LETI, Gregorio

Enciclopedia Italiana (1933)

LETI, Gregorio

Carlo Morandi

Tipica figura di poligrafo e d'avventuriero del Seicento, nato a Milano il 29 maggio 1630, morto ad Amsterdam il 9 giugno 1701. Fece i primi studî presso i gesuiti di Cosenza, poi passò sotto la tutela dello zio mons. Agostino Leti, vescovo di Acquapendente, che invano tentò di avviarlo alla carriera sacerdotale. Insofferente d'ogni costrizione, il L. abbandonò la dimora dello zio e dopo tre anni anche l'Italia (1660), dirigendosi a Parigi. Si fermò invece a Ginevra, si convertì alla religione riformata, sposò Maria Guérin, figlia di un noto medico, e nel 1574 chiese e ottenne la cittadinanza ginevrina. Ma, della dottrina calvinista, non penetrò né sentì l'intimo rigorismo religioso: in essa vide solo l'elemento di rivolta contro il vecchio mondo ecclesiastico. Così, dopo alcuni scritti giovanili di carattere erotico, le opere del L. stampate a Ginevra dal '61 al '72 sono quasi tutte rivolte contro la Chiesa romana polemiche e diffamatorie. Una sola ebbe grande fortuna, ia Vita di Sisto V (1669), e non certo per le sue doti storiche; piuttosto per il ritratto, romanzesco e burlesco insieme, del pontefice e per il quadro salace dei tempi. Il L. era assillato dal bisogno di vivere scrivendo e dal desiderio che "la fama delle genti" circondasse il suo nome. Per questo pubblicò troppo, quasi sempre male e spesso cose altrui racimolate e raffazzonate alla meglio. Così i libri III e IV dell'Italia regnante sono di Antonio Magliabechi con il quale il L. fu in attiva corrispondenza dal '72 al '79. In pari tempo il L. percepiva un assegno annuo dal granduca di Toscana, come censore segreto; curava cioè che non si pubblicasse in Svizzera "cosa di pregiudizio alla casa de' Medici"; ed ebbe anche alcune missioni diplomatiche, massime per incarico di Venezia (1676) e della Francia (1679). In questo stesso anno, sotto l'accusa d'aver diffamato la religione protestante, di machiavellismo e di corruzione dei buoni costumi, fu processato e posto al bando da Ginevra.

Si recò allora in Francia, ove Luigi XIV per mezzo del padre La Chaize tentò inutilmente di richiamarlo al cattolicesimo. È pure di questo periodo il carteggio del L. con la marchesa Sidonia de Courcelles, prigioniera alla Conciergerie. Dal 1680 al 1683 il L. è a Londra, dove per incarico di Carlo II scrive il Teatro britannico; ma la pubblicazione, offensiva per i cattolici d'Inghilterra, gli procura un nuovo sfratto. Deve cercare rifugio in Olanda; ivi trascorre gli ultimi anni di sua vita pubblicando un'enorme congerie di libri, tra cui il Teatro gallico (1691-97), la Vita del duca di Ossuna, la Vita di Carlo V, i Ragguagli historici e politici (1698).

La sua vera natura si era intanto manifestata: un desiderio di vedere e di conoscere, di penetrare i segreti delle corti e dei gabinetti diplomatici, di raccogliere giudizî e pettegolezzi; ora a Londra e ora ad Amsterdam, irrequieto e incostante, pronto a scrivere la satira violenta e a tessere l'elogio d'uomini e di governi, ma sempre con la pretesa d'essere schietto e coraggiosamente veritiero. E note di sincerità non mancano, massime quando parla dell'Olanda alla cui vita borghese e commerciale vanno tutte le sue simpatie e dell'Italia ("Ho abbandonato l'Italia, ma non già l'amore per gli Italiani"), nazione cui si sente fiero d'appartenere (Lettere, 1700, vol. I, Dedica). Nel suo spirito vi è assenza di contrasti ideali e problemi morali; vi affiora però una visione non più chiusa, non più ristretta, ma europea della vita politica, e traspaiono le prime esigenze d'un rinnovamento sociale e civile nell'interno dei singoli stati.

Gli scritti del L. sono una miniera d'osservazioni, oltre che di notizie, dove il vecchio comincia col far posto al nuovo; e spesso la critica politica, come nei giudizî su lo stato d'animo dei Lombardi e dei Napoletani sotto il dominio spagnolo (Dialoghi politici, 1666, I, pp. 29, 199) o nell'esame della politica piemontese (ibid., II, p. 451 segg.) o nell'indagine sulla decadenza della nobiltà genovese (Le visioni politiche, 1671, p. 108), non è disgiunta da un senso storico abbastanza vigile ed esercitato.

Bibl.: A. Cameroni, Uno scrittore avventuriero del sec. XVII, Milano 1894 (invecchiato); A. Albertazzi, G. L. spirito satirico, in Parvenze e sembianze, Bologna 1892. Fondamentale è L. Fassò, Avventurieri della penna nel Seicento, Firenze 1923; v. anche Cavalli, Degli scrittori politici italiani nella seconda metà del secolo XVII, Bologna 1903, pp. 93-105; A. Jemolo, Stato e Chiesa negli scrittori italiani del Seicento e del Settecento, Torino 1914, pp. 15 e 288.