GRADARA

Enciclopedia Italiana (1933)

GRADARA

Luigi Serra

. Capoluogo dell'omonimo comune della provincia di Pesaro (da cui dista km. 14,8), situato a 142 m. s. m.,. a circa 2 km. dalla ferrovia Bologna-Ancona, sulle colline prospicienti l'Adriatico. È rinomato il suo castello. Il comune, composto di grosse borgate, contava, nel 1931, 2592 abitanti presenti.

Il castello consta di un duplice recinto senza fossato, appoggiato a una rocca. Le cortine risalgono al sec. XIV, sono coronate da merli guelfi su leggieri sporti di archetti ciechi, privi di piombatoi, intercalate da torri rettangolari aperte alla gola, mentre la porta è fiancheggiata da due torri pentagone aperte anch'esse alla gola e nell'angolo nord si leva un possente torrione poligonale. Il secondo recinto è stato ricostruito in un ripristino recente. Esso ha caratteristiche analoghe al primo ed è saldato alla rocca. Questa presenta un organo iniziale, la grossa torre quadrangolare merlata alla ghibellina e con difesa piombante, cui originariamente era collegato un castellare. Tale nucleo primitivo si può riportare al sec. XIXII circa. Malatesta di Verucchio iniziò la costruzione della rocca appoggiandola ad esso; l'opera da lui iniziata venne compiuta dal figliuolo Pandolfo (1307-25). La rocca ha pianta quadrilatera; un'angolata è comandata dalla torre maestra, due da torri poligonali, analoghe a talune del recinto di Cesena, l'ultima da una torre quadrata con propria porta verso l'esterno. Le esigenze della difesa erano espresse in una forma costruttiva chiara, solida, elegante, anticipando di oltre un secolo sull'evoluzione dell'arte fortificatoria col livellare le torri minori al piano delle cortine, scarpando quelle poligonali al disotto del cordone. In sostanza, lo schema costruttivo è onalogo a quello della Rocca Malatestiana di Rimini. Nel sec. XV ebbe luogo la trasformazione interna in dimora sontuosa, oltre all'adattamento della difesa ai nuovi concetti dell'arte fortificatoria.

Dai Malatesta passò ad Alessandro Sforza, quindi ai della Rovere, infine alla Santa Sede, per diventare nel 1773 proprietà privata. Nella cappella si ammira una nobile pala in terracotta attribuita a ragione ad Andrea della Robbia. Nel Municipio è conservata una tavola di Giovanni Santi (1484), una Madonna della Misericordia (1494) della maniera di Bartolomeo Vivarini, una tavola con la Madonna e Santi e quindici quadretti della vita di Gesù attribuiti a Benedetto Coda da Rimini.

Bibl.: A. degli Abbati Olivieri, Memorie di Gradara, in G. Colucci, Antichità picene, XXIV (1795); G. Sacconi, Relazione dell'Ufficio Regionale per la conserv. dei mon. delle Marche e dell'Umbria, Perugia 1903, pp. 303-306; Bodo Ebhardt, Die Burgen Italien, Berlino 1917-27, VI, p. 28; L. Marinelli, in Cronache d'arte, I (1924), pp. 175-79; L. Serra, L'arte nelle Marche, Pesaro 1929, pp. 225, 228, 239-40, 241.

© Istituto della Enciclopedia Italiana - Riproduzione riservata