GORGONE e Gorgoni

Enciclopedia Italiana (1933)

GORGONE e Gorgoni (Γοργώ, Gorgon)

Bruno Lavagnini

La forma più antica del nome è Γοργώ, al plurale con tema ampliato Γοργόνες, da cui poi si derivarono anche le forme del singolare e un nominativo Γοργών (più tardi e presso i Bizantini Γοργόνη, lat. classico Gorgo o Gorgon, latino tardo Gorgona). Il nome alluderebbe alla potenza malefica dello sguardo. La storia del nome mostra che il mito originario conosceva solo una Górgone. La triplicazione dell'originario mostro, nelle tre persone di Medusa (Μέδουσα), che rimane la Gorgone per eccellenza, di Stenno (Σϑεννώ, "la Forte") e di Euriale (Εὐρυάλη "quella che salta lontano") è proceduta dall'antica tendenza, attiva in suolo greco, soprattutto per le divinità femminili, a formare gruppi di tre (cfr. le Cariti e le Erinni). Poiché il mito conosceva solo l'uccisione di una Gorgone, alle sorelle mitologicamente più giovani si attribuì l'immortalità (Esiodo, Teogonia, v. 277).

Quasi tutte le notizie si accordano per porre il soggiorno delle Gorgoni nell'estremo Occidente, cioè nelle vicinanze del regno dei morti, e Ulisse nell'Ade (Odissea, XI, 634) teme che Persefone gli mandi contro la testa della Gorgone. Tra le località connesse col mito sta in prima linea Argo, nella cui piazza si mostrava il sepolcro della testa di Medusa. A Tegea veniva conservato un riccio della Gorgone. Secondo la Teogonia (270 segg.), le Gorgoni sono figlie di Forkys e di Keto, e ciò si accorda sia con la loro dimora presso l'Oceano, sia con l'epiteto di "marine" (Esichio, γοργάδων ἁλιάδων). Omero parla solo della testa della Gorgone, di cui viene rilevato il terribile sguardo. La più antica descrizione precisa è presso Esiodo (Scudo, 230), dove alla Gorgone sono attribuiti anche due serpenti, che si sollevano dalla cintura intorno e al disopra del capo di lei, la lingua pendente e i denti ferini. Le serpi sono anche in seguito il più comune attributo della Gorgone, però non come cinture, ma in sostituzione dei capelli: altri attributi antichi delle Gorgoni sono le ali, e il terribile muggito. Secondo la versione più diffusa nella letteratura e nell'arte la Gorgone è uccisa da Perseo (v.), con una spada (Esiodo) o, presso tutti i posteriori, con una specie di scimitarra, la harpe falcata. Con questa Perseo recide la testa a Medusa, che trova addormentata tra le sorelle, mentre egli stesso, per non essere impietrato dallo sguardo della Gorgone, sta rivolto altrove, o guarda l'immagine della Gorgone in uno scudo o in uno specchio. In quell'istante nascono'da Medusa Pegaso e Chrysaor; le sorelle Stenno ed Euriale si svegliano e inseguono con terribili grida l'uccisore, che porta la testa entro una specie di sacco (kibisis), ma non possono vederlo a motivo dell'elmo incantato che Perseo aveva ricevuto da Ermete, e devono rinunziare all'inseguimento. La testa di Medusa è da Perseo data ad Atena che la fissa al suo petto. Secondo un'altra versione, la testa stava sepolta nella piazza d'Argo, sotto un piccolo colle (Pausania, II, 21, 5). Da una variante poetica del mito la testa di Medusa, con Perseo, è posta fra le costellazioni. Pindaro ed Eschilo sono i primi a riferire il particolare mitico secondo cui lo sguardo della Gorgone tramutava in pietra. Questa forza magica rimane alla testa di Medusa anche dopo che essa è stata recisa, sia in mano a Perseo sia sul petto di Atena.

Ad essa si attribuiva fra l'altro l'impietramento di Atlante, di Fineo, di Polidette e dei Serifî. Il motivo fu trasferito alla vita animale con la leggenda che i coralli abbiano acquistato la proprietà d'indurirsi all'aria grazie al sangue della Gorgone che, filtrando attraverso la kibisis, cadde nel mare. Mentre Perseo volava al disopra della Libia, gocce di sangue caddero sul suolo, mutandosi in serpenti velenosi. Così raccontava Apollonio Rodio (Schol. a Nicandro Theriaca, 11). Secondo un mito esposto in Euripide (Jone, 1003, sgg.) Antea avrebbe dato al giovane Erittonio due gocce di sangue della Gorgone, delle quali una era capace di guarire, l'altra di uccidere. Già in Esiodo (Teogonia, 178) Medusa è l'amante di Posidone e da lui genera (occorre ricordare che Posidone era concepito originariamente non in forma umana, ma teriomorfo), quando la testa le è recisa, il cavallo alato Pegaso che porta il tuono e il lampo di Giove, e il grande Chrysaor. Il collegamento con Posidone si spiega con la relazione di entrambi al mare, poiché le Gorgoni sono figlie di antiche divinità marine e nella superstizione popolare dei Greci moderni si sono fuse con le Nereidi.

Per la sua relazione con Posidone la leggenda posteriore ha fatto della Gorgone una rivale di Atena, mentre la critica moderna (C. O. Müller, Gruppe) inclina a supporre un'identità originaria fra le due nemiche. La testa della Gorgone, con cui Atena spaventa gli avversarî, sarebbe stata in origine la testa della stessa dea, quando essa era ancora un demone guerresco e non la dea della pace civile: quindi l'epiteto di Gorgopis e Gorgophona (da ϕαίνω). Più tardi, quando col farne una dea olimpica se ne mutò il carattere esterno e interno, l'essenza demoniaca e gorgonea fu separata da lei, e le fu contrapposta come qualche cosa di nemico e di ostile. Meglio che nella leggenda argiva predominante, l'ostilità fra Atena e la Gorgone è espressa nella più rara versione del mito che fa uccidere la Gorgone dalla stessa Atena. Così già Euripide intendeva l'epiteto gorgophone (Jone, 1478). La versione è attestata presso Euripide, Jone 992 segg., e anche altrove. Benché più rara, sembra essa la versione originaria, perché è naturale che sia il vincitore stesso ad avere il trofeo della vittoria, anziché riceverlo da altri in compenso dell'aiuto prestato, come presuppone la versione argiva.

Accanto alla scepsi negativa di Platone (Fedro 229 D) e di Strabone (I, 2, 8, p. 19), non mancarono nell'antichità le interpretazioni razionalistiche del mito. per lo più evemeristiche, secondo cui la Gorgone fu considerata una regina di Libia vinta da Perseo (Pausania, II, 21, 5), o un'Amazzone libica (Pausania, II, 21, 6), o un'etera di meravigliosa bellezza che impietrava di stupore gli ammiratori (Eraclito περὶ ἀπίστων, c. I), o una specie di capra selvatica (Alessandro di Mindo in Ateneo, V, 221, 3). Erroneamente i moderni hanno attribuito agli Orfici l'interpretazione della Gorgone come volto lunare, mentre in realtà dal passo di Clemente Alessandrino (Strom., V, 48) non risulta se non che essi usavano nel loro gergo il termine gorgoneion come denominazione allegorica del disco lunare, a motivo del volto umano che in esso si intravvede. L' interpretazione allegorica e morale di Fulgenzio (Mitol., I, 21) risale forse allo stoicismo. Numerose e varie sono state anche le interpretazioni moderne. Assai diffusa per un certo tempo è stata l'interpretazione del Gorgoneion come la faccia lunare, che appare tuttavia inconsistente. Più verosimile l'interpretazione del Roscher, il quale, non senza precedenti antichi e moderni, vede nella Gorgone la personificazione della nube temporalesca. La forza del suo sguardo è un'immagine della folgore e del tuono. Al tratto del mito secondo cui dal collo reciso di Medusa balzano Pegaso, il cavallo alato, che reca il fulmine di Giove, e l'uomo della spada d'oro (Chrysaor), fa singolare riscontro la concezione che il fulmine fenda la nube gravida di tempesta e ne balzi fuori. All'elemento naturalistico fu associato il mito primario indoeuropeo dell'eroe che lotta coi mostri, e da allora la saga ebbe un'evoluzione propria del tutto indipendente dal punto di partenza, che era il fenomeno naturale.

Iconografia. - Come nella letteratura le testimonianze più antiche parlano soltanto di testa della Gorgone, così anche nell'arte il Gorgoneion (o maschera mostruosa della testa della G.) è l'elemento più antico, e rimane il più importante sino alla fine dell'antichità. Questa maschera mostruosa non è né una scoperta né una particolarità greca. Presso quasi tutti i popoli primitivi si manifesta infatti l'idea che sia possibile tenere lontani gli spiriti maligni con l'imitare la maschera mostruosa d'uno di loro. Sembra che il Gorgoneion sia venuto alla Grecia dalla Siria settentrionale, attraverso l'Asia Minore. Negli strati più antichi dell'arte greca manca ogni traccia del Gorgoneion sino agl'inizî del sec. VII a. C.

Le rappresentazioni della figura intera vengono dopo le rappresentazioni isolate del Gorgoneion, ma sono straordinariamente numerose nell'età arcaica, mentre più tardi solo singole scene vengono ripetute. L'uso più frequente del Gorgoneion nell'arte arcaica è per scopi puramente decorativi. Soprattutto esso si presta bene a riempire uno spazio quadrato. Frequente è l'uso di gorgonei fittili come antefisse (cfr. D. van Buren, Archaic fictile revetments in Sicily and Magna Graecia, Londra 1923, tav. XIV) e come medaglioni sul frontone per mascherare la testata della trave (P. Orsi, in Mon. Ant. Lincei, XXV, 1919, p. 287 segg.; XXIX, 1924, p. 423 segg.), e pare verosimile che quest'uso accessorio abbia suggerito l'uso del motivo del Gorgoneion, o della scena mitologica dell'uccisione della Gorgone, per decorare il campo stesso del frontone (G. E. Rizzo, Di un tempio fittile di Nemi, ecc., in Bull. della Commiss. archeolog. comunale, Roma 1910-1911) come appare nel frontone arcaico di Garítsa, a Corfù. La scena dell'uccisione di Medusa, raffigurata sulla famosa metope di Selinunte non solo s'incontra in un gran numero di opere arcaiche, ma è stata rappresentata anche in un celebre dipinto della fine del sec. V, spesso imitato e modificato, dove Medusa, in figura di bella fanciulla senza difesa, è non decapitata, ma solo, simbolicamente, privata del riccio; Perseo, rivolto altrove, guarda come in uno specchio entro lo scudo che Atena dietro a lui sorregge.

La fuga e l'inseguimento di Perseo erano rappresentati sullo scudo di Eracle, descritto da Esiodo (Scudo, 216 segg.) e sull'arca di Cipselo (Pausania, V, 18, 3). Perseo di solito con la bisaccia che nasconde la testa di Medusa e con la harpe, armato spesso di calzari alati e dell'elmo di Hades, siede talvolta su Pegaso, e spesso è presente Hermes, che lo spinge alla fuga, più di rado Atena.

La rappresentazione arcaica delle Gorgoni è quella d'una figura femminile che si muove rapidamente verso destra, il tronco di profilo, con ginocchia assai piegate, tanto da sembrare che s'inginocchi, e con la maschera gorgonea mostrata sempre di fronte, un braccio abbassato e uno sollevato. Le ali mancano solo in rari casi. I monumenti ionici più antichi mostrano per lo più quattro ali. Nelle più antiche rappresentazioni i serpenti mancano interamente: prima compaio no alla cintura e solo più tardi sulla testa in luogo di capelli. La diffusione straordinaria della maschera di Medusa è dovuta allo scopo apotropaico. L'uso continuato del Gorgoneion dal sec. VII a. C. alla fine del mondo antico ha avuto per conseguenza che questo simbolo ha partecipato ininterrottamente all'evoluzione stilistica dell'arte classica, non ostante la tendenza conservatrice risultante dalla destinazione apotropaica. Il tipo arcaico negli esemplari più antichi mostra il volto, esteso in larghezza a motivo della forma circolare obbligata, con grandi occhi, fronte bassa, spesso solcata da rughe verticali, naso schiacciato, bocca allungata, con denti ferini agli angoli e lingua penzolante. Assai presto, per un adattamento alla linea circolare della periferia, si cominciano a piegare in su gli angoli della bocca, donde risulta la bizzarra espressione sorridente della maggior parte dei gorgonei arcaici. In molte rappresentazioni della Gorgone si trova non solo una folta capigliatura, superiormente e ai lati, ma anche una barba più o meno pronunziata. La spiegazione più persuasiva di questo fatto è quella addotta dal Furtwängler, il quale vede nel tipo del Gorgoneion la derivazione da una originaria maschera demoniaca maschile.

Il tipo medio, che è da porre cronologicamente fra il 450 e il 400, segna la transizione dalla maschera demoniaca dell'età arcaica alla bella testa del terzo periodo. I segni caratteristici della maschera arcaica, bocca larga, rughe frontali, e persino la lingua pendente, sono mantenuti, ma non più accentuati fino alla caricatura, sibbene mitigati e umanizzati. Alla bocca viene restituita la posizione orizzontale. I serpenti sono rari e spesso annodati sotto il mento. Il Gorgoneion di questo tipo appare soprattutto in questo periodo nelle statue di Atena che lo conservano in genere anche nelle numerose repliche posteriori. Il tipo bello elimina ogni deformazione. La caratterizzazione come Gorgoneion è data unicamente dalla espressione del bel volto, a cui vengono aggiunti come sussidio (ma possono mancare) gli attributi dei serpenti e, più tardi, delle ali sulla testa. Dapprima questi gorgonei sono d'una bellezza tranquilla e viene anche mantenuta la forma circolare, larga, del viso. L'espressione gorgonea è posta negli occhi aperti, sbarrati, senza vita, nelle chiome stravolte e nei serpenti aggrovigliati. Il più famoso esemplare di questo tipo è la Medusa Rondanini della Gliptoteca di Monaco. La libertà dell'artista divenne ancora maggiore nell'età ellenistica, a cui appartiene la creazione del tipo patetico della Medusa dolente, che commuove lo spettatore per il profondo contrasto fra la sovrumana bellezza del volto e l'espressione tragica di un atroce tormento, che impronta di sé tutte le linee senza deformarle. Per raggiungere meglio un tale effetto viene abbandonata la rappresentazione di prospetto in favore di quella di tre quarti. Non pochi esemplari di questo tipo sono giunti a noi.

Bibl.: W. H. Reoscher e A. Furtwängler, in Roscher, Lexicon der griech. und röm. Mythologie, I, 1695-1727, s. v.; G. Glotz, in Daremberg e Saglio, Dict. des ant., II, 1615-1629; K. Ziegler, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., VII, colonne 1630-1655; A. Ferrabino, Kalypso, Torino 1914, p. 338 segg. e gli articoli di K. Geroiannis e S. Marinatos in 'Αρχαιολογικὴ 'Εϕημερίς, 1927-28, pp. 128-176 e 7-41 (per una supposta origine minoica del mito).

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