GONZAGA, Giuseppe Maria

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 57 (2001)

GONZAGA, Giuseppe Maria

Raffaele Tamalio

Nacque a Guastalla il 20 apr. 1690, secondogenito del duca di Guastalla Vincenzo e di Maria Vittoria Gonzaga, figlia di Ferrante (III), ultimo duca del ramo diretto di Guastalla. Il padre, conte di San Paolo in Puglia, pervenuto al ducato della cittadina emiliana nel 1692 in seguito al decreto imperiale del 4 maggio di quell'anno che tolse la reggenza del piccolo Stato al duca di Mantova Ferdinando Carlo, morì il 27 apr. 1714 lasciando, oltre al G., altri due figli: Eleonora, andata sposa a Francesco Maria de' Medici, e il primogenito Antonio Ferdinando, al quale andarono i ducati di Guastalla e Sabbioneta, insieme con il principato di Bozzolo.

Le cronache dell'epoca descrivono il G. come un giovane di bell'aspetto, che viveva per lo più nella villa Aurelia presso Reggiolo, impegnato in estrosi passatempi di natura artistica, musicale e teatrale con un eccentrico gruppo di altri giovani, raccolti intorno a lui come in un minuscolo e colorito esercito personale; una stravaganza che costituiva in qualche misura il segnale della grave malattia mentale cui andò soggetto negli anni che seguirono.

I primi mesi di governo del fratello trascorsero senza apparenti contrasti con il G., che nell'ottobre 1714 si allontanò da Guastalla per prendere possesso del feudo paterno di San Paolo, nel Regno di Napoli: un atto che rientrava certamente negli accordi sulla ripartizione dei beni familiari, anche se, stando all'Affò, sarebbe stato voluto con forza da Antonio Ferdinando per allontanare il fratello, cui attribuiva mire sul ducato che appaiono oggi prive di credibilità, non essendo suffragate da alcuna documentazione. A San Paolo il G. non rimase per lungo tempo, poiché nei primi mesi dell'anno successivo, dopo aver firmato una procura sui territori napoletani a favore della zia Eleonora Gonzaga, badessa in un monastero napoletano, era già in territorio veneziano. Vi rimase fino al 30 apr. 1729, quando, seppure in condizioni fisiche e psichiche miserevoli, fece ritorno a Guastalla come duca in seguito alla morte accidentale del fratello, avvenuta il 19 aprile.

Gli anni trascorsi a Venezia appaiono nella maggior parte delle sue biografie come avvolti da mistero: stando a esse, il G. sarebbe perfino stato gettato in carcere dal fratello. In realtà visse relegato in alcune località del territorio veneziano di volta in volta prese in fitto dai familiari: nella stessa Venezia, a Campocroce, Mogliano e altrove, circondato da fiduciari del fratello posti al suo servizio, probabilmente allo scopo di controllare le precarie condizioni mentali (ben documentate) nelle quali presto venne a cadere dopo la partenza da Guastalla. Dai documenti risulta che mantenne un proprio piccolo seguito e relazioni normali, anche se solo formali, con il fratello duca. L'allontanamento e l'isolamento andrebbero dunque rivisitati alla luce della comprensibile esigenza di segregare dalla corte un personaggio difficile da gestire a causa della malattia che l'aveva colpito.

Alla morte di Antonio Ferdinando l'immediato richiamo del G. a Guastalla fu utile a conservare la gestione del potere al primo ministro, il conte Pomponio di Spilimbergo, che la teneva già da molti anni; la rese anzi più agevole, stanti le gravi condizioni psichiche del novello duca. Queste, oltre che ai suoi consiglieri, erano note alla corte imperiale, tanto che il 5 maggio 1729, cinque giorni dopo l'assunzione del governo da parte del G., essa inviò un fiscale per verificare se lo stato mentale del duca fosse compatibile con l'ascesa al governo; l'ispezione, dapprima ostacolata con tutti i mezzi dallo Spilimbergo, venne poi manipolata dallo stesso ministro, che seguitò pertanto a gestire totalmente il governo. Quando un gruppo di nobili della città propose di deporre il duca e di affidare il governo alla sorella Eleonora, vedova del Medici, la Camera imperiale di Vienna, investita della questione, lasciò allo Spilimbergo l'amministrazione dello Stato in attesa di un miglioramento delle condizioni di salute del duca. Per il G. fu richiesto un nuovo accertamento da parte di un consigliere aulico, che ne stabilisse le reali condizioni di salute. Giudicato suscettibile di miglioramento, si pensò a cercargli una consorte per garantire la successione al ducato. La scelta cadde sulla nobile Maria Eleonora Carlotta di Schleswig-Holstein, che il G. sposò per procura il 28 apr. 1731, rappresentato ancora dallo Spilimbergo; questi riuscì a evitare che la sposa fosse accompagnata a Guastalla da parenti, che avrebbero potuto rendersi conto delle effettive condizioni di salute dello sposo. Nel ducato, intanto, la decisione di affidare il governo al primo ministro scatenò una lotta fra i suoi seguaci e coloro che avevano perorato la causa di Eleonora, costretta infine a ritirarsi a Padova, dove morì nel 1738.

Tra il 1733 e il 1736 Guastalla, nonostante si fosse dichiarata neutrale, fu coinvolta nella guerra di successione polacca, che ne insanguinò il territorio con la cruenta battaglia del 19 sett. 1734, nella quale l'esercito austriaco fronteggiò gli alleati franco-ispano-piemontesi; ma già alla fine del 1733 il G., con la consorte, aveva abbandonato per prudenza la città rifugiandosi a Venezia, da dove tornò a Guastalla solo nel novembre 1736. Negli anni successivi l'amministrazione dello Stato passò per volontà imperiale nelle mani di Maria Eleonora Carlotta di Holstein, subentrata allo Spilimbergo, che nel 1739 costrinse a lasciare definitivamente Guastalla. La susseguente guerra di successione austriaca coinvolse ancora una volta Guastalla: la città fu bombardata dagli Austriaci di Maria Teresa, i quali, dopo aver scacciato il presidio spagnolo, la occuparono il 3 apr. 1746.

Fu l'ultimo atto cui assistette il G., che morì per un colpo apoplettico di lì a qualche mese, il 15 ag. 1746. La sua morte, in assenza di eredi, concluse il bicentenario dominio dei Gonzaga su Guastalla: il trattato di Aquisgrana, infatti, assegnò definitivamente il ducato a Filippo di Borbone, insieme con i Ducati di Parma e Piacenza.

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