TATAFIORE, Guido

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 95 (2019)

TATAFIORE, Guido

Mariantonietta Picone Petrusa

TATAFIORE, Guido. ‒ Nato a Napoli da Achille e da Assunta Mancini il 19 settembre 1919, Tatafiore si diplomò presso l’istituto d’arte e poi presso il magistero d’arte di Napoli. Partecipò con Paesaggi e qualche Figura alle mostre del Sindacato campano nel 1939 e negli anni 1941 e 1942. Dal 1938 al 1941 conseguì vari premi ai Prelittoriali e ai Littoriali della cultura e dell’arte: nel 1938 arrivò secondo nell’affresco ai Prelittoriali di Napoli con una Composizione fascista, qualificandosi così per partecipare ai Littoriali dell’arte di Trieste nel 1939, dove si classificò di nuovo secondo con l’affresco Partenza dei ventimila per la Libia; nel 1940 ottenne il II premio ai Prelittoriali di Napoli con l’affresco I lavori per la Triennale d’Oltremare; mentre ai Prelittoriali di Napoli del 1941 arrivò quarto. In questa fase sperimentò l’olio, la tempera e l’affresco, tornato in auge dopo il Manifesto della pittura murale del 1933.

Con la caduta del fascismo, la ricerca di Tatafiore puntò a due obiettivi: un’indagine costruttiva sul colore fuori degli insegnamenti accademici; una dichiarata preferenza – dopo tante esteriori celebrazioni – verso soggetti ‘bassi’, addirittura ‘minimi’. Il risultato fu una produzione che passava da un tono ironico (soprattutto nei Pretini, nelle Monacelle) a una sorta di espressionismo lirico (ad esempio nell’Autoritratto con giacca rossa, del 1946), a una ricerca formale pura, che ostentava il suo antinaturalismo negli interni e nei paesaggi, ossia nei soggetti ‘naturali’ per antonomasia.

Nel 1945 Tatafiore partecipò al premio della galleria napoletana di Giulio Forti, con un Autoritratto e con dei Pretini. Nello stesso anno prese parte, sempre a Napoli, anche a una mostra al Museo Filangieri – dove è conservato un dipinto con delle Monacelle – e al premio Improta, finanziato dal quotidiano La Voce in polemica con il premio Forti. L’anno successivo presentò l’Autoritratto con giacca rossa e alcuni Interni nella sua prima personale a Napoli presso la galleria Al Blu di Prussia di Guido Mannajuolo, dove avrebbe tenuto un’altra personale nel 1949.

Con l’Interno con tavola e natura morta (1949) e con il Paesaggio con barca, esposto, ma non premiato, a Formia (1948), Tatafiore si riallacciava al discorso cubista là dove era rimasto interrotto, pur rimanendo ancora all’interno di una rappresentazione figurativa: solidificando un elemento impalpabile come una nuvola, la assimilava a una lamiera sospesa o a un foglio di carta gualcito e riduceva il paesaggio a un puzzle di superfici a incastro.

Intanto dal 1947 aderì al Gruppo Sud, insieme con Raffaele Lippi, Alfredo Florio, Renato De Fusco, Renato Barisani, Vincenzo Montefusco, Mario Tarchetti, Armando De Stefano e Raffaello Causa, che esponeva con lo pseudonimo di Domenico Gargiulo (ossia Micco Spadaro). I luoghi di riunione del gruppo erano il bar Moccia e la casa di Pasquale Prunas, fondatore e direttore dell’ambiziosa rivista Sud, attiva dal 1945 al 1947 con lo scopo di riallacciare la cultura napoletana al contesto internazionale. Per tale periodico Tatafiore eseguì delle illustrazioni, mentre con gli amici del Gruppo Sud espose a Napoli nel 1947 presso il Collegio Ingegneri e Architetti, nel 1948 in due mostre della galleria Al Blu di Prussia e a Milano alla Casa della Cultura. Ma quando, fra il 1949 e il 1950, si delineò la contrapposizione fra realisti e astrattisti, uscì dalla compagine di Sud, per fondare nel 1950 con De Fusco, Barisani e Antonio Venditti il Gruppo napoletano Arte concreta, che aderì successivamente al Movimento per l’arte concreta (MAC) milanese. Prese parte a qualche mostra internazionale di arte astratta (Principato di Monaco, 1951) e a tutte le più importanti esposizioni sia nazionali sia locali del gruppo concretista, figurando fra gli organizzatori della storica mostra Arte astratta e concreta in Italia (1951), presso la Galleria nazionale d’arte moderna di Roma. Qui espose Composizione verticale (1949-50), un’opera di passaggio al concretismo, ancora ricca di umori pittoricistici. Nel 1951, con dipinti come Struttura su piano n. 1 (acquistato dal ministero della Pubblica Istruzione per la Galleria nazionale d’arte moderna di Roma, ora in sottoconsegna al CNR) e Struttura su piano n. 2, cominciò a organizzare un suo linguaggio astratto-concreto, sulla scia di Alberto Magnelli ed Enrico Prampolini, fondato sulla dialettica dinamica fra pieno e vuoto, ‘positivo’ e ‘negativo’; finché nello stesso anno individuò come elemento architettonico del dipinto un’immagine-segno simile a una forchetta stilizzata (Segno-struttura ovvero immagini iconografiche, 1951), più volte paragonata ai ‘pettini’ di Giuseppe Capogrossi, che però hanno una differente natura di elementi linguistici appartenenti a una scrittura astratta.

Nel 1952 conseguì un premio indetto dal ministero della Pubblica Istruzione per giovani artisti. Da quell’anno si delineò in maniera decisa il suo interesse per le arti applicate e in generale per il concetto di ‘arte totale’ di matrice futurista e ancor più costruttivista: progettò dépliants, locandine e allestimenti espositivi, come quello della collettiva alla galleria Medea (1954), dove, in omaggio alla «sintesi delle arti» invocata nel manifesto Perché arte concreta, da lui firmato, si riallacciava a Vladimir Evgrafovič Tatlin, utilizzando tutte le superfici dell’ambiente, compresi il soffitto, i pavimenti e gli angoli, oltre alle pareti. Successivamente collaborò con gli architetti Roberto Pane e Massimo Nunziata per vari interventi decorativi nella Triennale d’Oltremare a Napoli e in alcuni locali pubblici cittadini; mentre con Barisani e Venditti intraprese lo stampaggio di stoffe e gonne femminili con motivi astratto-concreti, che per un breve tempo furono oggetto di un progetto imprenditoriale, poi fallito.

Appassionato di fotografia, serigrafia e xilografia, dal 1954 Tatafiore sperimentò, insieme con Barisani, sulla scia di Man Ray, László Moholy-Nagy e Christian Schad, i cosiddetti Fotogrammi, ossia la stampa fotografica diretta di impronte di oggetti, senza negativo; con tale tecnica indagò la scansione dei piani con un riferimento alla profondità virtuale dello spazio attraverso la dialettica fra elementi grafici a puro contorno, griglie e figure piane, in continuità con la ricerca pittorica di opere come Composizioni per superfici modulari n. 1, n. 2, n. 3 (1952), un trittico esposto a Milano nel 1953 allo Studio B-24 nella mostra Collezione ambientata.

Nel 1955, dopo la mostra Le arti plastiche e la civiltà meccanica alla Galleria nazionale d’arte moderna di Roma, il MAC napoletano si sciolse. A cavallo fra gli anni Cinquanta e Sessanta Tatafiore intraprese per breve tempo delle ricerche informali: fu la serie degli Icaro e dei Paesaggi mentali dei primi anni Sessanta; la natura, messa da parte negli anni del MAC, riaffiorava prepotentemente con i suoi umori.

Consapevole di trovarsi in un periodo di transizione, Tatafiore preferì interrompere la sua attività con un lungo silenzio, dedicandosi alla costruzione di barche. Ricominciò a esporre la sua produzione concretista nel 1974 in tre mostre collettive presso il Centroarte Multiplo di Marigliano, nelle gallerie napoletane Lo Spazio e Visual Art Center, e a Bormio presso il Centro di arti visive 2DS. Tornò in piena attività nel 1975 con una personale allo Studio Ganzerli di Napoli, dove presentò pannelli di legno grezzo o di tela dipinta con una o due campiture su cui sovrappose delle scritte in rilievo (ad esempio, Tata 50; Concretismo, Purismo, Astrattismo; Vesuvio 70).

Emergevano tangenze vagamente concettuali per l’uso di scritte – ma con i caratteri commerciali in voga nella pop art –, un’organizzazione spaziale geometrica, l’uso del legno grezzo che ricordava il materismo dell’arte povera, le campiture pittoricistiche tipiche della cosiddetta ‘nuova pittura’: tutti riferimenti precisi alle varie tendenze di moda negli anni Sessanta e Settanta, ma con un abbinamento ironico a un vissuto autobiografico, oltre che a una città, Napoli, vittima di tanti luoghi comuni.

Queste opere e i rilievi geometrici con la combinazione di forme positive e negative costituirono il suo apporto a Geometria e Ricerca (1976-80), un gruppo cui aderirono anche Barisani, Gianni De Tora, Carmine Di Ruggiero, Riccardo Alfredo Riccini, Giuseppe Testa e Riccardo Trapani. Si delineava una ripresa della tradizione geometrica astratto-concreta, arricchita tuttavia da istanze analitiche indirizzate a uno studio della convenzionalità del linguaggio artistico. Mostre di Geometria e Ricerca si tennero nel 1976 allo Studio Ganzerli, nel 1977 all’American Studies Center di Napoli e presso la galleria Il Salotto di Como, nel 1978 allo Studio 2 B di Bergamo, nel 1980 al Museo del Sannio di Benevento.

Morì a Napoli il 23 novembre 1980. Due sue ampie retrospettive sono state organizzate a Napoli presso la Casina Pompeiana nel 1998 e nella sede dell’Accademia di belle arti nel 2010.

Fonti e Bibl.: A. Bovi, Artisti napoletani alla XI Sindacale, in Nove maggio, 15 ottobre 1941; P. Ricci, Note d’arte. Una mostra di giovani alla galleria Improta, in La Voce, 27 maggio 1945; Id., G. T. al “Blu di Prussia”, ibid., 5 giugno 1946; R. Causa, G. T. al Bleu di Prussia, in La Cronaca, 8 giugno 1946; P. Ricci, Giovani pittori napoletani, in La Voce, 25 dicembre 1947; Id., Quattro giovani pittori al Blu di Prussia, ibid., 26 marzo 1948; Arsenio [M. Stefanile], Quattro giovani e una mostra, in Roma, 7 aprile 1948; R. Ciani, Formia il paese illustrato. Il più bel dipinto non è stato premiato, in Il Giornale, 15-16 novembre 1948; P. Ricci, “Personale” di Tatafiore al Blu di Prussia, in L’Unità, 29 maggio 1949; A. Schettini, Note d’Arte, in Corriere di Napoli, 1° giugno 1949; C. Ruju, Possibile ipotesi per una storia dell’avanguardia artistica napoletana 1950-1970, Napoli 1972; Gruppo Napoletano Arte Concreta, 1950-1955 (catal.), con presentazione di E. Crispolti, Marigliano 1974; F. Bologna, G. T. all’Arte Studio Ganzerli, in Il Mattino, 30 novembre 1975; Gianni Pisani intervista: G. T., in Il Campano, II (1975), 2, p. 30; L’avanguardia a Napoli. Documenti, 1945-1972, a cura di L. Caruso, Napoli 1976, pp. 57, 435-440; L.P. Finizio, L’immaginario geometrico. Gruppo ‘Geometria e Ricerca’, Napoli 1979, pp. 131-142; Movimento Arte Concreta 1948-1952 (catal., Gallarate), a cura di L. Caramel, Milano 1984; L.P. Finizio, Il MAC napoletano, 1950-1954..., Napoli 1990, pp. 9 s., 19, 28 s., 31, 34, 42, 46, 50 s., 57, 60, 62-68, 76, 87, 90, 92, 94-97, 102 s., 105, 111, 114 s., 117, 119 s., 126 s., 130, 132, 134, 136, 138, 140 s., 143, 145, 156; Fuori dall’ombra. Nuove tendenze nelle arti a Napoli dal ’45 al ’65 (catal.), Napoli 1991, pp. 36, 40, 43, 46-53, 57, 60-62, 69, 71, 79, 95, 101, 109-111, 114, 120, 124, 160 s., 260-269, 392 s.; La pittura in Italia. Il Novecento/2. 1945-1990, II, a cura di C. Pirovano, Milano 1993 (con biografia di A.P. Fiorillo, pp. 883 s.); Geometria e Ricerca. 1975-1980... (catal.), a cura di M. Picone Petrusa, Napoli 1996, pp. 3, 10 s., 14 s., 42-47, 64; G. T., in Melting Pot, numero speciale, settembre 1998; Napoli 1950-1959. Il rinnovamento della pittura in Italia (catal.), a cura di A. Tecce, Ferrara 2000, pp. 24, 26-28, 45, 47-52, 55, 59, 61, 63 s., 70-72, 168-172, 185; V. Corbi, Quale avanguardia? L’arte a Napoli nella seconda metà del ’900, Napoli 2002, pp. 1 s., 15, 20, 70, 143-145, 285; A. Trimarco, Napoli. Un racconto d’arte, 1954-2000, Roma 2002, pp. 21, 89 s., 118, 234, 236; M. Bignardi, La pittura contemporanea in Italia meridionale, 1945-1990, Napoli 2003, pp. 139, 141, 143, 147 s., 182; G. Maffei, M.A.C. Movimento Arte Concreta. Opera editoriale, Milano 2004, pp. 57, 62, 88-91, 169, 190; M. Picone Petrusa, La pittura napoletana del ’900, Napoli 2005 (con biografia di A. Irollo), pp. 57 s., 60-63, 65-69, 71, 74 s., 91, 94-96, 108, 119, 302-305, 453 s., 482, 485, 487, 490, 520 s.; R. De Fusco, Arti & altro a Napoli dal dopoguerra al 2000, Napoli 2009, pp. 25, 31, 34, 39, 46-48, 51, 71, 125; G. T. (catal.), a cura di A. Spinosa - M. Franco, Napoli 2010; M. Picone Petrusa, L’attività della galleria “Al Blu di Prussia”: dal realismo all’astrattismo, in Palazzo Mannajuolo. Cento anni di architettura, arte e cultura 1912-2012, Napoli 2012, pp. 113-117, 123 s., 126.

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