MALASPINA, Guglielmo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 67 (2006)

MALASPINA, Guglielmo

Raffaele Tamalio

Nacque forse alla fine del 1527 o agli inizi del 1528, probabilmente dopo la morte del padre, di cui portò il nome, che era marchese di Tresana e Lusuolo in Lunigiana e che fu per molti anni al servizio dei signori di Mantova. Del M. sono note informazioni scarse e imprecise, comprese quelle fornite da Litta, che lo chiama Francesco Guglielmo, nome che, invece, il M. dette a uno dei suoi figli.

A un attento esame dei pochi documenti d'archivio esistenti, è da rettificare la data di morte del padre, avvenuta, secondo un copialettere dell'Archivio Gonzaga, alla fine di settembre 1527 (b. 2931, n. 291), e non nel 1528. In questo documento si legge la raccomandazione di Guglielmo senior al duca di Mantova di "non voler mancare di aiuto e favore alli figlioli soi", prendendoli sotto la propria protezione e concedendo di porre le insegne e le armi dei Gonzaga sui luoghi e castelli dei Malaspina, minacciati da frequenti ribellioni dei vassalli locali.

Il M. fu assegnato probabilmente alla famiglia della duchessa Margherita Paleologo, marchesa del Monferrato e moglie (dal 1540 vedova) del duca di Mantova Federico II, per incarico della quale ai primi di gennaio del 1557 si recò nelle Fiandre. Nella primavera del 1568 il duca Guglielmo Gonzaga lo nominò ambasciatore presso la corte imperiale di Massimiliano II, suo cognato (in quanto fratello di Eleonora d'Asburgo, moglie di Guglielmo). Il M. giunse a Vienna ai primi di aprile in un momento in cui era insorta una grave crisi diplomatica con il duca Emanuele Filiberto di Savoia, causata dall'interessato appoggio di quest'ultimo ai fuoriusciti del Casale, in seguito alla dura repressione messa in atto dal Gonzaga dopo l'attentato al quale era scampato nell'ottobre del 1567.

Presso la corte cesarea divenne vivissimo lo scambio di accuse fra l'ambasciatore sabaudo, Baldassarre della Ravoira, signore della Croce, e il M., con addebito ai rispettivi duchi, da un lato delle responsabilità circa le provocazioni lanciate dalle truppe sabaude ai confini del Monferrato, dall'altro dei continui soprusi dei funzionari e amministratori gonzagheschi ai danni delle popolazioni monferrine. La questione provocò persino una rissa tra i due diplomatici, nella quale entrambi fecero uso di pugnali e spade, episodio subito deplorato dall'imperatore Massimiliano che impose loro, per qualche tempo, il divieto di uscire dalle proprie abitazioni. I rapporti fra i due ambasciatori si normalizzarono solo in seguito alla rinuncia definitiva del Savoia a tutte le pretese sul Casale. Intanto, a causa di quell'episodio, il M. dovette subire, con grande rammarico, la censura del suo signore, concretizzatasi in un lungo silenzio epistolare da Mantova.

Tuttavia egli continuò a rispettare lealmente gli incarichi diplomatici che gli erano stati affidati, con particolare riguardo alla questione di Gazzuolo e Dosolo, il cui possesso Guglielmo Gonzaga rivendicava presso l'imperatore per averli ricevuti in eredità dal titolare, il marchese Federico Gonzaga, morto nel 1568, le cui terre erano però reclamate dai suoi nipoti, Pirro e Alfonso. Sugli sviluppi di quella causa si conservano lunghi memoriali che a più riprese il M. inviò al duca dal 16 agosto al 29 dic. 1569 e dal 16 gennaio al 23 maggio 1571.

Un anno dopo, nell'ultima istruzione ricevuta da Mantova, il 14 maggio 1572, si chiedeva al M. di avviare in corte cesarea i negoziati per la restituzione dei 20.000 scudi che il defunto duca di Mantova, Francesco Gonzaga, fratello maggiore di Guglielmo, aveva legato alla duchessa vedova, Caterina d'Asburgo, andata sposa al re di Polonia e morta poco tempo prima senza figli.

Dopo avere rimesso tali istruzioni nelle mani del nuovo ambasciatore, il M. fece ritorno a Mantova ai primi di agosto 1572. Un anno prima, il 28 ott. 1571, stando alle scarse notizie riportate da Litta, il M. avrebbe ottenuto dall'imperatore Massimiliano II l'investitura del feudo di Tresana con il privilegio di potervi erigere la Zecca. Di ritorno in Italia, non ebbe, però, quasi certamente neanche il tempo di portarsi nel proprio feudo, poiché alla fine di ottobre del 1572 ripartì per Parigi al fine di ricoprirvi un nuovo incarico diplomatico presso il re di Francia, Carlo IX. Costanti, nel ricco carteggio inviato al duca, furono tuttavia le lamentele sia per la scarsezza di mezzi a disposizione, comune a quasi tutto il personale di rappresentanza gonzaghesco, sia per la scarsità di risposte inviate da Mantova ai suoi dettagliati dispacci.

In effetti, quei dispacci sono degni di grande attenzione per la ricchezza di informazioni sulle vicende della Francia, afflitta dalle guerre di religione sfociate pochi mesi prima nella sanguinosa notte di S. Bartolomeo. Tra i delicati compiti affidati al M. figurava quello di tutelare anche alla corte francese i diritti dei Gonzaga sul Monferrato contro le pretese del duca di Savoia e del marchese di Saluzzo. Numerose nelle lettere del M., inoltre, le notizie sul duca di Nevers, Ludovico Gonzaga, fratello del duca di Mantova e da un paio di decenni al servizio della Corona francese.

Quelle rimostranze precedettero di poco, non solo la morte del re di Francia Carlo IX, avvenuta a Parigi il 30 maggio 1574, ma anche quella del M., sopraggiunta poco dopo. Egli stesso riferiva il 5 giugno di essere gravemente ammalato e di dubitare di sopravvivere. Nonostante le cure del medico del cardinale Ippolito d'Este, il M. morì a Parigi il 9 giugno 1574.

Aveva disposto, nelle ultime volontà, di essere sepolto di notte, alla presenza di pochi preti e vestito con l'abito da francescano, anche a causa dell'estremo bisogno a cui era ormai ridotto. Al contrario, in omaggio al cerimoniale previsto per il corpo diplomatico, furono celebrate pompose esequie nella chiesa di S. Francesco alla presenza di tutti gli ambasciatori. Fu necessario però l'intervento della regina madre, Caterina de' Medici, per evitare il sequestro di tutti i suoi beni e dell'archivio della legazione. Già vedovo di Susanna di Gianvincenzo Malaspina, lasciava sotto la protezione del duca di Mantova i figli Francesco Guglielmo, Iacopo, Rodolfo e Pandolfo.

Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Mantova, Arch. Gonzaga, bb. 26, 426, 450-453, 571, 656, 657, 2578, 2588, 2931: Libro dei decreti n. 33; A. Luzio, L'Archivio Gonzaga di Mantova, Verona 1922, ad ind.; R. Quazza, Emanuele Filiberto e Guglielmo Gonzaga, in Atti e memorie della R. Acc. virgiliana di Mantova, n.s., XXI (1929), pp. 58, 93-96, 99, 101, 110, 126, 131; Id., La diplomazia gonzaghesca, Milano 1941, pp. 39 s.; Istituto Carlo d'Arco per la storia di Mantova, Mantova: la storia, le lettere, le arti, III, Mantova 1963, ad ind.; Le collezioni Gonzaga. Il carteggio tra la corte cesarea e Mantova (1559-1636), a cura di E. Venturini, Milano 2002, ad ind.; I Gonzaga e l'Impero. Itinerari dello spettacolo, a cura di U. Artioli - C. Grazioli, Firenze 2005, ad ind.; P. Litta, Le famiglie celebri italiane, s.v. Malaspina, tav. XI.

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