IDROCARBURI

Enciclopedia Italiana - IV Appendice (1979)

IDROCARBURI (XVIII, p. 728; App. III, 1, p. 827)

Marco Pieri
Gian Luigi Chierici

In questa voce si aggiornano le questioni inerenti alla ricerca e agli aspetti giuridici connessi, e i progressi conseguiti nella produzione degl'i. e nella coltivazione dei giacimenti. (Per altri argomenti v. gas; petrolio, in questa Appendice).

Ricerca. - Progresso delle tecniche di prospezione. Tra i metodi di prospezione geofisica applicati alla ricerca di i. quello sismico a riflessione è oggi il più largamente impiegato. Il metodo si basa sull'immissione nel terreno di perturbazioni elastiche originate in superficie da una fonte artificiale di energia.

I piani che separano rocce con caratteristiche fisiche diverse nel sottosuolo riflettono parte di queste onde, e le riflessioni vengono registrate mediante geofoni posti in superficie. Dall'elaborazione delle registrazioni si può ottenere un'immagine geometrica dell'assetto degli strati rocciosi profondi, e la sua interpretazione permette di localizzare la trappola petrolifera con la precisione necessaria per l'ubicazione dei sondaggi esplorativi.

Nel corso degli anni Sessanta le tecniche del metodo si sono evolute con grande rapidità, portando a importanti miglioramenti. La tecnica tradizionale usata per originare l'onda sismica (scoppio di dinamite sul fondo di pozzetti a qualche metro di profondità in terraferma, o, in mare, vicino alla superficie dell'acqua), è stata in larga parte sostituita da altri espedienti: masse battenti, masse vibranti, detonazioni di miscele esplosive di gas in camere di scoppio chiuse, espansione rapida d'aria compressa, detonazioni di miccia esplosiva.

È così migliorato il rendimento, sono diminuiti i costi e, nel caso dei rilievi marini, si sono eliminati i danni al patrimonio biologico.

Progressi rilevanti sono anche stati compiuti nella fase di registrazione, con l'impiego di geofoni a bassa frequenza e alto rendimento e con l'uso ormai generalizzato della tecnica dei geofoni multipli e delle coperture multiple, che permettono di rilevare più volte lo stesso tratto di orizzonte riflettente attraverso una serie di punti comuni di riflessione.

Abbandonata da tempo la registrazione fotografica su carta per quella su nastro magnetico, che già consentiva un'elaborazione dei dati, decisiva è stata l'adozione della registrazione numerica o digitale, in luogo di quella analogica. Il valore del segnale indotto dall'onda riflessa e generato dai geofoni, che veniva registrato sul nastro da una variazione analogica, cioè proporzionale all'ampiezza del segnale stesso, viene oggi registrato come valore numerico vero e proprio (espresso nel sistema binario), in corrispondenza di intervalli discreti di tempo (1, 2, 4 msec).

Questo sistema ottiene la registrazione fedele dei segnali più deboli e permette l'elaborazione dei dati mediante i calcolatori elettronici. Ciò ha portato a una tecnologia del tutto nuova; i dati sismici vengono elaborati in centri di calcolo specializzati, applicando programmi matematici che permettono di eseguire i controlli e le correzioni numeriche, la somma dei segnali sismici derivanti dall'uso delle tecniche dei geofoni e delle coperture multiple, l'analisi automatica della velocità di trasmissione dell'energia sismica nel sottosuolo necessaria per convertire i tempi delle riflessioni nelle profondità corrispondenti agli strati da cui esse provengono, e il filtraggio per il miglioramento del rapporto segnale/disturbo.

Ricerca nelle aree marine. - Uno dei fattori determinanti per lo sviluppo della ricerca di i. è stato la messa a punto di nuove tecnologie che consentono la prospezione geofisica, la perforazione di pozzi esplorativi e la coltivazione di giacimenti in mare. La prospezione geofisica viene eseguita impiegando metodi e tecniche che non differiscono da quelle usate in terraferma, salvo naturalmente l'uso di mezzi adatti all'ambiente marino. Il problema della localizzazione dei rilievi è stato risolto con l'impiego dei vari sistemi di posizionamento radio-elettrico (Shoran, Decca, Raydist, ecc.) e, dove la distanza dalla costa supera i 200 km, da altri sistemi di navigazione basati sull'impiego di satelliti artificiali. Non esistono quindi oggi problemi insormontabili per la prospezione geofisica in acque di qualsiasi profondità: anzi il rilievo delle aree marine può essere condotto con rapidità assai maggiore che non in terraferma e con costi unitari più bassi.

Più complesse e solo in parte risolte sono le difficoltà connesse con la perforazione dei pozzi (v. oltre). Si deve infatti realizzare un sistema di collegamento tra il fondo e la superficie del mare, che permetta la circolazione controllata e stagna del fango di perforazione durante l'esecuzione del pozzo; inoltre, quando l'impianto di perforazione non è collegato rigidamente al fondale ma è posto su natanti, il sistema di collegamento dev'essere flessibile per compensare i movimenti verticali e orizzontali del natante, e il natante stesso dev'essere in grado di mantenere la sua posizione sulla verticale del pozzo.

Il posizionamento degl'impianti galleggianti è assicurato da sistemi di ormeggio. Nei tipi più moderni operanti in acque profonde sono applicati con successo sistemi di posizionamento dinamico; gl'idrofoni posti sul natante ricevono segnali acustici da una o più stazioni emittenti calate sul fondo marino e una centrale di calcolo trasmette a un sistema di propulsori i comandi atti a mantenere il natante centrato sul pozzo, compensando i movimenti dovuti al moto ondoso e alle correnti. Pozzi petroliferi esplorativi vengono oggi eseguiti correntemente in acque fino a 200 m e anche, meno frequentemente, fino a 600 ÷ 800 m di profondità. Si ritiene peraltro che i problemi tecnici siano già risolti o risolvibili già oggi per profondità marine fino a 1000 m.

Disciplina giuridica della ricerca e delle coltivazioni. - La ricerca di i. e di altri minerali nelle aree marine al di là del limite delle acque territoriali e in acque di qualsiasi profondità ha posto il problema dell'estensione della sovranità degli stati rivieraschi per quanto riguarda i diritti di sfruttamento delle risorse minerarie del fondo e sottofondo marino. La Convenzione sulla piattaforma continentale adottata dalla conferenza delle Nazioni Unite sul diritto del mare (Ginevra, aprile 1958), alla quale hanno aderito numerosi paesi, prevede a questo proposito diritti esclusivi dello stato rivierasco sulle risorse naturali (minerarie e biologiche) della piattaforma continentale, definita come segue: a) fondo e sottofondo delle aree sottomarine adiacenti alla costa ma esterne al mare territoriale, fino alla profondità di 200 m o, oltre questo limite, fino dove la profondità delle acque sovrastanti consenta lo sfruttamento delle risorse naturali; b) fondo e sottofondo delle aree sottomarine simili adiacenti alle isole. La stessa convenzione prevede la delimitazione delle aree pertinenti a stati rivieraschi adiacenti od opposti, secondo confini stabiliti mediante accordi tra gli stati stessi o, in assenza di tali accordi, mediante il principio geometrico dell'equidistanza, che peraltro può essere modificato dall'esistenza di circostanze speciali.

I princìpi della convenzione del 1958 sono stati in effetti seguiti in diversi casi relativi alla spartizione di mari interni o marginali (suddivisione del Mare del Nord tra Gran Bretagna, Norvegia, Svezia, Danimarca, Rep. Fed. di Germania, Paesi Bassi, Belgio e Francia, dell'Adriatico tra Italia e Iugoslavia, ecc.). L'accordo tra gli stati è stato spesso laborioso soprattutto per le discussioni sull'esistenza o meno di circostanze speciali di particolare rilevanza. Sono quindi numerose le trattative iniziate ma non ancora completate (nel Mediterraneo quelle tra Italia e Francia, Francia e Spagna, Grecia e Turchia, Libia e Malta).

Ancora più complesso è il problema nel caso degli oceani, dove una spartizione tra gli stati rivieraschi porterebbe all'appropriazione dei diritti minerari su aree enormi. L'orientamento emerso dai lavori della terza conferenza sul diritto del mare durante la sua terza sessione (Ginevra, 1975), è favorevole alla limitazione della sovranità "economica" degli stati rivieraschi a una zona (zona economica) estesa fino a duecento miglia marine di distanza dalla costa. In tali aree il diritto di sfruttamento delle risorse marine (delle acque, del fondo e del sottofondo) sarebbe esclusivo. Oltre tale limite lo stato rivierasco manterrebbe ancora i diritti esclusivi del solo sfruttamento del fondo e sottofondo fino al margine esterno della piattaforma continentale, quando la piattaforma stessa si estende al di là di 200 miglia di distanza dalla costa. Nella parte restante degli oceani i diritti di esplorazione e sfruttamento sarebbero riservati a una "Autorità internazionale del fondo marino", costituita dagli stati aderenti a una convenzione specifica.

Se questo orientamento dovesse essere confermato e concretato nella prossima sessione (New York 1976), verrebbero in pratica confermati e ampliati i diritti degli stati rivieraschi alla ricerca e allo sfruttamento degl'i. nelle aree marine, dato che all'autorità internazionale sarebbero riservate solo quelle zone (piane abissali, parti centrali degli oceani) dove le risorse petrolifere sono praticamente nulle.

Gli anni tra il 1960 e il 1975 sono caratterizzati da una rapida e profonda evoluzione, tuttora in corso, dei rapporti tra concessionari e paesi produttori. Questi ultimi, spinti da motivi economici e politici, tendono ad assumere il controllo sempre più completo del flusso della produzione e del livello dei prezzi degl'i. prodotti. Lo stato locale partecipa di norma direttamente alla produzione attraverso società miste o, in altri casi, consente la ricerca con accordi del tipo contratto di servizio, garantendo all'operatore, in caso di successo, o una quota degl'i. scoperti a condizioni preferenziali, o contratti preferenziali di fornitura.

Nel settembre 1960 è stata creata la Organization of the Petroleum Exporting Countries (OPEC), col compito di coordinare attivamente le politiche petrolifere dei paesi produttori al fine di assicurare la miglior salvaguardia dei loro interessi individuali e collettivi.

Dal canto loro le compagnie parolifere operanti sul piano internazionale, divenute più numerose rispetto al passato, hanno allargato il campo della loro attività di ricerca al di fuori delle regioni petrolifere tradizionali, affrontando anche massicciamente la ricerca nelle aree marine. La tendenza a diversificare geograficamente l'attività e le necessità di affrontare spese e rischi sempre maggiori hanno portato allo sviluppo delle forme associative del tipo Joint Venture: diverse compagnie divengono contitolari della concessione e, pur rispondendo in via solidale nei confronti dell'amministrazione statale e dei terzi, si ripartiscono le spese e gli eventuali i. scoperti in modo proporzionale alle proprie quote di associazione.

In Italia la l. 21 luglio 1967, n. 613, "Ricerca e coltivazione degl'idrocarburi liquidi e gassosi nel mare territoriale e nella piattaforma continentale e modificazioni alla l. 11 genn. 1957, n. 6, sulla ricerca e coltivazione degl'i. liquidi e gassosi", ha introdotto numerose integrazioni e modifiche al precedente regime legale e fiscale.

Per quanto riguarda la ricerca e la coltivazione in mare, affermata l'appartenenza allo stato del diritto all'esplorazione e allo sfruttamento delle risorse naturali della piattaforma continentale, la legge stabilisce l'apertura alla ricerca del sottofondo marino italiano, previa esecuzione di una prospezione estensiva eseguita dall'Ente Nazionale Idrocarburi (ENI) entro zone e in tempi stabiliti. L'ENI può scegliere, per ogni zona ed entro la percentuale del 25%, le aree dove devono essere rilasciati permessi di ricerca all'ente stesso. Sulle aree restanti sono successivamente accordati permessi di ricerca ai richiedenti qualificati. I permessi di ricerca possono avere un'area massima di 100.000 ha, hanno durata di sei anni e il titolare che abbia adempiuto agli obblighi di lavoro ha diritto a due proroghe di tre anni ciascuna, che comportano la riduzione del 25% dell'area iniziale. L'area complessiva dei permessi accordati allo stesso soggetto non può superare il milione di ettari (fatta eccezione per l'ENI, al quale questa limitazione non si applica). Il livello delle royalties è portato all'8% per il petrolio e al 5% per il gas. Gl'i. prodotti dalle aree marine sono destinati in via prioritaria al mercato nazionale, e quelli gassosi devono essere offerti in vendita in via prioritaria all'ENI.

Per quanto riguarda la ricerca e la coltivazione in terraferma l'area massima del permesso di ricerca è stata portata a 70.000 ha, e la sua durata a quattro anni (con diritto a due proroghe biennali, che comportano la riduzione del 25% dell'area iniziale). L'area complessiva dei permessi accordati allo stesso soggetto non può superare il mezzo milione di ha (sempre fatta eccezione per l'ENI al quale questa limitazione non si applica). Il livello delle royalties è fissato al 9% sia per il petrolio che per il gas.

Infine, sia in terraferma sia in mare, è stato introdotto l'istituto della prospezione, consistente in rilievi geologici e geofisici eseguiti nell'ambito di permessi di prospezione non esclusivi, della durata di un anno.

L'area dei permessi di prospezione e di ricerca e delle concessioni di coltivazione, è delimitata da archi di meridiano e parallelo di lunghezza pari a un minuto primo o multipli di esso; lo stesso soggetto può detenere titoli minerari contigui. I canoni di superficie dei titoli minerari sono stati ridotti a cifre nominali. La durata della concessione di coltivazione è stata portata a 30 anni con una possibile proroga di altri dieci anni.

Particolarmente importante è la possibilità data dalla nuova legge d'intestare un titolo minerario a più soggetti, secondo quote di loro indicazione, ossia la possibilità di operare sotto forma di Joint Venture; la ricerca è inoltre incentivata dall'esenzione degli utili dichiarati (per una parte non superiore al 50%, e purché reinvestiti direttamente nella ricerca) da imposta di ricchezza mobile.

Nel complesso la legge del 1967, abrogando alcuni vincoli operativi, razionalizzando diverse norme, abbassando il livello delle royalties e introducendo degl'incentivi fiscali, ha stimolato una ricerca che, dovendo svolgersi in condizioni sempre più onerose per gli operatori, stava rallentando il suo ritmo.

Con i decreti ministeriali del 29 settembre 1967 e del 2 maggio 1968 sono stati rispettivamente approvati il disciplinare tipo per i permessi di prospezione e ricerca e per concessioni di coltivazione in mare e quello per i titoli in terra.

Secondo quanto disposto dalla legge, tra il 1967 e il 1969 venivano gradualmente aperti alla ricerca il mare territoriale e la piattaforma continentale italiana fino alla profondità di 200 m. Con una successiva legge (4 giugno 1973, n. 443) viene stabilito che le aree e i limiti di tempo per l'apertura alla ricerca del sottofondo marino con maggiori profondità di acqua vengano determinati con decreti del ministero per l'Industria, il Commercio e l'Artigianato.

Bibl.: G. B. Moody, Petroleum exploration handbook, New York 1961; M. Pieri, Exploration for oil and gas in Italy, in The exploration for petroleum in Europe and North Africa, Londra 1969; id., Stato attuale e prospettive nelle ricerche di idrocarburi in Italia, in La Termotecnica, n. 3, marzo 1975; U. Fusi, La ricerca nei mari profondi, in Ecos, n. 32-34, genn.-febbr. 1976.

Estrazione. - Perforazione dei pozzi. - Negli ultimi quindici anni le tecniche di perforazione dei pozzi per la ricerca e produzione d'i. hanno subìto una rilevante evoluzione nelle due seguenti direzioni: perforazioni a sempre maggior profondità e perforazioni in mare.

Il più profondo pozzo petrolifero del mondo (9583 m) era, al 31 dicembre 1974, il Bertha Rogers, perforato nel bacino Anakardo in Oklahoma dalla Lone star producing Co. Nei soli SUA erano stati perforati, alla stessa data, oltre 6500 pozzi a profondità superiore ai 4500 m. Di tali pozzi circa la metà è risultata produttiva a olio o a gas.

Poiché alle grandi profondità sono associate elevate temperature nonché, normalmente, rocce serbatoio più antiche, gl'i. presenti nei giacimenti molto profondi sono prevalentemente (fig.1) di tipo leggero (gas secco o gas a condensato). Ciò a seguito dei fenomeni di cracking spinto che la materia organica (dalla quale gl'i. traggono origine) ha subìto rimanendo sottoposta per milioni di anni all'azione di elevate temperature e di radiazioni provenienti da nuclei radioattivi facenti parte della roccia-serbatoio. Inoltre, il cracking della materia organica è accelerato dall'interazione con sostanze ad azione catalitica, quali alcuni tipi di argilla, disperse nei pori della roccia-serbatoio.

Per quanto si riferisce alla perforazione in mare, essa costituisce la naturale estensione dei temi di ricerca a terra, nel tentativo di rinvenire nuovi bacini sedimentari naftogenici. La maggior parte dei pozzi perforati finora in mare è concentrata nella cosiddetta piattaforma continentale, delimitata convenzionalmente dall'isobata −200 m del fondo marino.

I mezzi di perforazione marina impiegati vengono classificati come segue: a) piattaforme di perforazione mobili autosollevabili o fisse (fig. 2), per profondità del fondo marino non superiori ai 90 ÷ 100 m; b) piattaforme semisommergibili (fig. 3), per profondità del fondo marino non superiori ai 200 m e, nei tipi di semisommergibili più recenti, per profondità fino a 300 m; c) navi di perforazione (figg. 4 e 5), che possono perforare a qualunque profondità del fondo marino.

La necessità di operare in mari profondi e in condizioni climatiche avverse ha richiesto la soluzione di problemi tecnologici molto complessi, quali quello del posizionamento dinamico della nave di perforazione rispetto al fondo marino, della localizzazione della testapozzo a fondo mare a ogni manovra che richieda il rientro delle aste di perforazione in pozzo, ecc.

Produzione. - Per quanto si riferisce alla produzione d'i. da giacimenti, si è verificata negli ultimi quindici anni un'evoluzione tecnologica imponente, sia nei mezzi impiegati per individuare formazioni produttive (pay zones), sia nelle tecniche di stimolazione dei pozzi, sia in quelle di captazione e trasporto degl'i. prodotti.

Nel campo dei carotaggi geofisici (well logs) si è assistito allo sviluppo dei carotaggi elettrici a correnti focalizzate (Induction log, Laterolog), nonché dei carotaggi radioattivi (Gamma ray log, Neutron log, Formation density log, Thermal decay time log) e sonici (Bore hole compensated sonic log). Tali carotaggi geofisici, registrati in pozzo in forma continua al termine della perforazione, permettono d'individuare la litologia delle formazioni attraversate e di determinarne la porosità e il contenuto d'i. per unità di volume di pori (saturazione in idrocarburi). I carotaggi geofisici si basano sulla misura di grandezze (resistività elettrica, radioattività naturale, coefficiente di assorbimento dei neutroni o dei fotoni, emissione di fotoni a seguito di cattura di neutroni, velocità del suono) i cui valori sono una funzione della litologia, porosità e saturazione in i. delle rocce. Tali parametri vengono quindi determinati in forma indiretta: pertanto i valori degli stessi ricavati dall'interpretazione dei carotaggi geofisici devono venire tarati mediante misure dirette eseguite su carote.

Un'altra importante classe di registrazioni in pozzo è quella costituita dai cosiddetti "logs di produzione", che permettono d'individuare i punti d'ingresso in pozzo dei vari fluidi (gas, olio, acqua) nonché gli eventuali intervalli perforati ma non eroganti, sulla base di registrazioni di gradienti di pressione, velocità locali dei fluidi e temperature, eseguite in forma continua all'interno del pozzo in produzione (fig. 6).

Per quanto riguarda il completamento dei pozzi per la produzione, è ormai pratica comune l'impiego di completamenti multipli simultanei, che permettono di sfruttare contemporaneamente, attraverso uno stesso pozzo, più livelli produttivi.

Notevole sviluppo hanno avuto le tecniche di stimolazione della produttività dei pozzi, che si basano sostanzialmente sull'aumento della permeabilità media dello strato produttivo, nelle vicinanze del pozzo. Tale risultato può essere conseguito sia con il pompaggio in strato di acidi ad azione ritardata (e ciò soprattutto in formazioni carbonatiche), sia mediante fratturazione dello strato mineralizzato. Ricorderemo le imponenti stimolazioni mediante fratturazione effettuate negli ultimi anni in Arizona e Utah (bacini di San Juan, Piceance e Green River), dove sono state impiegate allo scopo anche bombe nucleari esplose a fondo-pozzo.

Per quanto si riferisce alla captazione e trasporto degl'i. prodotti, il problema diviene particolarmente complesso nel caso di pozzi in mare, quando la profondità del fondo marino sia tale da rendere impossibile o non economica la costruzione di piattaforme fisse, dalle quali perforare i pozzi e sulle quali raccogliere e trattare i fluidi prodotti. Si ricorre in tal caso a completamenti con testa-pozzo a fondo mare, sia del tipo a diretto contatto con l'acqua marina (fig. 7) che del tipo a camera stagna (fig. 8). Attualmente esistono, in tutto il mondo, meno di 100 pozzi con completamento a fondo-mare, pressoché tutti del tipo a diretto contatto con l'acqua marina. L'esercizio di tali pozzi pone complessi problemi di telemisura e telecontrollo, nonché di posa sul fondo marino di reti di raccolta fluidi e trasporto degli stessi a terra.

Concludendo, si può affermare che i limiti attuali allo sfruttamento dei giacimenti in mare sono imposti esclusivamente dalle tecnologie di produzione di cui si dispone. Nessun limite di profondità del fondo marino è imposto dalle tecnologie di perforazione attualmente esistenti.

Coltivazione dei giacimenti. - Con riferimento ai giacimenti del territorio degli SUA, è stato calcolato che il quantitativo complessivo di olio prodotto o producibile con le tecniche attualmente in uso (sfruttamento primario, iniezione d'acqua e di gas) rappresenti solo il 32,5% del quantitativo di olio presente in giacimento al momento della scoperta. Si valuta che un ulteriore 27% dell'olio in giacimento possa essere prodotto mediante tecniche di recupero basate sull'impiego combinato di più agenti, quali: calore, sostanze ad azione solvente o tensioattiva, nonché acqua e gas. Un'elencazione logica di tali tecniche è riportata in fig. 9.

Esse possono essere suddivise in due grandi classi: metodi che realizzano una completa miscibilità fra fluido spiazzante e olio di giacimento (e quindi un completo recupero dello stesso, almeno in quelle parti di giacimento in cui si verifica il contatto con la fase spiazzante) e metodi che permettono solo di migliorare l'efficienza dello spiazzamento. Ciò può essere ottenuto mediante una riduzione della viscosità dell'olio (metodi termici) oppure realizzando un più regolare avanzamento del fronte di fluido spiazzante, oppure attraverso una riduzione della tensione interfacciale fase spiazzante/olio di giacimento, con una conseguente riduzione della percentuale di olio che resta "intrappolata" nei pori, dietro il fronte di fluido spiazzante.

Dei metodi di cui alla fig. 9 alcuni sono già in fase di prova pilota di campo, altri non hanno ancora superato la fase di ricerca di laboratorio, altri sono ancora al livello di studio di fattibilità. Tutti questi metodi sono caratterizzati da elevati costi di esercizio e dal fatto che ciascuno di essi può venire impiegato solo se il giacimento risponde a particolari caratteristiche. Non si tratta, in altre parole, di "ricette" universalmente valide, ma piuttosto di metodi che devono essere scelti e adattati di volta in volta, per ciascun giacimento.

Per quanto si riferisce agli SUA (di gran lunga i più avanzati in questo campo) e al rimanente territorio dell'America del Nord e del Sud, nel 1974 erano attivi in fase pilota di campo circa 200 progetti aventi lo scopo di valutare l'applicabilità a specifici giacimenti di metodi non convenzionali di recupero.

Al di fuori del continente americano, ricorderemo le esperienze eseguite con metodi termici nel giacimento di Schoonebeek (Paesi Bassi) e in alcuni giacimenti della Romania, il grosso pilota d'iniezione di gas ad alta pressione nel giacimento di Hassi Messaoud (Sahara algerino), nonché gl'impianti pilota per lo studio del recupero mediante iniezione di anidride carbonica, realizzati nei giacimenti di olio pesante di Budafa e Lovaszi (Ungheria).

È da prevedere che il notevole aumento del prezzo del greggio, verificatosi dal 1973 in avanti, stimolerà l'interesse delle compagnie petrolifere a estendere l'applicazione di questi metodi di recupero non convenzionale, al fine di ricavare maggiori quantitativi di olio dai giacimenti già in loro possesso.

Bibl.: B.C. Craft, M. F. Hawkins Jr., Applied petroleum reservoir engineering, Londra 1959; J. W. Amyx, D. M. Bass Jr., R. L. Whiting, Petroleum reservoir engineering, New York 1960; S. J. Pirson, Handbook of well log analysis, ivi 1963; T. E. W. Nind, Principles of oil well production, ivi 1964; A. Houpeurt, Cours de production, Parigi 1965-1975; C. R. Smith, Mechanics of secondary oil recovery, New York 1966; J. Nougaro, Le forage rotary, Parigi 1967; E. L. Gruenberg, Handbook of telemetry and remote control, New York 1967; Y. Barbier, Essais des puits en production, Parigi 1968; R. Desbrandes, Théorie et interprétation des diagraphies, ivi 1968; G. V. Chilingar, G. M. Beeson, Surface operations in petroleum production, New York 1969; Autori vari, Le forage aujourd'hui, Parigi 1970; Autori vari, Méthodes de developpement en mer, ivi 1972; P. L. Tirant, L. Gay, Manuel de fracturation hydraulique, ivi 1972; L. M. Harris, An introduction to deepwater, floating drilling operations, Tulsa 1972; G. L. Langnes, J. O. Robertson Jr., G. V. Chilingar, Secondary recovery and carbonate reservoirs, New York 1972; W. D. Mc Cain Jr., The properties of petroleum fluids, Tulsa 1973; A. Houpeurt, Mécanique des fluides en milieu poreux. Critiques et recherches, Parigi 1973; B. LeFur, C. Marle, L'exploitation des gisements d'hydrocarbures, ivi 1973; P. L. Moore, Drilling practices manual, Tulsa 1974.

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