HALLSTATT

Enciclopedia Italiana (1933)

HALLSTATT (A. T., 56-57)

Antonio Renato TONIOLO
Pericle DUCATI

Borgata a m. 494 s. m., nel cuore del Salzkammergut, nell'Alta Austria. La cittadina si trova sul lato occidentale dell'omonimo lago vallivo, di escavazione glaciale, severo e imponente (lunghezza km. 8,6; larghezza km.1-2; superficie kmq. 8,6; profondità m. 125), chiuso dalle ripide sponde che scendono dalle masse di calcare triassico del massiccio del Dachstein (m. 2996), mentre a nord è sostenuto da verdeggianti dossi morenici.

Per essere tutto circondato da monti, gl'inverni sul lago sono freddi e nevosi e fresche sono le estati. Le piogge abbondanti (mm. 1500 annui) prevalgono in estate, dando luogo, con lo sciogliersi tardivo delle nevi, a forti piene del fiume Traun, le quali sono poco mitigate dalla capacità assai piccola del lago (vol. kmc. 557).

La ricchezza dei boschi sulle pendici inferiori dei monti, fa di Hallstatt un centro dell'industria dei lavori in legno; ma la rinomanza sua si deve soprattutto alle famose saline, che sono oggi ancora in attività, con circa 300 operai, e che si trovano, a m. 1120 (Hallstätter Salzberg), entro i calcari inferiori del Triassico; per cui divennero, fin da epoca preistorica, centro di strade salinari, delle quali la più importante era quella per la Boemia.

L'attuale borgata, che conta 1758 ab., ha vie strette e case addossate; possiede una vecchia chiesa parrocchiale, con sculture in legno del sec. XV, un museo con tombe preistoriche e rinvenimenti in bronzo, ferro e oro. La ferrovia, che raccorda Linz con Selzthal, sulla linea Vienna-Salisburgo, passa sulla sponda orientale del lago, ma la cittadina è unita alla stazione con un battello a vapore.

Bibl.: J. Müllner, Die Seen des Salzkammergut und die österreichische Traun, in Geogr. Abhandl., Berlino 1896.

La civiltà di Hallstatt.

Questa civiltà preistorica, che corrisponde alla prima età del ferro nell'Europa centrale, è stata così denominata dalla località di Hallstatt, nelle cui vicinanze fu scoperto nel 1846 il sepolcreto tipico. Gli scavi del sepolcreto durarono dal 1846 al 1863 e fruttarono 980 tombe; dal 1864 al 1886 in scavi ulteriori parziali vennero alla luce altre 56 tombe; tutto il materiale è ora nel museo di storia naturale di Vienna. Lo studio dei corredi funebri ha dimostrato l'esistenza di due fasi di cultura.

Le tombe sono parte a cremazione e parte a inumazione, con prevalenza delle seconde; sono più numerose quelle di età più recente. Di solito le prime hanno dato corredi funebri più abbondanti delle seconde, le quali sono per lo più di donne: infatti le tombe contenenti lunghe spade di bronzo o di ferro, di tipo detto appunto hallstattiano, sono quasi tutte a incinerazione. Non manca poi la cremazione parziale, che appare in 13 tombe.

Le armi ricuperate dal sepolcreto di Hallstatt sono spade di bronzo o di ferro, con impugnatura ad antenne, o con rivestimento dell'elsa in osso o in ambra, pugnali di ferro, lance, frecce ed asce, elmi. Vi sono cinturoni in lamine di bronzo stampigliate, spille, braccialetti a verga nodosa, catenelle con pendagli, fibule a spirali, a occhiali, ad arco rigonfio e a lunga staffa, a corpo animalesco, grani di collane, ecc. Ricchissimo è il vasellame bronzeo laminato o martellato con decorazione o geometrica o a figure animalesche geometrizzate: sono calderoni, ciste a cordoni, situle, brocche, capeduncole, piattelli, ed attestano i rapporti tra queste genti alpine e l'Italia settentrionale (Bologna villanoviana ed Este veneta), rapporti causati soprattutto dal commercio del sale.

La civiltà del tipo di Hallstatt nella sua prima fase si può constatare diffusa in due grandi provincie: la prima occidentale, con centro nella Germania meridionale, e la seconda orientale, con centro nell'Austria inferiore, a cui si riallacciano le Alpi orientali, le regioni a est dell'Adriatico, la Boemia e la Slesia. Alla provincia hallstattiana della Germania meridionale si ricollegano in senso largo tre gruppi: la Svizzera e il Belgio, la Francia orientale e centrale, la Francia del sud-ovest e la penisola iberica. Ma in realtà quest'ultimo gruppo non ha conosciuto che elementi della seconda fase di Hallstatt.

In confronto con la necropoli di Hallstatt e con la provincia occidentale il territorio orientale è povero di lavori metallici, ma ricco in compenso di ceramica: situle, urne ad alto collo, coppe, tazze a un manico, piattelli. La decorazione è geometrica, impressa, a rilievo, a pittura; non mancano scene figurate geometrizzanti, come in un'urna ad alto collo di Sopron (Ödenburg); un esemplare di urna del sepolcreto di Gemeinlebarn (Bassa-Austria) spicca per la sua ricchezza decorativa; vi sono i soliti motivi del geometrico d'Italia e di Grecia, in color nero su fondo rosso, mentre alla base del collo conico del vaso sono figurine plastiche e policrome di uomini e di cavalli, e sull'orlatura una serie di piccoli uccelli di bronzo, il quale ultimo motivo è un'eredità lontana del mondo preellenico. Così in quattro vasi sferici da una tomba a tumulo di Gemeinlebarn vi è la decorazione plastica a due protomi bovine.

Fra la provincia hallstattiana orientale e quella occidentale vi è un territorio povero di rinvenimenti; tale divisione, piuttosto che designare una divisione tra genti (celtiche a ovest, illiriche a est), può risalire a pure premesse geografiche; in oriente le più facili comunicazioni con l'Istria, e perciò con l'Italia, possono spiegare l'apparizione delle situle di argilla e delle urne ad alto collo, mentre ai rapporti con la prossima Ungheria e con i Balcani si debbono le fibule ad arpa, le fibule con occhielli anteriori e le fibule a spirale. Tutto ciò non appare in occidente, ove le urne sono a collo basso. Ma parecchi elementi sono comuni ai due territorî.

Lo sviluppo maggiore della cultura di Hallstatt in occidente è nella Baviera del centro e del mezzogiorno; specialmente notevole il sepolcreto di Wiesenacker (Alto Palatinato); ma si aggiunga il Württemberg, specialmente con il sepolcreto di Tannheim (Svevia inferiore). Dal Württemberg si penetra nel Baden, ove seguita la ricchezza di ceramica dipinta a motivi angolari (ceramica del gruppo Ihringen o Gündlingen). In Francia si hanno elementi della civiltà di Hallstatt nei tumuli della Borgogna, della Franca Contea, Lorena, Champagne, Savoia, Delfinato e Provenza; ma per gran parte la civiltà rappresentata dal materiale raccolto in questi tumuli si distacca dalla tipica civiltà di Hallstatt.

La civiltà di Hallstatt nella seconda fase ha uno sviluppo importante nel territorio occidentale, mentre cessa quasi del tutto nel territorio orientale. Nel sepolcreto tipico di Hallstatt il passaggio tra la prima fase e la seconda è graduale, quasi a sfumature.

Continuano ad apparire alcuni tipi antichi, come fibule a occhiali, a spirale, situle ed in parte anche ciste, mentre quasi scompaiono le spade, che sono sostituite dai pugnali. Le armille sono fortemente segmentate; appaiono cinturoni con una decorazione più ricca non solo di tipo geometrico, ma anche figurato; così dalla tomba n. 696 è uscito un coperchio di lamina bronzea adorna di figurazione zoomorfa e teratomorfa come in bronzi laminati atestini. Le fibule sono per lo più a arco serpeggiante, ma non mancano fibule di tipo Certosa e vi è la fibula a mezzaluna con pendaglietti appesi, nonché tipi di fibule che appaiono nella civiltà atestina del terzo periodo. Come opera d'arte della seconda civiltà hallstattiana si può addurre il carro votivo di bronzo trovato in una tomba di Strettweg presso Judenburg nella Stiria: la forma di carro con un bacile nel mezzo pare una derivazione dal mondo orientale; ma tale derivazione è mediata, cioè attraverso l'Italia. Al centro è un'alta figura muliebre, forse divina, che sostiene il bacile; attorno sono varie figure di mortali celebranti la festa in onore della dea: pedoni e cavalieri armati di ascia e con due cervi dalle altissime corna, senza dubbio le vittime da sacrificare. Le forme sono geometrizzanti, ma piene di movimento.

La fase più recente della civiltà di Hallstatt trova la sua piena espressione nelle tombe principesche a tumulo del Württemberg e del Baden. Appartengono alla fine della fase, e cadono perciò nei tempi inquieti che precedono l'età della cultura detta di La Tène (v. la tène, civiltà di). Appartengono a questa fase ultima di Hallstatt anche le possenti fortificazioni del Württemberg, forse innalzate contro le stirpi apportatrici della nuova cultura di La Tène. Nei tumuli suddetti non mancano ornati d'oro (diademi, armille, collane ecc.) come nelle tombe di Giesshübel, di Römerhügel (o Belle Remise) presso Ludwigsburg, di Trisloch presso Kappel sul Reno; e l'oro appare anche in analoghi sepolcri della Svizzera (Allenlüften nel cantone di Berna) e della Francia (La Butte nella Costa d'Oro). Il materiale bronzeo etrusco appare in queste tombe della seconda fase di Hallstatt, specialmente con oinochóai: così la celebre idria di Grächwil nel cantone di Berna fu trovata in un tumulo insieme con parti di un carro di battaglia (il carro di battaglia non è raro nei tumuli della seconda fase di Hallstatt) e una fibula serpeggiante. Anche qualche prodotto della ceramica attica penetra nel centro dell'Europa; si ha, p. es., la tazza a figure rosse di stile severizzante del tumulo di Klein-Aspergle presso Ludwigsburg, trovata insieme a uno stamno e a una oinochóē di bronzo etruschi.

Durante la seconda fase di Hallstatt più forti si fanno i rapporti tra la Germania meridionale, ove, come si è detto, maggiore è lo sviluppo della civiltà di Hallstatt, e la Francia e la Svizzera, mentre si affievoliscono tali rapporti con il nord-ovest e con il nord.

Il passaggio tra la seconda fase di Hallstatt e la prìma di La Tène è sotto un certo punto di vista graduale; così nello sviluppo delle forme di fibule.

Incerte sono le constatazioni etniche sulle genti a cui appartiene la civiltà di Hallstatt; antropologicamente queste genti rientrano per massima parte nella razza nord-europea (Homo europaeus), ma la brachicefalia di parecchi cranî indicherebbe anche la razza dinarica (Homo dinaricus); il fondo della popolazione sarebbe secondo alcuni germanico, secondo altri si sarebbe rinnovato più volte.

Per la cronologia bisogna prendere in considerazione i confronti che si possono istituire col materiale dell'Italia superiore e specialmente con i periodi di cultura preistorica e protostorica, ora databili con sufficiente esattezza, di due centri, cioè di Bologna villanoviana ed etrusca e di Este veneta.

La prima fase di Hallstatt corrisponde alla fase Arnoaldi di Bologna villanoviana ed al periodo secondo di Este. Potrebbe in tal modo estendersi dal 650 a. C. al 500 a. C.; col periodo etrusco di Bologna e di Felsina o col periodo III di Este potrebbe collimare la seconda fase di Hallstatt, la quale in tal modo potrebbe abbracciare all'incirca tutto il sec. V. Ed è appunto verso lo scorcio del secolo V o all'alba del sec. IV che s'iniziano quei grandi movimenti di stirpi celtiche verso l'Italia, che sembrano corrispondere al di là delle Alpi a perturbazioni etniche e perciò culturali, annunziatrici della cultura di La Tène.

Tali sembrano i risultati cronologici probabili, a cui è pervenuta recentissimamente la ricerca archeologica dello svedese Nils Aberg (vedi ferro, civiltà del).

Bibl.: N. Åberg, Bronzezeitliche und früheisenzeitliche Chronologie (parte II: Hallstattzeit), Stoccolma, 1931; J. Déchelette, Manuel d'archéologie préhistorique celtique et gallo-romaine, III: Premier âge du fer, Parigi 1927; M. Hoernes, Das Gräberfeld von Hallstatt, in Mittheil, des Staatsdenkmalantes, Vienna 1920-21; M. Hoernes e O. Menghin, Urgessch. der bildenden Kunst in Europa, Vienna 1925, p. 480 seguenti; G. Kyrle, E. Rademacher, F. A. von Scheltema, articolo Hallstatt, ecc., in M. Ebert, Reallexikon der Vorgeschichte, V, Berlino 1925, pag. 23 segg.; A. Mahr, Das vorgeschichtliche Hallstatt, Vienna 1925; O. Menghin, Einführung in die Urgeschichte Böhmens und Mährens, Reichenberg 1926; P. Reinecke, in Altertümer unserer heidn. Vorzeit, V, 1911; E. von Sacken, Das Grabfeld von Hallstatt, Vienna 1868; C. Schumacher, Siedelungs- und Kulturgeschichte des Rheinlande, I, Magonza 1921.