HIMALAYA

Enciclopedia Italiana - III Appendice (1961)

HIMALAYA (XVIII, 499; App. I, p. 709)

Manfredo Vanni

L'imponenza dei massicci, che si innalzano nel grande sistema orografico asiatico dell'H., ha richiamato, dopo la seconda guerra mondiale, un notevole numero di spedizioni alpinistico-esplorative. Su 14 giganti, che si elevano oltre gli 8000 m, 10 si trovano nell'H.; gli altri nel vicino sistema del Karakorum. Accanto ai puri alpinisti scalatori, troviamo esploratori scienziati, che contribuiscono alla maggior conoscenza di questo sistema sotto ogni aspetto, fisico e antropico. Nell'H. occidentale (regioni del Garhwal, del Panjab e del Kashmir), il Nanga Parbat (v.), dopo varî tentativi, fu raggiunto nel 1953, il terzo 8000 sino ad allora scalato. Alla conoscenza del Kashmir portava pure un contributo notevole la spedizione alpinistica internazionale composta di Francesi, Svizzeri e Indiani, che l'8 agosto 1953 raggiungeva la vetta del Nun Kun (7135 m. s. m.). Va anche ricordata l'opera del missionario svizzero Pierre Vittor, il quale in un soggiorno di sei anni a Ladakh (alto Kashmir) raccoglieva un abbondante materiale di osservazioni etnografiche e linguistiche di queste regioni dell'H. occidentale.

Il maggior numero di spedizioni e di vere e proprie esplorazioni si svolgeva però nell'H. centrale nepaliano, sino a qualche anno prima della seconda guerra mondiale poco conosciuto per le difficoltà che il governo del Nepal poneva all'entrata di europei nel suo territorio. Primo "ottomila" conquistato fu l'Annapurna (8087 m. s. m.), raggiunto il 3 giugno 1950 dagli alpinisti: M. Herzog, capo della spedizione e L. Lachenal, francesi; seguiva l'impresa dell'alpinista Edmund Hillary, neozelandese e dello sherpa Tenzing Norkai, membri della spedizione britannica diretta da J. Hunt, i quali, per primi, raggiunsero il 29 maggio 1953, la vetta dell'Everest, salendo dal versante meridionale, per il colle Sud. Questa spedizione vittoriosa era però stata preceduta da altre, le quali, esplorando la regione ed il nuovo versante di attacco, aprirono la via ai più fortunati vincitori. Soprattutto ricordiamo le ricognizioni topografiche e scientifiche degli alpinisti H. W. Tilman e G. O. Dyhrenfurth, e delle spedizioni svizzere che, percorrendo le valli occupate dai ghiacciai Khombu e Cwm occidentale, raggiunsero la comba finale ed il colle Sud. Il 19 ottobre 1954 il Cho-Oyu (8189 m. s. m.) era conquistato da una spedizione austriaca sotto la guida di H. Tichy, con S. Jöchler e lo sherpa Pasang Dawa Lama; il 19 ottobre 1955, tre diversi gruppi della spedizione francese, diretta da J. Franco, raggiungeva la vetta del Makalu (8470 m. s. m.); il 18 maggio 1956 il Lhotse (8545 m. s. m.), che si innalza a poca distanza dall'Everest, cedeva all'attacco degli alpinisti svizzeri E. Reiss e F. Luchsinger, della spedizione diretta da A. Eggler. Alcuni membri di questa spedizione compivano (il 23 maggio, E. Schmeid e J. Marmet e il 24 maggio A. Reist e H. von Gunten), a breve distanza di giorni, due scalate all'Everest, sempre sul versante sud. Nel 1956 entravano in campo anche i giapponesi, che (spedizione diretta da Y. Maki) conquistavano (9 e 11 maggio) la vetta del Manaslu (8187 m. s. m.). La cordata di sommità era composta dagli alpinisti: Imanishi, K. Kato e M. Higeta. Infine particolare importanza doveva avere, nel 1960, la spedizione degli alpinisti cinesi Wang Fu-chou e Chu Yin-mua con la guida Konbu, guidata da Shih Chan-chun; essi raggiunsero (25 maggio) la vetta dell'Everest per la via del colle Nord, via che per tanti anni era stata invano tentata dai più esperti ed audaci alpinisti del mondo. Il 23 maggio 1960, due studenti H. Weber e M. Vaucher, facenti parte della spedizione svizzera guidata da M. Eiselin, raggiungevano il Dhaulagiri (8172 m.s.m.) che non era stato sin'allora raggiunto nonostante i numerosi tentativi di alpinisti svizzeri (1953), argentini (1954 e 1956), germano-svizzeri (1955), austriaci (1959). Dei picchi dell'H. superiori agli 8000 m resta ancora da scalare il Shisa-Pangma o Gosainthain (8013 m.s.m.) che si eleva sui confini tra il Nepal e il Tibet; non si hanno notizie di particolari spedizioni.

Oltre che di spedizioni alpinistiche, la regione del Nepal, attorno all'Everest in modo speciale, era meta di ricognizioni da parte di scienziati e di topografi. Fra i primi appaiono soprattutto: Augustin Lombard, che nel 1952 compie rilievi geologici; Albert Zimmermann, che raccoglie esemplari di piante e fiori; L. G. C. Pugh, che, nel 1952-53, svolge ricerche nel campo della fisiologia; Helmut Henberger, geografo; T. Hagen, il geologo che ci ha dato la più completa e recente sintesi della struttura tettonica dell'H. Centrale nepaliano. Inoltre ricordiamo il botanico T. D. Stainton, che raccolse esemplari per il British Museum. Alla migliore conoscenza del Nepal nelle sue valli e nelle sue montagne contribuì anche il viaggiatore Colin Wyat, che per dieci settimane risalì per valli e ghiacciai sino alla base dell'Everest. Risultati importanti furono conseguiti nella conoscenza della idrografia, in quanto si poté dimostrare che il fiume Arun, attraverso a profonde gole, si porta a nord dei grandi massicci, i quali perciò non costituiscono la linea spartiacque. Si suppone trattarsi di un grandioso fenomeno di erosione rimontante, per cui l'Arun, come il Tista, hanno riversato le loro acque nel versante indiano, anche prima che si elevassero le alte cime.

Per i rilevamenti topografici v. everest, in questa Appendice.

L'H. orientale rientra nei paesi del Sikkim e del Bhutan, e fu in questi ultimi anni meta di importanti spedizioni, richiamate dal grande massiccio del Kanchenjunga (8579 m. s. m.) (v.).

La ripresa di tanta attività alpinistica in tutto l'H. doveva risollevare il problema dell'uomo delle nevi. Fu nel 1921 che Ch. K. Howard-Bury, capo della prima spedizione all'Everest, vide nella neve delle tracce, assai simili a quelle che può lasciare un enorme piede umano. Le opinioni su questo argomento non possono essere controllate per mancanza di dati attendibili.

Bibl.: W. Noyce, South Col, Londra 1953; G. O. Dyhrenfurth, L'Himalaya, troisième pole, Parigi 1953 (trad. it., Il terzo polo, Milano 1954); id., Die internationale Himalayan Expedition 1955, in Die Alpen, Les Alpes, ecc., rivista del Club Alpino Svizzero, 1956, n. 4; id., Himalaya Chronik 1955, ibidem, 1956; id., Cronique himalayenne 1956, ibidem, 1957; id., Cronique himalayenne 1957; ibidem, 1958; id., Himalaya Chronik 1958, ibidem, n. 4.; H. W. Tilman, Himalaya del Nepal, Milano 1953 (trad. it. da Nepal Himalaya, Londra 1952); J. Hunt, La conquista dell'Everest, Bari 1954 (trad. it. da The ascent of Everest, Londra 1953); Fondazione Svizzera per esplorazioni alpine, Montagne del Mondo, Milano 1955; R. Lambert, Die französische-Schweizerische Ganesh Himal. Expedition (August 1955), in Die Alpen, ecc., 1956; T. Hagen, Das Gebirge Nepals, ibidem, 1956, nn. 5, 6, 7, 11; P. Vittoz, À travers le Nepal, ibidem, 1956; E. Hillary, Autour de Makalù, ibidem, 1956; J. Franco, Makalù, Grenoble 1956; Ch. Evans, Kangchenjunga, in Die Alpen, ecc., 1957; Colin Wyat, À pied à travers le Nepal, ibidem, 1959, n. 1; id., Au Tibet: Faune fantastique et faune domestique. Le cas de l'"abominable" homme des neiges, ibidem, 1958, 4° trim. Cfr. anche la Rivista Mensile del Club Alpino Italiano.

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