Fava, Guido

Enciclopedia Dantesca (1970)

Fava, Guido

Fabrizio Beggiato

Maestro di grammatica e notaio bolognese; nato prima del 1190 e morto poco dopo il 1243. Nel 1210 insegnava nello Studio di Bologna e probabilmente, in seguito, fu anche in quello di Siena.

Occupa un posto di prestigio nella storia della prosa d'arte italiana in quanto seppe operare, sul piano stilistico, la confluenza del latino nel volgare avendo intuito la possibilità e il valore di un processo di adattamento dei mezzi retorici della sua tecnica di dettatore latino alla prosa volgare. Le sue opere più importanti sono la Summa Dictaminis e i Dictamina rhetorica (1226-27), la Doctrina ad inveniendas incipiendas et formandas materias (forse del 1237, dedicato al podestà di Bologna Aliprando Fava), contenente esempi di lettere in volgare, denominata nei codici Gemma Purpurea; e l'ampia raccolta di Parlamenta et Epistolae (1242-43). Come risulta dall'esame della tecnica retorica di questi testi, elemento peculiare dello stile curiale, adottato nei carteggi pubblici e privati, era il cursus; inoltre i dettatori attinsero ai modelli dello stile isidoriano per quanto concerneva l'applicazione dell'ornatus. Anche D., e non solo per l'elocutio elaborata delle Epistole, si rivela conoscitore sicuro del cursus e della precettistica isidoriana alla quale si rifacevano i trattatisti medievali. D., teorizzando la costruzione del periodo (VE II VI 5 ss.), dopo aver fornito vari esempi di stile prosastico giudica excelsus quello che maggiormente appare vicino alla forma isidoriana. Infatti dopo aver citato il ‛ gradus constructionis ' insipidus, qui est rudium, il sapidus, qui est rigidorum scolarium vel magistrorum, dove è usato il cursus ma non l'ornatus, in linea con la definizione dello stile scolastico data da Giovanni di Garlandia (Poetria v. 887) e il sapidus et venustus, qui est quorundam superficietenus rethoricam aurientium dal ritmo elegante e sostenuto, D. giunge al grado sapidus et venustus etiam et excelsus, qui est dictatorum illustrium, per il quale dà questo esempio: Eiecta maxima parte florum de sino tuo, Florentia, nequicquam Trinacriam Totila secundus adivit, in cui abbiamo la brevità concettosa (emphasis) del periodo che inizia con l'ablativo assoluto (procedimento teorizzato anche da Goffredo di Vinsauf in Poetria nova vv. 219 ss.), la divisione clausolata in due membri terminanti con il cursus tardus (túo Floréntia) e il cursus planus (secúndus adívit), la metafora nella prima parte, l'apostrofe e la personificazione di Florentia, la transsumptio di Carlo di Valois in Totila secundus. Da notare però che se D. considera essenziali al pregio del costrutto d'arte gli elementi formali sviluppati dalla tradizione retorica, dal IV libro dell'ad Herennium a Isidoro, da F. a Goffredo di Vinsauf, gli esempi che offre sono tratti dalle canzoni di quei poeti volgari che giudicava perfetti ‛ dictatores ': non... hanc quam supremam vocamus constructionem nisi per huiusmodi exempla possumus indicare (VE II VI 7) mostrando in tal modo come tendesse a risolvere il, problema del costrutto d'arte non tanto in chiave formale quanto nel senso di un'intima adesione alla materia trattata che deve trovare il proprio livello d'espressione attraverso un uso personalizzato degli strumenti retorici.

Bibl. - A. Gaudenzi, Sulla cronologia delle opere dei dettatori bolognesi da Boncompagno a Bene da Lucca, in " Bull. Ist. Stor. Ital. " XIV (1895) 118-159; F. Torraca, Studi di storia letteraria, Firenze 1923, 30; E. Monaci, Su la ‛ Gemma Purpurea ' ed altri scritti in volgare di G.F., in " Rendiconti R. Accad. Lincei " IV (1888) 12; A. Schiaffini, La tecnica della prosa rimata del Medio Evo latino in G.F., Guittone e D., in " Studi Romanzi " XXI (1930) 1-115; F. Di Capua, Lo stile isidoriano nella retorica medioevale e in ID, in Studi in onore di F. Torraca, Napoli 1922; ID, Appunti sul cursus e il ritmo prosaico nelle opere latine di D., Castellammare di Stabia 1919.

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