GRECIA

Enciclopedia Italiana - II Appendice (1948)

GRECIA (XVII, p. 784; App. I, p. 690)

Giuseppe CARACI
Massimo BRUZIO
Guido MARTELLOTTI
Luigi MONDINI
Giovanni BERNIERI
Giovanni BECATTI
Luisa BANTI
Giovanni BERNIERI
Giovanni BECATTI
Filippo Maria PONTANI

Variazioni territoriali. - Il 27 giugno 1946 furono assegnate alla Grecia le isole italiane dell'Egeo; la decisione divenne esecutiva il 15 settembre 1947. Le isole furono incorporate nel regno il 7 marzo 1948, e suddivise in quattro provincie: Rodi, Calino, Scarpanto e Coo.

Popolazione (XVII, p. 790; App. I, p. 690). - Un censimento tenuto nel 1940 ha rilevato, sui 132.562 kmq. del territorio greco (dei quali 107.840 terra ferma, e il resto, cioè il 17,6%, isole), 7.335.675 ab. (56 per kmq.). Una stima più recente (dicembre 1946) ha dato 7.450.000 ab.

Si hanno poi dati più analitici, relativi al 1947, per le isole che erano appartenute all'Italia: vi vivevano 115.930 ab., ripartiti a questo modo: Rodi, 55.180; Calchi, 765; Calino, 12.818; Caso, 1325; Castelrosso, 663; Coo, 18.482; Lero, 6182; Lisso, 865; Nisiro, 2500; Patmo, 2724; Piscopi, 1089; Scarpanto, 7422; Simi, 4094; Stampalia, 1821.

Secondo dati ufficiali (non del tutto attendibili) si avrebbero: 95% Greci; 1,6% Turchi; 1,3% Bulgari e 0,5% Armeni, oltre a 100.000 Ebrei, 75.000 stranieri e 25.000 Albanesi. Il numero di questi ultimi, tuttavia oscilla, secondo altri, fra i 140 ed i 215.000, mentre la percentuale dei Greci si ridurrebbe all'87,1%. I Greci viventi all'estero superano i due milioni, di cui 500.000 negli Stati Uniti, 290.000 a Cipro, 200.000 nell'URSS, 170.000 a Costantinopoli e 125.000 in Egitto.

Due soli centri abitati oltrepassano i 100.000 ab.: Salonicco (268.140 ab. nel 1940) e Pireo (287.000): quest'ultimo, con varî centri satelliti, è di fatto senza soluzione di continuità topografica con Atene (v.) la cui popolazione supera ormai il milione di ab. Due sole altre città contano più di 50.000 abitanti: Patrasso (73.840 ab. nel 1940) e Volo (51.000).

Condizioni economiche (XVII, p. 796; App. I, p. 690). - Anche in Grecia il periodo postbellico segna una contrazione delle superfici coltivate e dei relativi prodotti (il frumento ha tuttavia aumentato il rendimento unitario):

Nel 1940 si raccolsero 48,9 t. di tabacco (il 2,8% della produzione mondiale), che contribuirono per circa la metà, in valore (45%), all'esportazione dalla Grecia. Dopo una forte inflessione negli anni di guerra (9,5 t. nel 1943), la coltura sembra aver ripreso quota. La produzione del vino è salita nel 1946 a 3,5 milioni di hl. e quella dell'uva passa è rimasta intorno all'1,6-1,7 milioni di q.

Il patrimonio zootecnico constava nel 1938 (in migliaia di capi) di 8.138,8 ovini: 4.356,1 caprini; 967,3 bovini; 363,1 cavalli; 404,4 asini; 183,7 muli; 429,7 suini; cifre ridottesi, nel dopoguerra (1946), rispettivamente a 6000, 3130, 561, 220, 325, 130, 400.

Per le industrie estrattive non si hanno dati recenti; per il periodo prebellico la produzione di minerale di ferro era intorno a 300.000 t. e quella delle piriti di poco superiore alle 200.000. Di una certa importanza la magnesite (grezza, circa 168.000 nel 1938), la cromite (50.000 t.) e la lignite (110.000 t. nel 1938).

Comunicazioni (XVÌI, p. 798). - Nel 1947 erano in esercizio solo 1141 dei 2976 km. di ferrovia esistenti nel 1938. Le strade rotabili misuravano nel 1938 oltre 13.500 km. Servizî aerei nazionali collegano Atene con Salonicco, Giannina e Creta; Atene è inoltre un importante scalo di varie linee aeree internazionali.

Commercio (XVII, p. 798; App. I, p. 691). - Pur senza ulteriormente accentuarsi - ed anzi con un lieve aumento delle esportazioni nel periodo precedente alla guerra - ha continuato a manifestarsi un notevole sbilancio tra importazioni ed esportazioni.

Alla vigilia della seconda Guerra mondiale la Germania occupava il primo posto in questo intercambio (23% delle importazioni, 37 delle esportazioni), seguita a distanza dagli S. U. (11% e 25% rispettivamente) e dalla Gran Bretagna. L'Italia esportava in Grecia qualche cosa di più in valore di quanto ne importasse (653.000 dracme e 582.2 rispettivamente). Nel 1946 le esportazioni equivalsero a 201,7 milioni di dracme, contro un valore più che duplice per le importazioni (435,4). Ma in questo periodo postbellico gli Stati Uniti e la Gran Bretagna assorbono la quasi totalità dello intercambio marittimo che, a sua volta, rappresenta il 92% delle esportazioni ed il 90% delle importazioni.

Marina mercantile (XVII, p. 799; App. I, p. 691). - La Grecia possedeva, alla vigilia della guerra, navi per una stazza di 1,9 milioni di t. (9° posto tra le marine mondiali, dopo Francia e Olanda). Almeno tre quarti di questo naviglio è andato distrutto: delle 69 navi per passeggeri solo 17 si sono salvate, delle 488 da carico ne sono rimaste 113. In complesso la marina mercantile conta oggi intorno a 700.000 t.

Finanze (XVII, p. 800; App. I, p. 691). - Il bilancio dello stato dopo la liberazione è stato caratterizzato da una situazione di profondo squilibrio e i crescenti disavanzi hanno contribuito sensibilmente allo sviluppo del processo inflazionistico.

Il debito pubblico interno, costituito prima e durante la seconda Guerra mondiale è stato annullato dalla svalutazione monetaria. Nel gennaio 1946 il governo inglese rinunziò al rimborso dei crediti concessi alla Grecia durante la guerra, ammontanti a circa 46 milioni di sterline.

La situazione monetaria ha presentato sviluppi inflazionistici accentuati. La circolazione crebbe rapidamente durante la guerra e nei primi mesi dopo la liberazione; del suo ammontare e dell'estremo grado di inflazione raggiunto è prova indiretta il tasso di cambio delle vecchie dracme con le nuove (50 miliardi = 1) applicato al momento della riforma monetaria, che ebbe luogo nel novembre 1944. La nuova moneta era coperta in un primo tempo per il 100 per cento da oro e divise estere e la Banca di Grecia assunse l'impegno di convertire a vista i suoi biglietti in sterline al cambio di 1 ??? = 600 dracme. Il cambio con il dollaro S. U. fu fissato a 149 dracme = 1 $ e la circolazione fu ridotta a 10 miliardi, ammontare corrispondente all'incirca al livello prebellico.

Gli sviluppi successivi sia nel campo economico sia nel finanziario resero però inefficiente la stabilizzazione. Nel giugno 1945 la circolazione era salita a 26 miliardi e la nuova dracma fu svalutata (nuovo cambio con la sterlina a 2000 d. e con il dollaro a 500). La circolazione continuò tuttavia ad espandersi, superando nel dicembre 1945 i 100 miliardi e le operazioni di mercato aperto della Banca di Grecia risultarono inefficaci di fronte al diffondersi del fenomeno di tesoreggiamento dell'oro e divise. Nel gennaio 1946 si procedette così a una nuova stabilizzazione, operata in accordo col governo britannico, che concesse un credito di stabilizzazione di 10 milioni di sterline. ll cambio ufficiale della dracma fu fissato a 20.000 rispetto alla sterlina e a 5.000 rispetto al dollaro. Al 31 agosto 1948 la circolazione ammontava a 1.048,6 miliardi di dracme. Il cambio ufficiale è rimasto invariato, tuttavia il governo greco, in accordo con la Missione americana per gli aiuti alla Grecia, ha adottato (ottobre 1947) provvedimenti per facilitare le esportazioni e l'afflusso di divise alla Banca di emissione in particolare introducendo un sistema di certificati di cambio, per cui in effetti gli esportatori vengono a beneficiare di un cambio di favore che nel luglio 1948 era di 10.019 dracme per dollaro. La Grecia partecipa ai due istituti di Bretton Woods con una quota di 40 milioni di dollari per ciascuno di essi.

Storia (XVII, p. 899; App. I, p. 692).

Il governo di C. Metaxàs, trasformatosi in dittatura il 4 agosto 1936, si andò progressivamente modellando sull'esempio fascista.

Non senza forte opposizione, ché dimostrazioni contrarie s'ebbero alla fine del 1937; il 28 gennaio 1938 furono arrestati e deportati alcuni uomini politici e ufficiali avversi al regime; il 29 luglio a Creta soppressa una rivolta capeggiata da un nipote di E. Venizelos. All'esterno, nonostante che il popolo greco per tradizione e interesse fosse incline all'Inghilterra, Metaxàs seguì una politica di avvicinamento con l'Italia e la Germania, a ciò spinto anche dalle sue personali simpatie e dal carattere del suo governo. L'invio d'un console ad Addis Abeba (14 dicembre 1936) rappresentò un tacito riconoscimento della conquista dell'Etiopia; alla conferenza balcanica di Belgrado (4-6 maggio) la Grecia ottenne che la garanzia militare s'intendesse limitata al caso d'aggressione da parte di altra nazione balcanica; nel luglio strinse con la Germania un trattato economico. L'anno seguente firmava trattati d'amicizia e di neutralità con la Turchia (27 aprile) e con la Bulgaria (31 luglio 1938).

L'occupazione dell'Albania da parte dell'Italia (aprile 1939) mise in serio allarme la Grecia; nel settembre lo scoppio delle ostilità tra Germania e Polonia, mentre imponeva al Metaxàs una politica di estrema prudenza per salvare la neutralità della Grecia, gli consigliava anche naturalmente misure militari di difesa. La situazione sembrò migliorare il 3 novembre con la notizia ufficiale di uno scambio di note tra Italia e Grecia, secondo le quali, allo scadere del patto di amicizia italo-greco del 1928, i due governi dichiaravano di volersi attenere per l'avvenire agli stessi principî che avevano ispirato quel patto. Mussolini ordinava spontaneamente il ritiro delle truppe italiane dalla frontiera greco-albanese; e provvedimenti analoghi prese dall'altra parte il governo greco.

L'intervento italiano (10 giugno 1940) piombò improvvisamente la Grecia nel teatro stesso delle operazioni militari, in una posizione difficilissima: confinante con una delle potenze dell'Asse, protetta dalla garanzia inglese, prossima alle basi navali inglesi e italiane, nella incapacità materiale di precludere sempre alle navi dei belligeranti le sue acque territoriali. Il discorso con cui Mussolini aveva annunciato l'entrata in guerra dell'Italia conteneva nei riguardi delle minori potenze neutrali una dichiarazione che voleva essere a un tempo rassicurante e minacciosa. Il 12 agosto la radio e i giornali albanesi e italiani davano notizia dell'uccisione dell'albanese Daut Hoggia, traendone motivo per l'esaltazione di un irredentismo degli Albanesi di Ciamuria. Il 15 agosto, presso l'isola di Tino, il vecchio incrociatore greco Helli veniva colpito da tre siluri, che la commissione d'inchiesta ellenica riconobbe di provenienza italiana. Alle tre antimeridiane del 28 ottobre, poche ore prima dell'incontro di Mussolini con Hitler, il ministro italiano in Grecia consegnava al governo di Metaxàs un ultimatum nel quale si accusava la Grecia di eccessiva tolleranza verso le violazioni della neutralità da parte inglese, e si chiedeva libero passaggio oltre la frontiera alle truppe italiane, perché potessero occupare alcuni punti strategici in territorio greco. Aveva così inizio la guerra, nella quale il popolo greco diede prova singolare del suo valore.

Preoccupazione del governo di Metaxàs fu dapprima quella di mantenere gli aiuti inglesi entro limiti non vistosi, nel disperato tentativo di allontanare quanto possibile l'intervento germanico; tuttavia il 28 gennaio 1941 il gen. Wavell era ad Atene per concretare piani d'azione militare. Il giorno dopo il gen. Metaxàs moriva per malattia e gli succedeva Alessandro Koritzis, già governatore della Banca di Grecia. Dopo l'invasione della Bulgaria e della Iugoslavia, il 6 aprile le truppe tedesche varcavano il confine iugoslavo: gli Inglesi, impegnati in Africa dalla controffensiva italo-germanica, non poterono mandare che scarsi aiuti, sicché la situazione militare crollò rapidamente. Il 28 aprile le prime truppe germaniche entravano in Atene: intanto il capo del governo greco, Koritzis, era morto improvvisamente (19 aprile) e il re Giorgio con la famiglia s'era trasferito in Creta (23 aprile) per continuarvi la lotta. Tra il 29 aprile e l'11 maggio le truppe italiane completavano l'occupazione delle isole dello Ionio e dell'Egeo (tranne Samotracia, Taso e Lemno già occupate dai Tedeschi). Il 20 maggio i Tedeschi iniziarono le operazioni di sbarco in Creta, che si protrassero fino al primo di giugno, con la partecipazione dal 29 maggio di contingenti italiani. Re Giorgio aveva abbandonato Creta il 22 maggio per trasferirsi al Cairo col suo governo (presidente E. Tsúderos).

Dopo l'incontro con Hitler del 2 giugno, il 10 giugno Mussolini poté dichiarare alla Camera che la Grecia entrava nello "spazio vitale" dell'Italia e che questa ne assumeva il presidio militare. In realtà la Germania conservava sotto la sua diretta occupazione la Macedonia occidentale con Salonicco, le isole di Lemno, Lesbo, Chio, Sciro e Milo, e una striscia a destra della Maritza lungo il confine turco, mentre alla Bulgaria veniva affidata l'occupazione della Macedonia orientale, della Tracia dallo Struma alla Maritza, delle isole di Taso e Samotracia e della conca di Florina. Dopo l'8 settembre 1943 le truppe italiane di occupazione furono ovunque sopraffatte e sostituite da quelle germaniche; episodî notevoli di resistenza si ebbero specialmente in Tessaglia e in Epiro (divisione Pinerolo, lancieri d'Aosta) e in alcune delle isole.

Il periodo d'occupazione fu assai triste: il paese, ebbe a soffrire di una carestia che costò la vita a più di 300.000 persone (soccorsi furono inoltrati per mezzo della Croce Rossa svedese). Particolarmente pesante fu l'occupazione dei Bulgari, che i Greci accusano di aver condotto un'opera violenta di snazionalizzazione. Non tardarono a formarsi nel Peloponneso e nel resto della Grecia gruppi di resistenza, che agirono in collegamento con i comandi alleati; mentre contingenti di Greci fuggitivi venivano organizzati al Cairo e parteciparono poi alla campagna d'Italia. Importanti dal punto di vista militare furono, nei primi tempi dell'occupazione, le azioni di sabotaggio della linea ferroviaria Atene-Salonicco, una delle vie di rifornimento dell'esercito germanico in Africa: compiute queste sotto la direzione di ufficiali inglesi. Poi, evacuata l'Africa dalle truppe dell'Asse e direttasi l'offensiva alleata contro l'Italia, l'azione dei partigiani greci entrò più decisamente nel quadro della resistenza balcanica.

La massima organizzazione politica, l'EAM ('Εϑνικὸν ἀπελευϑερωτικὸν μέτωπον, "Fronte nazionale di liberazione"), da cui dipendeva l'ELAS ('Εϑνικὸς λαϊκὸς στρατός, "Esercito nazionale popolare di liberazione"), agì d'intesa con le similari organizzazioni bulgare, iugoslave e albanesi, affermandosi sempre più la preminenza del partito comunista tra gli altri di sinistra e di centro che pure ad essa aderivano. Un'organizzazione di destra le si contrappose nell'EDES ('Εϑνικὸς δημοκρατικὸς ἐλληξικὸς στρατός, " Esercito nazionale democratico greco"), che sotto il comando del gen. Napoleone Zervas ebbe limitata azione, specialmente in Epiro. Le azioni dei partigiani provocarono spesso feroci rappresaglie da parte delle autorità germaniche, come a Kalávryta nel Peloponneso (13 dicembre 1943) e a Dístomo presso Livadia (10 giugno 1944).

Nell'autunno 1944 quando cominciarono gli sbarchi alleati (Patrasso, 4 ottobre; Atene, 13 ottobre; Salonicco, 1° novembre), vaste zone della Grecia erano già sotto il controllo dell'ELAS. Intanto il primo ministro Giorgio Papandreu (succeduto a Tsúderos dopo un breve governo di Sofocle Venizelos) aveva condotto una politica di avvicinamento con l'EAM, accogliendone nel suo governo una larga rappresentanza. Trasferitosi il 10 settembre dal Cairo a Caserta, non tardò a rientrare in Atene, dove il 9 novembre giungeva anche la brigata di montagna che aveva combattuto sul fronte italiano (Ravenna, Rimini). La situazione era delle più difficili: la popolazione decimata dalla guerra, dalla fame, dalle malattie, l'attrezzatura agricola e industriale sconvolta, difficilissime le comunicazioni per la perdita quasi totale del materiale ferroviario e della flotta mercantile, disastrosa la situazione finanziaria. Particolarmente scottante si presentava, dal punto di vista politico, la questione istituzionale, avendo l'EAM assunto posizione nettamente contraria alla monarchia, e quella del disarmo dei partigiani, che l'EAM avrebbe voluto condizionare a un pari scioglimento delle forze armate di destra. Il 2 dicembre le dimissioni dei sette ministri comunisti mettevano in crisi il governo di Papandreu e contemporaneamente avevano luogo in Atene i primi scontri fra polizia e dimostranti; il 4 dicembre veniva dichiarato lo stato d'assedio e la tutela dell'ordine affidata alla guarnigione inglese (gen. Ronald M. Scobie), mentre bande armate dell'ELAS affluivano dal nord. I ministri inglesi, Churchill e Eden, accorsi personalmente ad Atene, promossero (27 dicembre 1944) un incontro dei rappresentanti dei varî partiti, sotto la presidenza dell'arcivescovo di Atene, Damaskinós. Non si giunse a un accordo; tre giorni dopo re Giorgio di Grecia acconsentiva alla reggenza dell'arcivescovo Damaskinós (31 dicembre) e, dimessosi il ministro Papandreu, il gen. Nikolaos Plastiras veniva incaricato della costituzione di un governo liberale di sinistra, con esclusione dei comunisti (2 gennaio 1945). Nel frattempo erano giunti rinforzi inglesi, che nelle vie di Atene impegnarono con le truppe dell'ELAS una difficile battaglia. A metà di gennaio si venne a una tregua che assicurava una zona di tranquillità intorno ad Atene e al Pireo, e il 12 febbraio 1945 a Várkiza, un sobborgo di Atene, venne firmato un accordo tra il governo e l'EAM, in seguito al quale tutte le bande di sinistra si impegnavano alla consegna delle armi e si predisponevano le elezioni e il plebiscito istituzionale, da farsi sotto il controllo di una commissione interalleata. L'URSS dichiarò che non avrebbe partecipato al controllo e contro di esso si pronunciò il partito comunista.

L'azione del governo inglese, che Churchill giustificò contro acerbe critiche come l'unica possibile per assicurare, di fronte a una minoranza armata e sostenuta copertamente da potenze straniere, libere consultazioni di tutto il popolo, rappresentò il primo intervento aperto nelle lotte civili della Grecia, che veniva ormai trascinata nel gioco di rivalità fra le potenze occidentali e la Russia. Poco tempo dopo (15 luglio), per invito del ministro P. Vulgaris, l'Inghilterra assumeva la protezione delle frontiere settentrionali della Grecia.

Dalla conferenza di Várkiza alle elezioni fu un seguirsi di governi, incapaci di fronteggiare le enormi difficoltà della situazione politica ed economica: al gabinetto Plastiras, osteggiato da comunisti e da monarchici, seguì (8 aprile) quello dell'ammiraglio Petros Vulgaris, con partecipazione di elementi monarchici e di destra. Il gabinetto di Temistocle Sofulis, di centro sinistra, varato il 20 agosto perché servisse di mediazione tra le forze avverse, fallì anche al suo scopo. L'accordo di Várkiza restò lettera morta: alcuni gruppi dell'ELAS anziché deporre le armi si diedero alla montagna o varcarono il confine preparandosi alla guerriglia, e crescevano d'altra parte le organizzazioni armate monarchiche. In complesso si ebbe un rafforzamento delle destre, naturale conseguenza dei fatti del dicembre-gennaio, favorito anche da un risorgere di preoccupazioni nazionalistiche nei riguardi dei paesi confinanti controllati dall'URSS.

Il 4 marzo 1946 l'EAM chiese un rinvio delle elezioni, al quale i partiti di centro, e lo stesso Sofulis, sarebbero stati favorevoli; ma si opposero l'Inghilterra e l'America. L'EAM decise allora di astenersi dalle elezioni, anzi di boicottarle; sicché alla lotta politica del 31 marzo parteciparono solo le formazioni di destra e di centro: la concentrazione populista-monarchica, l'"Unione nazionale patriottica" (di destra moderata: S. Papandreu, S. Venizelos, Panajotis, Kanellopulos). I populisti ebbero una maggioranza notevole (220 seggi su 350); le astensioni furono numerose specie nelle provincie settentrionali.

Alla direzione della politica estera si trovò il capo del partito populista Costantino Tsaldaris, ministro degli Esteri nel breve governo di P. Pulitzas poi dal 18 aprile presidente del consiglio. Primo atto del governo Tsaldaris, contro l'opposizione legale e non legale degli altri partiti, fu quello di anticipare al 1° settembre il plebiscito istituzionale, considerando decaduti precedenti accordi secondo i quali avrebbe dovuto aver luogo non prima del 1948; anche fu disposto che il referendum non mettesse in questione l'istituto monarchico ma la persona del re. L'esito fu favorevole al ritorno di Giorgio II, che giunse ad Atene il 28 settembre.

Tentativi di allargare la base governativa, promossi in parte dal governo inglese, fallirono soprattutto per l'opposizione dei liberali; e il governo Tsaldaris si trovò obbligato a misure d'emergenza sempre più gravi, stretto anche dall'iniziarsi della seconda guerra civile. Le bande dell'ELAS, sotto il comando del comunista Markos Vafiadis, iniziavano e intensificavano azioni di guerriglia in varie zone montane e soprattutto lungo la frontiera settentrionale; e la loro azione appariva tanto più minacciosa per l'atteggiamento delle nazioni confinanti alle quali il movimento insurrezionale si appoggiava, e per il ripresentarsi di una "questione macedone".

Tsaldaris cercò di superare la situazione sul piano internazionale, presentandosi alle N. U. e denunciando l'Albania, la Iugoslavia e la Bulgaria come responsabili delle guerriglie (3 dicembre 1946). Sebbene le potenze del gruppo slavo ritorcessero le accuse sul governo Tsaldaris, questi ottenne tuttavia che si decidesse l'invio d'una commissione interalleata d'inchiesta. Il parziale successo non evitò una crisi del governo (24 gennaio 1947), a cui seguì un gabinetto di Demetrio Maximos, con partecipazione dei rappresentanti dell'"Unione nazionale". Tsaldaris conservò il portafoglio degli Esteri.

In seguito alla decisione inglese di ridurre a metà le truppe di presidio, il governo greco (3 marzo) presentò una nota al Dipartimento di stato americano, nella quale si chiedevano con urgenza aiuti finanziarî e assistenza di personale tecnico americano. Il presidente Truman aderì alle richieste greche (12 marzo), e il 22 maggio la legge venne approvata. In seguito ad accordo con la Grecia (20 giugno 1947), una commissione americana, con sezione militare, giungeva ad Atene il 14 luglio.

L'America si sostituiva così all'Inghilterra nella protezione della Grecia; e la lotta civile appariva sempre più come un episodio della più vasta lotta dei due blocchi internazionali.

Intanto la situazione interna della Grecia andava peggiorando. La morte di re Giorgio (1° aprile 1947), a cui succedette il fratello Paolo, non portò mutamento nel governo. Tentativi di avvicinamento da parte dell'EAM e raccomandazioni americane di una politica più liberale restarono vani; anzi la tensione si fece sempre più aspra. La guerriglia si estese; l'offensiva delle truppe regolari del settembre 1947, riuscì solo alla soppressione di pochi centri di rivolta; il 16 agosto il gen. Markos annunciava l'istituzione di una libera "repubblica greca". Ciò affrettò le dimissioni del governo Maximos (23 agosto); e dopo varî tentativi si giunse il 7 settembre a un governo di coalizione liberale-populista sotto la presidenza di Sofulis, vicepresidente e ministro degli Esteri Tsaldaris. Alla vigilia di Natale il gen. Markos annunciava la formazione di un governo popolare della "Grecia libera" o "della montagna" e iniziava una nuova offensiva. Il governo di Atene rispondeva mettendo fuori legge l'EAM e il partito comunista (27 gennaio 1948) e il 17 febbraio sospendeva l'attività del parlamento, annunciando prossima una controffensiva, con il concorso di ufficiali osservatori anglo-americani. Il 15 aprile infatti le forze governative, appoggiate dall'aviazione, lanciavano una offensiva nella zona montuosa della Grecia centro-orientale, mettendo fuori combattimento circa 2000 partigiani di Markos.

Il 1° maggio il ministro della Giustizia Ch. Ladas (liberale) rimase vittima di un attentato, in seguito al quale il gabinetto di coalizione venne riorganizzato (7 maggio), senza mutarne la fisionomia: Sofulis rimase primo ministro e Tsaldaris mantenne la vicepresidenza e il portafoglio degli Esteri. Come reazione a questo attentato il governo Sofulis ordinava l'esecuzione di 151 comunisti condannati per aver preso parte alla rivolta del 1944. Poco dopo, mentre le truppe governative continuavano ad incalzare i partigiani, Markos il 31 maggio e il 1° giugno lanciava la proposta di discutere la pacificazione del paese a patto che fossero assicurati alla Grecia un regime "democratico" e le più ampie garanzie d'indipendenza, senza interventi stranieri. Queste proposte, non sembrando dare sufficiente affidamento, venivano respinte il 1° giugno stesso. L'offensiva contro i partigiani della Grecia centro-orientale si spostò quindi verso il settore occidentale, lungo la frontiera albanese, dove un esercito governativo riuscì a chiudere parte delle forze di Markos nella regione a ridosso del massiccio del Grammos, su cui i partigiani si erano fortificati. Dopo due mesi di aspri combattimenti, i guerriglieri erano sconfitti e molti di essi, per sottrarsi alla cattura, erano costretti a sconfinare in Albania. Alla sconfitta di Markos aveva contribuito anche la situazione balcanica, così come si era venuta a delineare dopa la rottura tra Tito e il Cominform, poiché Markos, dichiarandosi ossequiente a quest'ultimo, era venuto a perdere l'appoggio della Iugoslavia. La guerra civile non era peraltro finita; gruppi di partigiani continuavano ad operare in Epiro, in Macedonia e in Tessaglia; nel settembre-ottobre 1948 le forze di Markos riuscivano a sbloccare la zona del Grammos.

Un trattato d'amicizia, commercio e navigazione fra l'Italia e la Grecia è stato firmato a San Remo il 5 novembre 1948.

Bibl.: Per i precedenti diplomatici e militari del conflitto italo-greco, v. soprattutto: E. Grazzi, Il principio della fine, Roma 1945; L. Mondini, Prologo del conflitto italo-greco, Roma 1945; Sul periodo dell'occupazione: Office national hellénique des criminals de guerre, Les atrocités des quatre envahisseurs de la Grèce, Allemands, Italiens, Bulgares, Albanais, Atene 1946; Les sacrifices de la Grèce pendant la guerre 1940-45, Atene 1946; A.A. Pallis, Problems of Resistance in the Occupied Countries, Londra 1947. Sulla guerra civile e i rapporti con le nazioni confinanti: Incidents à la frontière hellénique du Ier janvier au 31 décembre 1946; Greek Under-secreatriat for press and informations, The Conspiracy against Greece, Atene 1947; e dalla parte avversa, La Grèce monarcho-fasciste, danger pour la paix dans les Balkans, Belgrado 1947; La vérité sur la Gréce monarcho-fasciste, Belgrado 1947; The Greek Question; speeches of Soviet Delegates at U.N. General Assembly, Londra 1947 (Soviet News). I rapporti della commissione interalleata (30 gennaio-23 maggio 1947), in United Nations, Security Council, Report by Commission of Investigation concernings Greek Frontier incidents, 1947; K.M. Smogorzewski, The Greek Tragedy, Londra 1948. Per la situazione economica nel dopoguerra, v. Rapport de la Mission FAO en Grèce, Washington 1947.

La campagna italo-tedesca in Grecia (1940-1941).

La mobilitazione ellenica fu occultamente iniziata a metà agosto 1940. Mentre la Grecia provvedeva al rafforzamento della copertura alla frontiera albanese e al completamento delle difese costiera e antiaerea, l'Italia inviò in Albania tre divisioni, oltre le cinque che già vi si trovavano.

Il piano di guerra italiano prevedeva una fase difensiva nello scacchiere corciano-macedone ed una offensiva in Epiro, allo scopo di impadronirsene e farne base di partenza per successive eventuali operazioni contro il rimanente territorio ellenico. Il piano di guerra greco considerava una prima fase difensiva sopra una prevista e in gran parte predisposta posizione di resistenza, che, in Macedonia, si manteneva quasi sulla linea di confine e, in Epiro, si allacciava al nodo fortificato di Kalibaki (in documenti ufficiali Elea) e seguiva il corso del fiume Kalamàs, fino al mare. Successivamente, non appena fossero affluite le necessarie riserve, l'esercito greco doveva passare alla controffensiva, prima dalla Macedonia verso la conca di Corizza, poi su tutto il fronte.

Il corpo di spedizione italiano, al comando del generale Sebastiano Visconti Prasca, era schierato con due divisioni, la "Parma" e la "Piemonte", nel Corciano e quattro, la "Julia" (alpina), la "Ferrara", la "Centauro" (corazzata) e la "Siena", con un leggero raggruppamento misto, alla frontiera epirota. Le due rimanenti divisioni, la "Venezia" e l'"Arezzo", erano dislocate alla frontiera iugoslava ma, al 28, la prima di esse stava trasferendosi verso Corizza e l'altra ben presto fu chiamata sul fronte greco, lasciando a scarsi reparti di carabinieri e di guardia di finanza di vigilare i confini con la Iugoslavia, il cui atteggiamento destava qualche preoccupazione. Le divisioni italiane erano "binarie": avevano cioè due reggimenti di fanteria, mentre quelle greche, "ternarie", ne contavano tre. Tanto le une quanto le altre comprendevano un reggimento di artiglieria; gl'Italiani avevano preponderanza numerica di batterie (nove contro sei), alcune bocche da fuoco elleniche erano però più moderne e di maggiore gittata. In complesso, dal Pindo al mare, mossero all'attacco 26 battaglioni (di cui 3 di carri armati leggeri L 3) e tre reggimenti di cavalleria italiani contro 20 battaglioni greci, in copertura, prontamente rinforzabili con altri 11 battaglioni a immediata portata della prevista posizione di resistenza. Nel settore difensivo macedone-corciano erano di fronte 12 battaglioni italiani (aumentabili a 18 con l'arrivo della divisione "venezia") e 20 ellenici.

La superiorità numerica che si richiede in chi attacca mancava alle truppe italiane e il rapporto delle forze era destinato a volgere, in breve tempo, a sfavore dell'Italia. Il governo italiano aveva fatto affidamento sopra una supposta scarsità di spirito combattivo dell'esercito greco, sull'aiuto delle popolazioni che avrebbero dovuto accogliere i soldati come liberatori e su un probabile intervento bulgaro: nessuna di queste tre ipotesi si verificò.

Il maltempo, che imperversava da parecchi giorni, aveva mutato le strade in torrenti di fango, ingrossati i corsi d'acqua, impantanati i campi, quando, all'alba del 28 ottobre, le operazioni ebbero inizio, con qualche azione di pattuglia sul confine macedone e la prevista avanzata in Epiro. I pochi reparti greci che si trovavano di vigilanza alla frontiera, ripiegarono opponendo una debole resistenza, che però si andò irrigidendo man mano che le truppe italiane si inoltravano in territorio epirota. La piena dei fiumi, le numerose interruzioni stradali, la deficienza di materiali da ponte contribuirono a rendere più faticosa e più lenta l'avanzata italiana. Ai primi di novembre, la lotta si fece assai dura e le truppe elleniche cominciarono col mostrarsi più aggressive alla frontiera macedone e, subito dopo, agirono energicamente contro le colonne italiane penetrate in Epiro. Contrattaccarono, attraverso la catena del Pindo, quella di sinistra che, aspramente combattendo, si era spinta ad una sola tappa dal nodo stradale di Métsovo, e bloccarono frontalmente quelle centrali, sulla posizione di resistenza Kalibaki-Kalamàs. Solo all'estrema destra, sul litorale, le truppe italiane riuscirono a varcare il Kalamàs e a spingere ardite ma leggere puntate di cavalleria verso sud. Al termine della prima decade di novembre, l'offensiva italiana era definitivamente arrestata e appariva precaria la situazione delle divisioni impegnate in Epiro. Le truppe erano stanche, le perdite subite assai gravi, difettavano i rifornimenti.

Il 9 novembre, il generale Ubaldo Soddu sostituì il generale Visconti Prasca nel comando superiore delle forze armate in Albania e dispose le truppe ai suoi ordini in due armate, la 9a (generale Mario Vercellino) a nord, e l'11a (generale Carlo Geloso) a sud. Il comando supremo italiano aveva rinunziato, per l'imperversare del maltempo e le cattive condizioni del mare, a un progettato sbarco a Corfù e aveva avviato in Albania, la divisione "Bari".

La prima fase della guerra contro la Grecia era così conclusa e il 14 novembre cominciò la seconda: sotto il comando del generale Alessandro Papagos l'esercito ellenico, ringagliardito materialmente per l'arrivo di nuove divisioni e moralmente per gli insperati successi conseguiti, mosse alla controffensiva su tutto il fronte. Ben presto lo sfavorevole andamento delle operazioni costrinse il comando italiano a considerare la necessità di un arretramento verso il margine meridionale del ridotto montuoso albanese, approssimativamente sulla linea Pogradec-M. Kamia-M. Ostravice-Porto Palermo. Mentre il movimento stava per essere attuato, reparti ellenici riuscirono ad irrompere nella conca di Ersekë, al centro dello schieramento italiano, separando le due armate e minacciando di aggiramento l'11a, ancora spinta oltre i vecchi confini. I Greci non ebbero, però, la percezione esatta delle possibilità strategiche che questa azione loro offriva: procedendo con eccessiva prudenza diedero modo agli Italiani di tamponare la pericolosa falla. Dall'Italia cominciarono ad afluire altre divisioni che, necessariamente, dovettero essere impiegate a scaglioni: in tal modo furono gettati sulla linea di fuoco, senza alcun criterio organico, reparti appena sbarcati, per poter rimediare a situazioni difficili, improvvisamente createsi. Il 21 novembre, le due armate si avviarono verso la prevista linea arretrata, linea puramente geografica e priva di qualsiasi apprestamento fortificatorio. Il 22, fu abbandonata Corizza, mentre l'11a armata si trovava ancora in Epiro e fu costretta ad accelerare il movimento di ritirata, che effettuò sotto la protezione di retroguardie. Il 4 dicembre, fu sgomberata Prëmet, il 6 Porto Edda (Santi Quaranta) e l'8 Argirocastro. In tal giorno la difficile manovra di ripiegamento era compiuta e le due armate oltre ad avere raccorciato il fronte, si trovarono schierate su posizioni più vicine ai porti di sbarco sulle quali avrebbero potuto attentendere, con maggior sicurezza, l'arrivo dei rinforzi necessarî per stabilire l'equilibrio della situazione e per conseguire, in un secondo tempo, quella superiorità che avrebbe consentito di riprendere l'iniziativa delle operazioni.

Cominciò, cosi, la terza fase della guerra, la battaglia di arresto. I Greci ripresero contatto con la nuova linea e la martellarono per tutto dicembre e gran parte di gennaio, mentre Soddu veniva sostituito (30 dicembre) dal generale Ugo Cavallero, capo di stato maggiore generale, giunto il 4 dicembre in Albania.

Il comando supremo ellenico dislocò quasi tutto l'esercito sul fronte albanese, ritirando anche la massima parte delle divisioni inviate in Tracia e nella Macedonia orientale, verso i confini con la Bulgaria. Sotto i continui attacchi avversarî la linea italiana subì qualche frattura, come avvenne il 10 gennaio quando, con la conquista di Clisura il nemico poté minacciare Berat e Tepeleni; ma non cedette. L'afflusso ininterrotto di nuove divisioni, reso meno difficoltoso dalle migliorate condizioni degli impianti portuali di S. Giovanni di Medua e, specialmente, di Durazzo e di Valona, diede allo schieramento italiano una consistenza ragguardevole, tanto che, nella seconda quindicina di gennaio, poté considerarsi definitivamente scongiurato ogni pericolo di rottura del fronte e, per la prima volta dopo l'arresto dell'offensiva, il comando italiano poté tentare una manovra controffensiva per la riconquista di Clisura. Anche se l'operazione non raggiunse l'obiettivo designato, contribuì certamente all'arresto della spinta avversaria.

In febbraio si ebbero altre offensive dei Greci che cercavano di ottenere una vittoria decisiva, prima che si verificasse il temuto intervento militare tedesco. Ma ogni tentativo rimase pressoché infruttuoso e l'avversario dovette rinunziare in un primo tempo alla conquista di Berat e poi a quella di Tepeleni. Il 9 marzo il generale Cavallero volle riprendere, sia pure localmente, l'iniziativa delle operazioni e sferrò un'offensiva al centro dello schieramento, fra Tomor e Voiussa. Per l'insufficienza delle forze e la tenace resistenza ellenica, la battaglia, alla quale aveva voluto assistere Mussolini, si esaurì con gravi perdite da ambedue le parti. Ma diede la conferma che l'equilibrio delle forze era stato raggiunto.

Nel frattempo gravi eventi, premonitori dell'imminente concretarsi della minaccia tedesca, maturavano nel resto della Balcania. Il governo ellenico aveva ricevuto dall'Inghilterra, al principio della guerra contro l'Italia, soltanto 60 aerei (oltre alcuni reparti insediatisi a Creta) e, in gennaio, un'altra settantina di apparecchi; insistette per ottenere più tangibili aiuti, chiedendo che questi fossero cospicui, poiché con ogni probabilità il loro arrivo avrebbe offerto alla Germania l'occasione per attaccare la Grecia. Quando, il 2 marzo 1941, le divisioni della Wehrmacht passarono dalla Romania in Bulgaria, il soccorso britannico, anche a costo di compiere un errore strategico nel quadro complessivo delle operazioni nel Mediterraneo, non poteva più essere dilazionato, per solidarietà coi popoli greco e iugoslavo e doveva essere adeguato alle necessità.

Tuttavia, esso fu sempre ben lontano dalle 9 divisioni ritenute il minimo sufficiente dal comando supremo ellenico per fronteggiare il nuovo nemico. Il corpo di spedizione britannico, che al comando del generale Maitland Wilson cominciò ad imbarcarsi il 7 marzo ad Alessandria d'Egitto e che ultimò il suo trasferimento in Grecia il 4 aprile, era costituito dal I corpo d'armata, con la 6a divisione australiana, la 2a neozelandese, la I brigata carri armati della 2a divisione corazzata britannica, truppe ausiliarie e servizî. Avrebbero dovuto farne parte anche la 7a divisione australiana e una brigata polacca, che però dovettero rimanere in Africa a causa della vittoriosa controffensiva italo-tedesca in Cirenaica. Il corpo di spedizione fu largamente dotato di autocarri che ne consentirono, in gran parte, l'autotrasporto; unitamente a due divisioni elleniche, esso formò il raggruppamento Wilson e prese posizione nella Macedonia centrale, sul Vérmion, fra Vevi (20 km. ad est di Florina) e Katerínē (presso il golfo di Salonicco).

Il mattino del 6 aprile ebbe inizio l'intervento militare germanico contro la Grecia. In Tracia, era schierata una sedicente "armata" (generale K. Bachópulos), in realtà v'erano la 12aa divisione, poche compagnie dei settori di copertura e i presidî delle fortificazioni: all'infuori di tre, tutte le divisioni greche erano impegnate in Albania, sul cui teatro d'operazioni il comando supremo ellenico era deciso ad insistere - come dichiarò esplicitamente il generale Papagos - per poter mantenere la posizione di vincitori nei riguardi degli Italiani. L'armata tedesca che operò contro la Grecia era al comando del maresciallo S. List e comprendeva due corpi d'armata. Uno (generale F. Böhme), costituito da una divisione corazzata e tre di fanteria, mosse verso Dojran, si spinse in Tracia, occupò immediatamente Xánthē, Komotinē e Cavala, e attaccò la linea Metaxàs, impegnandola frontalmente e aggirandola per la propria destra, attraverso il massiccio del Rupel e l'alto corso del fiume Struma. La manovra riuscì e venne aperto un ampio varco, fra il raggruppamento Wilson e l'armata della Tracia, nel quale si gettò la divisione corazzata per puntare direttamente su Salonicco. La raggiunse il 9 aprile, costringendo l'armata della Tracia, rimasta isolata, alla capitolazione. Contemporaneamente, l'altro corpo dell'armata List, comandato dal generale G. Stumme e formato con 2 divisioni corazzate, 1 motorizzata di SS "Adolfo Hitler", 1 alpina e 1 di fanteria, dalla regione di Sofia irruppe nella Serbia meridionale, su due colonne; quella di destra (v. iugoslavia, in questa App.) prese contatto con le truppe italiane di Albania e quella di sinistra si spinse su Veles. Subito dopo avanguardie motocorazzate SS si diressero sulla Macedonia centrale e, il 10 aprile, raggiunsero Florina. Il generale Wilson, visto svanire l'appoggio dell'esercito iugoslavo, perdette ogni speranza di poter resistere sul territorio ellenico e decise di raggiungere i porti del sud per reimbarcare il suo corpo di spedizione affidando a reparti, in gran parte greci, il compito di ritardare la marcia tedesca. Cominciò col ripiegare sull'Olimpo, appoggiando la sinistra nei pressi di Kozánē; la posizione fu però superata a destra, lungo il mare, da Böhme che il 12 entrava a Edessa e il 13 a Verria, e, a sinistra, da Stumme che si impadronì di Kozánē, dopo un accanito combattimento di carri armati. Il corpo di spedizione inglese cercò allora di coprire la piana di Larissa, e Stumme ne tentò l'aggiramento lanciando l'intera divisione SS lungo l'itinerario Grevenà - Kalabáka - Tríccala - Larissa ma fu prevenuto da Böhme, che riuscì a passare fra l'Olimpo e il mare e, il 18, occupò Larissa. Allora, la divisione Adolfo Hitler fu deviata su Métsovo e Giannina, che poté raggiungere il 19, senza incontrare alcuna resistenza, poiché dai Greci, determinati a impedire agl'Italiani l'invasione della Grecia per fatto d'armi, fu consentito ai Tedeschi di arrivare per primi ai confini greco-albanesi.

Le armate italiane erano partite all'attacco delle posizioni elleniche il 14 aprile e, mentre la 9a preso contatto con le truppe tedesche nei pressi del lago di Ochrida, rioccupò Corizza lo stesso 14 aprile e mosse verso il varco di Kapeshtica per incontrarvisi con pattuglie motorizzate germaniche risalenti da Florina, l'11a armata dovette superare un'accanita resistenza da parte dei Greci, che si ritirarono sempre combattendo con ostinazione e valore, effettuando numerose imponenti distruzíoni e interruzioni, che ritardarono notevolmente la marcia degli Italiani. Pur nondimeno elementi di sei divisioni italiane riuscirono ad inoltrarsi in Epiro e nella Macedonia occidentale, dove furono fermate dalle pattuglie motorizzate tedesche. Il grosso della divisione SS invertì allora la rotta e si diresse verso il golfo di Corinto, mentre i Neozelandesi cercavano di fermare alle Termopili le rimanenti colonne tedesche. Il 23 aprile, il gen. G. Tsolakoglu, comandante delle armate dell'Epiro e della Macedonia occidentale, firmava a Salonicco l'armistizio e tutto l'esercito ellenico deponeva le armi. Le colonne tedesche il 25 raggiungevano Livadia e Calcide e il 27 Atene, mentre paracadutisti si impadronivano di Corinto e reparti delle divisioni SS, sbarcati il 26 a Patrasso proseguivano verso i porti meridionali del Peloponneso, all'inseguimento delle truppe britanniche che, abbandonando il materiale, cercavano scampo sulle navi. Fu la Dunkerque ellenica e l'ammiraglio Cunningham comunicò di aver salvato, raccogliendoli sulle spiagge dell'Attica e del Peloponneso, circa 45.000 uomini. Le perdite britanniche nella campagna di Grecia erano state 30.000 fra morti e feriti e 8.000 prigionieri.

L'Italia impiegò nell'impresa circa 30 divisioni "binarie" che fronteggiarono 17 divisioni greche ternarie di fanteria, una di cavalleria e 3 brigate di fanteria: malgrado l'afflusso continuo dei rinforzi non si raggiunse mai la voluta superiorità e la campagna, che non fu coronata dal successo, costò 14.000 morti, 50.000 feriti, 25.000 prigionieri e dispersi, 12.000 congelati.

Archeologia ed arte antica (XVII, p. 854).

Scavi e scoperte. - Numerosi scavi promossi negli anni precedenti alla seconda Guerra mondiale dalle varie scuole archeologiche straniere e dagli archeologi greci, e che vanno lentamente riprendendo nei centri principali anche nelle difficili condizioni attuali, hanno largamente ampliato il quadro storico della civiltà greca con la ricca serie di monumenti messi in luce.

Per Atene, v. atene, in questa App.

Particolarmente importanti sono i risultati delle scoperte e degli studî nel campo preistorico. Oltre ai varî abitati e strati neo-eneolitici rinvenuti ad Halae in Boezia, a Corinto, ad Asea in Arcadia, a Pherai in Tessaglia, sulle rive del lago a Kastoria in Macedonia, ad Olinto, sotto il tempio di Apollo o Afrodite in Egina, e nelle isole come Itaca, Lemno, dove a Poliochni si è messo in luce un abitato fortificato, e a Lesbo, sono soprattutto interessanti i documenti del periodo del bronzo e della prima età del ferro. Possiamo così oggi seguire attraverso molte nuove documentazioni archeologiche il fiorire della civiltà elladica e l'irradiamento della civiltà minoica sul continente, che determina alla fine del medio elladico la cultura micenea di cui assistiamo in molti luoghi alle varie fasi di sviluppo fino alla estrema decadenza. Vedi anche creta-micenea, civiltà, in questa App.

Specialmente significativi sono gli scavi di Perachora, della città e della necropoli di Asine dall'elladico primitivo fino all'età romana, quelli di Berbati, dell'Heraion di Argo, dove si ha un abitato elladico sull'acropoli e una necropoli, della cinta micenea di Argo, del palazzo miceneo sulla Cadmeia a Tebe, di Delfi dove sotto l'angolo NE. del temenos si sono trovati i resti di un abitato miceneo e geometrico e si è rivelato un culto miceneo alla Marmaria, mentre nella sottostante pianura a Kirra sono venuti in luce un abitato e tombe elladiche e un abitato dal medio elladico al miceneo sotto il villaggio bizantino della vicina Krisa; tombe micenee si sono scavate a Maratona e alle Termopili e un abitato dall'elladico primitivo al tardo elladico con cinta fortificata si è riconosciuto a Hagios Kosmas a S. del Falero. Anche nelle isole si sono moltiplicati i trovamenti micenei: un abitato sull'Oros ad Egina, tombe a Cefalonia, abitati in varî punti di Itaca, a Delo dove si sono trovate sette tombe e un importante deposito di ori e di avorî.

Il passaggio dal mondo miceneo alla civiltà geometrica è documentato da molti scavi che mostrano sia il rapido e vigoroso affermarsi di questa in alcuni centri, e più precisamente in quelli dove fiorirà più intensa la cultura greca, massimamente in Attica, sia anche il vario attardarsi di elementi del patrimonio elladico e miceneo in altri centri, specialmente periferici, dando anche luogo a particolari culture locali, come per esempio quella rivelata dai recenti scavi italiani di Efestia a Lemno.

La civiltà geometrica si è arricchita di nuovi documenti con gli scavi delle tombe geometriche di Trachones al Falero, della necropoli di Maratona, di Delfi, dove tutto un deposito geometrico è venuto in luce, della necropoli di Karditza in Beozia, dell'acropoli di Kalamitza in Macedonia, delle tombe a tholos di Marmariane in Macedonia dal submiceneo al protogeometrico, di una necropoli protogeometrica a Sciroe in Creta con gli scavi di Anavlochos, abitato sorto nel postmiceneo forse dopo la decadenza del centro minoico di Mallia, della necropoli di Arcades dal geometrico all'orientalizzante e soprattutto del centro di Dreros, dove si è trovato un tempio arcaico con eschara e banco con i tre noti sphyrelata, e del santuario, dell'abitato e della necropoli di Karphi dal submiceneo al protogeometrico.

Per il periodo arcaico sono da ricordare oltre a quei luoghi già citati dove si ha una successione dal miceneo o dal protogeometrico fino all'età classica, la necropoli del VII sec. del Falero, l'abitato e il tempio del VII-V sec. a Vari, dove si sono scavate anche tombe raggruppate in due grandi tumulti e si è rinvenuta una importante serie di vasi protoattici. Un tempio del VII sec. si è scavato sull'acropoli occidentale di Megara, oltre all'abitato che perdura dal protoelladico all'età bizantina, e un luogo di culto arcaico è documentato all'Heraion di Argo.

Tracce di un tempio arcaico, a cui si sovrappone uno dorico in antis, sono venute in luce con statuette di kouroi a Hagios Floros in Laconia e un altro tempio arcaico a Barbes in Acaia e a Zugra (Pellene). Gli scavi italiani hanno messo in luce tre piccoli templi arcaici con colonne di legno a Pallantion in Arcadia insieme con un altro tempio perittero dorico con colonne lignee. Un edificio che dal VI sec. dura fino all'ellenismo, con un deposito votivo fra cui un modello di casa, si è scavato a Vaieni in Trifilia e al VI sec. risale la città greca che si impianta sopra allo strato elladico a Kirra dove si è trovato un tempio di Apollo, Artemide e Latona; nel VI sec. sorge anche la città greca scavata a Eutresis in Beozia, e comincia la necropoli di Nalae che arriva fino all'età romana. Un piccolo santuario dell'eroe Ptoios dal VI al IV sec. è venuto in luce a Kastraki dove si è scavato il tempio, con via lastricata fiancheggiata da basi di tripodi.

Elementi architettonici di un tempio arcaico si sono scavati ad Itea nell'Eubea e a Creta vediamo un tempio greco sorgere su un edificio minoico ad Amnisos. A Chio è venuta in luce una necropoli del VI sec. e a Kato Phana un tempio di Apollo Phanaios con trovamenti a partire dal geometrico. A Ikaria si è scavato un tempio di Artemide Tauropolos della fine del VII o dei primi del VI sec., e a Nasso una necropoli dal geometrico al sec. VII.

Non meno importanti e numerosi sono i risultati dell'attività archeologica per il periodo classico in tutte le zone della Grecia; essi recano nuovi contributi all'architettura, alla topografia, alla religione, all'arte. Ricordiamo fra i nolti gli scavi in Attica: del santuario di Afrodite e della grotta di Pan sulla Via Sacra di Eleusi a Daphní; in Eleusi stessa di un edificio sacro, dinanzi alla porta Sud del santuario, che risale al sec. VIII a. C., e di una grande costruzione absidata arcaica, forse destinata al culto, dinanzi ai grandi propilei, oltre a scavi nel Telesterion; di due piccoli edifici sull'Imetto, dei quali forse uno è il santuario di Zeus Ombrios; del santuario di Artemide Munichia a Munichia; del temenos di Eracle a Maratona; dei resti di un tempio di Dioniso a Panakton; della cinta fortificata dell'acropoli al Falero; del santuario di Demetra (forse il Thesmophorion di Halimus) fra Trachones e H. Kosmas al Falero stesso; dei moli e di fortificazioni a Capo Sunio; del santuario di Apollo Zoster a Vuliagmeni.

A Corinto sono proseguiti gli scavi specialmente degli edifici intorno all'agorà: il portico Sud con doppia fila di taberne, terminante verso Ovest in terme romane, piccole ma interessanti; al centro dell'agorà la fila di botteghe romane che dividono la piazza in due terrazze con una scalinata marmorea di comunicazione. Al centro delle botteghe si è trovato il bema. All'epoca greca l'agorà era divisa in più terrazze irregolari, a est si è trovata un'aphesis o linea di partenza per le corse e, sotto, una più antitica. Verso il 400 a. C. si creò l'agorà; prima vi erano case del V sec. a. C. delle quali una con mosaico di un grifo che atterra un cavallo. Si sono ritrovati anche resti di un santuario del sec. VI a. C., distrutto nel sec. IV a. C., che sorge su una necropoli geometrica. Son stati studiati i sei templi romani e il monumento di Babbius all'estremità ovest. Si è anche saggiato un edificio a sud-est (dove sono stati trovati pozzi con ceramica e altri oggetti), costruito nei primi anni della colonia romana e restaurato forse da Cn. Babbilus Philinus: da un'iscrizione si suppone che sia il tabularium. Molti oggetti e terrecotte architettoniche si sono trovati nello scavo dei pozzi delle taberne nella stoa Sud. A sud-est dell'agorà si sono scoperti altri edifici di periodo romano e una statuetta ellenistica di Afrodite.

A Perachora sono venuti in luce i templi di Era Limena e di Era Akraia; a Sicione sono proseguiti gli scavi dell'agorà, del ginnasio, del bouleuterion, del tempio di Artemide a pianta allungata, e di case.

A Epidauro, oltre a edifici periferici, si sono saggiati l'abaton e il cosiddetto Bagno, che hanno rivelato varie fasi dal VI sec. in poi; gli scavi del tempio di Asclepio, hanno nostrato che nessun edificio occupava il luogo prima di quello costruito da Teodoro nel IV sec.; e nell'interno della cella si è visto che il pavimento di calcare bianco e nero poggiava su lastre di poros, ma contro il muro sud si interrompeva per lasciare una specie di basso bacino lungo m. 2,70, largo m. 1,25, profondo m. o,585, rivestito di stucco dipinto in rosso con fondo a mosaico bianco-nero. Si è pensato che più che per l'acqua servisse come thesauros.

In Argolide a Pitsa si è scavata una grotta di culto alle Ninfe con oggetti votivi del VI-IV sec. e quattro pinakes di legno dipinto.

In Elide notevoli risultati hanno portato gli scavi di Olimpia fatti negli anni immediatamente prima della guerra con lo scopo principale di mettere in luce lo stadio; essi furono condotti attraverso tutta la larghezza e in gran parte dei lati sud e ovest, e hanno rilevato cinque fasi. La pista era circondata da un terrazzamento di terra che però nella prima fase verso il 450 mancava a ovest; e in questo periodo la pista era a un livello più alto e più a sud di quella dello stadio del 350 circa. Sul lato meridionale il terrazzamento del V sec. era sostenuto da un muro a gradini verso l'Alfeo. si sono trovate le fondazioni di una tribuna lignea degli Ellanodici. Molti bronzi, scudi iscritti, schinieri, elmi rinvenuti provenivano da trofei votivi. Intorno all'Altis si sono scavati anche sul lato sud la Stoa che è risultata del sec. IV a. C. con ricostruzioni romane; sul lato ovest le terme romane vicino al Cladeo, dove si sono riscontrate istallazioni più antiche di bagni a partire dall'epoca classica; più a sud un grande edificio con mosaici, forse per pellegrini; sul lato nord il ginnasio e sui fianchi del Kronion, a NO. dello stadio, è venuto in luce un quartiere di fonditori con forni, forme e gran numero di bronzi.

In Arcadia ad Atsicolo (Gortys) si sono scavate le mura, un santuario di Pan, l'Asklepieion con portico e bagno e un altro Asklepieion in località S. Andrea, oltre a varî edifici dal sec. IV a. C. all'età romana.

In Epiro, a Nicopoli, si sono scavati in parte lo stadio e il ginnasio oltre una basilica cristiana a cinque navate con ambone ricavato da una base antica con rilievi di combattimenti fra Greci e barbari, e a un'altra basilica minore a tre navate, post-giustinianea. Una grande basilica con atrio porticato e mosaici si è messa in luce a Nea Anchialos in Tessaglia e sotto il nartece si sono trovati mosaici di una prima chiesa del sec. V. Nella Focide a Delfi si è curata l'anastilosi parziale del tempio di Apollo e della thōlos di Marmaria, e si sono scavate terme romane a ovest del santuario.

In Macedonia a Filippi si sono condotti scavi nelle mura, in un oikos ellenistico, in varie parti della città oltre che nella basilica cristiana. A Cavala si è trovato un santuario di Atena Parthenos con culto dall'età arcaica all'ellenistica; a Olinto sono proseguiti gli scavi della città mettendo in luce altre case e una stoa; a Salonicco sono stati ritrovati, intorno all'arco di Gallieno, il palazzo imperiale e altri edifici e un Serapieion.

Nelle isole, in Lemno si è messo in luce un Kabirion ellenistico a Chloi con una stoa, un teatro greco ad Efestia oltre a case tirreniche e tarde; anche a Samotracia sono proseguiti gli scavi del Kabirion, dell'anaktoron e dell'Arsinoeion, così a Taso nella regione a sud dell'agorà e nel pritaneo; e si è messo in luce un santuario di Eracle Kallinikos, un edificio forse consacrato a Soteira, un temenos di divinità straniere, un edificio di culto circolare rivestito all'esterno di marmo con un altare al centro, di data e di destinazione ancora incerte, un heron di Lucio Cesare.

Questa attività di scavo, con quella svolta in altre zone delle regioni mediterranee, ha accresciuto in questo ultimo decennio i documenti per la storia dell'arte greca; contemporaneamente si sono moltiplicati gli studî critici che hanno contribuito a chiarire e a precisare il quadro storico, lo spirito e il valore delle opere e la fisionomia delle varie personalità artistiche. Accenneremo qui soltanto ai principali monumenti figurati venuti in luce e alle più sicure identificazioni che possono rappresentare dei nuovi materiali e dei punti fermi per la ricostruzione della storia dell'arte greca, riassumendo anche le notizie che riguardano i varî artisti.

Architettura. - I nuovi monumenti più importanti sono rappresentati da quelli scavati dalla Scuola archeologica americana nell'agorà di Atene fra cui la thólos sicuramente identificata, la stoa dello Zeus Eleutherios e altri edifici (v. atene, in questa App.). Sull'Acropoli va ricordato il rimontamento del tempietto di Atena Nike a cura di N. Balanos e gli studî sui varî monumenti del pianoro fatti da G.P. Stevens e pubblicati nella rivista Hesperia.

Sull'architettura dei teatri greci i recenti studî di C. Anti giungono a conclusioni del tutto opposte a quelle di W. Dörpfeld riguardo all'origine da una primitiva orchestra circolare, sostenendo invece una forma originaria trapezoidale con sedili disposti a squadra. Saggi di scavo compiuti nel teatro di Siracusa avrebbero confermato questa tesi, rivelando una più antica fase con cavea trapezoidale da ricostruire in legno adattata al pendio del colle, una seconda fase intagliata nella roccia con euripo trapezoidale, skené rettangolare e corridoio con fossa scenica. Questa sistemazione trapezoidale verrebbe riscontrata dall'Anti anche nelle fasi più antiche di altri teatri, come quelli di Dioniso ad Atene, di Oropo, di Tera, di Torico, di Catania e nel Leneo di Atene, che egli riconoscerebbe in resti dinnanzi al Dionysion en Limnais. Questi primitivi teatri trapezoidali si riallaccerebbero alle aree teatrali minoiche e ai telesterî, buleuterî e odei. Il primo teatro con orchestra circolare sarebbe quello di Epidauro, del sec. IV a. C.

Scultura. - Per le arti plastiche, dopo la scoperta dei piccoli xóana lignei di Palma Montechiaro (v. xoanon, XXXV, p. 825), a Dreros in Creta sono venute in luce tre statuette di bronzo laminato e martellato, una maschile e due femminili, dai corpi geometrizzati e schematizzati, databili verso la metà del sec. VII a. C., che dànno un significativo esempio di sphyrélata (oggetti martellati), secondo questa tecnica propria dell'arcaismo, precedente quella della fusione del bronzo. Per la conoscenza della tecnica crisoelefantina è invece molto interessante il trovamento, fatto nel 1939 sotto la Via Sacra nel santuario di Delfi, di varî ,ammenti di statuette di avorio e d'oro che si rivelano opere ioniche della prima metà del sec. VI a. C. Bronzi arcaici con scene figurate incise e a bassorilievo sono venuti in luce negli scavi di Olimpia, oltre ad elmi, a scudi votivi iscritti, e parti decorative di altri scudi.

In Atene va segnalato il ritrovamento negli scavi dell'agorà della testa di Eracle, appartenente al frontone arcaico in poros con la lotta dell'eroe contro il mostro marino. Nel campo dell'arcaismo la scoperta più notevole è da considerare peraltro quella della ricca serie di metope, databili tra il 560 e il 550 a. C., scavate da P. Zancani-Montuoro e U. Zanotti Bianco nel santuario di Era alle foci del Sele (v. paestum, App. I, p. 915, e in questa App.).

I soggetti sono varî; troviamo il rapimento di Latona da parte del gigante Titio, la sua punizione da parte di Apollo e Artemide, un centauro, la morte di Troilo, il pianto funebre (forse di Ecuba e Andromaca con Astianatte) alla morte di Ettore, la contesa di due donne con bipenne (forse Clitennestra e Laodamia o Elettra) nella Egistofonia, personaggio che cavalca una tartaruga marina, Eracle e il leone nemeo. Eracle in lotta con l'idra, Eracle in lotta con il cinghiale d'Erimanto, Eracle in lotta con Apollo per il tripode, Eracle e i Cercopi, lotta contro i Centauri, il ratto di Deianira, l'inseguimento delle Arpie da parte dei Boreadi, l'uccisione del drago da parte di Cadmo, Sileni. Alcuni episodî sono limitati a una sola metopa, altri si svolgono in più metope. Delle 36 metope originarie del tesoro ne sono conservate ben 32, più frammenti di altre e 28 triglifi. Questa varietà di miti richiama altre opere arcaiche come l'arca di Cipselo o il trono di Apollo Amicleo e si è pensato che vi sia l'influsso dell'epos di Stesicoro. Il modellato delle metope in alcune è robusto e con dettagli anatomici volumetrici, in altre è piatto, disegnativo, a forte contorno angoloso. Lo stile è peloponnesiaco e probabilmente corinzio. Queste sculture aprono così tutto un nuovo capitolo nella storia dell'arte greca arcaica e costituiscono il complesso monumentale più ricco che possediamo.

Più recenti, dell'ultimo decennio del sec. VI, sono invece altre metope che appartenevano a un grande tempio octastilo, trovate murate nelle fondazioni di edifici posteriori del santuario e raffiguranti coppie di danzatrici in costume e in stile ionico, con tracce di policromia.

Tra i kouroi più significativi, che si sono aggiunti alla numerosa serie, che nel catalogo recente di G. Richter assomma già a 156 pezzi, vanno ricordati soprattutto quello di New York della corrente attica della fine del sec. VII o dei primi del VI a. C., quello già acquistato dal Milani per il Museo archeologico di Firenze, recentemente pubblicato da A. Minto e databile al 530-520 a. C. e quello proveniente da Anavysos, entrato nel Museo nazionale di Atene, databile al 520-510 a. C., su cui si erano sollevati dubbi in un primo tempo, e del quale si è ora anche ritrovata la base iscritta che lo rivela statua funeraria di Aristodico. Negli studî critici sull'arcaismo greco si vanno sempre meglio precisando le varie personalità anonime a cui si devono le maggiori creazioni distinguendole dalle opere di bottega, e si è giunti a una revisione delle correnti ioniche e attiche e a nuove conquiste interessanti, come la ricomposizione dell'Afrodite di Marsiglia con la parte inferiore conservata nel Museo dell'Acropoli, finora ritenuta erroneamente opera ionica e che oggi appare di puro indirizzo attico, o come la ricomposizione della testa Rampin sul cavaliere del Museo dell'Acropoli, ambedue dovute all'occhio esperto di H. Payne.

Molte delle iscrizioni arcaiche con dediche di statue e firme di artisti, come Archermo, Aristocle, Bione, Diopete, Endoio, Eumare, Eutino, Evenore, Gorgia, Egia, Pollia ecc. sono state accuratamente riprese in esame da A. Raubitschek che è giunto a varie interessanti precisazioni e ricostruzioni; così la Nike in volo laterale n. 690 del Museo della Acropoli è risultata sormontante una colonna ionica che reca su due scanalature un'iscrizione dedicatoria di Callimaco vincitore di Maratona. La statuetta di Atena n. 140 è risultata appartenente alla base di Evenore.

Per il periodo dello stile severo il gruppo dei Tirannicidi, che rappresenta un caposaldo cronologico e artistico, può essere oggi molto meglio studiato e ricostruito grazie a notevoli scoperte. Gli scavi dell'agorà hanno infatti restituito un frammento della base originale con parte dell'epigramma, il cui ductus viene a concordare con la datazione intorno al 477; esso ci dà le misure del lato del basamento di m. 1,38, donde si deduce che le due statue dovevano essere collocate su due piani paralleli una accanto all'altra, escludendo tutte le altre ricostruzioni proposte. Inoltre dagli scavi di A.M. Colini sulle pendici del Campidoglio è venuta in luce una copia dell'Aristogitone, acefala, ma la cui testa è risultata quella già scavata in passato e ora nei Musei Vaticani. Questa nuova copia, oltre a confermare l'appartenenza di questo tipo di testa cosiddetta di Ferecide all'Aristogitone, già brillantemente sostenuta da G. Treu e dall'Amelung, ci permette, per l'ottimo e accurato modellato, di farci una idea molto più precisa dell'originale che non la copia di Napoli, e ne viene a correggere la impostazione delle gambe.

Il famoso originale bronzeo dell'Auriga di Delfi è stato oggetto di un tentativo ricostruttivo di R. Hampe che pensa di poter riportare alla base il blocco iscritto con la firma dell'artista Sotada di Tespie trovato insieme ai resti dell'ex-voto, e allora conosceremmo l'autore di questo anáthema che si è assegnato a tanti artisti di stile severo; la ricostruzione del Hampe pone sul carro il solo auriga e la base vicino al muro di terrazzamento con visione principale di fianco in modo che l'auriga appare di tre quarti.

Un piccolo monumento di plastica di stile severo può considerarsi anche un bel bruciaprofumi con peplophóros trovato a Delfi. La ricostruzione di W. Amelung della famosa Afrodite Sosandra di Calamioe ha trovato un'interessante conferma con la scoperta negli scavi di Hama sull'Oronte di una nuova copia con la testa del tipo cosiddetto di Aspasia.

Del grande complesso di sculture del tempio di Zeus a Olimpia, che sono state oggetto di molti studî critici in questi ultimi anni, sia per il problema ricostruttivo dei frontoni, sia per valutarne l'alto contributo artistico e definire la personalità del maestro creatore, si sono trovati negli ultimi scavi tedeschi la testa di una delle donne Lapite del frontone Ovest e la base con i piedi dello Zeus del frontone Est. E due importanti statue fittili provenienti dagli scavi tedeschi di Olimpia nel 1939 hanno offerto nuovi documenti preziosi per lo studio della plastica di stile peloponnesiaco di questo periodo. Sono un robusto e turgido torso nudo di guerriero acefalo che faceva parte di un gruppo, con stretta chlaina sulla spalla sinistra, e un ruppo, forse acroteriale, di Zeus che tiene stretto a sé Ganimede, databile intorno al 470, di uno stile che può considerarsi un immediato precedente delle sculture del tempio di Zeus.

Degli artisti dello stile severo una possibile firma di Calamide è stata segnalata da A. Raubitschek in una nuova base dell'Agorà in cui si leggono i nomi di Callia e di Calamide.

Per il problema dell'iconografia greca della prima metà del V secolo una scoperta fondamentale è avvenuta a Ostia dove si è trovata nel 1935 un'erma iscritta di Temistocle, che appare barbato senza elmo con la fronte aggrottata e un largo e robusto volto. Capelli e barba hanno la caratteristica stilizzazione delle opere intorno al 470-460, mentre i tratti fisionomici sono piuttosto singolari e nuovi per quest'epoca, per cui molte discussioni sono state fatte in proposito e diverse sono le tesi proposte che lo considerano o copia di un originale intorno al 460, o rielaborazione del sec. IV a. C., o ritratto di ricostruzione dotta neo-attica di periodo romano.

Il ritratto di Temistocle si collega strettamente al problema del sorgere del ritratto fisionomico in Grecia e mentre alcuni ne vedono le prime manifestazioni nel sec. V, altri come B. Schweitzer e R. Bianchi-Bandinelli le riportano agli inizî del IV secolo, dopo la sofistica. Oltre a quello di Temistocle conosciamo ora anche il ritratto di Milziade, anch'esso senza elmo, grazie a un'erma ripescata insieme ad altre sculture a Porto Corsini, oggi nel Museo di Ravenna. Reca il nome iscritto e un epigramma in latino e in greco celebrante la vittoria di Maratona; il volto ha i tratti idealizzati e composti in nobile aspetto che ricorda i vecchi del fregio partenonico, e lo stile dell'originale da cui deriva l'erma di età romana può riportarsi alla seconda metà del sec. V.

Per ciò che riguarda i maestri del periodo classico si sono andati moltiplicando gli studî critici sulla personalità di Fidia e sul Partenone, e C. Praschniker ha tentato con successo la ricostruzione grafica delle metope Est e Nord mentre B. Schweitzer ha cercato di chiarire la posizione di Fidia nell'organizzazione e nello svolgimento dei lavori dell'officina partenonica. Del ricco complesso di sculture di questo tempio si è ritrovato un nuovo documento in una testa di cavallo nei magazzini del Vaticano, identificata da H. Speier come appartenente al carro di Atena del frontone occidentale.

Sono aumentati i documenti per la ricostruzione del grande simulacro crisoelefantino della Parthenos e per l'amazonomachia dello scudo è molto importante la scoperta di un nuovo frammento della copia di Patrasso, purtroppo ancora inedito. La composizione di queste scene figurate dello scudo è stata oggetto di molti studî recenti, sia attraverso i rilievi neoattici del Pireo ripescati nel porto e le altre copie marmoree, sia attraverso i riflessi nella ceramica dipinta.

Per la testa dello Zeus crisoelefantino di Olimpia un nuovo documento è rappresetanto da una testina fittile estrusca proveniente dagli scavi di Faleri ricomposta e analizzata da M. Santangelo. È derivata sicuramente dalla creazione fidiaca ed è forse del sec. IV a. C., quindi ci conserva un riflesso vivo dell'originale, sia pure di piccole dimensioni, nel modellato accurato, ed è molto vicina alla testa dello Zeus di Cirene.

Degli altri maestri della seconda metà del sec. V non si hanno molte documentazioni nuove, tranne una firma di Cresila letta da A. Raubitschek (in Jahreshefte, 1939, XXXI, c. 22 segg., n. 14, Inscr. Gr., I2, 528 e 635). Per Alcamene una precisazione maggiore ha avuto il problema della celebre Afrodite dei Giardini, che il Furtwaengler volle vedere nel tipo della Afrodite del Frejus, ascritta ora con molta verisimiglianza da G.E. Rizzo a Callimaco insieme con il ciclo delle menadi orgiastiche noto da rilievi neoattici, ai quali si sono aggiunte ultimamente le copie da Tolemaide. Lo Schrader invece volle riconoscere l'Afrodite nel tipo del bassorilievo di Dafni, ma oggi è da ricercare piuttosto nel tipo noto dalla erma del mercato di Leptis Magna trovata da G. Guidi. Ch. Picard ha pensato di riconoscere l'Atena Efestia in una copia di Cherchel, di cui un nuovo esemplare purtroppo anch'esso acefalo, è venuto in luce nei recenti scavi di Ostia.

Dei grandi maestri del sec. IV Cefisodoto è oggi meglio conosciuto per un'erma con mantello gettato sopra, su cui è seduto un piccolo Dioniso a metà panneggiato, venuta in luce negli scavi dell'agorà di Atene e che apparteneva al noto gruppo con Ermete, di una copia perduta del quale ci è conservato il ricordo in un disegno del De Cavalleris, mentre un'altra copia contaminata è nel Museo di Madrid.

Di Prassitele si sono trovate due nuove firme, una su una base, scavata nell'agorà, di una statua dedicata ad Archippe figlia di Cleogene dalla madre Archippe (in Hesperia, vol. VII, 1938, p. 329-339), un'altra su una consacrazione eleusinia, trovata pure ad Atene nella regione del cosiddetto Theseion (Hesperia, VI, 1937, pp. 339-342), e i cui caratteri epigrafici si datano alla seconda metà del sec. IV a. C. Gli scavi dell'agorà di Atene ci hanno restituito anche una piccola ma accurata copia dell'Apollo Liceo di Prassitele in una statuina di avorio trovata in minuti frammenti dentro un pozzo. Tipi di divinità prassiteliche, forse copie di quelle di Mantinea, sono scolpiti accanto a uno Zeus fidiaco su un'ara rotonda neoattica con dodekatheon, trovata in un santuario di Attis a Ostia.

Allo stile di Timoteo ci riporta invece un bel torso di Nereide, originale, trovato negli scavi dell'agorà di Atene, con il chitone sottile e trasparente e il mantello mosso dal vento, in vivace movimento, di modellato fine e accurato, vicino alle Nereidi di Xanthos e alle sculture del tempio di Asclepio a Epidauro.

Di Scopa il trovamento di due nuove copie del cosiddetto Apollo con l'oca, abbastanza fini, in via Cavour a Roma, hanno fatto riproporre il problema dell'attribuzione al maestro di questo tipo, in cui è da riconoscere il Pothos (personificazione del desiderio amoroso) e della sua valutazione critica.

Per Leocare abbiamo una nuova firma trovata presso le terme di Tito a Roma su una base che sosteneva una statua del sacerdote Caremide (Bull. Com., 66,1938, pp. 245-246); e una firma di Praxia figlio di Praxia Ateniese si è trovata su una base di una statua di Teopompo vincitore nei giochi pitici, venuta in luce a Taso (Bull. de Corr. Hell., LXVIII-LXIX, 1944-45, p 443)

Anche per Lisippo possediamo una nuova firma su una base di calcare bluastro di una statua bronzea elevata a Delfi dai Tessali a Pelopida (Revue Arch., II, 1939, pp. 125-132). A. Wilhelm (Jahreshefte, 33,1941, pp. 35-45) pensa che la statua sia stata eretta quando Pelopida era ancora in vita, prima dunque del 364, forse dopo il 369, e in questo caso la carriera di Lisippo verrebbe anticipata e bisognerebbe porne la nascita verso il 395 circa.

A qualche artista della cerchia prassitelica è da attribuire il tipo di Apollo noto già in venticinque copie, di cui una nuova ben conservata è stata scoperta nel 1937 ad Anzio ed è oggi al Museo nazionale romano e una testa si è trovata nel 1939 sul Palatino. Tipo significativo nel ritmo sinuoso e gravitante del corpo nudo, nella ricercata acconciatura quasi feminea dei capelli, che bene illustra la corrente post-prassitelica.

Fra i monumenti del sec. IV ricordiamo la ricostruzione del grande leone funerario di Anfipoli alto m. 5,40 con base alta m. 5, un po' più antico di quello di Cheronea eretto dopo il 338.

Sono state altresì pubblicate alcune sculture dei primi del III secolo di stile classicheggiante, da un monumento coregico di Taso, che comprendeva una statua di Dioniso al centro, di cui rimane la testa giovanile, e a sinistra le statue della Tragedia, di cui rimane la maschera tragica che teneva in mano, e della Commedia, oggi acefala; mentre le statue del Ditirambo e Nicterino sono ora perdute come quelle della metà destra.

Nel campo complesso dell'arte ellenistica si sono andati moltiplicando gli studî in questi ultimi anni e si sono chiarite meglio alcune correnti artistiche, si è circoscritto l'ambito delle principali scuole, e si è precisata la cronologia di alcune opere.

Gli studî di E. Krahmer hanno preso come base di analisi i ritmi giungendo a una distinzione di varie fasi stilistiche a seconda della prevalenza di ritmi chiusi o aperti o elicoidali o centrifughi. Anche il panneggio femminile velificato e trasparente di un raffinato virtuosismo è stato studiato da R. Horn nel suo significato artistico e nelle sue più tipiche manifestazioni che si riscontrano in centri asiatici come Magnesia, Priene e insulari come Delo, Rodi, Coo.

La scuola rodia è oggi molto meglio conosciuta grazie alla ricca messe di sculture provenienti dagli scavi italiani di Rodi e di Coo (v. rodi: Archeologia, in questa App.).

Anche l'arte alessandrina si è andata precisando nei suoi caratteri principali (v. alessandria: Archeologia e arte, in questa App.).

Gli studî iconografici per il periodo ellenistico hanno portato a notevoli analisi critiche e a nuove identificazioni. Mentre l'iconografia di Alessandro Magno è stata particolarmente studiata da K. Gebauer, si è potuto identificare il ritratto del celebre medico di Coot, Ippocrate, grazie a un'iscrizione con aforisma ippocrateo incisa su un'erma trovata nella tomba di un medico greco nell'Isola Sacra, oggi nel museo di Ostia. Anche l'iconografia dei Tolomei si è arricchita di nuove interessanti identificazioni dovute ad A. Adriani, come quelle di Arsinoe II, Tolomeo VI, Arsinoe III, e anche quelle di Tolomeo I e Tolomeo III riconosciuti da Fr. Poulsen.

Sono state avvicinate da A. Rumpf al fregio dell'ara di Pergamo, oggi trasportata da Berlino in Russia, una Nike, trovata insieme con la testa di una seconda negli scavi dell'agorà di Atene, con panneggio sottile e mosso, un pò manierato, di tradizione postfidiaca; esse servivano da acroterî a qualche monumento dell'agorà.

Dagli scavi alla stazione Termini in Roma (1941) proviene una statua di divinità marina, seduta in trono retto da un Tritone fanciullo, che insieme a elementi scopadei rivela nel ritmo complesso e nello stile caratteri del tardo ellenismo.

La scuola attica del periodo ellenistico, che si distingue per un indirizzo classicheggiante e termina con la produzione delle officine neoattiche al servizio del mercato romano, va sempre meglio delineandosi nei suoi limiti, nei suoi caratteri, nei suoi influssi con gli ultimi studî; nuove opere e nuove firme di scultori ateniesi vengono in luce come una di Eutichide del 126-125 a Delo (Bull. Corr. Hell., LV, 1936, p. 66-67), una di Cleomene di età romana, su una bella statua femminile panneggiata trovata a Piacenza, una di Critone, di età imperiale, che scolpisce il grandioso gruppo di Mitra che uccide il toro, di stile classicheggiante, trovato in un mitreo di Ostia, che si ispira al motivo della Nike tauroctona e per la testa al tipo ellenistico di Elio.

Questi numerosi crescenti trovamenti dei prodotti della scuola neo-attica del periodo romano confermano sempre più l'attività di queste oflicine di abili creatori, rielaboratori, copisti, esperti in tutti gli stili e tutte le tecniche, cui dobbiamo la conoscenza in riproduzioni più o meno fedeli di tanti capolavori classici e che costituiscono la principale attività artistica della Grecia dopo la conquista romana.

Ceramica. - Nel campo degli studî sulla ceramica si è continuata la pubblicazione dei fascicoli del Corpus Vasorum Antiqitorum e si tende sempre più a ricostruire le varie officine e la produzione dei diversi maestri anonimi, a cui si usa dare dei nomi convenzionali. Gli studî di J.D. Beazley hanno portato contributi fondamentali in questa classificazione tipologica e stilistica. Si cerca altresì di valutare la personalità artistica dei ceramografi meglio conosciuti con studî monografici e critici. I numerosi scavi hanno molto arricchito il patrimonio ceramico e fra i più notevoli trovamenti va segnalata la bella serie di vasi protoattici della necropoli di Vari, ora nel Museo nazionale di Atene, oltre al numeroso e importante materiale restituito dagli scavi del Ceramico e dell'agorà. Tra i vasi firmati ricordiamo un cratere di Exechia con introduzione di Eracle nell'Olimpo e lotta sul cadavere di Patroclo, da un pozzo dell'agorà un frammento di cratere di Eutimide con Apollo e Artemide, pure dall'agorà, una kylix di Epitteto con Eracle e Busiride e psychostasia da Caere, ora al Museo di Villa Giulia, una nuova idria di Midia con Museo, ora a New York. Molto numeroso il nuovo materiale ceramico ellenistico.

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Scultura. - H. Payne, G. M. Young, Archaic Marble Sculpture from the Acropolis, Londra 1936; G. Rodenwaldt, Korkyra, II, Die Bildwerke des Artemistempels, Berlino 1938; L. Budde, Dio Attischen Kouroi, Würzburg 1939; E. Akurgal, Griechische Reliefs des VI. Jahrh. aus Lykien, Berlino 1941; G. M. A. Richter, Kouroi, Oxford 1943; G. M. A. Richter, Archaic Attic Gravestones, Cambridge 1944; A. Minto, Figure virili arcaiche (kouroi) del Museo Arch. di Firenze, in La Critica d'Arte, VIII, n. s. III, 1943, p. 1-20; V.H. Poulsen, Der Strenge Stil, in Acta Archaeologica, VIII, 1937, fasc. 1-2; G. Rodenwaldt, Olympia, Berlino 1936, 2ª ed. 1941; G. Becatti, Il Maestro di Olimpia, Firenze 1943; P.E. Arias, Mirone, Firenze 1940; B. Schweitzer, Studien zur Ensthehung des Porträts bei den Griechen, in Sächs. Berichte, Phil. hist. Kl., XCI (1939), 4, Lipsia 1940; R. Bianchi Bandinelli, Policleto, Firenze 1938; E. Langlotz, Phidiasprobleme, Francoforte s. M. 1947; E. Buschor, Pferde des Pheidias, Monaco 1948; G. Schweitzer, Prolegomena zur Kunst der Parthenonmeisters, I, in Jahrb. d. Arch. Inst., LIII, 1938, p. 1-89, II, ibid., LIV, 1939, p. 1-96; id., Pheidias der Parthenonmeister, ibid., LV, 1940, p. 170-241; V.H. Poulsen, Phidias und sein Kreis, in From the Collections of the Ny Carlsberg Glypothek, III, 1942, p. 65 segg. (Agoracrito), p. 72 segg. (Alcamene), p. 78 segg. (Cresila); M. Marella, Un tipo Apollineo, ricerche e studi sulla scultura greca del sec. IV, Roma 1939; E. T. Newell, Royal Greek Portraits Coins, New York 1937; J. Babelon, Le portrait dans l'antiquité d'après les monnaies, Parigi 1942; K. Lange, Herrescherköpfe des Altertums, Berlino 1938; L. Laurenzi, Ritratti greci, Firenze 1941; K. Schefold, Die Bildnisse der Antiken Dichter, Redner uhd Denker, Basilea 1943. Ritratto di Omero: R. Boehringer, Das Antlitz des Genius, Homer, Breslavia 1937, e R. e E. Boehringer, Homer, Bildnisse und Nachweise, I, Rundwerke, ivi 1929.

Pittura. - G. Richter, Greek Painting: The Development of pictorial Representation from archaic to Graeco-Roman Times, New York 1944; B. Neutsch, Der Maler Nikias von Athen, Berna-Lipsia 1939; H. G. Beyen, Die Pompejanische Wanddekoration, L'Aia 1938; G. Méautis, Les chefs-d'oeuvre de la peinture grecque, Parigi 1939; C. M. Dawson, Romano-Campanian mythological Landscape Paintings, Yale Classical Studies, New Haven 1944. Dei Monumenti della pittura antica scoperti in Italia, diretti da G. E. Rizzo, sono usciti, per la regione III ellenistico-romana, i seguenti fascicoli: Roma: I: G. E. Rizzo, Le pitture della Casa dei Grifi, 1936; II: G. E. Rizzo, Le pitture dell'Aula Isiaca di Caligola, 1936; III: G. E. Rizzo, Le pitture della Casa di Livia, 1936; V: G. Bendinelli, Le pitture del Colombario di Villa Pamphili, 1941. Pompei: I: O. Elia, Le pitture della Casa del Citarista, 1937. II: A. Maiuri, Le pitture della casa di M. Fabius Amandio, del sacerdos Amandus e di P. Cornelius Teges, 1938, III-IV: O. Elia, Le pitture del Tempio di Iside, 1941. Centuripae: I: G. E. Rizzo, Ritratti di età ellenistica, 1940. Problemi di pittura antica anche in D. Levi, Antioch Mosaic Pavements, Princeton 1947.

Ceramica. - G. M. A. Richter, M. Milne, Shapes and Names of Athenian Vases, New York 1935; D. Robinson, E. Fluck, Study of the Greek love-names, Baltimora 1937; H. Bloesch, Formen Attischen Schalen von Exechias bis zum Ende des strengen Stils, Berna 1940; E. Homann Wedeking, Archaische Vasenornamentik in Attika, Lakonien und Ostgriechenland, Atene 1938; E. Buschor, Griechische Vasen, Monaco 1940; J. D. Beazley, Potter and Painter inancient Athens, Londra 1946; E. Haspels, Attic black figured Lekythoi, Parigi 1937; G. Becatti, Meidias, un manierista antico, Firenze 1947; H. Luschey, Die Phiale, Bleicherode 1939; Sotto la direzione di J. D. Beazley e P. Jacobsthal si è iniziata nel 1930 una serie di monografie dal titolo Bilder Griechischen Vasen, che comprende finora i seguenti volumi: i, W. Hahland, Vasen um Meidias, 1930; 2, J. D. Beazley, Der Berliner Maler, 1930; 3. K. Schefold, Kerscher Vasen, 1930; 4. J. D. Beazley, Der Pan-Maler, 1931; 5. P. Ducati, Pontische Vasen, 1932; 6, J. D. Beazley, Der Kleophrades-Maler, 1933; 7, H. G. G. Payne, Protokorinthische Vasenmalerei, 1933; 8, T. B. L. Webster, Der Niobidenmaler, 1935; 9, W. Technau, Exechias, 1936; 10. H. Diepolder, Der Penthesilea-Maler, 1936; 11, A. Rumpf, Sakonides, 1937; 12, A. D. Trendall, Frühitaliotische Vasen, 1938; 13, H. R. Smith, Der Lewismaler Polygnotos II, 1939.

Terracotta. - P. Graindor, Terres cuites de l'Égypte gréco-romaine, Anversa 1939; G. Kleiner, Tanagrafiguren, Berlino 1941; P. Knoblanch, Studien zur archaisch-griechischen Tonbildnerei in Kreta, Rhodos, Athen und Beotien, Bleicherode 1937.

Toreutica. - Per gli specchi: W. Zuchner, Griechische Klappspiegel, in Jahrb. d. Arch. Inst., XIV suppl., Berlino 1942; W. Reichel, Griechische Goldrelief, Berlino 1942.

Numerosi problemi di arte classica in G.E. Rizzo, Monete greche della Sicilia, Roma 1946. Buone riproduzioni di opere d'arte greca nei musei della Grecia in C. Zervos, L'art en Gréce, Parigi 1946.

Per i danni di guerra: Works of Art in Greece, the Greek Islands and Dodecannese, Losses and Survivals in the War, Londra 1946; P. Amandry, in Bull. Hell., LXVIII-LXIX, 1944-45 (1946), p. 422-431.

Letteratura greca moderna (XVII, p. 910).

La morte (1943) di C. Palamàs ha segnato la fine di un lungo periodo delle lettere neogreche, dominato dalla grande e complessa figura del poeta. Nel solco aperto dal P. si muove la poesia "rumeliota", le cui voci di viva e genuina freschezza risuonano in Milziade Malacasis (1870-1944), in Atanasio Kyriazìs, in Giorgio Athanas. Una parziale antitesi alla poesia maggiore del Palamàs fù "rappresentata dal crepuscolarismo di Costa Cariotakis (m. suicida nel 1928), mentre il vero Antipalamàs fu un grande poeta a lui coetaneo, ma isolato, e contrastante con tutto il filone maestro della poesia neogreca, C. Cavafis (v.). Coincide con l'acme del Palamàs la prima affermazione dell'arte complessa e singolare di A. Sikelianòs (v.), che appare a taluni come il più qualificato rappresentante della poesia greca fra tutti i viventi. Ma i giovani battono oggi vie nuove. La generazione del 1920, insieme con suggestioni crepuscolari (Tellos Agras, morto nel 1944) e cavafiane, sentì l'influsso delle varie correnti della moderna poesia francese, dal simbolismo al surrealismo, tuttavia con resultati estetici mediocrissimi. Di quelle tendenze letterarie e di tutte le più significative manifestazioni della lirica contemporanea (T.S. Eliot), la cosiddetta generazione del 1930 ha fatto invece un'esperienza profonda e feconda. Da un gruppo di scrittori raccolti attorno al periodico Tanea gràmmata (1935-1943) sono uscite le personalità più notevoli della nuova letteratura. Riconquistando, insieme con una intimità lirica, un nuovo senso della parola, del metro, della stessa poesia, liberata da ogni scoria descrittivistica, moralistica, celebrativa, e da ogni "facilità", la nuova lirica si è mostrata tutta tesa a una aderente espressione d'umanità, in una forma caratterizzata da procedimenti analogici ed evocativi, da nuovi ritmi remoti dai comodi abbandoni dei versi tradizionali, in genere dalla densità d'un canto arduo ed essenziale. Giorgio Seferis (v.) e Odisseo Elitis, tradotti in francese e in inglese, e alcuni altri giovani (Demetrio Antoniu, Nicos Ngatsos, e il surrealista puro Andrea Embiricos) hanno già dato la misura di una raggiunta maturità. Per la singolarità della sua ispirazione cattolica, ricordiamo Takis Papatzonis. Nella prosa, gli ultimi venti anni hanno consacrato il valore e la fama di due narratori di primissimo piano, il Mirivilis (v.) e il Venezis (v.), mentre si sono ormai nettamente affermati Giorgio Theotocàs, Angelo Terzakis e alcuni altri (il "cosmopolita" Thrasos Castanakis,M. Caragatsis, Thanasis Petsalis, Cosma Politis, Libica Nacu).

La letteratura critica e saggistica è in pieno sviluppo, e, sebbene si lamenti troppo spesso la mancanza di sicuri orientamerti estetici, vanno tuttavia ricordati, per vastità di cultura e finezza di gusto, taluni critici e pubblicisti: Joannis Apostolakis (1886-1947), Joannis M. Panaiotòpulos (premio Palamàs 1947), Linos Politis, Emilio Churmusios, Cleone Paraschos, Andrea Carantonis, Pietro Charis (direttore della rivista Nea Hestia), Alkis Thrylos. Come centro di raccolta delle migliori forze della letteratura neogreca va oggi indicata, accanto alla Nea Hestia, la Rivista angloellenica, e, fra i propulsori della nuova corrente che crede con piena ragione nella realtà d'una nuova poesia ellenica, è da citare Giorgio Catsìmbalis.

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