RODE, Helge

Enciclopedia Italiana (1936)

RODE, Helge

Giuseppe Gabetti

Poeta danese, nato a Copenaghen il 16 ottobre 1870. Trascorse parte della giovinezza in Norvegia. Vive a Copenaghen. Negli anni intorno al 1890 fu uno dei rappresentanti più spiccati del movimento neoromantico impressionista che condusse alla liberazione degli spiriti dal naturalismo materialistico dell'età precedente.

E il richiamo ai valori spirituali, religiosi, estetici della vita, che trent'anni dopo, nella crisi del dopoguerra, egli fece risonare fra i connazionali con una serie di articoli, saggi e volumi (Krig og Aand, 1917; Regenerationen i vaart Aandsliv, 1923; Pladsen med de grønne Troeer, 1924; Det store Ja, 1926; Den sjoelelige Gennembrud, 1928) presenta ancora la stessa disposizione di spirito che già aveva ispirato fin dal principio la sua poesia. La nota personale della sua poesia è data appunto dalla sua "pensosità", dalla "quieta e chiara luce di coscienza" in cui la vita del sentimento è sempre e dappertutto assunta. In un sottile giuoco di intelligenza accorta e pronta consiste la tonalità particolare delle sue commedie (Comedier, voll. 2, 1905, fra cui Mads Bondegaards Glorie; Flugten, 1909, ecc.). Una vigile e non di rado esperta e ironica osservazione del complicato giuoco delle passioni nella realtà della vita, distingue i suoi drammi (Kongesønner, 1896; Dansen gaar, 1898; Kampene i Stefan Borg's Hjem, 1901; Morbus Tellermann, 1907; Grev Bonde og hans Hus, 1912; Det store Forlis, 1917; En Mand gik ned fra Jerusalem, 1920). L'ispirazione vi è non di carattere impulsivo, elementare, ma di carattere meditativo, consapevole: così che, malgrado la netta impostazione dei problemi e la sicura esperienza del teatro, il dramma sembra sempre riposare - al di là del contrasto delle passioni - sopra una calma contemplazione di verità interiori. Ed è per questo che la più piena espressione della sua poesia è stata raggiunta dal R. nella lirica, in cui tale sentimento della "sua verità interiore" ha potuto direttamente effondersi. Fra Hvide Blomster (1892) e Den vilde Rose (1931) c'è, in mezzo, tutta un'esistenza: e c'è, in mezzo, tutta una serie di raccolte liriche (Digte, 1896; Digte, gamle og ny, 1907; Ariel, 1914; Den stille Have, 1922); e i temi della poesia si sono naturalmente rinnovati, ampliati: soprattutto si è arricchito d'esperienza l'ingenuo sentimento d'adorazione che s'effonde nei primi canti per "il miracolo di bellezza chiuso nel grande mistero della vita", e ha conosciuto le fiamme della passione; e ha fatto i suoi conti con la realtà; e ha imparato a mescolare all'entusiasmo il sorriso; e si è articolato in precisa coerenza di idee, con sviluppi in profondità. Ma sotto ogni novità di temi e di intonazione permane in fondo un atteggiamento costante: il sentimento religioso della vita dello spirito come di un mondo di luce in cui non c'è ombra di dolore, pensiero di morte che non si plachi e non si rischiari. La poesia del R. è la contemplativa vita di una delicata anima tutta tesa verso questa luce. Una lirica d'ispirazione italiana - in Italia R. soggiornò a lungo nel 1906, e frequenti ispirazioni italiane s'incontrano, oltreché nella squisita prosa del volumetto Italien (1909), anche in molte poesie - la lirica Det venezianske Glas, contiene un'immagine che è quasi un simbolo della sua arte: anche la sua arte è Kun en Skal af Kristal om en solgulden Vin: "appena una coppa di cristallo intorno a un vino dorato dal sole".

Bibl.: G. Brandes, in Samlede Skrifter, III; H. Nielsen, Moderne Litteratur, Copenaghen 1904; Ch. Rimestad, Fra Stuckenberg til Seedorf, I, Copenaghen 1922; Johannes V. Jensen, in Politiken, novembre 1922; V. A. Andersen, Dansk Litteratur i det nittende Aaarhundrede, II, Copenaghen 1931.