Gravitazione

Dizionario delle Scienze Fisiche (1996)

gravitazione


gravitazióne [Der. di gravità] [MCC] [RGR] Proprietà caratteristica e fondamentale, insieme con l'inerzia, della materia, consistente nel fatto che fra due corpi materiali (generic., fra due porzioni di materia) si esercita sempre (g. universale, o attrazione gravitazionale) una forza di mutua attrazione (forza di g. o anche detta essa stessa g.); per corpi puntiformi, cioè di dimensioni piccole rispetto alla mutua distanza, e di masse rispettive m₁ e m₂, tale forza è diretta attrattivamente secondo la direzione della mutua distanza ed è data dalla legge della g. universale, di Newton: F₁ = -(Gm₁m₂/r2) (r₁/r₁), indicandosi con F₁ la forza che il corpo 1 esercita sul corpo 2 e con r₁ la distanza da 1 a 2 ed essendo G la costante della g. universale, o costante di Newton o di Cavendish, G=(6.672 59 ± 0.000 85) 10-11 [m3 kg-1 s2]: v. gravitazione. La g. è un'interazione fondamentale come l'elettromagnetismo o le interazioni (sub)nucleari deboli e forti. Le interazioni gravitazionali hanno un'intensità trascurabile a livello microscopico e a energie realistiche: per es., l'attrazione gravitazionale tra un protone e un elettrone nell'atomo d'idrogeno è di un fattore 10-40 più debole dell'attrazione coulombiana. Le forze gravitazionali divengono tuttavia rilevanti per masse macroscopiche o addirittura astronomiche (la grande componente gravitazionale nella forza peso dovuta alla massa della Terra, l'attrazione tra corpi celesti, ecc.) cosicché l'interazione gravitazionale domina a livello astronomico e cosmologico. La legge di Newton, precedentemente citata, rappresenta la statica gravitazionale. Con l'avvento della relatività ristretta, che non ammette la propagazione istantanea dell'azione a distanza, si è posto il problema della formulazione della dinamica gravitazionale. Basandosi sull'identità, nei limiti del-l'accuratezza sperimentale, della massa inerziale e della massa gravitazionale, Einstein formulò il principio di equivalenza (v. equivalenza della massa, principio di), che postula l'impossibilità di distinguere localmente, cioè in una piccola regione di spazio, per via sperimentale un campo gravitazionale dalle forze d'inerzia che appaiono in un riferimento non inerziale (esperienza dell'ascensore in caduta libera), e fondò su questo principio la dinamica della g. che è parte essenziale della teoria della relatività generale. Il campo gravitazionale coincide con la metrica gμν dello spazio-tempo e le sorgenti del campo, cioè le masse o, più in generale, l'energia, modificano le proprietà geometriche dello spazio tempo, che da piatto in assenza di sorgenti acquista una curvatura; le equazioni di campo di Einstein collegano appunto la curvatura nel senso di Riemann alle componenti del tensore energia-impulso. Le verifiche sperimentali della teoria della relatività generale, molto limitate agli inizi, si sono fatte più numerose e precise negli ultimi anni (v. gravitazione sperimentale). La corrispondente teoria della g. costituisce il fondamento teorico dell'astrofisica relativistica (onde gravitazionali, collasso stellare, stelle a neutroni, buchi neri, ecc.) e della cosmologia moderna. A distanze molto piccole, dell'ordine della distanza di Planck, λP= (ℏG/c3)1/2²10-35 m (con ℏ costante di Planck ridotta e c velocità della luce nel vuoto), gli effetti quantistici della g. non possono essere più trascurati; si pone allora il problema della formulazione quantistica della teoria della g. che costituisce uno dei massimi problemi della fisica fondamentale contemporanea. Le teorie della supergravità (gravità supersimmetrica) e delle supercorde (corde supersimmetriche), attualmente oggetto di una grande attività di studio e di sviluppo, costituiscono il tentativo più promettente per una teoria finita e consistente della gravitazione. ◆ [STF] [MCC] La prima determinazione della costante G della g. fu effettuata nel 1798 da H. Cavendish, che si servì di una bilancia di torsione (bilancia di Cavendish), costituente un perfezionamento di un analogo apparecchio costruito dall'astronomo J. Michell: v. Cavendish, esperimento di. Tale determinazione costituì la conferma quantitativa della legge enunciata da Newton nei suoi Philosophiae naturalis principia mathematica (1687), che aveva dato la base per costruire soprattutto la dinamica cosmica. I filosofi greci avevano spiegato la caduta dei corpi con teorie a fondamento delle quali stava o l'idea di un'attrazione tra materie simili (Empedocle, Anassagora, Democrito, Platone, ecc.) o quella (Aristotele) di una tendenza dei corpi a un luogo naturale che è loro proprio. L'idea, originar. platonica, di una g. cosmica, comprendente come caso particolare la gravità, riappare, nel Rinascimento, insieme con l'affermazione della struttura eliocentrica dell'Universo nel trattato De revolutionibus orbium coelestium libri VI di N. Copernico (1543). Più esplicitamente, J. Kepler (l609) parla di una appetentia tra i corpi, cioè appunto di una reciproca forza di attrazione che egli afferma inversamente proporzionale, a seconda dei casi, alla distanza o al quadrato della distanza. Quest'ultima legge, che è quella vera, si trova enunciata, poco dopo Kepler, nell'Astronomia philolaica di F. Boulliau (Bullialdo, 1645). P. Fermat formulò poi esplicitamente l'ipotesi di una forza di g. proporzionale alla massa del Sole. Mentre da una parte questo complesso di ricerche preparava la via alla scoperta di Newton, non mancavano dall'altra tendenze contrastanti. La ripugnanza, viva del resto ancora ai nostri giorni, ad ammettere la possibilità di forze che si esplichino a distanza tra corpi lontani, portò taluni a negare senz'altro l'esistenza di tali forze (così, Galilei si rifiutava di ammettere un'influenza della Luna sulle maree) mentre altri ne tentavano più o meno artificiose spiegazioni meccaniche (teoria dei vortici di R. Descartes, ipotesi di una trasmissione attraverso un etere di G.A. Borelli, ecc.). Sta di fatto che, ammettendo l'ipotesi della forza di g., Newton poté calcolare il rapporto tra il raggio terrestre (la cui misura era allora assai incerta) e la distanza Terra-Luna (nota invece con maggiore esattezza), e la misurazione di un arco di meridiano eseguita nel 1682-83 da J. Picard confermò indirettamente in modo mirabile la sostanziale esattezza delle previsioni e con essa l'idea fondamentale della universalità della gravitazione. È da notare che Newton, con la medesima ripugnanza di Galilei ad ammettere l'esistenza di forze agenti a distanza, affermò non l'esistenza di queste forze ma semplic. che le cose andavano come se esse esistessero, ed esplicitamente dichiarò di non volerne dare interpretazioni su ipotesi arbitrarie. Numerose osservazioni astronomiche confermarono presto la validità della legge di Newton: fra esse celebre la scoperta del pianeta Nettuno (1846) nel punto esatto del cielo teoricamente previsto da U. Leverrier in base allo studio delle anomalie nel moto di Urano. Per il quadro attuale delle verifiche delle teorie della g., nel suo ambito completo, cioè relativistico, v. gravitazione sperimentale. ◆ [MCC] Costante della g. universale: v. sopra: [MCC] [RGR]. ◆ [RGR] Effetti relativistici della g.: i vari fenomeni previsti dalla teoria della relatività nell'ambito gravitazionale: v. gravitazionale, moto relativistico: III 93 b e gravitazione sperimentale.

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