MAGGIORE, Giuseppe

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 67 (2006)

MAGGIORE, Giuseppe

Stefano Zappoli

Nacque il 17 luglio 1882 a Palermo, terzo dei sei figli di Filippo, medico assai noto in città, e di Giuseppina Mucoli. Dopo aver frequentato il liceo Vittorio Emanuele, nel gennaio 1900 si immatricolò nella palermitana facoltà di giurisprudenza, presso la quale si laureò con lode il 13 luglio 1903 discutendo con G. Impallomeni una tesi in diritto penale dal titolo "Difesa sociale e lotta di classe", che parve allo stesso relatore buona premessa di una futura carriera scientifica. Il fatto, tuttavia, che Impallomeni si trasferisse, l'anno successivo, all'Università di Roma, fece sì che il M. si risolvesse a entrare in magistratura.

Superato il concorso per uditore giudiziario, fu destinato nel luglio 1905 alla procura generale della corte d'appello di Palermo; nel febbraio 1907 fu nominato aggiunto giudiziario al tribunale di Como e quindi, dal dicembre, alla procura del tribunale di Palermo. Nel maggio successivo divenne pretore a Favignana, e un mese dopo nominato giudice aggiunto di 1ª categoria.

Dalla fine del dicembre 1909 era quindi giudice aggiunto con funzioni di pretore a Mezzoiuso, dove restò due anni, facendo più volte istanza di passaggio alla magistratura requirente. Il 18 nov. 1908 aveva sposato Maria Concetta Niceforo, figlia di Nicolò, scrittore allora piuttosto noto in Sicilia.

Da iniziali interessi letterari il M. era frattanto trascorso a interessi filosofici, coltivati alla scuola di G. Amato Pojero: e fu proprio nella casa di quest'ultimo che il M. conobbe, nel 1908, G. Gentile che, giunto a Palermo nel 1906, veniva proprio allora dando forma al suo "idealismo attuale", contestualmente progettando quella che sarebbe poi stata la Biblioteca filosofica. Dopo essere entrato in contatto con questa scuola il M. scrisse il libro L'unità del mondo nel sistema del pensiero (Palermo 1913), il cui titolo venne suggerito dallo stesso Gentile. Sempre nel 1913 tenne, inoltre, la conferenza Pazzia ed errore (poi in Annuario della Biblioteca filosofica di Palermo, III [1913], pp. 29-58), da cui B. Croce (che per il M. non nutrì mai soverchia stima) trasse spunto per polemizzare contro il misticismo dei gentiliani palermitani.

In tale sede il M., in realtà, difendeva il concetto gentiliano di libertà incondizionata contro quello - sostenuto proprio in seno alla Biblioteca filosofica da A. Aliotta - di una libertà "graduata". Così facendo egli trasferiva le istanze più radicali dell'attualismo a problemi tecnici di giurisprudenza, avviando di fatto un nuovo indirizzo nella filosofia del diritto.

Se si eccettua l'unico suo lavoro storico, che lo impegnò assai durante la guerra, ossia quella monografia su J.G. Fichte che avrebbe visto la luce soltanto alcuni anni dopo (Fichte. Studio critico sul filosofo del nazionalismo socialista, Città di Castello 1921), fu in effetti tutta filosofico-giuridica la prima produzione scientifica del M., sintetizzata nei Saggi di filosofia giuridica (Palermo 1914) e nel volumetto Il diritto e il suo processo ideale (ibid. 1916).

Fu in questa sede che, al diritto-concetto, il M. oppose il diritto-processo concretamente partecipante alla vita dello spirito, entro un quadro di immanenza che negava radicalmente ogni diritto di natura. Gentile, trasferitosi dal 1914 a Pisa, volle onorare quest'ultima opera del M. di due citazioni nei suoi Fondamenti della filosofia del diritto.

Il M. proseguiva intanto la carriera di magistrato: nominato giudice nel 1911, assegnato alla 3ª categoria nel 1913, promosso alla 2ª categoria nel 1915, nominato sostituto procuratore del re a Palermo nel 1916, manteneva comunque assiduo il contatto con Gentile. Conseguita nel 1917 la libera docenza in filosofia del diritto, tenne, dal 1918, un corso pareggiato all'Università di Palermo. Soprattutto le amichevoli relazioni strette fin dal 1913-14 con G. Del Vecchio gli permisero, dopo alcune prove infruttuose, di riuscire vincitore di concorso nel 1922 presso la libera Università di Perugia, mentre nel 1923 veniva nominato procuratore del re presso il tribunale della città. Si poneva ora il problema di trovare una stabile collocazione presso una Università statale. Vinto il concorso a Siena nel 1924 (dove già dal 1923 era insegnante incaricato), poté dimettersi dalla magistratura e, con la morte di A. Bonucci, resasi vacante nel 1925 la cattedra palermitana, vincerne il relativo concorso, chiudendo, come scriveva a Gentile, la sua carriera accademica.

L'adesione alla guerra non gli aveva impedito di ritrovarsi, intorno al 1920, assai vicino al Partito popolare. Fu la nomina di Gentile a ministro a riconciliarlo con il fascismo.

Tra gli scritti di questi anni vanno ricordati La politica (Palermo 1920) e L'aspetto pubblico e privato del diritto e la crisi dello Stato moderno (in Riv. internazionale di filosofia del diritto, II [1922], pp. 111-142). Poco dopo pubblicò Stato forte e Stato etico (in La Palestra del diritto, I [1925], 5, pp. 1 s.).

Nel settembre 1925 il M. inviò un plico di suoi lavori a B. Mussolini e il 28 ottobre si iscrisse al Partito nazionale fascista (PNF). Già nel 1927 propose a Gentile, per le collane dell'Istituto nazionale fascista di cultura (INFC), una raccolta di suoi saggi "fascisti", che sarebbe uscita dopo qualche anno con il titolo Un regime e un'epoca (Milano 1929). Abbandonata ormai del tutto la produzione filosofico-giuridica e tornato agli studi penalistici (aveva nel frattempo avviato la libera professione di avvocato), il M. pose in questi anni le basi della sua affermazione politica locale. Più in generale, se l'avvicinamento a Del Vecchio era coinciso con un "raffreddamento" del suo attualismo (mentre, rientrato a Palermo, il M. si era anche messo a scrivere romanzi, pubblicati da E. Treves, editore al quale era arrivato grazie a G.A. Borgese, già suo compagno di liceo), furono i Patti lateranensi a portare allo scoperto i nuovi convincimenti del Maggiore.

Rispondendo nel periodico cattolico La Tradizione (e quindi nel Giornale d'Italia) alla recensione che il direttore P. Mignosi aveva dedicato al suo libro del 1929, sostanzialmente sconfessava le posizioni di Gentile sui rapporti tra Stato e Chiesa, come prontamente rilevò L'Osservatore romano. Di lì a poco, in filosofia, il M. rivalutava la metafisica dell'essere per ricollocarsi entro la tradizione aristotelico-tomistica, come si evince dall'articolo Lex naturalis e jus naturale in s. Tommaso di Aquino (in Archivio di filosofia, III [1933], pp. 131-139), benevola recensione a un libro del neoscolastico F. Olgiati, pubblicata perdipiù sulla rivista di E. Castelli, nemico giurato di Gentile.

Con la stampa per Zanichelli dei suoi Principî di diritto penale (Parte generale, Bologna 1932; Parte speciale. Delitti e contravvenzioni, ibid. 1934), il M. ipotecava intanto il passaggio alla cattedra di diritto penale, in effetti realizzatosi nel 1935. In quell'anno divenne anche preside di facoltà, nonché (e la carica aveva rilevanza politica) presidente dell'Amministrazione provinciale. Dal 1936 assunse l'insegnamento di dottrina dello Stato, mentre già dal 1933 aveva preso a collaborare a Politica sociale, rivista collaterale al governo nella quale il M. interveniva su temi di attualità culturale e politica.

La sua produzione giuridica assunse carattere sempre più occasionale, rafforzandosi invece la natura strettamente politica dei suoi scritti, che, a partire dalla visita in Sicilia di Mussolini nell'agosto 1937, assunsero un carattere sempre più "imperiale" (Imperialismo e Impero fascista, Palermo 1937) e, a partire dal 1938, antisemita (Razza e fascismo, ibid. 1939).

Rettore negli anni 1938-39, in buone relazioni con G. Bottai, scrisse per la rivista di questo, Critica fascista (XVII [1939], pp. 340-342), l'articolo Tramonto del latifondo, che anticipava la legge 2 genn. 1940 sulla colonizzazione del latifondo siciliano. Idealmente vicino a Mussolini, tra gli scritti di questi anni vanno notati Diritto penale totalitario nello Stato totalitario (in Riv. italiana di diritto penale, XI [1939], pp. 140-161) e una nuova edizione, notevolmente ampliata, de La politica (Bologna 1941), che preconizzava in piena guerra "il diritto pubblico della nuova Europa" hitleriana e mussoliniana (p. V); mentre ancora nel 1941, come già era accaduto nel 1939, il M. si recava in Germania per tenervi conferenze.

Il 13 luglio 1943 fu probabilmente il vicesegretario del PNF, il siciliano A. Cucco, a chiamarlo, con la Sicilia ormai invasa, a presiedere l'Istituto nazionale di cultura fascista. Lasciata la moglie nell'isola, il M. raggiunse fortunosamente Roma con un viaggio di due giorni su un camion militare tedesco. Dopo il 25 luglio rimase alloggiato in una pensione della capitale e avviò la stesura delle sue memorie (pubblicate postume con il titolo Vita di nessuno: note autobiografiche, Cuneo 1954, e significativo documento di una crisi religiosa), mentre in Sicilia nell'ottobre il comando alleato lo destituiva dall'insegnamento.

La motivazione dell'atto qualificava il M. come "dirigente fascista, dottrinario e propagandista negli ambienti universitari" e "autore di libri e articoli di carattere virulentissimo in appoggio del fascismo e contro gli Stati Uniti e l'Inghilterra e in generale contro i principî democratici".

Contestatagli l'imputazione di apologia del fascismo, si avviò nei suoi confronti nel novembre 1944 la procedura per sottoporlo a giudizio di epurazione, giudizio tuttavia cessato nel momento in cui, nel febbraio 1945, il presidente del Consiglio dei ministri lo collocava a riposo.

Dopo la guerra si laureò in lettere a Palermo e completò il romanzo storico di ambientazione siciliana Sette e mezzo (Cuneo 1952), fonte documentata, per quanto attiene a fatti e situazioni (fermo restando il ben diverso spessore letterario) del Gattopardo di G. Tomasi di Lampedusa.

Riprese anche la produzione scientifica (Prolegomeni al concetto di colpevolezza, Palermo 1950), e venne reintegrato nell'insegnamento nel 1952.

Il M. morì a Palermo il 23 marzo 1954.

La migliore bibliografia dei suoi scritti è quella di R. Orecchia, La filosofia del diritto nelle università italiane, 1900-1965, Milano 1967, pp. 307-313; oltre alle collaborazioni già menzionate, si ricordino quelle con Rivista di filosofia (1914-15), Rivista d'Italia (1915 e 1917), Politica (1921-22) e La Nuova Politica liberale (1923). Tra i saggi del M. non compresi nella bibliografia di Orecchia si ricordi almeno Gentile scrittore, in Rassegna italiana, XV (1932), p. 117. I romanzi pubblicati sono La vita apparente di un uomo vero (Milano 1925), Gli occhi cangianti (ibid. 1928), Shiva maestro di danza (ibid. 1930), Due in una carne (ibid. 1937), Sette e mezzo (Cuneo 1952; rist., Palermo 1963 e 1998).

Fonti e Bibl.: Le carte comprendenti la corrispondenza, del M. sono conservate presso la Biblioteca comunale di Palermo. Roma, Arch. centrale dello Stato, Ministero di Grazia e Giustizia, Ufficio superiore personale e affari generali, Ufficio secondo, Magistrati - fascicoli personali, 2 vers., b. 1082, f. Giuseppe Maggiore; Ministero della Pubblica Istruzione, Dir. generale istruzione universitaria, Divisione I, fascicoli personali professori ordinari, 3 vers., b. 281, f. Giuseppe Maggiore; Dir. generale istruzione superiore, Divisione I, Professori universitari epurati (1944-46), b. 19, f. Giuseppe Maggiore; Ibid., Fondazione G. Gentile per gli studi filosofici, Carteggio G. Gentile, f. Giuseppe Maggiore (113 fra lettere, cartoline postali e biglietti, 1912-44, di cui 11 con data incompleta); Napoli, Istituto italiano per gli studi storici, Archivio Croce, Carteggio, f. Giuseppe Maggiore (10 lettere, 1913-22).

Necr., in Riv. internazionale di filosofia del diritto, XXXI (1954), pp. 426-434; L. Maggiore, Ricordo di G. M., in Vespri d'Italia, 25 apr. 1954, p. 3. Per gli scritti sul M. si veda la Nota bibliografica in G. Marini, G. M.: l'interferenza di filosofia e diritto, Napoli 1983, pp. 102-104. Inoltre: G. Gentile, I fondamenti della filosofia del diritto [1916], Firenze 1961, pp. 85, 94; B. Croce, in La Critica, XV (1917), pp. 60-63 (rec. a Il diritto e il suo processo ideale), poi in Id., Conversazioni critiche, I, Bari 1950, pp. 254-259; Id., in La Critica, XVIII (1920), pp. 118 s. (rec. a La politica), poi in Id., Conversazioni critiche, IV, Bari 1951, pp. 311-313; Id., in La Critica, XX (1922), pp. 336 s. (rec. a L'aspetto pubblico e privato del diritto e la crisi dello Stato moderno), poi in Conversazioni critiche, IV, cit., pp. 175-177; Id., in La Critica, XXIII (1925), p. 374 (rec. a Stato forte e Stato etico); G. Gentile, Lettere a B. Croce, a cura di S. Giannantoni, IV, Firenze 1980, ad ind.; V, ibid. 1990, ad ind.; B. Croce, Lettere a G. Gentile, a cura di A. Croce, Milano 1981, ad ind.; C. Cesa, Introduzione a Fichte, Roma-Bari 1994, p. 211; R. De Forcade, Tomasi di Lampedusa, G. M. e l'operazione "antigattopardo", in Otto/Novecento, XIX (1995), pp. 185-197; R. Pertici, Storici italiani del Novecento, Pisa-Roma 2000, p. 167; N. De Domenico, Per una storia dei periodici della Biblioteca filosofica di Palermo, in La Biblioteca filosofica di Palermo. Cronistoria attraverso i registri manoscritti e altre fonti, a cura di E. Giambalvo, Palermo 2002, pp. 621-623 e passim; M. Visentin, Il concetto attualistico della religione, in G. Gentile, a cura di P. Di Giovanni, Milano 2003, p. 221.

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