ḤARRĀN

Enciclopedia Italiana (1933)

ḤARRĀN

Francesco Gabrieli

. Antichissima città della Mesopotamia di NO. tra Edessa e Ra's al-‛Ain. E menzionata giù nelle iscrizioni in cuneiformi sotto la forma Ḫarrānu (strada), ma la sua importanza anche commerciale dovette dipendere dal suo valore strategico e soprattutto cultuale, per cui è rimasta famosa. Fu infatti sede del culto al dio lunare Sin, e questo paganesimo astrolatrico, pur colorandosi col tempo di concezioni sincretistiche ellenico-orientali, restò tenacemente radicato sul luogo, sopravvivendo non solo all'epoca ellenistica e romana (per cui v. carre), ma alla stessa conquista araba (639 d. C.). Nel sec. IX gli abitanti di Ḥarrān, posti dal califfo al-Ma'mūn nell'alternativa di abbracciare l'islām o un'altra religione rivelata, o essere uccisi, si salvarono dichiarandosi "Sabei" e riconnettendosi così fittiziamente con la setta battista giudeocristiana dei Mandei o Sabei menzionati nel Corano. L'astrolatria dovette quindi ancor mantenersi per qualche tempo sino al basso Medioevo. Dalla comunità etnico-religiosa di Ḥarrān uscirono nei secoli IX e X molti scienziati, astronomi, matematici e traduttori, come Thābit ibn Qurrah e al-Battānī, che composero le loro opere in arabo, e illustrarono la scienza arabo-musulmana (v. sabei).

Bibl.: D. Chwolson, Die Ssabier und der Ssabismus, I, Pietroburgo 1856, capitolo 10; A. Mez, Geschichte der Stadt Harân in Mesopotamien, Strasburgo 1892.