Grafologia

Enciclopedia Italiana - VII Appendice (2007)

Grafologia

Carla Poma

Il gesto grafico

"L'uomo che scrive disegna inconsapevolmente la sua natura interiore", così scriveva M. Pulver in Symbolik der Handshrift (1931; trad. it. 1983, p. 8). Scrivere infatti è un'attività simbolica, spaziale e temporale, con cui il gesto grafico si inscrive su una superficie, lasciandovi l'impronta, il suo ritmo, la sua energia per modulare una forma stabilita dal codice linguistico. La g. studia il grafismo nella sua globalità, basandosi sull'osservazione dei quattro elementi costitutivi della scrittura: tratto, forma, movimento, spazio. Dal dispiegarsi del gesto nel foglio, il grafologo trae elementi per la sua analisi di personalità, dal momento che il gesto grafico esprime l'individualità più recondita di un soggetto ed è testimone e precursore di processi evolutivi.

La scrittura è infatti il risultato di un atto cerebrale e il gesto grafico, come movimento automatizzato e spontaneo, deriva dalle stesse attività neuronali che regolano i comportamenti: nasce da un'attività cerebrale superiore, con centri specializzati negli emisferi, investe complessi circuiti neurologici e automatismi più arcaici, subcorticali. Corteccia cerebrale, sistema limbico, midollo, sono egualmente implicati nella scrittura e pertanto confluiscono in essa tanto i nostri aspetti razionali quanto le nostre emozioni e i moti inconsci.

Lo scrivere è inoltre il derivato di un apprendimento motorio e di una maturazione intellettiva e affettiva che porta alla conquista di una forma e di un ritmo grafico individuale. Ogni persona che scrive crea infatti la 'sua' scrittura: qualcosa di unico che non può essere compreso come giustapposizione di elementi, ma piuttosto come risultante dalla interazione fra il tratto, le forme e lo spazio in cui esse si distribuiscono e avanzano. È la dimensione olistica della personalità indagata dalla grafologia.

La questione epistemologica

La g. può annoverarsi tra le scienze umane, in quanto disciplina autonoma che ha precisato il suo oggetto di studio (la scrittura umana), il suo apparato metodologico, le sue tecniche, le sue procedure, la sua terminologia. Propone un metodo trasmissibile, elabora categorie e tecniche sia di misurazione sia di quantificazione, mette in atto forme di sperimentazione empirica basate sull'osservazione normalizzata, presenta risultati e ipotesi che pone continuamente in relazione con quelli acquisiti attraverso altre discipline (segnatamente la psicologia). Affrontando più nel dettaglio i rapporti tra g. e psicologia, nel corso del Novecento sono emerse posizioni molto divergenti tra i grafologi rispetto alla questione dell'inserimento o meno della g. fra le scienze psicologiche.

Lo stesso G.M. Moretti (1879-1963), nel 1924, si dichiarò favorevole all'inclusione della g. tra le scienze psicologiche, e su questo versante si sono schierati, nella seconda metà del secolo scorso, molti grafologi seguaci del metodo morettiano, tanto che sono state spesso utilizzate denominazioni quali grafopsicologia, grafoanalisi, psicologia della scrittura. Altri grafologi, come J. Peugeot, H. Mathieu, I. Conficoni, si sono dichiarati in disaccordo con la classificazione della g. fra le discipline psicologiche, rivendicandone l'originalità e l'autonomia, mentre una terza corrente ha assimilato la g. a una tecnica, a una procedura, con un'operazione riduttivistica che la accomuna ai test psicologici.

Nell'ultimo decennio del 20° sec., pur riconoscendo le affinità tra le due discipline, si definisce la g. in termini di "disciplina che si occupa dello studio della scrittura" e, attraverso questa, indaga sul carattere e sulla dinamica della personalità (Boille 1998). Così configurata, con un materiale di analisi specifico - la produzione grafico-manoscritta di un soggetto - si può parlare di g. come scienza che mira alla visione olistica della persona umana condividendo e coadiuvando le istanze della psicologia clinica.

Formazione e deontologia

A partire dagli anni Ottanta del secolo scorso, si è andata via via attenuando la distanza tra scuole grafologiche che opponeva grafologi di formazione diversa e, in Italia, i professionisti di estrazione morettiana a quelli di scuola francese. La necessità di accreditare la disciplina tra gli studiosi del comportamento umano e di veicolarne un'adeguata immagine, ha consentito di identificare un 'metodo grafologico europeo', che possa accogliere ed esaltare gli apporti e le intuizioni di una serie di autori (per es., J. Crépieux-Jamin, L. Klages, M. Pulver, W. Hegar, Moretti, R. Saudek, A. Teillard, R. Pophal, J.-Ch. Gille-Maisani, A. Vels).

La g. sperimenta in effetti la sua massima diffusione in Europa, anche se con modalità non omogenee. Le applicazioni e le ricerche risultano particolarmente consolidate in Francia,tuttavia all'analisi grafologica si fa ricorso anche in altri Paesi. Al di fuori del continente europeo, tale disciplina ha trovato diffusione in Israele, Stati Uniti, Canada, Brasile e, più recentemente, in Argentina. Anche la formazione dei grafologi differisce da Paese a Paese, pur orientandosi ormai verso un percorso di studi che fissa in 3 anni la durata minima dei corsi e che, attraverso un approccio interdisciplinare, integra nei programmi di studio branche della psicologia (psicologia del lavoro, sociale, psicopatologia, psicanalisi) con un esplicito riferimento alla loro applicazione alla scrittura.

Le istituzioni che promuovono i corsi di formazione per i grafologi sono prevalentemente private, in curioso contrasto con le origini degli studi grafologici, che si svilupparono per lo più in ambito universitario: infatti uno dei pionieri della g., l'italiano C. Baldi (1550-1637), era docente di filosofia presso l'Università di Bologna; M. Pulver (1889-1952), filosofo, poco prima di morire ottenne la cattedra di g. presso l'Università di Zurigo; negli stessi anni R. Heiss (1903-1974), docente di psicologia e filosofia, creò un centro di insegnamento della g. presso l'Università di Friburgo, e R. Pophal (1893-1966), neurologo, insegnava g. presso l'Università di Amburgo.

A livello universitario è stato omologato, dal governo francese, il diploma rilasciato dal Groupement des graphologues conseils de France (GGCF), mentre in Italia, nel 1996, all'elenco delle lauree e dei diplomi triennali è stato aggiunto il diploma universitario in consulenza grafologica, con corsi attivati dal 1997 presso l'Università di Urbino e la Libera Università Maria Santissima Assunta (LUMSA) di Roma, oggi trasformati in master annuali di primo livello.

In assenza di un albo professionale , i grafologi italiani hanno dato vita nel 1994 all'Associazione grafologi professionisti (AGP), che ha tra i suoi scopi quello di "promuovere e coordinare iniziative volte al riconoscimento, alla tutela e alla certificazione della professione del grafologo"; 23 le scuole aderenti, circa 300 gli associati. Nel 1992, su iniziativa del GGCF e della Société française de graphologie è stato varato il Codice europeo di deontologia, firmato dalle associazioni grafologiche europee più qualificate. Tra i contenuti più significativi, l'obbligo per il grafologo di usare solo i metodi propri della disciplina, di astenersi dall'emettere diagnosi che appartengano al campo medico e dal prestare la propria opera in ambiti contigui all'occultismo o alla divinazione. Sulla scia del Codice europeo, nel 1994, ha visto la luce l'Associazione deontologica europea dei grafologi (ADEG).

Aree di applicazione

Analisi della personalità dello scrivente; individuazione di attitudini, predisposizioni e tendenze ai fini della scelta dell'indirizzo di studi; analisi delle attitudini e delle potenzialità ai fini della selezione professionale; individuazione precoce di disagio psicologico nei bambini, analisi di testi in ambito peritale giudiziario; rieducazione della scrittura: questi alcuni degli ambiti di applicazione della g., che vedono spesso il grafologo lavorare in collaborazione con specialisti di altri settori.

In Francia la g. è largamente utilizzata nelle assunzioni, nella progressione di carriera, nello sviluppo professionale: secondo uno studio del 1991, la percentuale di applicazione dell'analisi grafologica alla selezione del personale è addirittura del 93% (poco meno del colloquio e molto di più dei test attitudinali). Percentuali più basse di utilizzo in Italia, Gran Bretagna, Olanda (4%) e Belgio (3%), anche se le cifre possono considerarsi sottostimate in quanto molte aziende, specialmente in Italia, preferiscono non pubblicizzare il ricorso all'analisi grafologica per un problema di dati 'sensibili' evidenziabili.

Collegata alla g., ma disciplina a sé stante, la 'perizia giudiziaria' utilizza largamente l'approccio grafologico, anche se necessita di studi specifici e possiede una propria metodologia d'indagine grafistica, correlata a una peculiare strumentazione. Più che di perizia 'calligrafica' (che opera un confronto puramente formale tra lettere omografe) si parla oggi di perizia 'grafologica', che analizza il gesto grafico nel suo divenire e individua la 'personalità grafica' dell'autore, senza eseguire per questo un'analisi di personalità, che non è richiesta dai giudici. I casi più frequenti di testi sottoposti a verifica riguardano firme su assegni e cambiali, stesura di testamenti olografi, lettere anonime.

Nell'ultimo scorcio del 20 sec., sulla scia degli studi di R. Olivaux, si è fatto di frequente ricorso al grafologo per la cura della 'disgrafia': disturbo specifico dell'apprendimento che si manifesta con la difficoltà a riprodurre segni alfabetici e numerici, in assenza di deficit intellettivi e neurologici. È questo il campo della rieducazione della scrittura, detta anche 'grafoterapia', il cui obiettivo è ripristinare le funzioni grafiche perdute e ristabilire la funzione comunicativa della scrittura segnatamente nel bambino e nell'adolescente. Non è comunque raro che ricorrano alla grafoterapia anche adulti che, avendo di fatto sostituito la penna con il personal computer, sperimentano una grave perdita di scioltezza del gesto grafico.

bibliografia

L. Klages, Handschrift und Carakter, Leipzig 1917 (trad. it. Milano 1956, 19822).

M. Pulver, Symbolik der Handshrift, Zürich 1931 (trad. it. Torino 1983).

A. Teillard, L'âme et l'écriture, Paris 1948 (trad. it. Torino 1980).

J.-Ch. Gille-Maisani, Psychologie de l'écriture: suite à l'abc de la graphologie, Paris 1978 (trad. it. Napoli 1990).

L. Torbidoni, L. Zanin, Grafologia. Testo teorico-pratico, Brescia 1974, 19985.

J. Peugeot, La conaissance de l'enfant par l'écriture, Paris 1979 (trad. it. Brescia 1985).

R. Olivaux, Pédagogie de l'écriture et graphothérapie, Paris 1988.

N. Boille, Il gesto grafico, gesto creativo. Trattato di grafologia, Roma 1998.

S. Lena, L'attività grafica in età evolutiva, Urbino 1999.

A. e P. Cristofanelli, Grafologicamente. Manuale di perizie grafiche, Roma 2004.

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