HIERAKONPOLIS

Enciclopedia dell' Arte Antica (1961)

HIERAKONPOLIS (῾Ιεράκων πόλις)

S. Donadoni

L'odierno Kōm el-Āḥmar, è una delle città più antiche dell'Egitto, la cui storia ed importanza risalgono al periodo predinastico, durante il quale essa fu capitale di un regno alto-egiziano. L'importanza politica ed urbana della città scemò presto, e in periodo storico non le rimase che quella sacrale e religiosa. Il terreno è stato perciò non molto manomesso dall'epoca più antica, ed è stato possibile cosi trovare nel tempio numerosi resti di donarî che risalgono al tardo periodo predinastico ed al protodinastico. Il nome stesso della città è scritto con un unico segno geroglifico, di forma oblunga e ad angoli smussati, che mostra certo la pianta di un edificio preistorico tipico del luogo, e che è interessante perché ancora sotto l'ispirazione della pianta circolare delle costruzioni più antiche a capanna o a torre, ma già disposto alla quadrangolarità dell'architettura egiziana classica nel suo avere quattro facciate (due lunghe e due corte), se non ancora quattro angoli. Un coltello rituale, che proviene da un donario del tempio, mostra nella sua decorazione una serie di prospetti architettonici: sono facciate appena più sviluppate in larghezza che in altezza, al centro delle quali si apre una porta rettangolare, fiancheggiata da due alte scannellature, alte quasi quanto tutto il prospetto. Una serie di circoletti sulla facciata deve raffigurare la struttura a cavicchi per mezzo della quale è tenuto a posto un rivestimento ligneo; e in alto al centro, proprio sopra la porta, è appeso un bucranio. È questa la documentazione di un tipo architettonico che si evolverà fino alla III dinastia, con un gusto marcato per la messa in evidenza degli elementi strutturali, e con un decorativismo naturalistico (e probabilmente magico). Dal tempio della città è stata restituita un'ampia messe di materiale scultoreo. Si tratta per lo più di piccole statue di varia materia, in genere semipreziosa (avorio, osso, lapislazzuli). Le piccole dimensioni contrastano con la vivace sensibilità plastica della concezione figurativa. Le figure son costruite in genere su tre dimensioni, con una faccia ed un profilo bene identificati. D'altro canto sugli abiti sono indicate le pieghe, a chiaro simbolo della loro concretezza figurativa. Manca, in questa produzione, spesso l'ispirazione frontale (proprio per il suo aver senso plastico); e particolarmente eloquente in questo senso è una statuetta d'osso al British Museum, che rappresenta una donna con un lungo abito, dai quale esce la mammella sinistra, e che porta dietro le spalle un bambino che le si aggrappa. Il braccio destro è steso in basso, ma staccato dal corpo, il sinistro è ripiegato a sostenere il figlio. Una simile figura non può avere un equilibrio statico, ed è costretta ad affrontare il problema della costruzione ritmica, ottenuta appunto con lo spostamento laterale della testa, con l'allontanarsi del braccio destro dal corpo. Una figura di granito che rappresenta un prigioniero sdraiato con le braccia legate dietro il dorso e che costituisce il cardine su cui girava la porta del tempio è piena di significati sentimentali ed illustrativi, che sono in genere cari all'arte egiziana delle origini. Dal tempio derivano anche numerose tavolozze d'apparato in scisto, fra le quali la più celebre ed illustre è quella di Narmer (v. tavolozza). Esempî ottimi di rilievo arcaico, che mostrano come vada delineandosi una tipologia che sarà poi quella canonica del rilievo egiziano. Ma il gusto narrativo, l'insistenza sui particolari e soprattutto il piacere dello svilupparsi dei profili mostrano come l'ambiente di cultura figurativa qui sia altro, e ancora assai più intriso di drammaticità immediata, e insieme portato a mescolare rappresentazioni figurative con altre così simboliche, che si hanno qui espliciti esempî di pittografia e addirittura di scrittura in geroglifici. L'interesse del "dire" è più vivace che non quello del rappresentare. Da H. infine proviene anche l'esempio più insigne di pittura predinastica che possediamo. È la decorazione di una tomba, con colori a tempera su uno strato di stucco steso sulla terra cruda del muro: vi appaiono scene di caccia e di guerra, con una rapida espressività e una notevole bravura coloristica e disegnativa. L'interpretazione puntuale ne è spesso difficile, e sembra che manchi una capacità compositiva, anche su un piano puramente discorsivo e non stilistico: ma la testimonianza di una cultura spregiudicatamente volta alla narrazione è qui particolarmente efficace.

Bibl.: W. M. Fl. Petrie, Excavations at Hierakonpolis, Londra 1897-98; A. A. Quibell, Hierakonpolis, Londra 1900-1902; Pieper, in Pauly-Wissowa, VIII, 1913, c. 1403, s. v.