ALESSANDRINI, Goffredo

Enciclopedia del Cinema (2003)

Alessandrini, Goffredo

Stefania Carpiceci

Regista cinematografico, nato al Cairo (Egitto) il 9 settembre 1904 e morto a Roma il 16 maggio 1978. Tra i più rappresentativi cineasti italiani degli anni Trenta e Quaranta, promosse il filone comico-sentimentale con La segretaria privata (1931) e Seconda B (1934), e quello militare-colonialista con Luciano Serra pilota (1938) e Giarabub (1942). Per i valori che esaltava fu uno dei registi di riferimento del regime fascista, premiato per quattro volte alla Mostra del cinema di Venezia.Figlio di un ingegnere italiano trasferitosi in Egitto, A. apparteneva a una famiglia colta e benestante. Si laureò in architettura, ma sognava una carriera cinematografica e iniziò a girare immagini documentaristiche e spettacolari della costruzione di una diga sul Nilo. Nacque così La diga di Nag Hamadi (noto anche come La diga di Maghmod, 1929), un cortometraggio che nel 1931 gli valse l'assunzione alla Cines-Pittaluga di Roma, dove lavorò prima come assistente alla regia di Alessandro Blasetti (già affiancato in Sole, 1929) sul set di Terra madre (1931), e poi come regista di La segretaria privata ‒ rifacimento di un film tedesco, Die Privatsekretärin (1931) di Wilhelm Thiele ‒, interpretato da Elsa Merlini, Nino Besozzi e Sergio Tofano. Fedele all'originale, senza nascondere gli espliciti riferimenti alla sophisticated comedy e al musical americano, questa ennesima versione del mito di Cenerentola, con la segretaria che alla fine va in sposa al direttore della banca, si contraddistinse per ritmo, interpretazione e décor, ottenendo un largo successo di pubblico e di critica. La notorietà conquistata rimbalzò oltreoceano e A. fu chiamato dalla Metro Goldwyn Mayer alla direzione del doppiaggio in italiano dei film statunitensi, incarico che ricoprì per circa due anni. Al rientro in Italia, nel 1934, incontrò Anna Magnani, con la quale ebbe una relazione tormentata: sposò l'attrice nel 1935 e se ne separò nel 1942. Sempre nel 1934 diresse Seconda B, con Sergio Tofano, Maria Denis e Dina Perbellini. In una Cines profondamente mutata in sua assenza, e distaccandosi dagli intenti dello sceneggiatore (Umberto Barbaro), A. girò così il primo dei film 'collegiali', il cui impianto fu destinato ‒ nell'ambito del genere commedia ‒ a essere ripreso sia da Maddalena zero in condotta (1940) diretto da Vittorio De Sica sia da Ore 9: lezione di chimica (1941) di Mario Mattoli. Ma fu soprattutto Cavalleria del 1936 (preceduto da Don Bosco, 1935), significativa rievocazione dell'epoca d'oro della cavalleria militare sabauda, interpretata da Amedeo Nazzari e premiata con la Coppa del Ministero per la stampa e la propaganda, a segnalare un A. ormai maturo, raffinato nelle ricostruzioni della società di fine Ottocento, abile nel dosare eroismo e sentimento, elementi che ricorreranno anche nei film successivi come Luciano Serra pilota e Abuna Messias ‒ Vendetta africana (quest'ultimo realizzato nel 1939; entrambi vennero premiati con la Coppa Mussolini alla Mostra del cinema di Venezia) e anche Giarabub, tre grandi affreschi corali che raccontano rispettivamente le gesta di un pilota, di un cardinale e di un comandante con riferimento, diretto o indiretto, alla guerra d'Africa, prediligendo ora i toni epici e avventurosi, ora quelli intimistici e romantici; sulla linea celebrativa ma non enfatica che era stata già di Una donna tra due mondi (1936) e di La vedova (1939) e che sarà poi dei successivi Il ponte di vetro (1940), Caravaggio ‒ Il pittore maledetto (1941) e Nozze di sangue (1941).Nel 1942 A. realizzò il film Noi vivi ‒ Addio Kira, opera monumentale in due parti, premiata anch'essa a Venezia e interpretata da Alida Valli, Rossano Brazzi e Fosco Giachetti. Tratto dal romanzo di A. Rand, alla cui riduzione cinematografica avevano lavorato Orio Vergani e Corrado Alvaro, il film riscosse ampio consenso di pubblico, ma non di critica, la quale non riuscì allora ad apprezzare le sfumature melodrammatiche e la splendida ricostruzione in studio della Russia rivoluzionaria. Infine, tra i film che il regista diresse dal 1943 al 1952 (Lettere al sottotenente, 1945; Chi l'ha visto?, 1945; Furia, 1947; La peccatrice bianca, 1949; Sangue sul sagrato, 1951; e Camicie rosse ‒ Anita Garibaldi, 1952, con Anna Magnani nella parte di Anita Garibaldi) si distinse L'ebreo errante (1948), ispirato al romanzo di E. Sue e interpretato da Vittorio Gassman. Trasposizione moderna del mito dell'ebreo condannato a errare in eterno, in cui viene affrontato anche il tema della deportazione nazista, per il particolare rilievo dato all'argomento ottenne uno speciale Nastro d'argento.

Negli anni Cinquanta e Sessanta la sua fama volse rapidamente al declino: in due occasioni, durante la lavorazione di Sangue sul sagrato e di Camicie rosse, lasciò che altri (tra cui l'allora esordiente Francesco Rosi) ultimassero le riprese; fece ancora un paio di supervisioni ed ebbe marginali ruoli d'attore in La Celestina P... R... (1965) di Carlo Lizzani e in Latin lover (episodio di I tre volti, 1965), diretto da Franco Indovina.

Bibliografia

Il cinema italiano dal '30 al '40, a cura di E.C. De Miro et al., Genova 1974, pp. 61-77.

F. Savio, Cinecittà anni Trenta. Parlano 116 protagonisti del secondo cinema italiano (1930-1943), Roma 1979, pp. 6-56.

G.P. Brunetta, Storia del cinema italiano, 2° vol., Il cinema del regime, Roma 1993², pp. 144-46 e passim, e 3° vol., Dal neorealismo al miracolo economico. 1945-1959, Roma 2000³, passim.

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