GRAZIANO

Enciclopedia dell' Arte Antica (1960)

GRAZIANO (Flavius Gratianus)

M. Floriani Squarciapino

Imperatore romano. Figlio di Valentiniano I e Severa, nacque a Sirmio in Pannonia nel 359. Proclamato Augusto dal padre (nell'anno 367) gli succedette in occidente nel 375. Alla morte di Valente chiamò Teodosio dalla Spagna per continuare la guerra contro i Goti e, dopo la vittoria, lo proclamò imperatore d'Oriente (379). Riservandosi Gallia, Britannia e Spagna, affidò al fratello Valentiniano II Italia, Illiria ed Africa. Combattendo l'usurpatore Massimo presso Parigi, fu costretto a fuggire e, raggiunto a Lione, venne pugnalato da un ufficiale di Massimo (383).

Molte fonti ne hanno tramandato il ritratto morale e qualcuna accenna anche all'aspetto fisico quando parla dello splendore degli occhi e della grazia del volto o delle armoniche proporzioni del corpo. Principale fonte per l'iconografia sono naturalmente le monete ove appare con tipi vari che stanno tra quelli del padre e quelli dello zio per talune caratteristiche fisiche generali e che, stilisticamente, rientrano in quella corrente di stilizzazione volumetrica ingentilita dal trattamento morbido e delicatamente plastico delle superfici. Da un punto di vista iconografico diremo che, nonostante talune varianti nelle proporzioni del capo (ora massiccio e quadrato, ora allungato e sottile), egli in genere è rappresentato come un giovane principe dai tratti graziosi e fini, dai capelli in cui la zazzera sul collo si attorce in riccioli manierati. La variante più caratteristica e individuale è la barbula che compare in talune emissioni in cui il ritratto, probabilmente più realistico (per quanto si possa parlare di realismo in questo periodo), si fa più incisivo, più duro e personale. Proprio per il particolare della barbula ricciuta, stranamente contrastante nel suo morbido plasticismo con il linearismo del rendimento delle chiome, si è riconosciuto G. nella testa, purtroppo assai mutila, del Museo Provinciale di Treviri (Trier), che ricorda taluni conî per la delicata lavorazione delle superfici e per la concezione massiccia e volumetrica del capo. Poco aggiungerebbe alla conoscenza delle sue fattezze il supposto riconoscimento di G. in uno degli Augusti della base dell'obelisco di Teodosio a Costantinopoli. Da segnalare l'identificazione molto probabile con G. del busto di Villa d'Este a Tivoli, in cui però non compare la barbula, ma che stilisticamente si inquadra tra i ritratti dello zio e del padre.

Bibl.: Seeck, in Pauly-Wissowa, VII, 1912, cc. 1831-39, s. v., n. 3; H. Cohen, Monn. Emp., VIII, p. 123 ss.; R. Delbrück, Spätantike Kaiserporträts, Berlino 1933, pp. 28, 43, 65, 90, 185, 193, 202, tavv. 14, 90-91; H. P. L'Orange, Studien zur Geschichte des spätantiken Porträts, Oslo 1933, p. 142, n. 100, figg. 190-191.