BADOARO, Iacopo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 5 (1963)

BADOARO (Badoer, Badoero, Badovero, Bodoaro), Iacopo

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Nacque a Venezia nel 1602, da Giovanni, e sposò nel 1629 Maria Loredan. Partecipò attivamente alla vita politica della Repubblica veneta, entrando presto nel Maggior Consiglio; fu poi nominato senatore. Confondendolo evidentemente con un suo omonimo, morto intorno al 1620, alcuni autori, fra i quali G. M. Mazzuchelli (Gli Scrittori d'Italia, II, 1, Brescia 1758, p. 34), lo dicono amico di fra' Paolo Sarpi. Accanto all'attività pubblica il B. si dedicò a quella letteraria: nel 1640 fu posta in scena, nel Teatro S. Cassiano di Venezia e a Bologna al Teatro Guastavillani, una sua opera, Il ritorno di Ulisse in patria, musicata da Claudio Monteverdi, che aveva col B. rapporti di amicizia.

Il testo poetico del Ritorno non fu mai stampato ed è conservato in sette libretti manoscritti, i primi tre alla Biblioteca Marciana di Venezia (segnature: Dramm. 909.2; 1294.1; 3449.9), gli altri tre alla Biblioteca del Museo Correr di Venezia (ms. Cicogna 192, n. 3330; ms. Cicogna 564 e ms. Correr 2201) e l'ultimo alla Biblioteca della Casa Goldoni (vol. 1, n. 5 - s. Cassiano). Il sesto e settimo libretto contengono anche un Argomento;assaiimportante il quinto libretto con una lettera rimasta sinora sconosciuta del B. a Monteverdi, per la prima volta trascritta e stampata da W. Osthoff nei suoi saggi su Il ritorno di Ulisse in patria. Lo scenario di quest'opera, sebbene citato sempre come stampato, è, però, irreperibile. Il libretto, tratto con non molta fedeltà dagli ultimi libri dell'Odissea, drammatizza, con un certo ardire, le avventure di Ulisse, di Penelope e dei Feaci. La divisione in cinque atti esprime "un'idea personale del B. in contrasto con la prassi usuale dell'opera veneziana" (Osthoff) e anche il suo indulgere al gusto e alle esigenze del pubblico. Notevole il numero dei personaggi, sedici, ma quasi tutti ben delineati, fra i quali, oltre i principali, quelli di alcune divinità (Giove, Nettuno, Minerva, Giunone, Mercurio) e altri buffi (Iro, "parassita goffo dei Proci"), a imitazione dell'opera romana che già da molti anni aveva introdotto nell'azione qualche scena buffa. Nello stile, però, il B. è solenne, enfatico e i suoi versi sono mediocri come i suoi discorsi (recitativi). Sulla partitura musicale, conservata manoscritta anonima in una copia coeva alla Nationalbibliothek di Vienna (cl. IV, ms. 18763), proveniente dalla biblioteca privata di Leopoldo I, molto a lungo si è discusso per provarne l'autenticità monteverdiana (non concorda la partitura con il libretto del B.: prologo e finale diversi, divisione in tre atti, ecc.), ormai completamente affermata. Èstata avanzata l'ipotesi che l'opera sia stata composta dal Monteverdi per Vienna e probabilmente la copia della Nationalbibliothek deve riferirsi ad una rappresentazione viennese del 1641 non ancora rintracciata. La recente e importante scoperta dell'Osthoff di alcune poesie di occasione per la rappresentazione bolognese ha fatto conoscere anche il nome di alcune interpreti del Ritorno:Giulia Paolelli nella parte di Penelope e Maddalena Manelli, moglie di Francesco Manelli, in quella di Minerva, quasi certamente le stesse cantanti della "prima" veneziana. Ilritorno fu pubblicato la prima volta nel 1922 a Vienna da R. Haas nei Denkmäler der Tonkunst in Oesterreich (XXIXI, vol. 57; in nuova edizione, Graz 1960). Nel 1925 Vincent d'Indy curò un'edizione pratica per la rappresentazione dell'opera alla Petite Scène di Parigi e nel 1930 G. F. Malipiero pubblicò il manoscritto del Ritorno con il basso realizzato (vol. XII dell'Operaomnia monteverdiana). L'opera fu eseguita ancora una volta al Teatro alla Pergola di Firenze il 23 e 26 maggio 1942 (trascrizione e riduzione per le scene moderne di L. Dallapiccola, Milano 1942).

A poco tempo di distanza (1640 o primi del 1641)Monteverdi musicò un altro libretto del B., Le nozze di Enea con Lavinia, questa volta per il Teatro dei S S. Giovanni e Paolo di Venezia.

La musica di quest'opera è sfortunatamente perduta. Rimangono lo schema dello scenario e il testo poetico manoscritto (Venezia, Biblioteca Marciana: Dramm. 1294.1), nel cui Argomento sono assai importanti il dichiarato atteggiamento di devota ammirazione e sottomissione del B. al Monteverdi ("Ho io schifati li pensieri et li concetti tolti di lontano, et più atteso agli affetti, come vuole il sig. Monteverde, al quale per compiacere ho anco mutate et lasciate molte cose di quelle che aveva poste prima") e gli argomenti del B. per la ripetuta divisione dell'opera in cinque atti ("Et se bene modernamente si usa il divider anco le cose recitate in tre atti, a me è più piacciuto il far ciò in cinque, perché con più posate possono li spettatori respirare dalla fatica della mente in tener dietro ad una serie d'accidenti rappresentati, al qual fine fu ritrovato un così fatto spartimento"). Dalla Lettera dell'auttore ad alcuni suoi amici. nell'Argomento et scenario delle nozze d'Enea in Lavinia (sic) può rilevarsi anche la data dell'opera, "In Venetia MDCXL", e alcune parole dello stesso B. nelle prime pagine confermano che la composizione delle Nozze,da lui dichiarate "mio aborto di pochissimi mesi", avvenne dopo una nuova messa in scena del Ritorno di Ulisse in patria. Nella struttura dell'opera si trovano in complesso forme che anche per la versificazione rimangono ancora nella sfera della favola pasterale, ma vi si trovano scene (una d'oracolo, una di sogno e una d'ombra) che costituiscono "remoti esempi per tipi di scene più tardi generalmente conosciute e amate" (Abert).

Intanto il B. era entrato nell'Accademia degli Incogniti, con il nome di Assicurato, e sotto questo nome appunto pubblicò nel 1644 a Venezia presso Gio. Pietro Pinelli L'Ulisse errante, musicato da F. Sacrati e rappresentato nel Teatro dei SS. Giovanni e Paolo.

Nella lunga prefazione di quest'opera sono contenute quelle affermazioni antiaristoteliche del B., alle quali si diede, forse a torto, tanto rilievo. Il dramma, tratto come sempre senza troppa fedeltà da Omero, si compone di cinque scene poste in luoghi diversissimi, dallo "scoglio dei Ciclopi" all' "isola di Circe", dall' "Inferno" ai "giardini di Calipso", e infine "in Feacia", il B. sentì il bisogno di giustificare questa grave rottura dell'unità di luogo, in nome d'una superiore esigenza drammatica e scenografica. Tanto più che, nella rappresentazione, ebbero gran parte appunto le scene di G. Torelli. Ad ogni modo, nella sua critica alle tre regole aristoteliche, il B. affermò arditamente che... "gli Scrittori hanno cavati i precetti dall'uso de' Poeti: onde prima è stata la Tragedia, e poi la Poetica" e scrisse ancora: "Niente però è maraviglia, che la Poetica d'Aristotele contenga quei Precetti, che venivano comandati dall'uso di quei Secoli: né per questo si dee conchiudere, che mutati i tempi non si possino anche mutare i modi di comporre".

A tanto rigore dialettico non corrisponde nel B. una sufficiente padronanza dei mezzi stilistici, e i personaggi, in questo come nei precedenti libretti, sono assai numerosi anche se ben disegnati; l'azione si disperde, la versificazione si fa ricca di strofette vuote e graziose, e inclina quasi a forme settecentesche.

Il nome del B., in questi anni, ricorre ancora nelle cronache politiche. Nel 1650 egli sostiene in Senato l'ardito progetto di assalire direttamente Costantinopoli con la flotta; nel 1653, difende ed appoggia con vigore una legge suntuaria, che viene approvata.

Nello stesso anno si rappresenta, sempre nel Teatro dei SS. Giovanni e Paolo, l'ultimo suo dramma, L'Helena rapita da Theseo,da un'"invenzione" di G. Faustini e con le musiche di Francesco Cavalli.

Il testo, al quale segue lo scenario, fu stampato a Venezia per i tipi di Michele Milocco a breve distanza di tempo dall'Helena. Vi sono narrate le avventure di Teseo e Piritoo, che, dopo una confusa e romanzesca vicenda di amori non ricambiati e di fedelissime amicizie, finiscono per sposare Elena e Euridite, figlia del re di Sparta. I personaggi sono ancora molto numerosi e la versificazione alquanto leziosa e bizzarra.

Restano inoltre del B. numerose rime, non mai stampate, in una raccolta di Rime di diversi fatta da G. Quirini (ms. 656 nella Biblioteca dei somaschi alla chiesa della Salute di Venezia), tanto in dialetto veneziano, quanto in lingua, e il Cicogna ricorda altre tre opere letterarie.

Il B. morì a Venezia nel 1654.

Sebbene poeta dilettante, come egli stesso dichiarò nella prefazione all'Ulisseerrante ("I miei studj, che a niente mi tengono obligato fuori che al mio compiacimento, mi hanno posto in pensiero quest'Opera, la quale quando non sia biasimata da' moderni Auditori, poco son per curarmi se non fosse frà le approvate dagli antichi Scittori [sic = Scrittori ]"), il suo pregio maggiore è quello di aver composto due libretti per Monteverdi, anche se questi gli suggerì forse quanto di veramente umano e drammatico si trovi nei suoi libretti. Bisogna però riconoscere che il B. è stato uno dei primi librettisti veneziani che cercò di dare carattere individuale ai personaggi, almeno ai principali, tale da renderne l'interpretazione musicale con perfetta evidenza e questo fu probabilmente il motivo della scelta monteverdiana dei suoi libretti. Inoltre, nelle opere del B. come in quelle dei contemporanei B. Ferrari, P. Vendramin, G. Strozzi, si riscontra il passaggio dall'ambiente pastorale, convenzionale e meraviglioso, dell'opera romana a quello d'argomento storico, delle leggende eroiche, più profano, più ricco di possibilità scenografiche e liriche dell'opera veneziana.

Bibl.: L. Allacci, Drammaturgia accresciuta e continuata fino all'anno 1755, Venezia 1755, coll. 282, 826, 905; E. A. Cicogna, Delle Inscrizioni Veneziane, IV, Venezia 1834, pp. 229 s.; F. Caffi, Storia della musica sacra della già Cappella ducale di San Marco in Venezia dal 1318 al 1797, I, Venezia1854, pp. 234 s.; L. N. Galvani [G. Salvioli], I teatri musicali di Venezia nel secolo XVII (1637-1700), Milano s. d.[1878 ?],pp.19, 30 s., 34; H.Goldschmidt, Monteverdi's "Ritorno d'Ulisse", in Sammelbände der Internationalen Musik-Gesellschaft, IV(Leipzig1902-03), pp. 671-676; IX (1907-19o8), pp. 570-592; A. Belloni, IlS eicento,Milano 1929, pp. 413 s., 418, 429; R. Haas, Zur Neuauszabe von Claudio Monteverdis "Il Ritorno di Ulisse in Patria", in Studien zur Musikwissenschaft,IX(1922), pp. 3-42; H. Prunières, Cavalli et l'opéra vénitien au XVII siècle, Paris 1931, pp. 48, 57; G. Cesari, La musica in Cremona nella seconda metà del secolo XVI e i primordi dell'arte monteverdiana, Milano 1939, pp. LXVII, LXX ss.; L. Dallapiccola, Per una rappresentazione de "Il Ritorno di Ulisse in patria" di Claudio Monteverdi, in Musica II, Firenze 1943, pp. 121, 125 s., 136; A. A. Abert, Claudio Monteverdi und das musikalische Drama, Lippstadt 1954, pp. 45, 64, 128, 134 s., 304, 336; W. Osthoff, Zu den Quellen von Monteverdis "Ritorno di Ulisse in patria", in Studien zur Musikwissenschaft, XXXIII(1956), pp. 67-78; Id., Zur Bologneser Aufführung von Monteverdis "Ritorno di Ulisse in patria" im Jahre 1640, in Anzeiger österreichische Akademie der Wissenschaften, Philòsophisch-historische Klasse, XCV (1958), pp. 155-160; A. Solerti, Gli albori del melodramma, il Milano s. d., p. 147; Encicl. d. Spettacolo, I, col. 1241; Die Musik in Geschichte und Gegenwart, I, coll. 1069 s.

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