformazione dell'idrogeno atomico in molecolare.

Recenti ricerche hanno messo in evidenza che l'idrogeno ordinario è formato da una miscela di due varietà, e precisamente del 75% di orto-idrogeno e del 25% di para-idrogeno. Questa scoperta è stata fatta partendo da considerazioni sullo spettro molecolare dell'idrogeno nel quale si notano alternativamente linee deboli e forti, come se esso fosse composto di due parti emesse da costituenti mescolati in proporzioni diverse. L'esperienza ha dimostrato che l'idrogeno ordinario è costituito di due varietà che si trasformano lentamente l'una nell'altra. Esse posseggono diversa conducibilità termica, e appunto con la misura di questa proprietà si può seguire lo spostamento delle proporzioni rispettive. La trasformazione della forma orto in quella para si compie facilmente a temperature molto basse, p. es. nell'idrogeno liquido. La forma para ha il punto di fusione inferiore di 0°,09, e la tensione di vapore in corrispondenza del punto di fusione inferiore di 0,9 mm. rispetto all'idrogeno ordinario. La differenza tra queste due forme è stata attribuita al senso diverso di rotazione dei due nuclei che sono uniti a formare la molecola. In una forma i due nuclei ruotano nello stesso senso, e nell'altra in senso opposto.

L'idrogeno si combina direttamente con molti elementi. Tra i metalloidi il fluoro, il cloro e l'ossigeno hanno la maggiore affinità per l'idrogeno e reagiscono svolgendo una considerevole quantità d'energia. Il bromo, l'iodio, lo zolfo, il selenio, il tellurio, l'azoto reagiscono con l'idrogeno con minore vivacità, e generalmente è necessario riscaldare per fare compiere le reazioni, o ricorrere all'azione di catalizzatori. Il fosforo, l'arsenico, l'antimonio, il boro e il silicio non si combinano direttamente con l'idrogeno. Facendo scoccare l'arco elettrico fra elettrodi di carbone in atmosfera d'idrogeno è stato invece possibile ottenere acetilene e piccole quantità di metano. I metalli alcalini, alcalinoterrosi e delle terre rare si combinano direttamente con l'idrogeno per formare i rispettivi idruri. Altri metalli come il palladio, il platino, il ferro, il nichel, il cobalto ne assorbono, in determinate condizioni, notevoli quantità. Nella maggior parte di questi casi il fenomeno è però dovuto a semplice assorbimento e non a formazione di composti definiti.

L'idrogeno si addiziona direttamente anche a molti composti, per es. ai derivati organici non saturi i quali, in presenza di catalizzatori opportunamente scelti, si trasformano nei corrispondenti prodotti saturi.

L'idrogeno è un elemento dotato di energiche proprietà riducenti. sotto l'influenza del calore toglie completamente l'ossigeno a molti ossidi inetallici (CuO, PbO, Fe2O3, CdO, Ni2O3). Non tutti gli ossidi, però, reagiscono con l'idrogeno a questo modo; alcuni, come il biossido di manganese, cedono solo la metà dell'ossigeno che contengono; gli ossidi dei metalli alcalini, alcalino-terrosi e di alluminio non vengono ridotti affatto. Della proprietà riducente dell'idrogeno si trae profitto inoltre per operare riduzioni di sali minerali e di composti organici in soluzione. In questo caso non si usa fare gorgogliare nel liquido da ridurre l'idrogeno preparato con uno dei metodi descritti, ma si preferisce produrlo in seno al liquido stesso mescolandovi un poco di acido solforico e qualche pezzetto di zinco, oppure provocando la scomposizione dell'acqua con l'amalgama di sodio, o, infine, ricorrendo a metodi elettrolitici. In queste condizioni l'idrogeno, appena formatosi, presenta, a contatto con la sostanza da ridurre, una reattività molto superiore a quella dell'idrogeno preparato al di fuori del recipiente in cui si fa l'operazione. Si ritiene che questo maggiore potere riducente risieda nel fatto che l'idrogeno nascente quando viene a contatto con le sostanze da ridurre si trova ancora in gran parte allo stato atomico.

Riconoscimento e dosaggio. - Il riconoscimento dell'idrogeno può essere fatto spettroscopicamente, oppure ricorrendo a metodi basati sulla sua azione riducente. In questo caso il gas viene fatto passare su ossido di rame arroventato; se è presente idrogeno, l'ossido viene ridotto con formazione di acqua. Questo metodo però può essere applicato solo se non sono presenti idrocarburi. Un reattivo molto sensibile è la soluzione all'1% di cloruro palladoso la quale viene ridotta dall'idrogeno a temperatura ordinaria. Se nel gas da analizzare non sono contenuti idrocarburi o altri gas combustibili, si può dosare l'idrogeno mediante combustione eudiometrica. Il volume d'idrogeno corrisponde ai due terzi della contrazione totale osservata.

Produzione industriale e usi. - L'idrogeno è industrialmente prodotto con processi che consentono di separarlo dai suoi composti con l'ossigeno (acqua) o col carbonio (idrocarburi, carboni fossili bituminosi) e loro prodotti di distillazione (gas di cokeria).

Dall'acqua per via elettrolitica l'idrogeno viene ottenuto soltanto in località dove il costo dell'energia elettrica è basso, rispetto ad altre forme di energia. Essendo l'acqua allo stato puro pochissimo conduttrice, l'elettrolisi si effettua in soluzioni rese conduttrici con acidi o basi forti o sali. Per lo più si usano soluzioni al 20-25% d'idrato potassico ed elettrodi di nichelio o di ferro nichelato o, più raramente, di argento. La minima tensione della corrente continua, necessaria perché cominci l'elettrolisi, è teoricamente agli elettrodi di 1,23 volt; a essa si deve aggiungere la sovratensione di polarizzazione degli elettrodi che varia a seconda della loro natura. In pratica occorrono al minimo 1,7 volt. Se si vogliono però ottenere produzioni elevate, si deve giungere a tensioni di 2-2,5 volt per l'elevata resistenza dei diaframmi, costituiti per lo più di tela d'amianto, che vengono impiegati a evitare che l'ossigeno svolgentesi nell'elettrolisi all'anodo si mescoli con l'idrogeno catodico formando miscele tonanti. Si giunge così a consumi di 4,5-6 kWh. per mc. d'idrogeno, che possono elevarsi a 5,5-7 qualora non si disponga di sorgenti proprie di corrente continua e si debbano valutare le perdite di trasformazione della corrente alternata in continua. Perciò questo processo può economicamente competere con quello chimico soltanto quando il prezzo dell'energia sia molto basso o quando vi sia una conveniente utilizzazione dell'ossigeno che viene prodotto con l'elettrolisi (in ragione di un volume ogni due volumi d'idrogeno). Bisogna tener presente che di fronte ai 3 miliardi di mc. d'idrogeno si ha un consumo di ossigeno di soli 200 milioni di mc. Gran parte perciò dell'ossigeno elettrolitico resta inutilizzato e solo negli ultimissimi anni i processi di fabbricazione dell'acido nitrico per ossidazione dell'ammoniaca e di gassificazione dei carboni con ossigeno invece che con aria hanno permesso di utilizzarlo parzialmente. La produzione italiana d'idrogeno elettrolitico si aggira sui 100 milioni di mc. all'anno. Idrogeno si ottiene anche dall'elettrolisi delle soluzioni di cloruro sodico come sottoprodotto dell'industria della soda caustica e del cloro. In Italia se ne producono circa 30.000 mc. al giorno.

Più importanti dei processi elettrochimici, soprattutto nei paesi ricchi di carbone, sono i processi chimici di decomposizione dell'acqua basati sulle reazioni:

che hanno luogo contemporaneamente ed in proporzione diversa a seconda della temperatura, nella produzione del cosiddetto gas d'acqua (v. gas) quando il vapor acqueo viene a contatto in adatti gassogeni col carbone rovente. Essendo tali reazioni endotermiche, bisogna supplire al fabbisogno di calore con riscaldamento esterno o preferibilmente interno del gassogeno, attraverso una fase di combustione del carbone con aria o con ossigeno. La separazione dell'idrogeno dal gas d'acqua avviene per lo più dopo conversione dell'ossido di carbonio in anidride carbonica, per reazione catalitica col vapore acqueo, secondo l'equilibrio:

che è spostato verso la formazione d'idrogeno a basse temperature. Per ridurre al minimo nel gas catalizzato la percentuale di ossido di carbonio, che è nocivo nella sintesi dell'ammoniaca, e per diminuire il consumo di vapore si opera a temperature di 400°-500°, usando attivi catalizzatori costituiti per lo più da miscele di ossido di ferro e cromo. La conversione del CO in CO2 permette di ottenere facilmente idrogeno con purezza del 92-96%. L'anidride carbonica viene facilmente eliminata per semplice lavaggio del gas catalizzato con acqua sotto pressione di 10-20 atmosfere o con soluzioni di carbonato potassico, che a freddo assorbono il CO2 e possono essere rigenerate per riscaldamento. Le ultime tracce di ossido di carbonio sono eliminate con processi diversi (per es. assorbimento con sali rameosi). Sino a pochi anni or sono veniva gassificato per la produzione d'idrogeno solo il carbone coke. Oggi è resa possibile la gassificazione diretta di carboni bituminosi poveri o di ligniti, mediante l'adozione di speciali gassogeni, che sottopongono al cracking i prodotti di distillazione. Nell'Europa centrale esistono impianti di colossali dimensioni, posti sulla bocca di cave di lignite, che servono soprattutto a produrre idrogeno per la sintesi dell'ammoniaca.

I processi di produzione dell'idrogeno per reazione di soluzioni acquose acide od alcaline coi metalli ebbero qualche applicazione in passato per le utilizzazioni a scopo aeronautico. Oggi essi non hanno quasi più alcuna importanza pratica. Tra i processi chimici di dec0mposizione dell'acqua ebbe notevole importanza in passato il processo di ossidazione del ferro col vapore acqueo, secondo la reazione:

processo abbastanza economico in quanto il ferro può essere rigenerato in parte per riduzione con gas di gassogeno. Ma anche questo processo è stato quasi interamente sostituito da quelli di conversione del gas d'acqua.

Notevole interesse aveva suscitato il processo basato sulla reazione di metalloidi, quale il fosforo, con vapore acqueo, con formazione d'idrogeno e di acido fosforico.

Il fosforo può venir preparato da fluoro e clorofosfati minerali insolubili per reazione con silice e carbone ed è riottenuto sotto forma di acido fosforico solubile, che può essere impiegato per la fabbricazione di concimi. Questo processo presenta però l'inconveniente di fornire idrogeno impuro di fosfina, velenosa e infiammabile, che deve venire eliminata completamente.

I gas di cokerie costituiscono un'altra sorgente d'idrogeno. Le cokerie producono annualmente circa 9 miliardi di mc. di gas greggio, contenente in media 49-55% di idrogeno. Però solo una piccola parte di tali gas è oggi impiegata per la produzione d'idrogeno; il più è utilizzato come combustibile. Per la produzione d'idrogeno, il gas di cokeria, essiccato e purificato per via chimica dall'anidride carbonica e dall'idrogeno solforato, viene compresso ad alta pressione (25-100 atm.) e raffreddato, prima a spese dei gas freddi di scarico e poi del lavoro di espansione, con un procedimento del tutto analogo a quello impiegato per la produzione dell'azoto per liquefazione dell'aria. L'idrogeno per la sua bassissima temperatura di liquefazione (− 253° alla pressione ordinaria) rimane allo stato gassoso; gli altri gas vengono separati allo stato liquido, e la loro miscela per l'elevata percentuale di metano presenta un potere calorifico notevolmente superiore a quello del gas di partenza. I diversi componenti si possono anche separare tra di loro per liquefazione frazionata: si ottiene così una frazione contenente azoto e ossido di carbonio rispettivamente in proporzioni del 14-15% e del 7-10%; una frazione contenente metano (27-32%); una frazione contenente etano-etilene (3-4%). La massima parte dell'idrogeno ottenuta dai gas di cokeria viene oggi impiegata nella sintesi dell'ammoniaca.

Altri processi per la produzione d'idrogeno sono basati sulla decomposizione pirogenica (cracking) d'idrocarburi e in particolare del metano. Quest'ultimo può fornire, per ossidazione catalitica con ossigeno:

una miscela gassosa più ricca in idrogeno del gas d'acqua ordinario.

La produzione mondiale d'idrogeno si aggira sui 3 miliardi di mc. ed è impiegata per la massima parte nella sintesi dell'ammoniaca, nell'idrogenazione del carbone col processo Bergius, nell'idrogenazione degli olî e dei grassi, nella sintesi dell'alcool metilico per riduzione dell'ossido di carbonio, e in molti processi chimici di riduzione, particolarmente nell'industria dei coloranti organici. Di gran lunga meno importante è l'impiego dell'idrogeno nella saldatura e nel taglio dei metalli col cannello ossidrico la cui fiamma raggiunge i 2800° (in massima parte oggi sostituita dalla più economica e più calorifica fiamma ossiacetilenica) e in aeronautica per il riempimento degli aerostati.

Perossido d'drogeno (formula H2O2; peso molecolare 34,016). - Il perossido d'idrogeno, conosciuto anche sotto il nome di acqua ossigenata, è stato preparato la prima volta nel 1818 da L. J. Thénard facendo agire gli acidi sul biossido di bario. Si forma in piccole quantità in un grande numero di circostanze. La sua presenza è stata riscontrata, fra l'altro, nelle precipitazioni atmosferiche; la pioggia ne contiene in media da 0,4 a 1 milligrammo per litro: il tenore varia con le stagioni, ed è massimo d'estate; sembra inoltre che sia inversamente proporzionale alla suddivisione delle gocce. La sua formazione nelle precipitazioni atmosferiche si attribuisce all'azione dei raggi solari sull'acqua. Essa, infatti, è stata riprodotta in laboratorio, ed è stato constatato che i migliori risultati si ottengono con radiazioni di lunghezza d'onda dell'ordine di 1900 Å. Tracce di perossido d'idrogeno si formano inoltre: sottoponendo alla corrente ad alta frequenza una miscela d'ossigeno e vapore acqueo; nella combustione all'aria dell'idrogeno, del gas illuminante, del cianogeno, allorquando la fiamma viene diretta su un pezzo di ghiaccio, per raffreddare bruscamente i prodotti della combustione; in molte combustioni lente che si compiono all'aria o nell'ossigeno (essenza di trementina e altri terpeni, ossido di etile; polvere di zinco sbattuta con acqua in presenza di aria, ecc.).

Preparazione. - Il perossido d'idrogeno si prepara decomponendo con gli acidi i perossidi e i persali, o mediante ossidazione elettrolitica di bisolfati e di acido solforico. Generalmente s'impiega il biossido di bario idrato (BaO2.8H2O), il quale con soluzioni diluite e fredde di acido solforico reagisce come segue:

Invece dell'acido solforico s'usano anche il fluoridrico e il fluosilicico, quest'ultimo specialmente nel caso in cui si parta da un perossido alcalino:

serve allo scopo anche l'anidride carbonica

Per diminuire il costo di fabbricazione è stato consigliato di usare acido nitrico, e rigenerare il biossido di bario mediante calcinazione del nitrato. L'ipoazotide che si forma, con acqua e ossigeno, può ridare acido nitrico che rientra in ciclo:

Si ottiene inoltre perossido d'idrogeno decomponendo col calore l'acido persolforico (H2S2O8), o distillando, sotto pressione ridotta, soluzioni di persolfati in acido solforico, o sottoponendo all'elettrolisi soluzioni acquose di bisolfati i quali formano persolfati, e questi, acqua ossigenata. Con un kWh si producono circa 90 gr. di perossido.

Come i persolfati si comportano anche altri persali, ad esempio i percarbonati:

Le soluzioni di perossido d'idrogeno così ottenute sono diluite e contengono disciolte varie impurezze provenienti dalle materie prime impiegate e principalmente sali di ferro, alluminio, manganese, i quali vengono eliminati per precipitazione con carbonato di sodio. La soluzione limpida può essere concentrata sbattendola con etere nel quale il perossido d'idrogeno è molto solubile, ed evaporando a bagnomaria la soluzione eterea. Generalmente si preferisce ricorrere alla distillazione frazionata sotto pressione ridotta, e al congelamento frazionato. Si riesce così a ottenere perossido d'idrogeno anidro. Industrialmente però la concentrazione viene spinta al massimo sino a ottenere soluzioni che ne contengono 30-36% in peso.

Proprietà. - Il perossido d'idrogeno anidro è un liquido denso, incolore, limpido, che possiede un potere bagnante inferiore a quello dell'acqua. Sotto la pressione di 26 mm. bolle a 69°; a pressione ordinaria dovrebbe bollire a 152°. Per raffreddamento congela. La determinazione del punto di fusione presenta però notevoli difficoltà perché il perossido ha molta tendenza a subire sopraraffreddamenti. I valori − 2°, − 1°,70, − 0°,89, ottenuti da sperimentatori diversi, sono tuttora oggetto di discussione.

Il perossido d'idrogeno è completamente miscibile con l'acqua e forma con essa il composto: H2O.2H2O. In soluzione acquosa si comporta come un acido debole, il cui calore di neutralizzazione è di + 2,70 cal/gr. La sua formazione a partire dagli elementi è accompagnata dallo sviluppo di 46.840 calorie, mentre quella da acqua e ossigeno assorbe 21.700 calorie. Il perossido d'idrogeno è pertanto una sostanza che ha tendenza a decomporsi secondo la reazione:

Questa decomposizione si compie facilmente per opera del calore, e se la soluzione di perossido è sufficientemente concentrata può avvenire con esplosione. Le sostanze porose, le polveri metalliche molto suddivise, le scabrosità dei recipienti di vetro che la contengono e i raggi luminosi molto intensi catalizzano questa decomposizione e la fanno compiere con grande vivacità a temperatura ordinaria.

Altre sostanze hanno invece proprietà stabilizzatrici e ritardano la decomposizione. Le opinioni riguardo all'azione esercitata da questi catalizzatori negativi sono ancora contradittorie, tuttavia dai risultati sperimentali si deduce che hanno azione conservatrice principalmente le sostanze di natura acida, i cui ioni idrogeno fanno retrocedere la dissociazione: H • O • O • H • → H+ + H • O • O-. È risultato inoltre che detta azione dipende dalla concentrazione del perossido d'idrogeno, da quella della sostanza stabilizzante e dal suo spettro di assorbimento, e infine dalla lunghezza d'onda della luce alla quale si trova esposta la soluzione.

Le proprietà chimiche del perossido d'idrogeno rispecchiano il suo carattere di sostanza instabile, che cede facilmente una parte dell'ossigeno e funziona pertanto da ossidante. Il perossido d'idrogeno può reagire: 1. cedendo ossigeno alla sostanza con la quale è messo a reagire e determinando un'ossidazione di quest'ultima; 2. formando composti aventi proprietà di perossidi mediante sostituzione dei suoi atomi d'idrogeno con atomi metallici, oppure mediante unione a sostanze di natura salina come acqua ossigenata di cristallizzazione; 3. svolgendo ossigeno gassoso, e riducendo contemporaneamente la sostanza con la quale viene messo a reagire, allorquando quest'ultima abbia anch'essa tendenza a cedere facilmente ossigeno per passare a un grado di valenza inferiore. Esempî del primo modo di reagire sono, fra l'altro, l'ossidazione dell'acido iodidrico a iodio, del selenio ad acido selenico, dell'arsenico ad acido arsenico, dell'acido nitroso ad acido nitrico, dell'alluminio a idrossido.

Il perossido d'idrogeno trasforma in perossidi gl'idrati e i sali solubili alcalini, alcalino-terrosi e dei metalli pesanti. Con l'idrato sodico forma i composti: Na2O2 • 8H2O2 e Na2O2 • 4H2 • 2H2O; con l'idrato potassico dà origine a K2O2 • 2H2O2; con cloruro di calcio, in soluzione ammoniacale, forma il biossido CaO2 che precipita. Con gl'idrati di zinco, magnesio, cadmio, forma combinazioni perossigenate poco stabili, e così pure con gli ossidi di zirconio e delle terre rare e con i sali di titanio. Il perossido d'idrogeno si addiziona inoltre ad alcune sostanze organiche per formare composti abbastanza stabili che conservano spiccate proprietà ossidanti; degno di nota quello con l'urea: CO(NH2)2 • H2O2 che ha in commercio nomi diversi. Con permanganato potassico in soluzione acida, si comporta secondo il terzo modo di reagire sopra ricordato, riducendolo a sale manganoso e svolgendo ossigeno. In soluzione alcalinaa riduce il ferricianuro potassico a ferrocianuro con svolgimento di ossigeno. Eguale riduzione subisce il biossido di piombo (PbO2) marrone scuro, che si trasforma in litargirio (PbO) giallo.

Costituzione. - La facilità con la quale il perossido d'idrogeno cede una parte del suo ossigeno ha portato ad ammettere che nella sua molecola i due atomi di ossigeno siano uniti tra di loro mediante una valenza; la formula di costituzione sarebbe pertanto:

Alcuni ritengono tuttavia che al comportamento chimico di questa sostanza si adatti di più la formula di struttura:

in cui si ammette l'esistenza di un legame labile tra i due atomi di ossigeno. Questa struttura effettivamente renderebbe ragione, meglio dell'altra, della facilità con la quale il perossido d'idrogeno si decompone spontaneamente in acqua e ossigeno.

Riconoscimento e dosaggio. - Le reazioni di riconoscimento del perossido d'idrogeno si basano sulle proprietà ossidanti. Con soluzione di acido iodidrico, in presenza di salda d'amido, reagisce come l'ozono e il cloro, liberando iodio che colora l'amido in violetto. Se a una soluzione molto diluita di bicromato potassico acida per acido solforico, si aggiunge una soluzione di perossido d'idrogeno, questo ossida l'acido cromico rosso ad acido percromico azzurro intenso (reazione di Barreswill): il viraggio di colore si apprezza meglio sbattendo il liquido con etere, nel quale l'acido percromico è molto solubile. Le soluzioni incolore dei sali di titanio si colorano in giallo-rosso con il perossido d'idrogeno, per formazione di TiO3. Facendo bollire per un minuto una soluzione ammoniacale di metafenilendiammina addizionata di perossido d'idrogeno, si produce una bella colorazione azzurra che raggiunge il massimo d'intensità dopo due minuti, e iira al rosso per aggiunta di potassa.

Il perossido d'idrogeno si dosa volumetricamente con soluzione titolata di permanganato potassico in ambiente acido, oppure misurando il volume di ossigeno che viene svolto da un volume noto della soluzione in esame, oppure il volume di ossigeno che si libera nella reazione:

Per dosare piccole quantità vengono anche impiegati metodi colorimetrici basati sull'ossidazione dei sali di titanio o di molibdati. Il titolo delle soluzioni di perossido d'idrogeno generalmente viene riferito ai volumi di ossigeno che è capace di sviluppare un volume noto di soluzione. Le denominazioni commerciali di acqua ossigenata a 10, a 30, a 100 volumi, ecc., stanno quindi a indicare la concentrazione del prodotto.

Usi. - Il perossido d'idrogeno viene usato, per le sue proprietà ossidanti, nella decolorazione di varî prodotti d'elevato valore commerciale, che potrebbero essere danneggiati dalle comuni miscele imbiancanti a base di derivati del cloro (sbianca della seta, delle piume, degli oggetti d'osso, di corno, di radica, d'avorio, ecc.). La sua soluzione, neutralizzata con acqua di calce, serve per l'imbianchimento delle perle. Esso trova impiego infine come antisettico, per la disinfezione delle piaghe, della bocca, dei denti, ecc. È dotato inoltre di notevoli proprietà emostatiche.

Bibl.: J. W. Mellor, A comprehensive treatise on inorganic and theoretical chemistry, Londra 1927; L. Gmelin, Handbuch der anorganischen Chemie, Berlino 1927; P. Pascal, Traité de chimie minérale, Parigi 1931.

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