GRIBAUDI, Ferdinando, detto Dino

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 59 (2002)

GRIBAUDI, Ferdinando, detto Dino

Antonello Pizzaleo

Nacque a Torino il 26 nov. 1902 da Piero, docente di geografia, e Giovanna Gilardi. Compì gli studi classici al liceo Visconti di Torino, iscrivendosi diciottenne alla facoltà di lettere della sua città (indirizzo storico-geografic0). Il giovane G., detto Dino, si formò alla scuola degli storici G. De Sanctis e P. Egidi e del geografo C. Bertacchi. Laureatosi nel 1924, fu nominato l'anno successivo assistente volontario alla cattedra di geografia generale su proposta dello stesso Bertacchi.

La sua tesi di laurea, poi pubblicata col titolo Il Piemonte nella antichità classica. Saggio di corografia storica (Torino 1928), è un tipico lavoro di sintesi tra le due istanze, umanistica e naturalistica, della geografia italiana del tempo.

Proprio per completare la propria formazione di geografo "integrale" il G. si iscrisse, quindi, alla facoltà di scienze "dove frequentò i corsi e i laboratori di tutte quelle discipline geologiche, mineralogiche e biologiche, che egli riteneva utili per la sua preparazione" (Dematteis, p. 216). Nel 1927 divenne aiuto presso l'istituto di geologia della facoltà torinese di scienze dove collaborò con C.F. Parona ed E. Repossi, svolgendo ricerche di geomorfologia e glaciologia. Conseguita la libera docenza in geografia generale nel gennaio 1929, nello stesso anno ottenne l'incarico presso l'istituto superiore di magistero del Piemonte (futura facoltà di magistero) rivolgendosi ai problemi dello spopolamento montano e all'interpretazione biogeografica degli insediamenti umani.

Nel 1930 sposò Vittoria Palazzi Trivelli, dalla quale ebbe tre figli, Elisa, Piero e Giovanna. Nel 1935 fu chiamato come titolare alla cattedra di geografia, di cui teneva già l'incarico, dopo essere entrato nel 1933 nella terna di concorso per la cattedra di geografia economica dell'Università di Catania; dal 1936 al 1944 fu preside della facoltà di magistero dell'Università di Torino.

Nel volumetto Per lo studio della geografia. Nozioni propedeutiche (Torino 1930) il G. fa consistere l'identità disciplinare della geografia nella facoltà di individuare e di sintetizzare "le molteplici relazioni che la coesistenza in un medesimo spazio crea tra fenomeni disparatissimi" (Dematteis, p. 217). A un'analoga idea di "geografia integrale" si ispira il saggio su Ambiente fisiogeografico ed ampiezza della proprietà terriera, con particolare riguardo all'Italia. Saggio di geografia agraria (Torino 1938) "che gli valse la conferma ad ordinario" (Merlini, p. 13): qui il G. si limitava a segnalare "l'influenza dei fattori fisici sulle dimensioni della proprietà terriera" senza tenere conto però degli "effetti che storicamente una determinata suddivisione in classi della società ha prodotto sul territorio, in particolare su quello rurale" (Fulvi, p. 113).

Intanto il G. aveva aderito al fascismo; trovandosi in sintonia col regime pure sulle teorie razziste che avrebbero ispirato le leggi del 1938; fu anche incaricato per breve tempo dell'insegnamento di biologia delle razze umane.

In Terra e razza in Italia (ibid. 1942) il G. trasferì i metodi dell'indagine geografica all'antropologia fisica nel tentativo di conciliare l'evidenza della molteplicità dei tipi umani italiani - molteplicità che egli tenta di spiegare appunto con la supposta influenza plasmatrice di fattori geografici fortemente diversificati - con la necessità ideologica di proclamare l'esistenza attuale di una sola razza italiana di origine protostorica.

Nel dopoguerra, per la sua adesione al fascismo, il G. vide messo in discussione il suo magistero; ciò non impedì tuttavia che, dopo una parentesi di riflessione dedicata a questioni di storia e metodologia della geografia - dal breve saggio Per una storia del pensiero geografico per i Quaderni del Laboratorio di geografia della Facoltà di magistero (s. A, n. 1, 1944) fino ai Lineamenti di una storia della geografia come scienza (Torino 1948) -, egli succedesse al padre Piero salendo, nel 1949, alla cattedra di geografia economica della facoltà economica torinese. Un anno dopo, alla morte del padre, il G. fu chiamato a presiedere il XV Congresso geografico nazionale di Torino. Egli proseguì l'opera paterna anche nella compilazione di testi per la scuola, da Terra e civiltà (Torino 1946-49) - scritto questo appunto insieme con il padre - alle periodiche Notizie geografiche, fino ai testi degli anni Cinquanta e Sessanta per licei e istituti tecnici.

A partire dalla prolusione del 1949 (I moderni orientamenti della geografia antropica ed i loro riflessi nel campo della geografia economica, in Boll. della Soc. geogr. italiana, s. 8, IV [1951], 1-2, pp. 1-15), il G. si accostava intanto alla geografia economica intesa come indagine primaria delle cause economiche dei fenomeni antropici osservabili sulla superficie terrestre. L'insegnamento e la produzione scientifica del G. si orientarono, quindi, verso una prima sistemazione delle ricerche di geografia agraria e industriale con i Fondamenti di geografia agraria (Torino 1950), e la Geografia dell'energia elettrica in Italia (ibid. 1953), mentre i fondamenti teorici si allargavano alla considerazione spaziale di quei fenomeni economici che non lasciano tracce immediatamente rilevabili sulla superficie terrestre (Verso una geografia dell'economia pura, in Riv. geografica italiana, LXVIII [1961], 1, pp. 15-42): "Si tratta di un'evoluzione notevole del pensiero" del G., "quasi di un rovesciamento delle posizioni culturali rispetto alla prolusione del 1949" (Ferro, p. 22); ma l'impostazione teorica rimase, di fatto, sempre fedele a un'idea di geografia come disciplina unitaria e unificante (cfr. per es. Tendenze coesive nei più recenti sviluppi della geografia, in Riv. geografica italiana, LXXII [1965], 1, pp. 1-18; L'attualità della geografia come scienza interdisciplinare, in Cultura e scuola, 1968, n. 25, pp. 164-169). Da questa posizione il G. intese difendere la geografia accademica italiana da chi, come L. Gambi, ne andava denunciando l'eclettismo e l'arretratezza culturale (cfr. Contro una critica demolitrice della geografia, in Riv. geogr. ital., LXX [1963], 3, pp. 245-270).

L'assunzione alla cattedra fu il primo di una serie di riconoscimenti accademici che portarono il G., in qualità di conferenziere e docente universitario e, dal 1964, come vicepresidente dell'Unione accademica internazionale, a visitare tutti i paesi d'Europa, l'India, il Giappone, gli Stati Uniti e l'America Latina: in particolare il Brasile, dove tornò più volte fino al 1970, il Messico e l'Argentina.

Tra gli scritti originati da questo mutamento di prospettiva (e dall'accostamento ai problemi del Mezzogiorno italiano) spiccano interventi come "Nord" e "Sud" nella vita degli Stati (in Politica e società, I [1955], 1, pp. 3-15), saggi sull'economia agraria e industriale del Brasile e numerosi scritti di ispirazione europeistica (vedi tra tutti: Il problema dell'unificazione europea visto da un geografo, in Atti del XVII Congresso geografico italiano, III, Bari 1957, pp. 506-516). Furono però due grandi opere divulgative che resero noto il G. al pubblico colto: il volume su Piemonte e Val d'Aosta (Torino 1960) della collana UTET "Le regioni d'Italia" e la monografia su l'Italia geoeconomica (ibid. 1969), i quali sintetizzavano gran parte degli studi di geografia agraria, economica e industriale condotti dal G. nel ventennio precedente.

Il numero di riconoscimenti ai quali il G. era pervenuto negli ultimi anni ne attesta la preminenza nell'ateneo torinese e nella geografia accademica italiana. Fu preside della facoltà di economia e commercio dal 1962 e tenne, dal 1964 fino alla morte, la carica di prorettore dell'Università di Torino. Nel 1969 fu chiamato a succedere a R. Riccardi alla presidenza della Società geografica italiana, a poco più di un anno dalla morte che sopraggiunse mentre era in corso di stampa per il Consiglio nazionale delle ricerche la Memoria illustrativa della Carta della utilizzazione del suolo del Piemonte - Val d'Aosta (Roma 1971) e il G. lavorava a un trattato di geografia generale.

Il G. morì a Torino il 5 genn. 1971.

Fonti e Bibl.: L. Gambi, Problemi di contenuto scientifico e di vitalità culturale (discorso ad un geografo), Faenza 1965, riedito in Id., Una geografia per la storia, Torino 1973, pp. 79-108 (replica polemica di Gambi al citato articolo del G. Contro una critica demolitrice della geografia, in cui Gambi rimanda a uno scritto del G. non compreso nelle bibliografie qui segnalate: Biologia delle razze umane, a cura di A. Sterpone [Torino 1941]); C. Della Valle, I maestri della geografia italiana: F. G. (con Elenco degli scritti), in La Geografia nelle scuole, XV (1970), 3, pp. 95-103; A.V. Cerutti, La funzione di Torino e del Piemonte nell'Europa unita secondo il pensiero di Dino G., Torino 1971; G. Dematteis, F. G. (1902-1971), in Riv. geografica italiana, LXXVIII (1971), 2, pp. 215-224; G. Ferro, Ricordo di Dino G., in Pubblicazioni dell'Istituto di scienze geografiche della Facoltà di magistero dell'Università di Genova, XVIII (1971), pp. 17-26; G. Merlini, F. G., in Boll. della Soc. geografica italiana, s. 9, XII (1971), 1-3, pp. 1-30 (con bibliografia degli scritti); E. Migliorini, Ricordo di Dino G., in La Geografia nelle scuole, XVI (1971), 2, p. 50; A.K. Vlora, Dino Gribaudi. L'uomo e lo studioso, Bari [1971] (con bibliografia degli scritti); L. Gambi, Uno schizzo di storia della geografia in Italia, in Id., Una geografia per la storia, cit., p. 30 n.; G. Lusso, La ricerca sul terreno nella tradizione geografica italiana, Torino 1979, pp. 61 n., 69 s. e n.; C. Caldo, Il territorio come dominio. La geografia italiana durante il fascismo, Napoli 1982, pp. 139 s.; F. Fulvi, Lineamenti di storia della geografia in Italia. Dalle origini ai giorni nostri, Torino 1986, pp. 112 s.; Chi è? 1948, 1957, 1961, s.v.; Enc. Italiana, IV Appendice, II, sub voce.

CATEGORIE