CAMASTRA, Giuseppe Lanza duca di

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 17 (1974)

CAMASTRA, Giuseppe Lanza duca di

Giuseppe Scichilone

Nacque a Palermo verso il 1630 da Ottavio principe di Trabia e da Giovanna Lucchese, secondo di tre figli. Nel 1654, già capitano di cavalleria, era tra i nobili chiamati alle armi per contrastare un paventato sbarco francese.

Il 28 ag. 1662 ricevette investitura del solo titolo di duca di Camastra come donatario dei suoi genitori e forse nello stesso anno sposò Maria Gómez de Silvera e Ferreri (dotali in Notaio Camillo Santangelo, Palermo, 15 marzo 1661). Questo matrimonio accrebbe la consistenza del suo patrimonio perché la sposa era vedova del principe di Santo Stefano, che, morendo senza figli, l'aveva lasciata erede di tutti i suoi beni.

Governatore della Compagnia della pace nel 1666 e deputato del Regno nel 1668, fu nominato, nel 1672, capitano di giustizia di Palermo. Nel 1674, scoppiata la rivolta di Messina, venne nominato maestro di campo di un reggimento di fanteria siciliana ed il 1º settembre lasciò Palermo imbarcandosi con i propri soldati su otto feluche.

Inviato sul fronte di Scaletta, a sud di Messina, si batté egregiamente e sostenne per tutto ottobre e novembre gli attacchi dei ribelli contrattaccando spesso con violenza, come avvenne il 29 novembre quando riuscì anche a occupare e distruggere due casali, che servivano ai Messinesi come base di partenza per le loro puntate offensive, infliggendo forti perdite all'avversario. L'anno successivo, dopo un breve periodo di riposo a Palermo, passò sul fronte di Milazzo e lì il 13 giugno riuscì a respingere un attacco di truppe francesi che s'erano spinte fino a due miglia dalla cittadina. Su questo fronte restò fino al giugno del 1676 prendendo parte a diversi scontri; fra l'altro il 30 aprile di quell'anno, con una veloce scorreria, penetrò profondamente nelle linee avversarie mettendo a fuoco casali e alberi e rientrando con molti prigionieri francesi e messinesi. Per il valore nei combattimenti e le capacità organizzative mostrate il 13 maggio 1676 fu nominato vicario generale per le città di Siracusa, Augusta e Terranova con la responsabilità della difesa di tutta la zona circostante. Appena giunto a Siracusa, il C. si preoccupò di rinforzare la guarnigione, forte solo di trecento uomini, e di fare affluire viveri in città. Una nota del viceré del 17 ott. 1676 attesta che Siracusa sarebbe caduta in mano al nemico, in caso di attacco francese, se il C. non avesse con la sua azione rianimato i giurati e fatto affluire in città altre truppe. Nel maggio del 1677 dovette per ben due volte reprimere una rivolta della guarnigione, poco dopo, alla fine di luglio, dovette affrontare il grave problema di sopperire alla mancanza di grano e anche questa volta gli riuscì di riportare la calma in città ottenendo che il viceré ne inviasse 6.000 salme. Sempre vigile e sollecito, il C. durante il periodo in cui tenne la piazza di Siracusa mise in luce valide qualità di amministratore e confermò le doti militari rivelate nel periodo precedente nell'organizzare il sistema di difesa della città anche con apprestamenti che la cingevano dalla parte di terra. E forse questo il 2 sett. 1677 dissuase la flotta francese, che pure s'era presentata in forze davanti al porto della città, dal tentare in quella zona lo sbarco che poi effettuò davanti ad Augusta. Qualche mese dopo, verso il marzo 1678, riuscì a sventare un complotto ordito da alcuni cittadini siracusani, per consegnare la città ai Francesi e fu pronto a colpire con fermezza i rei. Con la stessa tempestività nel giugno successivo intervenne col proprio denaro per pagare il soldo ai soldati della guarnigione, che da qualche tempo non erano pagati.

Conclusa la guerra, venne promosso sergente generale e, nel 1679, nominato pretore di Palermo. Nel 1682, in riconoscimento dei meriti acquisiti nella campagna contro i ribelli messinesi e i loro alleati francesi, alla quale aveva partecipato rinunciando allo stipendio e concorrendo a mantenere il suo reggimento con 800 ducati d'oro, ebbe la nomina a gentiluomo di camera del re. Trascorse gli anni seguenti probabilmente impegnato nelle cure dell'amministrazione del suo patrimonio. Il 19 genn. 1693, dopo il terremoto che distrusse Catania e devastò molti paesi della Sicilia orientale, fu nominato vicario generale per la Val di Noto e la Val Demone.

Anche in questa occasione dimostrò di possedere apprezzabili doti di organizzatore. Appena giunto a Catania attuò un razionale piano di sgombero delle macerie e provvide all'approvvigionamento dei viveri per lenire le sofferenze dei sopravvissuti. Nel contempo affrontò il problema della sicurezza pubblica frenando la temerarietà delle bande di sciacalli che infestavano la zona; inoltre, per recuperare almeno in parte le ricchezze trafugate, assicurò l'impunità e la terza parte di ciò che veniva consegnato a coloro che riportavano preziosi e oggetti di valore prelevati tra le macerie. Per evitare il diffondersi di epidemie costituì una commissione, cui affidò il recupero e l'inumazione dei cadaveri ancora giacenti in gran numero tra le case distrutte e contemporaneamente radunò i medici che c'erano tra i superstiti e costituì una specie di servizio di pubblica assistenza sanitaria. Con lungimiranza si pose anche il problema della ricostruzione e, mentre faceva venire legname dalla Calabria per costruire baracche, formava una commissione di cittadini e architetti perché formulasse un completo piano di ricostruzione muovendo da precise direttive sue, secondo le quali la nuova città si sarebbe dovuta sviluppare in modo razionale e simmetrico intorno a due strade principali intersecantesi ad angolo retto e orientate secondo i punti cardinali.

Nel Parlamento del 1698 fu nuovamente eletto deputato del Regno e nel 1703 fu nominato pretore di Palermo per la seconda volta. Per quanto già avanti negli anni, resse con baldanza e fermezza la massima magistratura cittadina e fu pronto a organizzare a difesa i bastioni della città quando, al principio di luglio ed il 23 settembre, fu dato l'allarme per l'avvistamento di flotte nemiche e si temette uno sbarco.

Morì nel 1708 lasciando erede l'unica figlia, Giovanna, nata dal suo secondo matrimonio, celebrato con Melchiorra Castello e Marchese, che aveva contribuito ad arricchire ulteriormente il patrimonio di famiglia. Ella prese investitura il 20 marzo 1709.

Fonti e Bibl.: Archivo General de Simancas, Estado, legg. 3499, 240-241; 3502, 1-2; 3519, 115; Palermo, Biblioteca comun., ms. 2 Qq.H. 55: Documenti amministrativi del duca di Camastra (1680-1697), ff. 722-810; V. Auria, Diario delle cose occorse nella città di Palermo e nel Regno di Sicilia, in G. Di Marzo, Bibl. storica e letteraria di Sicilia, V, Palermo 1870, pp. 23, 26, 249, 253, 259, 262, 265, 268, 289, 298; Id., Memorie varie di Sicilia nel tempo della ribellione di Messina, ibid., VI, ibid. 1870, pp. 21, 55, 88 s., 115; A. Mongitore, Diario palermitano, ibid., VIII, ibid. 1871, pp. 6, 9, 11; F. Privitera, Dolorosa tragedia rappresentata nel Regno di Sicilia nella città di Catania..., Catania 1695, pp. 72-95; F. M. Emanuele e Gaetani di Villabianca, Della Sicilia nobile, I, Palermo 1754, p. 203, II, ibid. 1757, pp. 42 s.; Id., App. alla Sicilia nobile, II, Palermo 1897, pp. 12, 123; F. Ferrara, Storia di Catania sino alla fine del sec. XVIII, Catania 1829, pp. 214-218; V. Cordaro Clarenza, Osservazioni sopra la storia di Catania, III, Catania 1833, pp. 74-76; G. E. Di Blasi, Storia cronologica dei viceré... di Sicilia, Palermo 1842, pp. 431 s.; F. San Martino De Spucches, La storia dei feudi e dei titoli nobiliari di Sicilia, II, Palermo 1924, pp. 118 s.; F. Fichera, Una città settecentesca, Roma 1925, pp. 7-8, 67-72;E. Laloy, La révolte de Messine..., I, Paris 1929, pp. 327, 493; II, ibid. 1930, pp. 667, 732, 744, 820; III, ibid. 1931, pp. 211, 224, 258, 261, 268 s., 597 s.

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