AMASEO, Gregorio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 2 (1960)

AMASEO (De Masiis, Amasaeus), Gregorio

Rino Avesani

Fratello di Leonardo Daniele e di Girolamo, nacque a Udine il 12 marzo 1464 da Giovanni Celio e da Benvenuta Radia o Bochia.

Gli Amasei vantavano, però, la loro discendenza da Bonacossa patrizio bolognese, i cui figli Masio e Francesca, in seguito a discordie civili esularono da Bologna a Udine verso il 1308. Dei discendenti di Masio, che da lui presero il nome di Amasei (De Masiis), il primo ad acquistare notorietà in Udine pare sia stato Domenico, il padre di Giovanni Celio, che ebbe grande parte nella vita politica della città. Un altro dei suoi figli, Marco, fu dottore in legge. La famiglia però non sopravvisse di molto ai suoi discendenti più illustri. La linea diretta di Romolo cessò alla fine del sec. XVI. Quella collaterale, degli Amasei rimasti in Friuli, si estinse con Albarosa nel 1627 (v. l'albero genalogico compilato da V. Joppi, in appendice ai Diarii udinesi dall'anno 1508 al 1541 di Leonardo e Gregorio Amaseo e Gio. Antonio Azio, ed. A. Ceruti, Venezia 1884, tav. grande dopo p. 548).

L'A. studiò a Udine con Marcantonio Sabellico a cui poi succedette nell'insegnamento (1483) insieme con Bartolomeo Uranio da Brescia, che però fu licenziato nel 1486, quando la città dovette ridurre le spese per la scuola. Egli invece fu riconfermato, ma ebbe l'obbligo di assumere un ripetitore, che fu il fratello Girolamo. Spesso fu rimproverato di negligenza nell'adempimento del suo ufficio, ma l'incarico gli fu rinnovato fino al maggio 1489, quando fu chiamato al suo posto Francesco Superchi detto il Filomuso. L'A. aveva abbandonato Udine perché ormai si erano scoperte le sue relazioni con le monache di S. Chiara e di S. Niccolò. Da una di queste, infatti, il 24 giugno gli nacque Romolo Quirino, che egli riconobbe e, appena possibile, volle a Padova e poi trattenne con sé nelle sue peregrinazioni fino al 1507. Al processo che seguì, l'A. fu condannato a lire 200 di multa e a due anni di carcere, che in seguito gli furono commutati in sei mesi di esilio da Udine e da tutto il Friuli.

Il 2 settembre dello stesso anno, 1489, insieme col fratello Girolamo ricevette a Duino la corona poetica dall'imperatore Federico III.

A Udine ritornò qualche anno dopo, per recitarvi (19 giugno 1498) un panegirico in onore del cardinale Domenico Grimani, che prendeva possesso del patriarcato di Aquileia. L'anno precedente aveva sposato Maria Vitelli, a cui rimase molto affezionato per tutta la vita, ma da cui non ebbe figli. Frattanto, a conclusione degli studi che, secondo il Liruti (p. 338) avrebbe cominciato prima della nascita di Romolo, si era addottorato a Padova prima in filosofia e arti liberali, poi in diritto civile e canonico sotto la guida di Giovanni Campeggi.

Nel 1499 era a Venezia dove esercitava l'avvocatura, che però abbandonò ben presto per tornare a Udine, ritenendo di non ottenere in tale professione fama e guadagno conforme al suo merito. Il 3 dic. 1501, seppure con procedura irregolare, Venezia lo chiamò a succedere a Giorgio Valla morto l'anno precedente, assegnandogli una retribuzione pari a quella del predecessore (200 ducati). Ma il 30 nov. 1503 la condotta gli fu revocata (e alla fine dell'anno seguente ancora doveva essere soddisfatto dello stipendio, v. V. Cian, Per la storia dello Studio bolognese nel Rinascimento. Pro e contro l'Amaseo,in Miscellanea di studi critici edita in onore di A. Graf,Bergamo 1903, p. 202 nota 1). Poi fu destinato ad altre mansioni nella terraferma. Era giudice a Bergamo nel 1506. Tre anni dopo, mentre era segretario del vicario in Val di Lamone, fu fatto prigioniero dalle truppe di Giulio II e condotto a Brisighella, e in quella occasione perdette i libri e le suppellettili. Fu liberato dal figlio dietro un cospicuo versamento e tornò a Udine, con la speranza di riprendere l'insegnamento a Venezia.

In città però maturavano nel frattempo quegli scontri tra Zambarlani e Strumieri (a questi ultimi appartenevano gli Amasei), che scoppiarono sanguinosi il 27 febbr. 1511.

L'A., che fu presente e in qualche modo dovette parteciparvi, ne fissò il racconto con notevole obbiettività nella Historia della crudel zobia grassa et altri nefarii excessi et horrende calamità intervenute in la città di Udine et patria del Friuli del 1511.Nel marzo era sopravvenuto il terremoto e in giugno la peste, ed egli, con il fratello Girolamo, fuggì a Laipacco, a Osoppo e infine a Venezia, dove sperò invano di avere la cattedra che, all'ultimo momento, andò invece al suo antico e violento rivale Raffaele Regio (F. Foffano, Marco Musuro professore di greco a Padova ed a Venezia,in Nuovo Archivio Veneto,t. III, p. II [1892], pp. 467, 473-74). Nel febbraio 1512 tornò a Udine con la speranza di riavere l'insegnamento, a cui fu chiamato solo più tardi. Nel frattempo, però, il 17 ag. 1510 era morto il fratello maggiore Leonardo Daniele e, passati i violenti avvenimenti dell'anno successivo, si manifestava ora chiaramente una situazione domestica nuova, che richiedeva nuovi provvedimenti.

Leonardo era nato il 2 marzo 1462 e, benché non avesse compiuto studi regolari, divenne presto abilissimo nel parlare in pubblico e acquistò così una posizione di primo piano nella vita pubblica di Udine. Anche per regolare la sua condotta nella vita politica, fu sempre attento alle notizie sugli avvenimenti del suo tempo e dal 9 febbr. 1508 fino a dieci giorni prima di morire li narrò nei suoi Diarii con stile rozzo e molte sgrammaticature, ma con franchezza e amore per la sua terra. Alla sua morte la stesura dei Diarii fu affidata da Gregorio a Giovanni Antonio Azio, figlio di ser Radi da Cattaro e notaio in Udine, che iniziò il racconto dai primi di maggio 1510, ma non proseguì oltre il 12 aprile 1512.

Dopo un anno e mezzo di intervallo, cioè dal 12 dic. 1513, l'A. stesso pose mano ai Diarii del fratello e li continuò fino alla sua morte. Allora rimasero definitivamente interrotti. Gli interessi di Romolo e del nipote Pompilio, i soli che, in effetti, avrebbero potuto raccogliere quella eredità, erano ormai lontani dal Friuli.

Scomparso Leonardo, l'A. dovette anche prendere su di sé il governo della casa e insieme provvedere alla vedova e ai sei figli giovanissimi che il fratello aveva lasciato. Specialmente dopo la morte di Girolamo (1517), l'A. diventò anche il capo e in certo modo il centro di tutta la famiglia Amasei: a lui si rivolgevano per aiuto e consiglio, non solo Romolo, ma anche i nipoti vicini e lontani. Certamente anche per questo nuovo stato di cose, d'ora in avanti l'A. desidererà ancora, talvolta, recarsi a Venezia o in altri luoghi per insegnare o esercitare altre mansioni, ma di fatto, eccettuato un breve periodo nel 1533, da Udine non si allontanerà più, limitandosi a tentare in patria la fortuna non raggiunta altrove.

Oltre che alla stesura dei Diarii,attendeva ora anche a studi di storia locale e, se dobbiamo credere alle sue parole, ebbe grandissima parte nei Commentariorum Aquileiensium libri octo dell'amico Giovanni Candido (Venezia, per Alessandro Bindoni, 1521), che egli stesso più tardi, forse per invidia, accusò di plagio e furto letterario.

Nel 1521 l'A. fu eletto oratore a Venezia per la comunità di Udine. Nello stesso anno, per desiderio degli studenti, fu anche nominato maestro pubblico, ufficio che gli fu riconfermato, non senza forti contese, nel 1524 e nel 1527. In questo periodo ebbe come ripetitore il nipote Giovanni Celo, o Celo, figlio di Girolamo, che seguì poi il cugino Romolo a Bologna, dove studiò con L. Gozzadini e poi insegnò Istituzioni civili, prima di passare ad Avignone dove morì nel 1552.

Negli anni successivi non mancarono all'A. incombenze onorifiche. Abbiamo notizia di due orazioni famose da lui recitate nel 1524, l'una in onore di Carlo Contarini, che andava oratore di Venezia presso l'arciduca d'Austria, l'altra in onore del cardinale Marino Grimani, che succedeva allo zio Domenico nel patriarcato di Aquileia. Quest'ultima gli avrebbe procurato un invito a stendere gli annali di Aquileia, che però sembra non siano stati mai scritti. Qualche anno dopo, nel 1528, era priore del Collegio dei giureconsulti. Ma, anche per il suo temperamento geloso e irascibile, aveva vivi contrasti con i colleghi d'insegnamento, specialmente con Bernardino Anconitano. E l'insegnamento stesso, cioè la lettura e il commento dei classici, il plauso degli allievi, che costituì pur sempre la sua massima aspirazione, si manifestava alla fine professione per cui non si poteva "sperar d'avanzar altro che 'l viver e 'l vestir" (lett. del 25genn. 1526, in Ceruti, p. XXXIX). A ciò si aggiungano i dispiaceri della vita politica: nel 1527, in seguito all'orazione funebre da lui recitata per Giovanni della Torre della fazione degli Strumieri, gli avversari avrebbero tentato di cacciarlo da Udine. Nel 1528 pensava di lasciare l'insegnamento a Udine, che il Comune tardava a retribuirgli, e di trasferirsi a Bologna, per vivere accanto al figlio e ai nipoti. Ivi sperava anche di ottenere la lettura di filosofia morale dei giorni festivi. Ormai stanco, lasciò infatti la scuola nel 1530, ma gli interessi economici lo trattennero ugualmente a Udine. A Bologna fu solo nel 1533 per assistere al secondo congresso di Carlo V con Clemente VII e, soprattutto, per ricevere la restituzione, a lui, ai suoi discendenti, a Celio (e in essi, a tutta la stirpe degli Amasei), della cittadinanza e nobiltà bolognese, che egli aveva sempre rivendicato.

A Bologna l'A. conobbe Leandro Alberti al quale fece poi avere la sua Descriptio geographica Italiae et provinciae Foroiuliensis,che ci è conservata nel ms. 12902, fondo latino, della Bibl. Nationale di Parigi (L. Delisle, Inventaire des manuscrits latins de Saint-Germain-des-Prés,in Bibliothèque de l'École des Chartes,s. 6, t. III [1867], p. 542), e che l'Alberti utilizzò nella sua Descrittione di tutta Italia,Bologna 1550 (v. f. 437r).

Tornato a Udine, non si mosse più nonostante le insistenze di Romolo che l'avrebbe voluto con sé. Nel 1540 gli morì la moglie. Egli morì poco dopo, improvvisamente, il 22 luglio 1541 e fu sepolto insieme con i suoi consanguinei nella chiesa di S. Pietro Martire.

Nonostante l'altissima considerazione che aveva di sé (...."uno homo che havesse a reusir di primi del mondo"...,lett. del 17 giugno 1490, in Ceruti, p. XXXIX), l'A. non si eleva oltre il livello della provincia. Ma nella vita pubblica di Udine fu persona di notevole importanza e, particolarmente, fu maestro meritatamente apprezzato. Venezia decretò che la sua effigie figurasse nella Sala del Gran Consiglio tra quelle di Marcantonio Sabellico e di Giorgio Merula. Alla sua scuola furono molti della famiglia Grimani, ad alcuni dei quali fu anche padrino di battesimo.

Ebbe certo notevoli doti oratorie e una buona cultura. Secondo il figlio Romolo, avrebbe letto e postulato non meno di tremila volumi. Dei suoi studi e dei suoi interessi culturali, è indice parziale ma eloquente anche l'elenco dei libri perduti nel 1509, che Romolo fu pregato di ricuperare a Imola l'anno successivo (ed. da L. Frati, I libri di Gregorio Amaseo,in Riv. d. Bibl. e d. Arch.,VII [1896], p. 155).

La sua figura interessa però anche e forse più perché di fatto egli inizia e sostiene attivamente una tradizione familiare di maestri, che ebbe il suo massimo esponente in Romolo, della cui carriera l'A. si può considerare in buona parte l'artefice, per l'assiduità e sollecitudineli con cui la seguì. Non solo infatti consigliava il figlio nei dubbi e lo incoraggiava nei momenti di sconforto, che erano assai frequenti, ma evitò anche che prendesse risoluzioni avventate a cui Romolo, perennemente scontento, era facilmente inclinato. E Romolo, anche quando era ormai ben più famoso del padre (così durante l'insegnamento a Padova) sottoponeva volentieri alla sua revisione le orazioni più impegnative.

Opere. Oltre a quelle ricordate, abbiamo notizia di una orazione in onore di Giambattista Savorguan, di prolusioni e commenti ai classici, che però sono quasi interamente perduti. Delle orazioni ci sono conservate il Panegyricus pro Utinensibus dictus sanctissimo cardinali Dominico Grimano patriarchae aquileiensi religiosissimo [Venezia, Simon Bevilaqua], s.d. (Gesamtkatalog der Wiegendrucke,II, nº 1595), l'Oratio de laudibus studiorum humanitatis et eloquentiae,Venetiis, per B. Venetum de Vitalibus, 1501, e l'orazione Absque natura, arte et usu nil prorsus effici posse,recitata come prolusione a Venezia il 1 n0v. 1502, che ci è conservata manoscritta all'Ambrosiana (Ceruti, p. LVII nota 3, senza indicazione del codice, che potrebbe essere l'Ambros.D 328 inf., dove sono vari scritti autografi dell'A. e vi figura la data 1502, v. A. M. Amelli, Indice dei codici manoscritti della biblioteca Ambrosiana,in Riv. d. Bibl. e d. Arch.,XXI [1910], p. 63). Alcune delle sue lettere a Romolo pubblicò lo Scarselli, Vita Romuli Amasaei,Bononiae 1769, pp. 182 s., 188, 192 s., 196, 206-208, 211, 216, 219, 221 s., dal cod. Ambros.A 59inf., in cui ve ne sono anche altre (Scarselli, p.55).Brani di lettere sono pubblicati dal Ceruti, pp. XXX-LXXXIII, passim e, talora, in nota ai Diarii (v. p. 76 n. 4, 257 n. 1, ecc.). Una sua lettera ad suos Foroiulienses de gloriae cupiditate deque Aquileiensium commentariorum commendatione,Utinae 1519, VII Kal. Nov., ènell'edizione dei Commentarii del Candido ff. XXXXIVv-XXXXVv.

L'A. scrisse una vita del fratello Leonardo (Dela vita et costumi de Lonardo Amaseo e dela sua progenie. Breve compendio notado per mi Gregorio Amaseo suo fradello)edita dal Ceruti, pp. XVI-XXVII. Della Historia della crudel zobia grassa...sono note una redazione breve edita dal Ceruti, pp. 225-235,e una redazione più ampia edita da V. Joppi in appendice allo stesso Ceruti, pp. 497-544.

L'opera maggiore dell'A, resta, naturalmente, i Diarii udinesi,che egli scrisse nello stesso libro (l'attuale cod. Ambros.D 185 inf.) in cui avevano scritto il fratello e G. A. Azio, e sulla base del quale furono editi dal Ceruti, pp. 237-492. L'A. vi narra gli avvenimenti raccogliendo le varie voci con notevole imparzialità e inserendo di volta in volta notizie che riguardano sé stesso e la sua famiglia. Di sue composizioni in versi conosciamo soltanto quella recitata con il fratello Girolamo in occasione della incoronazione poetica (ed. dallo Scarselli, pp. 174-175). Qualche biografo gli attribuisce anche un'opera De finibus Venetorum,di cui non si hanno notizie precise (e che forse è da identificare con la Descriptio Italiae et provinciae Foroiuliensis già ricordata).

Fonti e Bibl.: Una vita dell'A. è stata scritta da Romolo ed edita dal Ceruti, pp. LXXXIV-LXXXVII. Oltre alle notizie inserite nei Diarii dello stesso A., v. M. Sanuto, Diarii,vol. 30, Venezia 1891, col. 286, vol. 36, ibid. 1893, col. 574.

Alla bibliografia già citata si aggiungano: G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia,I, 1, Brescia 1753, pp. 577 s.; G. G. Liruti, Notizie delle vite ed opere scritte da' letterati del Friuli, II, Venezia 1762, pp. 337-347;F. Scarselli, pp. 2-6; G. Fantuzzi, Notizie degli scrittori bolognesi, I, Bologna 1781, pp. 206 s.; G. Tiraboschi, Storia della-letteratura italiana, III, Milano 1833, p. 214 nota a; V. Lancetti, Memorie intorno ai poeti laureati d'ogni tempo e d'ogni nazione, Milano 1839, pp. 206-209 (con un errore nella data dell'incoronazione); G. Marcotti, Donne e monache, Firenze 1884, pp. 170-182; Ceruti, pp. XV-CVIII passim, ma spec. pp. XXVIII-XCII, CVII s. e la recensione di G. Occioni-Bonaffons in Arch. stor. ital., s. 4, XVII (1886), pp. 261-279; D. Ongaro-G. Bianchi, Le scuole pubbliche in Udine nel sec. XV, Udine 1885, pp. 49-56; V. Marchesi, Le scuole di Udine nei sec. XVI e XVII, in Annali d. Ist. tecnico A. Zanon in Udine,s. 2, VIII (1890), pp. 7 ss.

Sulla famiglia A. in generale, oltre all'albero genealogico già citato, v. le notizie lasciate da Pompilio (ed. Scarselli, pp. 165-167e Ceruti, pp. CIV-CVII). Accenni all'origine della famiglia in quasi tutta la bibliografia relativa a ciascuno dei suoi membri. Una presentazione chiara e particolareggiata nella recensione di Occioni-Bonaffons, pp. 261 s. Notizie sull'A. e la sua famiglia furono date precedentemente all'edizione dei Diarii dal Ceruti, Appunti di bibliografia storica veneta contenuta nei mss. dell'Ambrosiana, in Arch. Veneto, X,1 (1875), pp. 397-400; XII, 1 (1876), pp. 208-212; XIII, 1 (1877), pp. 231 s.

Su Leonardo, oltre alla vita scritta dal fratello, v. Liruti, pp. 333-337 e Ceruti, Diarii..., pp. XV-XXVII e pp. XCII-XCVI. I suoi Diarii, di cui aveva pubblicato qualche estratto A. Marsich, Spogli di notizie attinenti a Trieste, Gorizia e l'Istria (1508-1510) tratte da un codice autografo di Leonardo Amaseo conservato nell'Ambrosiana di Milano, in Archeografo triestino, n.s., IV (1876), pp. 318-332, sono editi in base allo stesso codice Ambros.dal Ceruti, pp. 1-191. Sue lettere sono nell'Ambros. A 59 inf. (Scarselii, p. 56). La parte dei Diarii scritta da G. A. Azio è in Ceruti, pp. 193-224. Su Celio, oltre al Ceruti (v. indice), v. Liruti, pp. 384-85; Fantuzzi, I, p. 206; S. Mazzetti, Repertorio di tutti i professori antichi e moderni della famosa Università e del celebre Istituto delle scienze di Bologna, Bologna 1847, p. 21. Celio pubblicò un Repertorium super consiliis Ludovici Gozadini, omniumque principalium vel emergentium decisionum, questionum, et incidenter dictorum, s. l. 1541 e Lugduni 1550 (v. Gesamtkatalog der preussischen Bibliotheken,III, Berlin 1933, col. 826 e Catalogue général des livres imprimés de la Bibliothèque Nationale. Auteurs, LXIII, Paris 1915, col. 133). Sue lettere sono nell'Ambros. A 59 inf. (Scarselli, p. 56).

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