Moda, globalizzazione della

Lessico del XXI Secolo (2013)

moda, globalizzazione della


mòda, globalizzazióne della locuz. sost. f. – Come conseguenza della globalizzazione le persone sono divenute sempre più connesse e interdipendenti in molti aspetti della loro vita, incluso il modo di vestire. Nessun’altra forma di commercio può vantare di essere così pervasiva e ubiqua come il settore del tessile e dell’abbigliamento che, di fatto sinonimo di moda, va assumendo una rilevanza crescente nella cultura contemporanea. ll desiderio di essere dentro lo spirito del tempo, di navigarvi con competenza è espresso attraverso la pratica della moda, alla quale pochi volontariamente si sottraggono e che molti invece ambiscono padroneggiare, considerandola il linguaggio più immediato per compiere il viaggio nella modernità del 21° secolo. Molti studi recenti hanno analizzato gli effetti della globalizzazione sul vestire, sui gusti e sulle abitudini delle persone (D. Crane, Fashion and its social agendas: class, gender and identity in clothing, 2000, trad. it.  2004; M. Maynard, Dress and globalisation, 2004; G.I. Kunz, M.B. Garner, Going global: the texile and apparel industry, 2007; J. Craik, Fashion: the key concepts, 2009). Risulta evidente che la moda cosiddetta globalizzata non può essere considerata come una semplice espansione lineare della notorietà e del potere di stilisti, marchi e multinazionali del lusso dall’Occidente al resto del mondo. Persino la diffusione globale di jeans e t-shirt non è uniforme come potrebbe sembrare a un primo sguardo. Ogni scelta individuale o collettiva di adottare un capo del guardaroba occidentale in luoghi del mondo che utilizzano altre grammatiche sartoriali, ha sempre a che vedere con il contesto locale di riferimento. Il concetto di ‘autenticazione culturale’, cioè il processo con cui i membri di un gruppo culturale incorporano elementi estranei e li fanno propri, è stato coniato dagli antropologi della moda (J.B. Eicher, S.L. Evenson, H.A. Lutz, The visible self: global perspective on dress, culture and society, 2008) per rendere conto della complessità con cui elementi di vestiario diverso dalla propria tradizione vestimentaria vengono inseriti e inglobati nelle abitudini locali. I modi del vestire occidentale, confluiti nel significante moda moderna, non sono quindi il solo vocabolario sartoriale esistente, ma l’insieme del vestire occidentale e le diverse risposte locali vanno a comporre l’attuale mosaico della moda globale. Da un lato ci sono i brands occidentali, che si espandono nel mondo alla ricerca costante di nuovi mercati, dall’altro le grammatiche del vestire locale, che si situano in diversi contesti. Infine c’è la moda globalizzata, una sorta di nuovo linguaggio che contiene entrambi e che sempre più persone conoscono e padroneggiano nel mondo, pur declinandolo in modi diversi e potendovi accedere (è importante non dimenticare quest’ultimo aspetto) in modalità diversificate e ineguali. La globalizzazione della moda attinge a entrambi gli idealtipi, quello della ‘moda europea’ e quello del ‘costume’. L’attualità, il presente che seduce seguaci e autori della moda globalizzata ha metabolizzato la tradizione, al punto che risulta difficile considerarle categorie concettuali opposte. Nella sua semplificazione, la moda globale è essa stessa un idealtipo, evocata per nascondere le disuguaglianze che comporta – come in United colors of Benetton – ma nella sua pratica è un fenomeno reale fluido, vivace e in movimento. Un filo rosso fatto di ‘storie di moda’ di vario genere unisce gli ambiti più disparati e le latitudini più remote, risonando dall’ultima prestigiosa sfilata londinese alla moda prodotta dalle donne di una cooperativa di favela brasiliana. Energia, innovazione e creatività sembrano provenire maggiormente dai luoghi come il Brasile, la Cina, l’India e le tante ‘città della moda’ in varie parti del mondo, mentre la tradizione e il recupero della storia sartoriale sono appannaggio dei vecchi centri europei. Se le ricerche dimostrano che il business si fa ancora soprattutto a New York e a Parigi e in seconda battuta Londra e Milano, il quadro è in rapido cambiamento, poiché le forme della moda, gli usi e le motivazioni interessano una composizione geografica più espansa, soggetta a continue variazioni.