GIUSEPPE

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 57 (2001)

GIUSEPPE

Tommaso di Carpegna Falconieri

Nacque presumibilmente alla fine del sec. IX. Figlio del conte Gottifredo "de ducato Spoletino" (m. nel 920 circa), a sua volta figlio di Giuseppe, vassallo imperiale, G. apparteneva alla famiglia longobarda dei gastaldi, poi conti di Rieti, attestata già dall'anno 821 e in possesso di numerosi beni nella Sabina longobarda e in quella romana. Ebbe una moglie di nome Benedetta, e almeno quattro figli: Atto, Ranieri, Sinibaldo e Gottifredo, documentati alla fine del secolo X; da costoro discesero personaggi che, ancora alla fine del secolo successivo, erano signori di castelli posti nel territorio reatino.

Da molti storici G. è stato ritenuto il padre di quell'Ottaviano che, marito di Rogata figlia di Crescenzio Nomentano, avrebbe dato l'origine alla famiglia romana dei Crescenzi Ottaviani, rettori della Sabina per una parte del secolo XI. Questa determinazione di parentela, stabilita forse per la prima volta da P.L. Galletti nel secolo XVIII, andrebbe ricondotta a ciò che è davvero, cioè una semplice congettura. Se infatti alcuni dati la rendono verosimile (il fatto che Ottaviano fosse realmente figlio di un Giuseppe, che questi avesse possedimenti nel Reatino e che i suoi figli divenissero rettori di Sabina), altre considerazioni invitano alla prudenza: il nome Giuseppe, raro a Roma, non lo era altrettanto nei limitrofi territori longobardi; in secondo luogo, Ottaviano non è mai ricordato insieme con i suoi fratelli, che invece troviamo ad agire anche congiuntamente; inoltre, i Crescenzi Ottaviani divennero rettori di Sabina solamente al principio del secolo XI, cioè a considerevole distanza di tempo dal periodo in cui visse Giuseppe. Infine, G. è attestato già nel 922, mentre Ottaviano è attivo più di un secolo dopo.

G. compare sulla scena nel 922 quando, erede del padre morto da poco tempo, donò al vescovo di Rieti beni valutabili 40 lire, ricevendo in cambio la terza parte della località Collina. Nel novembre 941 è ricordato in un atto privato con il titolo di duca e rettore di Sabina. Questo significa che in quel periodo G. conduceva una politica vicina a quella del princeps Alberico di Roma, e che questi lo aveva insignito del titolo di rettore, consolidando in tal modo il controllo romano della Sabina. Il fatto che tale regione entrasse proprio in quel periodo nell'orbita di influenza dell'Urbe può essere un'altra ragione per la quale si è voluto accostare G. alla famiglia romana dei Crescenzi. È anche verosimile credere che il marchese Sarilo, attestato come rettore di Sabina ancora nell'estate del 941, fosse stato deposto con la forza all'arrivo del re Ugo di Provenza, e che dunque G., suo successore, fosse da considerarsi un fedele alleato di quel sovrano. In ogni caso, egli portò il titolo di rettore per poco tempo, visto che già nel 943 è conosciuto il suo successore Ranieri (forse un figlio o un parente).

Nel corso dell'anno 942 G. comandò l'esercito dei Reatini contro un'orda di Ungari, sbaragliandola. Benedetto monaco del monte Soratte, unica fonte dell'accadimento, narra che gli Ungari, dopo avere combattuto contro i Romani presso porta S. Giovanni (porta Asinaria), si mossero alla volta di Rieti. G., che dal cronista è definito "longobardo prudente", uscì dalla città con forze ingenti e diede battaglia, facendo numerosi morti e prigionieri. La sconfitta sarebbe stata talmente bruciante che gli Ungari, da allora, non sarebbero più rientrati in Italia.

Nel 955 il conte G. e sua moglie Benedetta diedero a Campone abate di Farfa 100 soldi, ottenendo da lui in enfiteusi la corte di San Severino in territorio sabino, che lo stesso G. aveva precedentemente ceduto in permuta.

Non conosciamo la data della sua morte, avvenuta certamente prima del 982, quando i suoi figli sono ricordati tra i presenti a due placiti.

Fonti e Bibl.: Gregorio da Catino, Il Regesto di Farfa, a cura di I. Giorgi - U. Balzani, Roma 1879-88, docc. 251 (a. 821), 369 (a. 882), 342 (a. 920), 387 (a. 941), 399 (a. 982), 400 (a. 982), 411 (a. 994), 443 (a. 1000), 1149 (a. 1097); Id., Il Chronicon Farfense, a cura di U. Balzani, in Fonti per la storia d'Italia [Medio Evo], XXXIII-XXXIV, Roma 1903, I, pp. 89, 248, 302; II, pp. 34, 37; Liber largitorius vel notarius monasterii Pharphensis, I-II, a cura di G. Zucchetti, in Regesta chartarum Italiae, XI e XVII, Roma 1913-32, docc. 168, 171 (a. 955); Benedetto monaco di S. Andrea del Soratte, Chronicon, a cura di G. Zucchetti, in Fonti per la storia d'Italia [Medio Evo], LV, Roma 1920, pp. 161 s.; P.L. Galletti, Del primicero della S. Sede apostolica, Roma 1776, p. 216; H. Müller, Topographische und genealogische Untersuchungen zur Geschichte des Herzogtums Spoleto und der Sabina von 800 bis 1000, Greifswald 1930, pp. 14, 46 s., 75; C. Cecchelli, I Crescenzi, i Savelli, i Cenci, Roma 1942, p. 16; G. Fasoli, Le incursioni ungare in Europa, Firenze 1945, p. 175; P. Brezzi, Roma e l'Impero medievale (774-1252), Bologna 1947, pp. 118, 122, 186; E. Hlawitschka, Franken, Alemannen, Bayern und Burgunden in Oberitalien, Freiburg im Breisgau 1960, p. 263; P. Toubert, Les structures du Latium médiéval: le Latium méridional et la Sabine du Xe siècle à la fin du XIIe siècle, Rome 1973, pp. 993 s., 1029 s. e ad indicem; A. Settia, Gli Ungari in Italia e i mutamenti territoriali tra VIII e X secolo, in Magistra barbaritas. I barbari in Italia, Milano 1984, p. 192; T. Leggio, Le fortificazioni di Rieti dall'Alto Medioevo al Rinascimento, Rieti 1989, pp. 11, 65; Monumenta onomastica Romana Medii Aevi, a cura di G. Savio, Roma 1999, III, pp. 527-529.

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