MORPURGO, Giuseppe

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 77 (2012)

MORPURGO, Giuseppe

Roberto Baglioni

– Nacque a Trieste il 4 febbraio 1816, terzogenito di cinque figli, da Isacco (1764-1830) e da Regina Parente, sorella del banchiere e finanziere Marco Parente, socio in affari del padre. I fratelli maggiori furono Elio (1805-1876), sposatosi con Nina Parente, e Rachele; i fratelli minori Salomone e Giuditta.

Le ipotesi genealogiche sulla famiglia, di origini askenazite, datano il suo insediamento a Gradisca d’Isonzo alla seconda metà del XVI secolo, a seguito degli effetti del decreto di espulsione da Vienna (1560), sancito da Ferdinando I. Alcune notizie collocano l’origine della famiglia prima a Ratisbona, poi a Marburgo (Maribor, in Slovenia), luogo dove si trasferì e dal quale prese il nome Marpurg, poi italianizzato in Morpurgo. L’uscita dal ghetto e il conferimento da parte della Casa imperiale di speciali privilegi in qualità di Hofjuden – una delle prime famiglie a ottenere tale concessione – risultano attestati da un documento del 1721 di Carlo VI e permisero le prime fortune del ramo triestino della famiglia, che ebbe per capostipite Isacco Morpurgo, il quale si trasferì nella piazza giuliana pochi decenni dopo la sua erezione a porto franco (1719), in un momento di grande fervore dei commerci, della navigazione e di crescita degli affari assicurativi a essi collegati. Di lì a poco, inoltre, con il Toleranzedikt di Giuseppe II (1781) i membri delle varie confessioni religiose ebbero l’opportunità di iniziare i loro affari.

Isacco Morpurgo strinse da subito solidi legami, sanciti dal sodalizio matrimoniale, con la famiglia ebraica Parente, una delle prime a giungere a Trieste durante il Medioevo. Il rapporto d’affari si stabilì sin dal 1812 con la fondazione di una casa di commercio, banca d’affari e società di importazioni ed esportazioni, che subì numerose trasformazioni fino ad assumere definitivamente, nel 1834, la denominazione Morpurgo & Parente.

Morpurgo si dedicò sin dalla prima giovinezza ai commerci. Crebbe e si formò in uno stimolante e multilingue ambiente familiare, fatto di saperi trasmessi e maturati nell’ambito della scuola rappresentata dalla banca privata, e dunque per la via diretta della gestione degli affari. Alla formazione scolastica, impartita probabilmente nella Realschule e nelle accademie commerciali, accostò la pratica della casa bancaria di famiglia che operava, oltre che a Trieste, sulle piazze di Vienna, Berlino e Parigi, nei campi della marineria, dell’industria e delle assicurazioni. Nel 1830, alla morte del padre, dovette prepararsi, coadiuvato dallo zio e dal fratello maggiore Elio, a sostenere quella complessa eredità d’affari insieme alle nuove iniziative che fervevano sulla piazza giuliana. Nel 1833 si costituì il Lloyd austriaco, istituzione presieduta dal fratello Elio, ispirata al ben più noto modello inglese, motivata dall’esigenza di tutelare gli interessi comuni degli assicuratori e dei commercianti marittimi della piazza triestina. Fra i maggiori azionisti dell’iniziativa figuravano, accanto alla Union Bank di Vienna, il ramo viennese dei Rothschild, dimostrando che Marco Parente era uno degli interlocutori più accreditati nell’orientare le operazioni finanziarie della potente casa bancaria destinate a Trieste.

In quegli anni di apprendistato, Morpurgo beneficiò di interessanti e molteplici frequentazioni familiari. Nell’aprile 1834 la cognata Nina Parente e il fratello Elio ricevettero le visite del conte Camillo Benso di Cavour, avvenute per motivi d’affari e documentate nel suo diario inedito. Prevalsero i contatti con influenti personaggi del mondo finanziario viennese: i Raffallovich, i Landauer, gli Stametz-Meyer, i Goldschmidt. La famiglia ebbe persino le visite dei reali Ferdinando I e Maria Anna Carolina (1844) e Morpurgo divenne stimato amico e corrispondente di Massimiliano d’Asburgo (dal 1863 imperatore del Messico, paese nel quale trovò la morte, processato e condannato nel 1867 dai ribelli di Benito Juárez) e di sua moglie Carlotta. Il sodalizio d’affari con l’Impero si riaffermò quando il 1° giugno 1836 – seguendo una strategia matrimoniale rigidamente endogamica – Morpurgo contrasse matrimonio con Elisa Parente, prima cugina, figlia di Marco, dalla quale ebbe cinque figli: Emilio (1837), Virginia (1840), Ida (1841), Luigia (1844) e Irene (1848).

Insieme ai componenti della sua famiglia, Morpurgo visse la trasformazione della borghesia in senso irredentistico, cercando di mantenere l’aspetto dei sentimenti nazionalistici distaccato dallo sviluppo degli affari che traevano linfa dall’appartenenza di Trieste all’Impero asburgico. Perseguì dunque, negli incarichi pubblici che ricoprì, la tutela della stabilità politica per mantenere la stabilità economica: un lealismo, quello con gli Asburgo, che non nascondeva però la vicinanza culturale con l’Italia. In qualità di membro e vicepresidente del Consiglio comunale (1861-70), che aveva allora funzione di Dieta, chiese che nella scuola italiana si insegnasse la lingua tedesca e viceversa. Nel Consiglio dell’Impero a Vienna, dove venne eletto deputato nel 1871 nelle fila dei liberali, fu il primo uomo politico a fare un intervento in lingua italiana.

Nel 1840, alla morte di Marco Parente, entrò autorevolmente nella casa bancaria insieme ai fratelli Elio e Salomone. Gli venne affidata la sezione bancaria, mentre Salomone subentrò allo zio nella carica di direttore alle Assicurazioni Generali, affiancando il direttore anziano, caro amico di famiglia, Pasquale Revoltella, e rimanendovi fino al 1850, anno in cui morì di colera. Il 1845 fu l’anno della definitiva fuoriuscita della famiglia Parente dalla ditta, che impose cambiamenti nella sua compagine proprietaria: la sottoscrizione del nuovo capitale sociale, pari a 500.000 fiorini, fu coperta per metà dal ramo parigino dei Rothschild, intervenuti su sollecitazione di Elio Morpurgo, accanto alle famiglie di conoscenti, i Landauer e gli Hierschel.

Nel corso dei moti viennesi del 1848 Morpurgo fu tra gli arruolati, col grado di tenente, nella Guardia nazionale. Nel clima delle difficoltà politiche che portarono alle dimissioni di Metternich, si dimostrò lealista, abbracciando una visione autonomistica per Trieste, nel disegno di un Impero federale. Si contrappose al generale atteggiamento – che già da allora stava attecchendo – della rivendicazione nazionale, particolarmente ostile nei confronti delle minoranze slave.

Nel 1849 ricevette la procura del fratello Elio per rappresentarlo in seno alla direzione del Lloyd austriaco, impegno che si aggiunse a quello di vicepresidente della Deputazione di Borsa di Trieste. Per molti anni ricoprì inoltre l’incarico di vicepresidente della Camera di commercio di Trieste e in tale ruolo promosse la realizzazione del porto nuovo e la seconda linea ferroviaria con l’entroterra, la Trieste-Villaco. Fece parte infine, in qualità di consigliere, della Società d’acquedotto di Trieste, nata nel 1855 su iniziativa del ministro delle Finanze Carlo Ludovico von Bruck per la costruzione dell’acquedotto. Il suo impegno nell’industria si consolidò nel 1857, quando, col concorso di Revoltella, dette vita allo Stabilimento tecnico triestino, di cui divenne direttore e che si distinse nella produzione di macchinari e natanti.

Fra le grandi opere internazionali Morpurgo rimase estremamente affascinato e coinvolto dal canale di Suez, la cui realizzazione era stata avviata nel 1846 con la costituzione della Société d’études du Canal de Suez e si concluse nel 1869, anno in cui morì Revoltella, che dell’iniziativa era stato uno dei vivaci promotori. Morpurgo fu inviato dalla Camera di commercio in qualità di suo rappresentante alla cerimonia inaugurale. Di quel viaggio, fatto col fratello Elio, lasciò una sorta di diario  epistolare scambiato con la moglie, gustoso resoconto di tutte le tappe esotiche toccate e delle cronache mondane legate a quell’evento (Diario dal Canale di Suez, Trieste 1998).  Sull’argomento scrisse anche un Rapporto sull’aprimento del canale di Suez (ibid.1869), uno tra i suoi rari scritti dati alle stampe.

L’apertura del canale pose da subito il problema del monopolio dei traffici, che avrebbe ridotto il ruolo di Trieste a semplice punto di transito delle merci. Per scongiurare tale pericolo, i Morpurgo richiesero all’Impero,  ottenendola nel 1870, una sovvenzione per l’istituzione della linea ferroviaria Trieste-Bombay, ritenuta essenziale per cogliere tutti i vantaggi derivanti dall’apertura del canale, e si impegnarono nella raccolta dei capitali necessari e nel coalizzare il sistema degli interessi delle varie associazioni di categoria per realizzare una società commerciale in grado di gestire i nuovi traffici prodotti.

Gli impegni pubblici valsero a Morpurgo, nel 1869, a soli due anni dalle norme sull’equiparazione, la definitiva consacrazione a nobile: l’imperatore Francesco Giuseppe lo nominò, il 18 marzo, barone. Seguirono, tra le maggiori onorificenze ricevute, quella di commendatore dell’ordine di Francesco Giuseppe (1875), commendatore dell’ordine della Corona d’Italia (1880) e la Gran croce dell’ordine di Isabella la Cattolica (1881).

Nell’ambito delle iniziative bancarie di natura diversa da quelle della banca privata, Morpurgo fu membro del consiglio d’amministrazione del Monte civico commerciale di Trieste (costituito nel 1841 e trasformato nel 1877 nella Cassa di risparmio di Trieste) e, nel 1859, figurò tra i fondatori della Banca commerciale triestina, che presiedette fino al 1891. Come tutti i banchieri privati, partecipò al finanziamento dei grandi lavori pubblici e alla speculazione fondiaria dei primi anni Settanta, inserendosi nel diffuso processo di trasformazione del credito nazionale in corso. Così nel 1871, a Roma, fu tra i promotori, insieme ai banchieri milanesi Giulio Belinzaghi, Alberto Weill-Schott e Luigi Zaccaria Pisa, affiancati da alcuni banchieri torinesi e dall’austriaca Union Bank, della Banca generale.

Organizzata sul modello del Credito mobiliare, questa praticò, insieme alle attività di credito a breve, il finanziamento di grandi opere pubbliche e il credito mobiliare, imponendosi, nel giro di un decennio, come la seconda grande banca privata italiana, con una forte presenza anche sul mercato milanese. Morpurgo mantenne la carica di vicepresidente anche durante la difficile fase del crac finanziario del 1873-74, da cui la Banca generale fu l’unica di grandi dimensioni a uscire indenne, mentre la Banca italo-germanica e la Banca austro-italiana restarono travolte. Lo sviluppo nel tempo rimase tuttavia modesto, essendosi l’istituto impegnato più nelle operazioni finanziarie e fondiarie che nella diffusione territoriale degli sportelli. I tentativi fatti per allargare la raccolta e per dedicarsi al normale lavoro bancario furono tardivi e a pochi mesi di distanza dal fallimento, avvenuto nel novembre 1893, del Credito mobiliare, anche la Banca generale fu costretta a chiudere i battenti. Sempre nel 1893 crollò l’altra banca diretta emanazione a Napoli della Banca generale, la Banca napoletana (dal 1885 Società di credito meridionale), di cui Morpurgo era stato consigliere.

Nel frattempo, dal 1850 Morpurgo era subentrato al fratello Salomone nella carica di direttore delle Assicurazioni Generali. A causa delle guerre e dei rivolgimenti del 1848-49 ereditò una situazione difficile, ma già dal 1851 riuscì a firmare un bilancio positivo, grazie all’allargamento dell’attività a nuovi rami assicurativi legati al pubblico benessere e a innovazioni operative. Da quell’anno cominciarono le assicurazioni di capitali pagabili in vita dell’assicurato, cui seguì la crescita e diversificazione del ramo grandine (istituito nel 1843), l’attivazione del ramo sicurtà ipotecarie per dar sostegno allo sviluppo immobiliare, l’esordio del ramo cristalli (1877) e del ramo infortuni (1881). Morpurgo contribuì inoltre al rafforzamento patrimoniale della società acquistando una serie di immobili a garanzia delle riserve matematiche dell’accresciuto ramo vita e cominciando a investire anche in agricoltura. Dal 1869 assunse anche le funzioni di presidente delle Generali e nel corso degli anni Settanta fu testimone della progressiva crescita della componente italiana nell’azionariato della società, che raggiunse i 4/5 del suo capitale.

D’intesa con l’alto management, perseguì una gestione oculata degli impieghi: i titoli azionari in portafoglio si concentrarono sulla Banca commerciale triestina, la Banca popolare di Trieste e la Banca triestina di costruzioni, ma risultò prevalente l’investimento nelle obbligazioni delle società di navigazione triestine, del prestito austriaco e del prestito della città di Trieste. Nel 1877 Morpurgo designò alla direzione operativa della compagnia Marco Besso, insieme al quale iniziò un programma di espansione nel Mediterraneo, nelle Americhe e nell’Estremo oriente, seguendo una strategia basata sulle affinità economiche e non politiche dei territori, che si rivelò vincente. Nel 1881, poi, con la fondazione della società Erste allgemeine Unfall operante a Vienna nel ramo infortuni si dette vita al gruppo Generali, creando il primo robusto ramo di un albero destinato a crescere per mezzo di tante unità operative specializzate, dotate di strutture separate e autonome. Seguirono di lì a poco le costituzioni a Milano dell’Anonima Grandine (1890) e dell’Anonima Infortuni (1896), e in Romania della Generala (1897).

Nel corso degli anni Novanta iniziò il lento ma continuo dissesto finanziario della ditta Morpurgo & Parente, che coincise con l’abolizione, a partire dal 1891, del porto franco a Trieste. Morpurgo dovette lasciare le cariche ricoperte nella Banca commerciale triestina e nella Camera di commercio. Le operazioni per la liquidazione della ditta, concluse nel 1894, onorando peraltro tutti i creditori, furono curate dagli amici di sempre, i Rothschild, i quali però questa volta pretesero un rilevante pegno. Al fallimento della ditta si aggiunsero le arrischiate speculazioni finanziarie intraprese dal primogenito Emilio – l’unico esponente della famiglia convertitosi al cattolicesimo – che dilapidò in pochissimo tempo un considerevole patrimonio, venendo di conseguenza diseredato e interdetto nel 1889. In quel momento di assoluta gravità la famiglia si dimostrò l’unica ancora di salvezza: le figlie Ida, Luisa e Irene, tutte sposate con esponenti della ricca borghesia ebraica, restituirono le loro doti matrimoniali. Dopo la catastrofe, il patrimonio personale oggetto del testamento ammontava a soli 20.000 fiorini. Morpurgo nominò suo erede universale il nipote Pietro Luigi, figlio di Emilio.

Morì a Trieste il 28 febbraio 1898, dopo breve malattia.

Lasciò le Generali con premi complessivi per oltre 46 milioni di corone, riserve matematiche per 114 milioni e fondi di garanzia per 153 milioni, e la detenzione di una quota di mercato nel ramo vita italiano pari al 22%: era ormai la società con la maggiore diffusione internazionale e il patrimonio più solido tra tutte le imprese dell’Impero.

Fonti e Bibl.: Trieste, Arch. privato famiglia Morpurgo (riordinato e inventariato da T. Catalan): in particolare b. 1, f. 4; b. 3, ff. 1-9; b. 5, ff. 3-6, 8; b. 6 ff. 3, 5, 7; b. 7, f. 5; b. 8, ff. 1-10. Presso il Museo cittadino di Gradisca d’Isonzo esiste una sezione ebraica riguardante la storia della famiglia Morpurgo. Arch. di Stato di Trieste: Serie testamenti, b. 27 (testamento di Morpurgo del 1898); Tribunale commerciale marittimo, rubr. 274, t. II, Società, b. 6, Soc. II fasc. 23/1 (sugli incarichi nella Banca commerciale triestina); rubr. 274, Sing. I (sulla partecipazione alla ditta Morpurgo & Parente); Camera di commercio di Trieste, b. 42, f. 666 e b. 103, f. 1331; I.R. Luogotenenza nel Litorale, Atti presidenziali, bb. 95 e 121 (sulle onorificenze); Trieste, Arch. storico della comunità ebraica: lettere del 20 aprile 1853, 4 febbraio 1856, 4 aprile 1865; Arch. del Museo del Risorgimento, Archivio Morpurgo, b. 1; Londra, Arch. storico Rothschild: Letters of agents, Morpurgo & Parente, XI/79; Landauer Gustav & Co., 1844-1849 XI/38/163, 1 box (lettere spedite da Morpurgo & Parente); Morpurgo & Parente, 1837-1879 XI/79/0-3, 9 boxes; fatture di vendita del tabacco, 1844-1891 II/81/0-7, 8 volumes; lettere di Charlotte de Rothschild, sett.-dic. 1864, sett. 1865. Presso la sede delle Assicurazioni Generali a Trieste possono essere consultati gli atti ufficiali (relazioni di bilancio, verbali di assemblee, verbali del consiglio d’amministrazione e comitati a cui partecipò Morpurgo), ma non gli altri incarti (estratti di corrispondenza e carte personali), non avendo ancora la società dato corso all’opera di catalogazione e impostazione dell’archivio storico. Su Morpurgo si vedano: A. Castiglioni, Commemorazione funebre del barone G. de M., Trieste 1898; E. Morpurgo, La famiglia M. di Gradisca d’Isonzo, 1585-1885, Padova 1909; G. Saraval, I deputati triestini al parlamento di Vienna dal 1848 al 1873, inLa Porta orientale, 1936, n. 6, pp. 289-295; L. Fabi, La carità dei ricchi. Povertà e assistenza nella Trieste laica e asburgica del XIX secolo, Milano 1984, ad ind.; A. Millo, L’élite del potere a Trieste. Una biografia collettiva, 1891-1938, Milano 1989, ad ind.; A. Ara, Gli ebrei a Trieste, 1850-1918, inRivista storica italiana, CII (1990), n. 1, pp. 53-86; Id., The Jews in Trieste, in Ethnic identity in urban Europe, 1850-1940, III, New York 1992, pp. 221-238; T. Catalan, Il rapporto padre-figlia in una famiglia ebraica dell’alta borghesia triestina. Elio ed Emilia M. (1845-1849), in Padre e figlia, a cura di L. Accati - M. Cattaruzza - M. Verzar Bass, Torino 1994, pp. 215-235; M. Cattaruzza, Trieste nell’Ottocento. Le trasformazioni della società civile, Udine 1995, ad ind.; T. Catalan, I M. a Trieste. Una famiglia ebraica fra emancipazione ed integrazione (1848-1915), in Percorsi e modelli familiari in Italia tra ’700 e ’900, a cura di F. Mazzonis, Roma 1996, pp. 165-186; L’assicuratore G. de M., 1816-1898, Trieste 1998; A. Stebel, Banchieri ebrei a Trieste nella prima metà dell’Ottocento, in Shalom Trieste. Itinerari dell’ebraismo, a cura di A. Dugulin, Trieste 1998; Presenza sociale ed economica degli ebrei nella Trieste asburgica tra Settecento e primo Novecento, in La città dei gruppi, 1719-1918, a cura di R. Finzi e G. Paniek, Trieste 2001, pp. 483-518; T. Catalan, Ordini cavallereschi e notabilato triestino dal 1848 al 1914, inLe Italie dei notabili: il punto della situazione, a cura di L. Ponziani, Napoli 2001, pp. 189-206; M. G. Frh. Von(1816-1898), Bankier und Politiker, in Österreichisches biographisches Lexicon 1815-1950, VI, p. 379 s.